Sup, 97

Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati


Supplemento
Questione 97
Proemio

Passiamo ora a considerare ciò che riguarda i dannati dopo il giudizio. Primo, il castigo dei dannati e il fuoco col quale saranno tormentati i loro corpi; secondo, ciò che si riferisce ai loro affetti e alla loro conoscenza; terzo, la giustizia e la misericordia di Dio riguardo ai dannati.
Sul primo argomento si pongono sette quesiti:

1. Se nell'inferno i dannati non siano puniti altro che col fuoco;
2. Se il verme che li tormenta sia corporale;
3. Se il pianto loro sia materiale;
4. Se le loro tenebre siano anch'esse materiali;
5. Se materiale sia il fuoco che li tormenta;
6. Se esso sia della medesima specie del nostro fuoco;
7. Se codesto fuoco sia sotto terra.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se nell'inferno i dannati soffrano soltanto la pena del fuoco


Supplemento
Questione 97
Articolo 1

SEMBRA che nell'inferno i dannati soffrano soltanto la pena del fuoco. Infatti:
1. Nel Vangelo, là dove si accenna alla loro condanna, viene ricordato solo il fuoco: "Andate via da me, maledetti, al fuoco eterno".
2. Come al peccato veniale è dovuta la pena del purgatorio, così al mortale è dovuta la pena dell'inferno. Ma nel purgatorio non si legge che ci sia altra pena che quella del fuoco, come risulta dalle parole di S. Paolo: "Quale sia l'opera di ciascuno lo mostrerà il fuoco". Perciò anche nell'inferno non ci sarà altro che la pena del fuoco.
3. La variazione delle pene implica un certo refrigerio, come quando uno dal caldo passa al freddo. Ora, nei dannati non è ammissibile nessun refrigerio. Quindi in essi non ci saranno diversi castighi, ma solo la pena del fuoco.

IN CONTRARIO: 1. Nei Salmi si legge: "Il fuoco, lo zolfo, e venti tempestosi saranno parte del loro calice [amaro]".
2. E in Giobbe: "Ad eccessivo calore passi l'empio dalle acque della neve".

RISPONDO: Come dice S. Basilio, nell'ultima purificazione del mondo ci sarà una separazione negli elementi, in modo che quanto è puro e nobile rimanga nelle parti superiori a gloria dei beati; e quanto è ignobile e lurido precipiti nell'inferno per il castigo dei dannati. Cosicché, come ogni creatura sarà per i beati oggetto di gioia, così per i dannati tutte le creature accresceranno il tormento, secondo le parole della Sapienza: "Tutto l'universo combatterà con lui contro gl'insensati". Del resto ciò si addice alla divina giustizia: che essi cioè, come col peccato si sono allontanati dall'unico [vero bene] per riporre il loro fine nelle cose materiali che sono molteplici e varie, così vengano tormentati in vari modi da molte cose.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Essendo il fuoco la pena più lancinante, per la sua virtù attiva, col termine fuoco viene designato qualsiasi tormento, quando è gagliardo.
2. La pena del purgatorio principalmente serve a purificare e non a tormentare. Ecco perché va fatta solo col fuoco, che eccelle nella virtù purificatrice. Ma la pena dei dannati non è ordinata a purificare. Perciò il paragone non regge.
3. I dannati passeranno da un violentissimo calore a un violentissimo freddo, senza provarne nessun refrigerio. Perché la diversa impressione prodotta allora da cause esterne non avverrà mediante la trasmutazione del corpo dalla sua disposizione naturale, in modo che l'impressione contraria lo riporti al suo giusto equilibrio causando un refrigerio, come capita attualmente; ma avverrà per un'azione spirituale, simile a quella delle cose sensibili sui sensi, imprimendone le immagini o forme negli organi sensitivi secondo il loro essere spirituale, e non secondo il loro essere materiale.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se il verme dei dannati sia corporeo


Supplemento
Questione 97
Articolo 2

SEMBRA che il verme che tormenta i dannati sia corporeo. Infatti:
1. La carne non può essere tormentata da un verme spirituale. Ora, la carne dei dannati sarà tormentata dal verme, secondo le parole di Giuditta: "Manderà fuoco e vermi nelle loro carni"; e quelle dell'Ecclesiastico: "Castigo della carne dell'empio sarà il fuoco e il verme". Perciò codesto verme sarà corporeo.
2. S. Agostino afferma: "L’una e l'altra cosa, cioè il fuoco e il verme, saranno il castigo della carne". Dunque, ecc.

IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: "Gli autori danno spiegazioni diverse a proposito delle pene dei dannati circa la natura del fuoco inestinguibile e del verme che non muore. Alcuni li riferiscono entrambi al corpo; altri entrambi all'anima; altri poi attribuiscono il fuoco in senso proprio al corpo, e il verme in senso metaforico all'anima: e questo sembra più accettabile".

RISPONDO: Dopo il giorno del giudizio nel mondo rinnovato non rimarrà nessun animale e nessun corpo misto all'infuori del corpo umano, perché codesti corpi non hanno nessun ordine all'incorruttibilità; e d'altra parte allora non ci sarà più né generazione né corruzione. Perciò il verme che viene attribuito ai dannati non va inteso come una realtà corporea, ma spirituale: si tratta cioè del rimorso della coscienza; il quale è denominato verme perché nasce dalla putredine del peccato e tormenta l'anima, come il verme corporeo, nato dalla putredine, tormenta col suo morso.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le anime stesse dei dannati sono denominate loro carni, perché esse furono soggette alla carne. Oppure si può rispondere che il corpo viene tormentato anche dal verme spirituale; perché le passioni dell'anima ridondano sul corpo, sia attualmente che nel futuro.
2. S. Agostino in quel testo parla facendo un paragone. Infatti egli non intende asserire in modo assoluto che il verme suddetto è di ordine materiale; ma che è preferibile intendere il fuoco e il verme come entrambi di ordine materiale, piuttosto che intendere entrambi di ordine spirituale; perché in tal caso i dannati non avrebbero nessun castigo corporale. Ciò risulta dall'esame del contesto.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se il pianto dei dannati sarà allora di ordine materiale


Supplemento
Questione 97
Articolo 3

SEMBRA che il pianto dei dannati sarà allora di ordine materiale. Infatti:
1. Una Glossa sui Vangeli afferma che il pianto minacciato dal Signore ai reprobi può già dimostrare la reale resurrezione dei corpi. Ora, questo non sarebbe vero, se quel pianto fosse soltanto di ordine spirituale.
2. Il dolore del castigo corrisponde al piacere provato nella colpa, secondo le parole dell'Apocalisse. "Quanto s'è gloriata e ha lussureggiato, tanto datele di tormento e di lutto". Ma i peccatori ebbero un piacere sia interno che esterno. Dunque essi dovranno avere un pianto anche esteriore.

IN CONTRARIO: Il pianto corporeo avviene con spargimento di lacrime. Ora, dal corpo dei dannati è impossibile l'emissione continua di lacrime, non essendoci in essi nessuna reintegrazione mediante il cibo, e d'altra parte ogni realtà finita viene a consumarsi, se viene a subire una sottrazione continua. Perciò nei dannati il pianto non sarà di ordine materiale.

RISPONDO: Nel pianto materiale si riscontrano due cose. La prima è l'emissione delle lacrime. E in questo il pianto dei dannati non potrà essere d'ordine materiale, perché dopo il giorno del giudizio, col cessare del moto del primo ente mobile, cesserà qualsiasi generazione, o corruzione, o alterazione corporale. Ora, l'emissione delle lacrime richiede la generazione di codesto umore che forma le lacrime. Perciò sotto quest'aspetto il pianto dei dannati non può essere di ordine materiale.
La seconda cosa che si riscontra nel pianto materiale è la commozione e il turbamento del capo e degli occhi. E sotto questo aspetto potrà esserci il pianto nei dannati dopo la resurrezione. Infatti i corpi dei dannati non saranno tormentati solo dall'esterno, ma anche dall'interno, in quanto il corpo viene trasmutato in bene o in male dalle passioni dell'anima. E sotto quest'aspetto il pianto è un indizio della resurrezione dei corpi; e inoltre corrisponde al piacere della colpa, che si era prodotto sia nell'anima che nel corpo.
Sono così risolte anche le difficoltà.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se i dannati saranno immersi nelle tenebre materiali


