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Se sia giusto che i simoniaci siano puniti con la privazione di quanto hanno acquistato per simonia
Secunda pars secundae partis
Quaestio 100
Articulus 6
[43302] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod non sit conveniens simoniaci poena ut privetur eo quod per simoniam acquisivit. Simonia enim committitur ex eo quod alicuius muneris interventu spiritualia acquiruntur. Sed quaedam sunt spiritualia quae semel adepta, non possunt amitti, sicut omnes characteres, qui per aliquam consecrationem imprimuntur. Ergo non est conveniens poena ut quis privetur eo quod simoniace acquisivit.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 100
Articolo 6
[43302] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 1
SEMBRA che non sia giusto che i simoniaci siano puniti con la privazione di quanto hanno acquistato per simonia. Infatti:
1. Si commette simonia per il fatto che si acquistano dei beni spirituali dietro compenso. Ma ci sono dei beni spirituali che non si possono più perdere, una volta ricevuti: e cioè il carattere che viene impresso con la consacrazione. Perciò non è giusto che uno sia punito con la privazione di quanto ha acquistato per simonia.
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[43303] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 2 Praeterea, contingit quandoque quod ille qui est episcopatum per simoniam adeptus, praecipiat subdito ut ab eo recipiat ordines, et videtur quod debeat ei obedire quandiu ab Ecclesia toleratur. Sed nullus debet aliquid recipere ab eo qui non habet potestatem conferendi. Ergo episcopus non amittit episcopalem potestatem si eam simoniace acquisivit.
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[43303] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 2
2. Talora può capitare che un vescovo eletto per simonia comandi a un suddito di ricevere gli ordini da lui: e sembra che il suddito sia tenuto a ubbidirgli finché la Chiesa lo tollera. D'altra parte nessuno può ricevere una cosa da chi non ha il potere di conferirla. Dunque un vescovo non perde l'autorità episcopale, per averla acquistata in maniera simoniaca.
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[43304] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 3 Praeterea, nullus debet puniri pro eo quod non est factum eo sciente et volente, quia poena debetur peccato, quod est voluntarium, ut ex supra dictis patet. Contingit autem quandoque quod aliquis simoniace consequitur aliquid spirituale procurantibus aliis, eo nesciente et nolente. Ergo non debet puniri per privationem eius quod ei collatum est.
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[43304] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 3
3. Nessuno dev'esser punito per delle cose fatte a sua insaputa e contro la sua volontà: poiché la punizione è dovuta per il peccato, che è un atto volontario, come abbiamo visto in precedenza. Ma capita talora che uno ottenga un bene spirituale procuratogli da altri a sua insaputa e contro la sua volontà. Perciò egli non va punito con la privazione del bene a lui conferito.
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[43305] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 4 Praeterea, nullus debet portare commodum de suo peccato. Sed si ille qui consecutus est beneficium ecclesiasticum per simoniam, restitueret quod percepit, quandoque hoc redundaret in utilitatem eorum qui fuerunt simoniae participes, puta quando praelatus et totum collegium in simoniam consensit. Ergo non semper est restituendum quod per simoniam acquiritur.
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[43305] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 4
4. Nessuno deve ritrarre un vantaggio dal proprio peccato. Ora, se chi ha ricevuto un beneficio ecclesiastico per simonia lo restituisse, talora questo andrebbe a tutto vantaggio di coloro che parteciparono al suo peccato: p. es., nel caso in cui il superiore e tutto il collegio elettivo ha consentito alla simonia. Dunque non sempre è doveroso restituire quello che fu acquistato per simonia.
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[43306] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 5 Praeterea, quandoque aliquis per simoniam in aliquo monasterio recipitur, et votum solemne ibi facit profitendo. Sed nullus debet absolvi ab obligatione voti propter culpam commissam. Ergo non debet monachatum amittere quem simoniace acquisivit.
