II-II, 102

Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Osservanza o rispetto


Secunda pars secundae partis
Quaestio 102
Prooemium

[43353] IIª-IIae q. 102 pr.
Deinde considerandum est de observantia, et partibus eius. Per quae de oppositis vitiis erit manifestum. Circa observantiam autem quaeruntur tria.
Primo, utrum observantia sit specialis virtus ab aliis distincta.
Secundo, quid observantia exhibeat.
Tertio, de comparatione eius ad pietatem.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 102
Proemio

[43243] IIª-IIae q. 100 pr.
Passiamo ora a parlare dell'osservanza e delle sue specie. Di riflesso si conosceranno così i vizi contrari.
A proposito del rispetto, o osservanza, esamineremo questi tre punti:

1. Se l'osservanza, o rispetto, sia una virtù specificamente distinta dalle altre;
2. Che cosa sia questa osservanza;
3. Il confronto tra essa e la pietà.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Osservanza o rispetto > Se l'osservanza o rispetto sia una virtù specificamente distinta dalle altre


Secunda pars secundae partis
Quaestio 102
Articulus 1

[43354] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod observantia non sit specialis virtus ab aliis distincta. Virtutes enim distinguuntur secundum obiecta. Sed obiectum observantiae non distinguitur ab obiecto pietatis. Dicit enim Tullius, in sua rhetorica, quod observantia est per quam homines aliqua dignitate antecedentes quodam cultu et honore dignantur. Sed cultum et honorem etiam pietas exhibet parentibus, qui dignitate antecedunt. Ergo observantia non est virtus distincta a pietate.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 102
Articolo 1

[43354] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'osservanza o rispetto non sia una virtù specificamente distinta dalle altre. Infatti:
1. Le virtù si distinguono in base al loro oggetto. Ma l'oggetto dell'osservanza non è distinto dall'oggetto della pietà. Infatti Cicerone nella Retorica afferma, che "il rispetto consiste nell'ossequio e nella deferenza che si usano verso uomini superiori in dignità". Ma anche la pietà non fa che offrire ossequio e deferenza verso i genitori, che sono superiori in dignità. Quindi l'osservanza, o rispetto, non è una virtù distinta dalla pietà.

[43355] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 2
Praeterea, sicut hominibus in dignitate constitutis debetur honor et cultus, ita etiam eis qui excellunt in scientia et virtute. Sed non est aliqua specialis virtus per quam honorem et cultum exibeamus hominibus qui scientiae vel virtutis excellentiam habent. Ergo etiam observantia, per quam cultum et honorem exhibemus his qui nos in dignitate antecedunt, non est specialis virtus ab aliis distincta.

 

[43355] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 2
2. Come si deve prestare onore e usare deferenza verso gli uomini costituiti in dignità, così si devono tali cose verso coloro che eccellono nella scienza e nella virtù. Ora, non esiste una speciale virtù fatta per rendere onore e deferenza alle persone virtuose e sapienti. Dunque neppure è una virtù specificamente distinta quella che ci porta a prestare deferenza e onore alle persone che ci sono superiori in dignità.

[43356] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 3
Praeterea, hominibus in dignitate constitutis multa debentur ad quae solvenda lex cogit, secundum illud Rom. XIII, reddite omnibus debita, cui tributum, tributum, et cetera. Ea vero ad quae per legem compellimur, pertinent ad iustitiam legalem, seu etiam ad iustitiam specialem. Ergo observantia non est per se specialis virtus ab aliis distincta.

 

[43356] IIª-IIae q. 102 a. 1 arg. 3
3. Agli uomini costituiti in autorità si devono molte cose che siamo tenuti a rendere per legge; e vi accenna S. Paolo in quel testo: "Rendete a tutti ciò che è dovuto: a chi il tributo il tributo, ecc.". Ma le cose cui siamo tenuti per legge appartengono alla giustizia legale, oppure alla virtù specifica della giustizia. Perciò l'osservanza non è per se stessa una virtù specificamente distinta dalle altre.