Supplemento
Questione 97
Articolo 4

SEMBRA che i dannati non saranno immersi nelle tenebre materiali. Infatti:
1. A commento di quel passo di Giobbe, "Un orrore sempiterno vi risiede", S. Gregorio scrive: "Sebbene il fuoco suddetto non illumini per rallegrare, ma piuttosto per tormentare, dà luce per certe cose; infatti i reprobi vedranno alla luce della fiamma i seguaci che hanno trascinato con sé da questo mondo". Dunque non ci saranno là le tenebre materiali.
2. I dannati vedranno il loro castigo; ciò infatti apporta un aumento di pena. Ma niente si può vedere senza luce. Quindi là non potranno esserci le tenebre materiali.
3. I dannati dopo la riassunzione dei corpi avranno pure la potenza visiva. Ora, questa sarebbe inutile, se non vedessero nulla. Dunque, poiché niente è visibile senza la luce, e chiaro che essi non saranno del tutto immersi nelle tenebre.

IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Legategli mani e piedi, e gettatelo nelle tenebre esteriori". E S. Gregorio commenta: "Se il fuoco suddetto emanasse la luce, non sarebbe stato detto di gettarlo nelle tenebre esteriori".
2. S. Basilio, a proposito di quel testo dei Salmi: "La voce del Signore separa la fiamma del fuoco", afferma che "per virtù divina la luce del fuoco sarà separata dal suo potere combustibile, cosicché la luce di esso servirà alla gioia dei beati, e la combustione servirà a tormentare i dannati". Dunque ai dannati saranno riserbate le tenebre materiali.
Le altre cose relative alla pena dei dannati sono state già determinate in precedenza.

RISPONDO: La disposizione dell'inferno sarà tale da essere la più adatta alla miseria dei dannati. Perciò luce e tenebre vi si troveranno nel modo che più si addice alla dannazione di essi. Ora, vedere di suo è piacevole; poiché, come nota Aristotele, "il senso degli occhi è quello più desiderabile, perché con esso veniamo a conoscere un gran numero di cose". Ma accidentalmente può capitare che il fatto di vederci rattristi, perché vediamo che alcune cose sono nocive per noi, o ripugnanti alla nostra volontà.
Perciò all'inferno il luogo dev'essere così disposto per vederci, quanto a luce e tenebre, da non vedere nulla con chiarezza, ma solo in una certa penombra, capace di affliggere il cuore. Parlando quindi in senso assoluto, il luogo è tenebroso; però per una disposizione divina c'è una certa luce, quanto basta per vedere le cose capaci di tormentare l'anima.
Alcuni però assegnano come causa di queste tenebre l'ammassamento dei corpi dei dannati, che per il loro grande numero riempiranno cosi la cavità dell'inferno da non lasciare uno spiraglio d'aria. E quindi non potrà esserci un minimo di sostanza diafana, capace di essere il soggetto della luce e delle tenebre, all'infuori degli occhi dei dannati, che saranno ottenebrati.
Sono così risolte anche le difficoltà.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se il fuoco dell'inferno, col quale sono tormentati i corpi dei dannati, sia corporeo


Supplemento
Questione 97
Articolo 5

SEMBRA che il fuoco dell'inferno, col quale saranno tormentati i corpi dei dannati, non sia corporeo. Infatti:
1. Il Damasceno afferma: "Il diavolo, i demoni, l'Anticristo, con gli empi e i peccatori, saranno consegnati al fuoco eterno, non già materiale, qual è quello esistente presso di noi, ma che Dio solo conosce". Ora, ogni entità corporea è materiale. Dunque il fuoco dell'inferno non potrà essere corporeo.
2. Le anime dei dannati appena si separano dal corpo vengono gettate nell'inferno. Ora, S. Agostino ha scritto: "Penso che sia spirituale e non corporale" il luogo in cui viene trasportata l'anima dopo la morte. Quindi, ecc.
3. Il fuoco corporeo nel suo modo di agire non segue la gravità della colpa di colui che ne è tormentato, ma piuttosto il grado di umidità o di aridità: infatti vediamo che il giusto e l'empio sono bruciati allo stesso modo dal fuoco materiale. Invece il fuoco dell'inferno nel suo grado di affliggere o di agire segue il grado di colpevolezza di colui che ne viene tormentato. Cosicché S. Gregorio scrive; "Il fuoco della geenna è unico, ma non è unico il modo in cui tormenta i peccatori; poiché ognuno soffrirà, tanta pena quanto ne esige la colpa". Perciò il fuoco suddetto non può essere corporeo.