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[43306] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 5
5. Capita che alcuni siano ricevuti in un dato monastero per simonia, facendovi poi la professione solenne. Ora, nessuno dev'essere sciolto dall'obbligo dei voti per una colpa commessa. Perciò egli non deve essere dimesso dal monastero, per il fatto che vi è entrato per simonia.
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[43307] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 6 Praeterea, exterior poena in hoc mundo non infligitur pro interiori motu cordis, de quo solius Dei est iudicare. Sed simonia committitur ex sola intentione vel voluntate, unde et per voluntatem definitur, ut supra dictum est. Ergo non semper debet aliquis privari eo quod simoniace acquisivit.
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[43307] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 6
6. In questo mondo non va mai inflitta una punizione esterna per i sentimenti interni del cuore, di cui è giudice Dio soltanto. Ma la simonia si commette solo con l'intenzione o con la volontà: di volontà infatti si parla nella sua definizione, da noi sopra analizzata. Dunque non sempre uno dev'esser privato di quanto possiede per simonia.
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[43308] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 7 Praeterea, multo maius est promoveri ad maiora quam in susceptis permanere. Sed quandoque simoniaci, ex dispensatione, promoventur ad maiora. Ergo non semper debent susceptis privari.
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[43308] IIª-IIae q. 100 a. 6 arg. 7
7. È più vantaggioso esser promossi a incarichi superiori che rimanere in quelli già ricevuti. Ma talora i simoniaci, per una dispensa, vengono promossi a incarichi superiori. Quindi non sempre devono esser privati di quelli ricevuti.
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[43309] IIª-IIae q. 100 a. 6 s. c. Sed contra est quod dicitur I, qu. I, cap. si quis episcopus, qui ordinatus est, nihil ex ordinatione vel promotione quae est per negotiationem facta, proficiat, sed sit alienus a dignitate vel sollicitudine quam pecuniis acquisivit.
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[43309] IIª-IIae q. 100 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Nei Canoni si legge: "Chi è già stato ordinato, non ottenga nessun giovamento dall'ordinazione o dalla promozione mercanteggiata: ma sia allontanato dalla dignità, o dall'incarico acquistato col danaro".
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[43310] IIª-IIae q. 100 a. 6 co. Respondeo dicendum quod nullus potest licite retinere illud quod contra voluntatem domini acquisivit, puta si aliquis dispensator de rebus domini sui daret alicui contra voluntatem et ordinationem domini sui, ille qui acciperet licite retinere non posset. Dominus autem, cuius Ecclesiarum praelati sunt dispensatores et ministri, ordinavit ut spiritualia gratis darentur, secundum illud Matth. X, gratis accepistis, gratis date. Et ideo qui muneris interventu spiritualia quaecumque assequuntur, ea licite retinere non possunt. Insuper autem simoniaci, tam vendentes quam ementes spiritualia, aut etiam mediatores, aliis poenis puniuntur, scilicet infamia et depositione, si sint clerici; et excommunicatione, si sint laici; ut habetur I, qu. I, cap. si quis episcopus.
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[43310] IIª-IIae q. 100 a. 6 co.
RISPONDO: Nessuno può lecitamente ritenere quanto ha acquistato contro la volontà del padrone legittimo: se un amministratore, p. es., desse a qualcuno parte dei beni del suo padrone contro la di lui volontà, chi li ha ricevuti non potrebbe ritenerli lecitamente. Ora, il Signore, di cui i prelati delle varie chiese sono gli amministratori e i ministri, ha espressamente comandato che i beni spirituali siano dati gratuitamente: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Perciò chi ha conseguito una qualsiasi cosa spirituale mediante un compenso, non può ritenerla lecitamente.
Inoltre i simoniaci, sia quelli che vendono, sia quelli che comprano i beni spirituali, come gli stessi mediatori, sono puniti dai Canoni anche con altri castighi: con la deposizione e con l'infamia, se son chierici; con la scomunica, se son laici.
