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Se per motivi religiosi si possano trascurare i doveri verso i genitori
Secunda pars secundae partis
Quaestio 101
Articulus 4
[43343] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod occasione religionis sint praetermittenda pietatis officia in parentes. Dicit enim dominus, Luc. XIV, si quis venit ad me, et non odit patrem suum et matrem et uxorem, fratres, filios et sorores, adhuc autem et animam suam, non potest meus esse discipulus. Unde et in laudem Iacobi et Ioannis, Matth. IV, dicitur quod, relictis retibus et patre, secuti sunt Christum. Et in laudem Levitarum dicitur, Deut. XXXIII, qui dixit patri suo et matri suae, nescio vos; et fratribus suis, ignoro illos; et nescierunt filios suos, hi custodierunt eloquium tuum. Sed ignorando parentes et alios consanguineos, vel etiam eos odiendo, necesse est quod praetermittantur pietatis officia. Ergo propter religionem officia pietatis sunt praetermittenda.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 101
Articolo 4
[43343] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 1
SEMBRA che per motivi religiosi si debbano trascurare i doveri verso i genitori. Infatti:
1. Nel Vangelo si legge: "Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e perfino la sua vita, non può essere mio discepolo". Infatti esso ci narra a lode di Giacomo e di Giovanni, che "lasciate le reti e il padre seguirono Cristo". Ai figli di Levi poi la Scrittura attribuisce questo merito: "Disse egli al padre e alla madre sua, Non vi conosco; e ai suoi fratelli, Non so chi siate; e non conobbero i propri figli: essi custodirono le tue parole". Ora, per misconoscere i genitori e gli altri parenti, oppure per odiarli, è necessario omettere i doveri della pietà. Dunque codesti doveri si devono trascurare per motivi di religione.
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[43344] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 2 Praeterea, Matth. VIII et Luc. IX dicitur quod dominus dicenti sibi, permitte mihi primum ire et sepelire patrem meum, respondit, sine ut mortui sepeliant mortuos suos. Tu autem vade et annuntia regnum Dei, quod pertinet ad religionem. Sepultura autem patris pertinet ad pietatis officium. Ergo pietatis officium est praetermittendum propter religionem.
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[43344] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 2
2. Nel Vangelo si legge ancora che a un tale il quale gli chiedeva: "Permettimi prima di andare a seppellire mio padre", il Signore rispose: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Tu vai ad annunziare il regno di Dio", che è un impegno di religione. Invece il seppellimento dei genitori è un compito della pietà. Dunque per motivi religiosi i doveri di pietà si devono tralasciare.
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[43345] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 3 Praeterea, Deus per excellentiam dicitur pater noster. Sed sicut per pietatis obsequia colimus parentes, ita per religionem colimus Deum. Ergo praetermittenda sunt pietatis obsequia propter religionis cultum.
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[43345] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 3
3. Dio è per eccellenza nostro Padre. Ora, come con i doveri della pietà curiamo il culto dei genitori, così con la religione curiamo il culto di Dio. Dunque per il culto religioso vanno trascurati i doveri della pietà.
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[43346] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 4 Praeterea, religiosi tenentur ex voto, quod transgredi non licet, suae religionis observantias implere. Secundum quas suis parentibus subvenire impediuntur, tum propter paupertatem, quia proprio carent; tum etiam propter inobedientiam, quia sine licentia suorum praelatorum eis claustrum exire non licet. Ergo propter religionem praetermittenda sunt pietatis officia in parentes.
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[43346] IIª-IIae q. 101 a. 4 arg. 4
4. I religiosi in forza dei loro voti, che non è lecito trasgredire, son tenuti alle prescrizioni delle loro regole. E queste proibiscono di soccorrere i genitori: sia per la povertà, che li priva dei loro beni, sia per l'obbedienza, poiché non viene loro concesso di uscire dal chiostro, senza il permesso dei superiori. Perciò per motivi religiosi si devono omettere i doveri di pietà verso i genitori.
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[43347] IIª-IIae q. 101 a. 4 s. c. Sed contra est quod dominus, Matth. XV, redarguit Pharisaeos, qui intuitu religionis honorem parentibus debitum subtrahere docebant.
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[43347] IIª-IIae q. 101 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo il Signore ha rimproverato i Farisei, perché insegnavano a sottrarsi agli obblighi verso i genitori per motivi religiosi.