[43357] IIª-IIae q. 102 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Tullius condividit observantiam aliis iustitiae partibus, quae sunt speciales virtutes.

 

[43357] IIª-IIae q. 102 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Cicerone enumera l'osservanza, o rispetto, tra le altre parti della giustizia che sono virtù speciali.

[43358] IIª-IIae q. 102 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut ex dictis patet, necesse est ut eo modo per quendam ordinatum descensum distinguantur virtutes, sicut et excellentia personarum quibus est aliquid reddendum. Sicut autem carnalis pater particulariter participat rationem principii, quae universaliter invenitur in Deo; ita etiam persona quae quantum ad aliquid providentiam circa nos gerit, particulariter participat proprietatem patris, quia pater est principium et generationis et educationis et disciplinae, et omnium quae ad perfectionem humanae vitae pertinent. Persona autem in dignitate constituta est sicut principium gubernationis respectu aliquarum rerum, sicut princeps civitatis in rebus civilibus, dux autem exercitus in rebus bellicis, magister autem in disciplinis, et simile est in aliis. Et inde est quod omnes tales personae patres appellantur, propter similitudinem curae, sicut IV Reg. V, servi Naaman dixerunt ad eum, pater, etsi rem grandem dixisset tibi propheta, et cetera. Et ideo sicut sub religione, per quam cultus tribuitur Deo, quodam ordine invenitur pietas, per quam coluntur parentes; ita sub pietate invenitur observantia, per quam cultus et honor exhibetur personis in dignitate constitutis.

 

[43358] IIª-IIae q. 102 a. 1 co.
RISPONDO: Come abbiamo già notato, le virtù vanno distinte seguendo i medesimi gradi di dignità delle varie persone verso le quali dobbiamo qualche cosa. Ora, come il padre nostro carnale partecipa la natura di principio, che nella sua universalità è in Dio, così anche le persone che hanno un compito direttivo su di noi sono partecipi in qualche modo della paternità. Poiché il padre è principio, o causa, della generazione, dell'educazione, della formazione intellettuale, e di quanto appartiene al perfetto sviluppo della vita umana; ma la persona costituita in autorità è quasi principio del nostro vivere per certe determinate cose: così il capo dello stato è principio negli affari civili; il capo dell'esercito nelle cose di guerra, l'insegnante in quelle di scuola, e così via. Ecco perché tutte queste persone vengono denominate padri, data la somiglianza dei compiti. In tal senso si espressero i servi di Naaman, come riferisce la Scrittura: "Padre, se il profeta ti avesse ordinato di fare una cosa difficile, ecc.". Perciò come al di sotto della religione, che ha il compito di tributare un culto a Dio, troviamo immediatamente la pietà, che ci fa ossequienti ai genitori; così al di sotto della pietà troviamo l'osservanza, con la quale tributiamo ossequio e rispetto alle autorità.

[43359] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod sicut supra dictum est quod religio per quandam supereminentiam pietas dicitur, et tamen pietas proprie dicta a religione distinguitur; ita etiam pietas per quandam excellentiam potest dici observantia, et tamen observantia proprie dicta a pietate distinguitur.

 

[43359] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La religione, come abbiamo già detto, è una pietà di ordine superiore, però la pietà propriamente detta è distinta dalla religione. Parimenti, la pietà può anche presentarsi come un'osservanza di ordine superiore, e tuttavia l'osservanza in senso stretto è distinta dalla pietà.

[43360] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod aliquis ex hoc quod est in dignitate constitutus, non solum quandam status excellentiam habet, sed etiam quandam potestatem gubernandi subditos. Unde competit sibi ratio principii, prout est aliorum gubernator. Ex hoc autem quod aliquis habet perfectionem scientiae vel virtutis, non sortitur rationem principii quantum ad alios, sed solum quandam excellentiam in seipso. Et ideo specialiter quaedam virtus determinatur ad exhibendum honorem et cultum his qui sunt in dignitate constituti. Verum quia per scientiam et virtutem, et omnia alia huiusmodi, aliquis idoneus redditur ad dignitatis statum, reverentia quae propter quamcumque excellentiam aliquibus exhibetur, ad eandem virtutem pertinet.