IN CONTRARIO: 1. In S. Gregorio si legge: "Io non dubito affatto che il fuoco della geenna sia corporeo, e che in esso certamente saranno tormentati i loro corpi".
2. Sta scritto: "L'universo intero combatterà contro gli insensati". Ma l'universo non combatterebbe tutto intero contro gl'insensati, se essi fossero puniti solo con le pene spirituali e non con quelle corporali. Quindi essi saranno puniti col fuoco materiale.

RISPONDO: Circa il fuoco dell'inferno ci furono molte opinioni. Infatti alcuni filosofi, tra i quali Avicenna, non credendo alla resurrezione dei corpi, pensarono che dopo la morte non ci sia altra punizione che quella dell'anima. E poiché loro pareva impossibile che l'anima, essendo incorporea, venisse punita col fuoco materiale, negarono l'esistenza del fuoco materiale, per la punizione dei reprobi, spiegando tutti i castighi di ordine materiale, relativi alla pena delle anime dopo la morte, in senso metaforico.
Come infatti il piacere e la letizia delle anime buone non avrà per oggetto nessuna cosa materiale, ma solo cose spirituali, connesse col conseguimento del fine, così il tormento dei malvagi sarebbe soltanto spirituale, nel senso che si addoloreranno per il mancato conseguimento del fine, di cui hanno il desiderio naturale. Perciò come tutto ciò che si dice sui piaceri delle anime dopo la morte è paragonato ai piaceri corporali, p. es., rifocillarsi, ridere, ecc., così quanto si dice circa la loro sofferenza, e sembra indicare un castigo corporale, va inteso in senso figurato: così quando si dice che bruciano nel fuoco, che sono tormentati dal fetore, e da altre cose del genere. Infatti piaceri e dolori spirituali, essendo sconosciuti alla massa, bisogna presentarli sotto la figura di piaceri o di dolori materiali, affinché gli uomini siano spinti maggiormente dal desiderio o dal timore di essi.
Ma poiché nel castigo dei dannati, va considerata non solo la pena del danno, che corrisponde all'aversione [da Dio] nella colpa, bensì anche la pena del senso che corrisponde alla conversione [verso le creature], non basta ammettere codesto tipo di punizione. Ecco perché Avicenna stesso ne aggiunge un secondo, affermando che le anime dei malvagi dopo la morte saranno punite non dai corpi, ma dalle immagini di essi: cioè come nel sogno per le immagini suddette presenti nell'immaginazione, all'uomo può sembrare di essere colpito da vari generi di sofferenze. A codesto tipo di punizione sembra ricorrere anche S. Agostino nel De Genesi ad litteram.
Questo però non sembra accettabile. Poiché l'immaginazione è una facoltà che si serve di un organo corporeo. Perciò è impossibile che codeste immagini si producano nell’anima separata dal corpo come nell'anima di chi sogna. Ecco perché Avicenna, per evitare codesto inconveniente, ha affermato che le anime separate dal corpo si servono come di un organo di qualche parte di quel corpo celeste cui il corpo umano deve essere conforme per unirsi con l'anima razionale, la quale è simile agli spiriti motori dei corpi celesti. In questo egli segue in qualche modo l'opinione degli antichi filosofi, i quali affermavano che le anime ritornano alle stelle corrispettive.
Ma questo è del tutto assurdo, secondo l'insegnamento del Filosofo. Perché l'anima si serve di determinati organi corporei, come l'arte si serve di determinati strumenti. Essa quindi non può passare da un corpo a un altro: come voleva Pitagora, stando alle informazioni di Aristotele. - In che modo poi si deve rispondere a S. Agostino, lo vedremo.
Però comunque si parli del fuoco che tormenta le anime separate, si deve concludere che il fuoco col quale saranno tormentati i corpi dei dannati dopo la resurrezione, è corporeo: perché a un corpo non può essere ben applicata che una pena corporale. Ecco perché S. Gregorio dal fatto stesso che il fuoco dell'inferno deve essere corporeo dimostra che i reprobi dopo la resurrezione vi saranno imprigionati. E S. Agostino, come riferisce il testo delle Sentenze, dice chiaramente che il fuoco in cui saranno tormentati i corpi dovrà essere corporeo. E al presente si tratta di questo. - Invece della maniera in cui le anime dei dannati sono punite da questo fuoco corporeo ne abbiamo già parlato in precedenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Damasceno non nega in modo assoluto che "il fuoco suddetto sia materiale, ma dice che non è materiale come quello che è presso di noi": perché esso se ne distingue per certe proprietà.
Oppure si deve rispondere che detto fuoco, non alterando i corpi, ma esercitando su di essi una funzione di castigo mediante un influsso spirituale, si può dire che non è materiale, non già per la sua natura, bensì per l'effetto punitivo sui corpi, e più ancora per quello sulle anime.
2. La frase di S. Agostino può spiegarsi nel senso che il luogo dove vengono trasportate le anime dopo la morte non può dirsi materiale, perché l'anima non esiste in esso materialmente, ossia nel modo in cui i corpi si trovano in un luogo, ma in modo diverso o spirituale, come possono essere localizzati gli angeli.
Oppure si può rispondere che S. Agostino parla in questo caso non già determinando, bensì riferendo delle opinioni: come fa spesso nel libro citato.
3. Il fuoco suddetto sarà uno strumento punitivo della divina giustizia. Ora, uno strumento non agisce soltanto secondo la propria virtù e il proprio grado, ma anche in virtù dell'agente principale e in quanto è regolato da lui. Perciò sebbene il fuoco secondo la propria virtù non abbia la facoltà di tormentare di più o di meno secondo la gravità del peccato, la riceve però dal fatto che la sua azione è regolata secondo l'ordine della divina giustizia. Esattamente come il fuoco d'una fornace viene regolato nella sua azione dall'abilità dell'artigiano, secondo le esigenze dell'effetto voluto dall'arte.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se detto fuoco sia della stessa specie del fuoco che vediamo