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[43311] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod ille qui simoniace accipit sacrum ordinem, recipit quidem characterem ordinis, propter efficaciam sacramenti, non tamen recipit gratiam, neque ordinis executionem, eo quod quasi furtive suscepit characterem, contra principalis domini voluntatem. Et ideo est ipso iure suspensus, et quoad se, ut scilicet de executione sui ordinis se non intromittat; et quoad alios, ut scilicet nullus ei communicet in ordinis executione; sive sit peccatum eius publicum, sive occultum. Nec potest repetere pecuniam quam turpiter dedit, licet alius iniuste detineat. Si vero sit simoniacus quia contulit ordinem simoniace, vel quia dedit vel recepit beneficium simoniace, vel fuit mediator simoniae, si est publicum, est ipso iure suspensus et quoad se et quoad alios; si autem est occultum, est suspensus ipso iure quoad se tantum, non autem quoad alios.
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[43311] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi riceve per simonia un ordine sacro, ne riceve il carattere per l'efficacia del sacramento; ma non ne riceve la grazia, né la facoltà di esercitarlo, perché ne ha ricevuto il carattere per una specie di furto contro il volere del Signore, vero padrone di esso. Perciò egli è sospeso di diritto: in foro interno, in modo da non poter esercitare l'ordine ricevuto; e in foro esterno, in modo che nessuno possa comunicare con lui nell'esercizio dell'ordine. E questo comunque sia la colpa: pubblica od occulta. E neppure può reclamare il danaro dato in maniera disonesta: sebbene l'altro lo ritenga ingiustamente. - Se poi uno è simoniaco per aver conferito un ordine, oppure per aver dato o ricevuto un beneficio, o fatto da mediatore in maniera simoniaca: se la cosa è pubblica, egli è sospeso di diritto, sia in foro interno, che in foro esterno; se invece la cosa è occulta, è sospeso in foro interno solamente, ma non rispetto agli altri.
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[43312] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod nec propter praeceptum eius, nec etiam propter excommunicationem, debet aliquis recipere ordinem ab episcopo quem scit simoniace promotum. Et si ordinetur, non recipit ordinis executionem, etiam si ignoret eum esse simoniacum, sed indiget dispensatione. Quamvis quidam dicunt quod, si non potest probare eum esse simoniacum, debet obedire recipiendo ordinem, sed non debet exequi sine dispensatione. Sed hoc absque ratione dicitur. Quia nullus debet obedire alicui ad communicandum sibi in facto illicito. Ille autem qui est ipso iure suspensus et quoad se et quoad alios, illicite confert ordinem. Unde nullus debet sibi communicare recipiendo ab eo, quacumque ex causa. Si autem ei non constat, non debet credere peccatum alterius, et ita cum bona conscientia debet ab eo ordinem recipere. Si autem episcopus sit simoniacus aliquo alio modo quam per promotionem suam simoniace factam, potest recipere ab eo ordinem, si sit occultum, quia non est suspensus quoad alios, sed solum quoad seipsum, ut dictum est.
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[43312] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 2
2. Uno non deve piegarsi a ricevere un ordine sacro da un vescovo di cui conosce la promozione simoniaca, senza badare né al suo precetto, né alla scomunica. E se ne riceve l'ordinazione, non riceve la facoltà di esercitare l'ordine, anche se non sapeva che il vescovo era simoniaco; ma ha bisogno di una dispensa. - Alcuni però dicono che se l'interessato non può dimostrare che il vescovo è simoniaco, deve ubbidire ricevendo gli ordini, ma non deve esercitarli senza una dispensa. Questa opinione però è priva di fondamento. Poiché nessuno può ubbidire a una persona per cooperare con essa in un'azione illecita. Ora, chi è sospeso di diritto, sia in foro interno che in foro esterno, conferisce gli ordini illecitamente. Perciò per nessun motivo uno può cooperare con lui ricevendone gli ordini. - Se invece uno non è sicuro, non deve credere che il vescovo sia in peccato: e quindi deve ricevere gli ordini in buona coscienza.