 

[43360] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 2
2. Per il fatto che uno è costituito in autorità, non solo ha una superiorità sugli altri, ma ha pure il potere di governare i suoi sudditi. Perciò egli allora riveste natura di principio, quale guida di altri. Invece per il fatto che uno eccelle nella scienza o nella virtù non riveste natura di principio rispetto agli altri, ma ha solo un valore in se medesimo. Ecco perché c'è una virtù speciale che ha il compito di prestare onore e ossequio alle autorità costituite. - Siccome però la scienza, la virtù e altre simili perfezioni rendono una persona capace di autorità, il rispetto che si ha verso chiunque per la sua eccellenza si riduce a questa medesima virtù.

[43361] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod ad iustitiam specialem proprie sumptam pertinet reddere aequale ei cui aliquid debetur. Quod quidem non potest fieri ad virtuosos, et ad eos qui bene statu dignitatis utuntur, sicut nec ad Deum, nec ad parentes. Et ideo ad quandam virtutem adiunctam hoc pertinet, non autem ad iustitiam specialem, quae est principalis virtus. Iustitia vero legalis se extendit ad actus omnium virtutum, ut supra dictum est.

 

[43361] IIª-IIae q. 102 a. 1 ad 3
3. La giustizia come virtù specifica ha il compito di rendere con perfetta uguaglianza quanto a ciascuno è dovuto. Ma questa uguaglianza non si può raggiungere verso le persone virtuose, e verso quelli che esercitano bene la loro autorità: così come non si può fare né verso Dio, né verso i genitori. Ecco perché tale compito spetta a una virtù annessa; non già alla virtù specifica della giustizia, che è una virtù cardinale. - La giustizia legale poi abbraccia, come abbiamo detto sopra, gli atti di tutte le virtù.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Osservanza o rispetto > Se l'osservanza abbia il compito di prestare rispetto e onore a coloro che sono costituiti in autorità


Secunda pars secundae partis
Quaestio 102
Articulus 2

[43362] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod ad observantiam non pertinet exhibere cultum et honorem his qui sunt in dignitate constituti. Quia ut Augustinus dicit, in X de Civ. Dei, colere dicimur illas personas quas in quodam honore habemus, et sic idem videtur esse cultus quod honor. Inconvenienter igitur determinatur quod observantia exhibet in dignitate constitutis cultum et honorem.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 102
Articolo 2

[43362] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'osservanza non abbia il compito di prestare rispetto e onore a coloro che sono costituiti in autorità. Infatti:
1. Come nota S. Agostino noi rispettiamo quelle persone che abbiamo in onore: dal che risulta che rispetto e onore sono la stessa cosa. Perciò non è esatto dire che l'osservanza ha il compito di rendere alle persone costituite in dignità rispetto e onore.

[43363] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 2
Praeterea, ad iustitiam pertinet reddere debitum. Unde et ad observantiam, quae ponitur iustitiae pars. Sed cultum et honorem non debemus omnibus in dignitate constitutis, sed solum his qui super nos praelationem habent. Ergo inconvenienter determinatur quod eis observantia exhibet cultum et honorem.

 

[43363] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 2
2. La giustizia ha il compito di rendere quanto è dovuto. E quindi anche l'osservanza, che è tra le parti della giustizia. Ma non a tutti quelli che sono costituiti in autorità siamo tenuti a rendere rispetto e onore, bensì ai soli nostri superiori. Dunque non è esatto affermare che l'osservanza ha il compito indicato.

[43364] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 3
Praeterea, superioribus nostris in dignitate constitutis non solum debemus honorem, sed etiam timorem, et aliquam munerum largitionem, secundum illud ad Rom. XIII, reddite omnibus debita, et cui tributum, tributum; cui vectigal, vectigal; cui timorem, timorem; cui honorem, honorem. Debemus etiam eis reverentiam et subiectionem, secundum illud Heb. XIII, obedite praepositis vestris, et subiacete eis. Non ergo convenienter determinatur quod observantia exhibet cultum et honorem.