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[43348] IIª-IIae q. 101 a. 4 co. Respondeo dicendum quod religio et pietas sunt duae virtutes. Nulla autem virtus alii virtuti contrariatur aut repugnat, quia secundum philosophum, in praedicamentis, bonum non est bono contrarium. Unde non potest esse quod pietas et religio se mutuo impediant, ut propter unam alterius actus excludatur. Cuiuslibet enim virtutis actus, ut ex supra dictis patet, debitis circumstantiis limitatur, quas si praetereat, iam non erit virtutis actus, sed vitii. Unde ad pietatem pertinet officium et cultum parentibus exhibere secundum debitum modum. Non est autem debitus modus ut plus homo intendat ad colendum patrem quam ad colendum Deum, sed sicut Ambrosius dicit, super Luc., necessitudini generis divinae religionis pietas antefertur. Si ergo cultus parentum abstrahat nos a cultu Dei, iam non esset pietatis parentum insistere cultui contra Deum. Unde Hieronymus dicit, in epistola ad Heliodorum, per calcatum perge patrem, per calcatam perge matrem, ad vexillum crucis evola. Summum genus pietatis est in hac re fuisse crudelem. Et ideo in tali casu dimittenda sunt officia in parentes propter divinum religionis cultum. Si vero exhibendo debita obsequia parentibus non abstrahamur a divino cultu, hoc iam pertinebit ad pietatem. Et sic non oportebit propter religionem pietatem deserere.
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[43348] IIª-IIae q. 101 a. 4 co.
RISPONDO: La religione e la pietà sono due virtù. Ora, una virtù non può mai essere contraria e incompatibile con un'altra: poiché a detta del Filosofo il bene non è mai contrario al bene. Perciò non è possibile che la pietà e la religione si ostacolino a vicenda, al punto che l'atto dell'una impedisca l'esercizio dell'altra. Infatti l'atto di ogni virtù, come abbiamo già visto sopra, è limitato dalle debite circostanze: trascurando le quali l'atto non è più virtuoso, ma peccaminoso. Dunque è compito della pietà prestare ai genitori servizi e riguardi secondo la debita misura. Ma non è una misura giusta che un uomo attenda al culto dei genitori più che al culto di Dio: poiché, come insegna S. Ambrogio, "la pietà verso Dio è superiore agli impegni verso la parentela". Perciò se il culto dei genitori ci distogliesse dal culto di Dio, non si dovrebbe attendere oltre ai doveri verso di essi mettendoci contro Dio. Di qui l'esortazione di S. Girolamo: "Calpesta pure tuo padre, calpesta tua madre, e va' avanti, anzi vola verso il vessillo della croce. Questa crudeltà è il colmo della pietà". Perciò in questi casi bisogna tralasciare i doveri verso i genitori per il culto di Dio. - Se invece prestando l'ossequio dovuto ai genitori non veniamo distolti dal culto suddetto, siamo nell'ambito della pietà. E quindi non si dovrà tralasciare la pietà per la religione.
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[43349] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Gregorius, exponens illud verbum domini, dicit quod parentes quos adversarios in via Dei patimur, odiendo et fugiendo nescire debemus. Si enim parentes nostri nos provocent ad peccandum, et abstrahant nos a cultu divino, debemus quantum ad hoc eos deserere et odire. Et hoc modo dicuntur Levitae suos consanguineos ignorasse, quia idololatris, secundum mandatum domini, non pepercerunt, ut habetur Exod. XXXII. Iacobus autem et Ioannes laudantur ex hoc quod secuti sunt dominum dimisso parente, non quia eorum pater eos provocaret ad malum, sed quia aliter aestimabant ipsum posse vitam transigere, eis sequentibus Christum.
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[43349] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Gregorio spiega le riferite parole del Signore, dichiarando che "quando i genitori ci sono di ostacolo nelle vie di Dio, li dobbiamo misconoscere con l'odio e con la fuga". Infatti se i nostri genitori ci spingono al peccato, o ci ritraggono dal culto di Dio, sotto questo aspetto li dobbiamo abbandonare e odiare. In tal senso si dice che i figli di Levi ignorarono la loro parentela: poiché, come si narra nell'Esodo, non ne ebbero misericordia, stando al comando di Dio, quando essa cadde nell'idolatria: - Invece Giacomo e Giovanni vengono lodati perché seguirono il Signore dopo aver abbandonato il padre, non perché il padre li spingeva al male; ma perché persuasi che egli in altra maniera poteva far fronte alla vita, mentre essi seguivano il Cristo.
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[43350] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod dominus ideo prohibuit discipulum a sepultura patris, quia, sicut Chrysostomus dicit, per hoc eum dominus a multis malis eripuit, puta luctibus et maeroribus, et aliis quae hinc expectantur. Post sepulturam enim necesse erat et testamenta scrutari, et haereditatis divisionem, et alia huiusmodi. Et praecipue quia alii erant qui complere poterant huius funeris sepulturam. Vel, sicut Cyrillus exponit, super Lucam, discipulus ille non petiit quod patrem iam defunctum sepeliret, sed adhuc viventem in senectute sustentaret usquequo sepeliret. Quod dominus non concessit, quia erant alii qui eius curam habere poterant, linea parentelae adstricti.