Se invece il vescovo fosse simoniaco, non per la simonia della sua promozione, ma per altri motivi, allora si può ricevere da lui gli ordini sacri, se il peccato è occulto: perché allora, come abbiamo già notato, egli non è sospeso in foro esterno, ma solo in foro interno.
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[43313] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod hoc quod aliquis privetur eo quod accepit, non solum est poena peccati, sed etiam quandoque est effectus acquisitionis iniustae, puta cum aliquis emit rem aliquam ab eo qui vendere non potest. Et ideo si aliquis scienter et propria sponte simoniace accipiat ordinem vel ecclesiasticum beneficium, non solum privatur eo quod accepit, ut scilicet careat executione ordinis et beneficium resignet cum fructibus inde perceptis; sed etiam ulterius punitur, quia notatur infamia; et tenetur ad restituendos fructus non solum perceptos, sed etiam eos qui percipi potuerunt a possessore diligenti (quod tamen intelligendum est de fructibus qui supersunt deductis expensis factis causa fructuum, exceptis fructibus illis qui alias expensi sunt in utilitatem Ecclesiae). Si vero, eo nec volente nec sciente, per alios alicuius promotio simoniace procuratur, caret quidem ordinis executione, et tenetur resignare beneficium quod est consecutus, cum fructibus extantibus (non autem tenetur restituere fructus consumptos, quia bona fide possedit), nisi forte inimicus eius fraudulenter pecuniam daret pro alicuius promotione, vel nisi ipse expresse contradixerit. Tunc enim non tenetur ad abrenuntiandum, nisi forte postmodum pacto consenserit, solvendo quod fuit promissum.
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[43313] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 3
3. Il fatto che uno viene privato di ciò che ha ricevuto non è soltanto punizione di un peccato, ma talora è anche effetto dell'acquisto disonesto: tale è il caso di chi, p. es., compra una cosa da chi non ha diritto di venderla. Perciò se uno scientemente e volontariamente riceve in modo simoniaco un ordine sacro o un beneficio ecclesiastico, non solo viene privato di ciò che ha ricevuto, così da essere costretto a cessare l'esercizio dell'ordine e a restituire il beneficio con i frutti già percepiti; ma è anche punito con la pubblica infamia, ed è tenuto non solo a restituire i frutti percepiti, bensì anche quelli che un possessore diligente avrebbe potuto ricavarne. (Questo però va inteso dei frutti che rimangono, detraendo le spese fatte per ottenerli, ed eccettuando i frutti che fossero già stati spesi a vantaggio della chiesa). - Se uno invece, è stato promosso in maniera simoniaca, senza volerlo e senza saperlo, per l'interessamento di altri, viene privato dell'esercizio dell'ordine, ed è tenuto a restituire il beneficio con i frutti che rimangono (ma non è tenuto a restituire i frutti consumati, perché era un possessore in buona fede). Diverso è il caso, se a versare maliziosamente il danaro per la promozione fu un suo nemico; oppure se egli espressamente fece opposizione. Allora egli non è tenuto a rinunziare: a meno che in seguito non abbia acconsentito al contratto, pagando la somma promessa.
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[43314] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 4 Ad quartum dicendum quod pecunia, vel possessio, vel fructus simoniace accepti, debent restitui Ecclesiae in cuius iniuriam data sunt, non obstante quod praelatus, vel aliquis de collegio illius Ecclesiae, fuit in culpa, quia eorum peccatum non debet aliis nocere. Ita tamen quod, quantum fieri potest, ipsi qui peccaverunt inde commodum non consequantur. Si vero praelatus et totum collegium sunt in culpa, debet cum auctoritate superioris vel pauperibus vel alteri Ecclesiae erogari.
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[43314] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 4
4. Il danaro, i possessi, e i frutti ricevuti per simonia devono essere restituiti alla chiesa che ne ha subito l'ingiusta manomissione, anche se il prelato o altri membri del clero di codesta chiesa ne furono colpevoli: poiché il loro peccato non deve nuocere agli altri. Ma per quanto è possibile, si faccia in modo che i responsabili non ne abbiano un vantaggio. - Se poi la colpa ricade sul prelato e su tutto il clero, col permesso dei superiori, si deve erogare tutto ai poveri o a un'altra chiesa.