 

[43364] IIª-IIae q. 102 a. 2 arg. 3
3. Ai nostri superiori costituiti in autorità non solo dobbiamo l'onore, ma anche il timore, e la presentazione di determinate offerte, secondo le parole di S. Paolo: "Rendete a tutti ciò che è dovuto, a chi il tributo il tributo; a chi il dazio il dazio; a chi il timore il timore; a chi l'onore l'onore". Inoltre dobbiamo ad essi riverenza e sottomissione, come dice altrove l'Apostolo: "Obbedite ai vostri superiori e siate loro sottomessi". Perciò non è giusto concludere che l'osservanza ha il compito di prestare il rispetto e l'onore.

[43365] IIª-IIae q. 102 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Tullius dicit, quod observantia est per quam homines aliqua dignitate antecedentes quodam cultu et honore dignantur.

 

[43365] IIª-IIae q. 102 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Cicerone insegna, che "l'osservanza è la virtù mediante la quale si presta rispetto e onore alle persone che ci sono superiori in autorità".

[43366] IIª-IIae q. 102 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod ad eos qui sunt in dignitate constituti pertinet gubernare subditos. Gubernare autem est movere aliquos in debitum finem, sicut nauta gubernat navem ducendo eam ad portum. Omne autem movens habet excellentiam quandam et virtutem supra id quod movetur. Unde oportet quod in eo qui est in dignitate constitutus, primo consideretur excellentia status, cum quadam potestate in subditos; secundo, ipsum gubernationis officium. Ratione igitur excellentiae, debetur eis honor, qui est quaedam recognitio excellentiae alicuius. Ratione autem officii gubernationis, debetur eis cultus, qui in quodam obsequio consistit dum scilicet aliquis eorum obedit imperio, et vicem beneficiis eorum pro suo modo rependit.

 

[43366] IIª-IIae q. 102 a. 2 co.
RISPONDO: Le persone costituite in autorità hanno il compito di governare i sudditi. Ma governare significa muovere qualcuno verso il debito fine: come fa il pilota che governa la nave conducendola al porto. Ora, chi muove ha sempre una superiorità e un potere rispetto a ciò che è mosso. Perciò in chi è costituito in autorità si deve considerare innanzi tutto l'eccellenza del suo stato, che implica un potere sui sudditi; in secondo luogo il compito del governare. Ebbene, a motivo della sua eccellenza a lui è dovuto l'onore, che è appunto il riconoscimento della superiorità di una persona. Invece a motivo del compito di governare, ai superiori si deve rispetto, il quale consiste in un certo ossequio, per cui si ubbidisce al suo comando, e si offre qualche cosa in cambio dei loro benefici.

[43367] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in cultu non solum intelligitur honor, sed etiam quaecumque alia pertinent ad decentes actus quibus homo ad alium ordinatur.

 

[43367] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel rispetto non è incluso soltanto l'onore, ma tutti gli altri atti doverosi di subordinazione verso un'altra persona.

[43368] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut supra dictum est, duplex est debitum. Unum quidem legale, ad quod reddendum homo lege compellitur. Et sic debet homo honorem et cultum his qui sunt in dignitate constituti praelationem super ipsum habentes. Aliud autem est debitum morale, quod ex quadam honestate debetur. Et hoc modo debemus cultum et honorem his qui sunt in dignitate constituti, etiam si non simus eis subiecti.

 

[43368] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 2
2. Come sopra abbiamo detto, il debito è di due specie. C'è il debito legale, a rendere il quale si è tenuti per legge. E in tal senso siamo tenuti a rendere onore e rispetto a coloro che son costituiti in autorità sopra di noi. - C'è poi il debito morale, dovuto per un senso di onestà. E in tal senso siamo tenuti a prestare rispetto e onore alle autorità costituite, anche se non siamo loro sudditi.