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[43350] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 2
2. Il Signore, come spiega il Crisostomo, proibì a quel discepolo di andare a seppellire suo padre, perché "voleva risparmiargli molti mali, e cioè: i pianti, i gemiti e tutte le preoccupazioni connesse. Infatti dopo la sepoltura era necessario esaminare il testamento, far la divisione dell'eredità, e altre cose del genere. Ma specialmente lo fece perché c'erano altri i quali potevano interessarsi di quel seppellimento".
Oppure, come dice S. Cirillo, "quel discepolo non chiese di andare a seppellire il padre già morto: ma di poterlo assistere nella vecchiaia fino alla sepoltura. E il Signore non lo permise, perché c'erano altri parenti che potevano attendere a tale assistenza".
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[43351] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod hoc ipsum quod parentibus carnalibus ex pietate exhibemus, in Deum referimus, sicut et alia misericordiae opera quae quibuscumque proximis impendimus, Deo exhibita videntur secundum illud Matth. XXV, quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis. Et ideo si carnalibus parentibus nostra obsequia sunt necessaria, ut sine his sustentari non possint; nec nos ad aliquid contra Deum inducant, non debemus intuitu religionis eos deserere. Si autem sine peccato eorum obsequiis vacare non possumus; vel etiam si absque nostro obsequio possunt sustentari, licitum est eorum obsequia praetermittere ad hoc quod amplius religioni vacemus.
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[43351] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 3
3. Anche ciò che la pietà ci comanda di fare per i genitori dobbiamo riferirlo a Dio, come le altre opere di misericordia che prestiamo al prossimo, secondo le parole del Signore: "Quello che avete fatto al minimo dei miei fratelli l'avete fatto a me". Quindi se i nostri genitori hanno necessità del nostro aiuto, non avendo altro sostegno, ed essi non ci spingono a far cose a Dio contrarie, non dobbiamo abbandonarli per motivi di religione. Se invece non possiamo attendere alla loro cura senza peccato, oppure se possono fare a meno del nostro soccorso: allora è lecito tralasciare gli obblighi verso di loro per attendere maggiormente alle cose religiose.
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[43352] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 4 Ad quartum dicendum quod aliud est dicendum de eo qui est adhuc in saeculo constitutus, et aliud de eo qui est iam in religione professus. Ille enim qui est in saeculo constitutus, si habet parentes qui sine ipso sustentari non possunt, non debet, eis relictis, religionem intrare, quia transgrederetur praeceptum de honoratione parentum. Quamvis dicant quidam quod etiam in hoc casu licite posset eos deserere, eorum curam Deo committens. Sed si quis recte consideret, hoc esset tentare Deum, cum habens ex humano consilio quid ageret, periculo parentes exponeret sub spe divini auxilii. Si vero sine eo parentes vitam transigere possent, licitum esset ei, desertis parentibus, religionem intrare. Quia filii non tenentur ad sustentationem parentum nisi causa necessitatis, ut dictum est. Ille vero qui iam est in religione professus, reputatur iam quasi mortuus mundo. Unde non debet occasione sustentationis parentum exire claustrum, in quo Christo consepelitur, et se iterum saecularibus negotiis implicare. Tenetur tamen, salva sui praelati obedientia et suae religionis statu, pium studium adhibere qualiter eius parentibus subveniatur.
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[43352] IIª-IIae q. 101 a. 4 ad 4
4. Il caso di chi è ancora nel secolo è diverso da quello di chi ha già professato in una religione. Infatti chi è nel secolo, se ha i genitori che non possono fare a meno del suo aiuto, non deve entrare in religione: poiché violerebbe il precetto che impone di onorarli. - Sebbene alcuni dicano che anche in questo caso uno può abbandonarli, affidandoli al soccorso di Dio. Ma se uno riflette bene, questo sarebbe un tentare Dio: perché una persona, sapendo come agire con umana prudenza, esporrebbe i genitori al pericolo nella speranza dell'aiuto di Dio.
Se però i genitori hanno di che vivere, uno potrebbe entrare in religione, abbandonando i suoi. Poiché i figli non son tenuti a sostentare i genitori, se non in caso di necessità, come sopra abbiamo detto.
Invece chi è già professo di una religione è considerato ormai come morto al mondo. Perciò egli, per soccorrere i genitori, non deve abbandonare il chiostro, nel quale si è consepolto con Cristo, per immischiarsi di nuovo negli affari temporali. Tuttavia salvando l'obbedienza verso i suoi prelati e lo stato della propria religione, egli è tenuto a ingegnarsi piamente per trovare il modo di soccorrere i propri genitori.
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