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[43315] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 5 Ad quintum dicendum quod si aliqui sunt in monasterio simoniace recepti, debent abrenuntiare. Et si eis scientibus commissa est simonia post Concilium generale, sine spe restitutionis de suo monasterio repelluntur, et ad agendam perpetuam poenitentiam sunt in arctiori regula ponendi, vel in aliquo loco eiusdem ordinis, si arctior ordo non inveniretur. Si vero hoc fuit ante Concilium, debent in aliis locis eiusdem ordinis collocari. Et si hoc fieri non potest, dispensative debent in eisdem monasteriis recipi, ne in saeculo evagentur, mutatis tamen prioribus locis et inferioribus assignatis. Si vero ipsis ignorantibus, sive ante Concilium sive post, sint simoniace recepti, postquam renuntiaverint, possunt de novo recipi, locis mutatis, ut dictum est.
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[43315] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 5
5. Se qualcuno è stato ricevuto in un dato monastero in maniera simoniaca, è tenuto a uscirne. E se la simonia è stata commessa col suo consenso dopo il Concilio ecumenico, dev'essere espulso dal suo monastero senza speranza di rientrarvi, ed essere posto a fare perpetua penitenza in una regola più rigorosa; oppure, se non esiste un ordine più rigido, in una casa del medesimo ordine. - Se invece il fatto risale a prima del Concilio, il responsabile dev'essere confinato in un'altra casa del medesimo ordine. E se questo non è possibile, va tenuto, per una dispensa, nel medesimo suo monastero, perché non vada girovagando per il mondo: ma va rimosso dal suo posto e assegnato a quelli più bassi.
Se uno però è stato ricevuto in maniera simoniaca, sia prima che dopo il Concilio, dopo aver rinunziato può essere di nuovo accolto, con i mutamenti di posto cui abbiamo già accennato.
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[43316] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 6 Ad sextum dicendum quod quoad Deum sola voluntas facit simoniacum, sed quoad poenam ecclesiasticam exteriorem, non punitur ut simoniacus, ut abrenuntiare teneatur, sed debet de mala intentione poenitere.
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[43316] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 6
6. Davanti a Dio basta l'intenzione a rendere simoniaci; però per la pena ecclesiastica esterna uno non è punito per questo come simoniaco, così da dover rinunziare, ma è tenuto a pentirsi della sua cattiva intenzione.
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[43317] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 7 Ad septimum dicendum quod dispensare cum eo qui est scienter beneficiatus, solus Papa potest. In aliis autem casibus potest etiam episcopus dispensare, ita tamen quod prius abrenuntiet quod simoniace acquisivit. Et tunc dispensationem consequatur vel parvam, ut habeat laicam communionem; vel magnam, ut, post poenitentiam, in alia Ecclesia in suo ordine remaneat; vel maiorem, ut remaneat in eadem, sed in minoribus ordinibus; vel maximam, ut in eadem Ecclesia etiam maiores ordines exequatur, non tamen praelationem accipiat.
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[43317] IIª-IIae q. 100 a. 6 ad 7
7. Soltanto il Papa può dispensare il beneficiario che è simoniaco in maniera consapevole. Negli altri casi può dispensare anche il vescovo: a patto però che prima si rinunzi alle cose avute per simonia. Quindi il simoniaco riceverà la dispensa: la dispensa piccola, che lo ammette alla comunione dei laici; quella grande, che gli concede di rimanere nel proprio ordine in un'altra chiesa dopo la penitenza; oppure quella maggiore che gli concede di rimanere nella medesima chiesa, ma negli ordini minori; o addirittura la dispensa massima, che gli permette anche l'esercizio degli ordini maggiori, però senza la facoltà di ottenere prelature.
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Alla Questione precedente
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Alla Questione successiva
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