[43369] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod excellentiae eorum qui sunt in dignitate constituti debetur honor ratione sublimioris gradus; timor autem ratione potestatis quam habent ad coercendum. Officio vero gubernationis ipsorum debetur obedientia, per quam subditi moventur ad imperium praesidentium; et tributa, quae sunt quaedam stipendia laboris ipsorum.

 

[43369] IIª-IIae q. 102 a. 2 ad 3
3. Alle autorità si deve l'onore a motivo del loro alto grado di dignità; e il timore a motivo del loro potere di coercizione. Invece per la loro funzione di governo si deve obbedienza, la quale fa muovere i sudditi al comando dei superiori; e si devono i tributi, che sono come la paga del loro lavoro.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Osservanza o rispetto > Se l'osservanza sia una virtù superiore alla pietà


Secunda pars secundae partis
Quaestio 102
Articulus 3

[43370] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod observantia sit potior virtus quam pietas. Princeps enim, cui cultus per observantiam exhibetur, comparatur ad patrem, qui pietate colitur, sicut universalis gubernator ad particularem, nam familia, quam pater gubernat, est pars civitatis, quae gubernatur a principe. Sed universalis virtus potior est, et magis ei inferiora subduntur. Ergo observantia est potior virtus quam pietas.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 102
Articolo 3

[43370] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 1
SEMBRA che l'osservanza sia una virtù superiore alla pietà. Infatti:
1. Il capo dello stato, cui si devono i doveri dell'osservanza, sta al padre, onorato dalla virtù della pietà, come un governante universale sta a un governante particolare: infatti la famiglia, che è governata dal padre, è parte dello stato, il quale è sotto il governo del principe. Ma una virtù più universale è superiore ed è più efficace sugli esseri inferiori. Dunque l'osservanza è una virtù superiore alla pietà.

[43371] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 2
Praeterea, illi qui sunt in dignitate constituti curam gerunt boni communis. Consanguinei autem pertinent ad bonum privatum, quod est propter bonum commune contemnendum, unde laudabiliter aliqui seipsos pro bono communi periculis mortis exponunt. Ergo observantia, per quam exhibetur cultus his qui sunt in dignitate constituti, est potior virtus quam pietas, quae exhibet cultum personis sanguine coniunctis.

 

[43371] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 2
2. Le autorità hanno cura del bene comune. Invece la parentela rientra nel bene privato, che dev'essere posposto a quello comune: infatti molti vengono lodati per essersi esposti ai pericoli di morte per il bene comune. Perciò l'osservanza, che ha il compito di prestare un culto a coloro che sono costituiti in autorità, è superiore alla pietà che presta un culto alle persone del proprio sangue.

[43372] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 3
Praeterea, honor et reverentia maxime debetur virtuosis, post Deum. Sed virtuosis exhibetur honor et reverentia per observantiae virtutem, ut dictum est. Ergo observantia est praecipua post religionem.

 

[43372] IIª-IIae q. 102 a. 3 arg. 3
3. Dopo che a Dio onore e riverenza son dovuti alle persone virtuose. Ma questo compito spetta alla virtù dell'osservanza, come sopra abbiamo notato. Dunque l'osservanza è la prima virtù dopo quella di religione.

[43373] IIª-IIae q. 102 a. 3 s. c.
Sed contra est quod praecepta legis dantur de actibus virtutum. Immediate autem post praecepta religionis, quae pertinent ad primam tabulam, subditur praeceptum de honoratione parentum, quod pertinet ad pietatem. Ergo pietas immediate sequitur religionem ordine dignitatis.

 

[43373] IIª-IIae q. 102 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: I comandamenti della legge hanno per oggetto gli atti delle virtù. Ora, immediatamente dopo i precetti della religione, inclusi nella prima tavola, segue il comandamento che impone di onorare i genitori, e che riguarda la pietà. Quindi la pietà in ordine di importanza segue immediatamente la religione.

[43374] IIª-IIae q. 102 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod personis in dignitate constitutis potest aliquid exhiberi dupliciter. Uno modo, in ordine ad bonum commune, puta cum aliquis ei servit in administratione reipublicae. Et hoc iam non pertinet ad observantiam, sed ad pietatem, quae cultum exhibet non solum patri, sed etiam patriae. Alio modo exhibetur aliquid personis in dignitate constitutis pertinens specialiter ad personalem eorum utilitatem vel gloriam. Et hoc proprie pertinet ad observantiam secundum quod a pietate distinguitur. Et ideo comparatio observantiae ad pietatem necesse est quod attendatur secundum diversas habitudines diversarum personarum ad nos, quas respicit utraque virtus. Manifestum est autem quod personae parentum, et eorum qui sunt nobis sanguine iuncti, substantialius nobis coniunguntur quam personae quae sunt in dignitate constitutae, magis enim ad substantiam pertinet generatio et educatio, cuius principium est pater, quam exterior gubernatio, cuius principium sunt illi qui in dignitate constituuntur. Et secundum hoc, pietas observantiae praeeminet, inquantum cultum reddit personis magis coniunctis, quibus magis obligamur.

 

[43374] IIª-IIae q. 102 a. 3 co.
RISPONDO: Alle persone costituite in autorità si possono rendere omaggi sotto due punti di vista. Primo, in ordine al bene comune: come quando uno sta al loro servizio nell'amministrazione dello stato. E questo non rientra nell'osservanza, ma nella pietà, che ha il compito di prestare un culto non solo ai genitori, ma anche alla patria. - Secondo, si può prestare ossequio alle autorità, direttamente indirizzandolo alla loro gloria e utilità personale. E questo è il compito proprio dell'osservanza in quanto distinta dalla pietà.
Perciò il confronto tra le due virtù dev'esser fatto guardando ai diversi rapporti che le persone ricordate hanno con noi, e che sono quindi oggetto dell'una e dell'altra. Ora, è evidente che i genitori e i congiunti sono a noi uniti con un vincolo più sostanziale, o naturale, che le persone costituite in autorità: infatti è più connessa con la natura, o con la nostra sostanza, la generazione e l'educazione, di cui il padre è principio e causa, che il governo esteriore, che ha il suo principio nelle autorità costituite. Ecco perché la pietà è superiore alla virtù dell'osservanza, rendendo essa un culto a persone più intime, verso le quali siamo più obbligati.

[43375] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod princeps comparatur ad patrem sicut universalis virtus ad particularem, quantum ad exteriorem gubernationem, non autem quantum ad hoc quod pater est principium generationis. Sic enim comparatur ad ipsum virtus divina, quae est omnium productiva in esse.

 

[43375] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il capo dello stato sta al padre come una virtù universale sta a quella particolare quanto al governo esteriore: non già rispetto alla causalità che il padre esercita sulla generazione. Sotto tale aspetto egli può essere confrontato (solo) con la virtù divina, che produce nell'essere tutte le cose.

[43376] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod ex ea parte qua personae in dignitate constitutae ordinantur ad bonum commune, non pertinet earum cultus ad observantiam, sed ad pietatem, ut dictum est.

 

[43376] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 2
2. Il rispetto delle autorità, in quanto esse sono ordinate al bene comune, non rientra nell'osservanza, bensì nella pietà, come abbiamo spiegato.

[43377] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod exhibitio honoris vel cultus non solum est proportionanda personae cui exhibetur secundum se consideratae, sed etiam secundum quod ad exhibentes comparatur. Quamvis ergo virtuosi, secundum se considerati, sint magis digni honore quam personae parentum, tamen filii magis obligantur, propter beneficia suscepta et coniunctionem naturalem, ad exhibendum cultum et honorem parentibus quam extraneis virtuosis.

 

[43377] IIª-IIae q. 102 a. 3 ad 3
3. La prestazione dell'onore e del rispetto non solo deve essere proporzionata direttamente alle persone cui si offre, ma anche alle persone che l'offrono. Perciò, sebbene le persone virtuose, considerate per se stesse siano degne di maggior onore che i genitori: tuttavia i figli, per i benefici ricevuti e per i legami naturali, sono più obbligati all'ossequio e all'onore verso i genitori che verso estranei colmi di virtù.

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