Supplemento
Questione 97
Articolo 6

SEMBRA che detto fuoco non sia della stessa specie del fuoco che vediamo. Infatti:
1. S. Agostino scrive: "Penso che nessuno sappia, all'infuori di un'illuminazione dello Spirito Santo, come sia il fuoco eterno". Invece la natura di questo fuoco la conoscono tutti, o quasi tutti. Perciò detto fuoco non ha l'identica natura o specie col fuoco che vediamo.
2. S. Gregorio, spiegando quel passo di Giobbe, "Lo divorerà il fuoco che non è acceso dall'uomo", scrive: "Il fuoco corporeo per esistere ha bisogno di combustibile; e una volta acceso non può durare, se non viene alimentato. Invece il fuoco della geenna, pur essendo corporeo e pur bruciando corporalmente i reprobi, non viene acceso dall'intervento dell'uomo, e non è alimentato dalle legna; ma una volta creato dura inestinguibile, non ha bisogno di accensione e non manca mai di ardere". Dunque esso non è della stessa natura del fuoco che vediamo.
3. Eterno e corruttibile non sono riducibili a un identico concetto: anzi non appartengono neppure a un genere comune, come dice il Filosofo. Ora, il fuoco che noi conosciamo è corruttibile; quello invece è eterno, secondo l'espressione evangelica: "Andate, maledetti al fuoco eterno". Perciò essi non sono della medesima specie.
4. La natura del nostro fuoco implica il fatto di illuminare. Invece il fuoco dell'inferno non illumina, come si rileva da quel passo di Giobbe: "Non è forse vero che la luce dell'empio si spegnerà?". Esso quindi non ha la stessa natura del nostro fuoco.

IN CONTRARIO: 1. A detta del Filosofo, "qualsiasi acqua è dell'identica specie di tutte le acque". Perciò per lo stesso motivo qualsiasi fuoco è specificamente identico a ogni altro fuoco.
2. Nella Sapienza si legge: "Le cose con le quali uno pecca serviranno a tormentarlo". Ora, gli uomini peccano servendosi delle cose sensibili di questo mondo. Dunque è giusto che siano puniti per mezzo di esse.

RISPONDO: Il fuoco, essendo tra tutti gli elementi quello di maggiore virtù nell'agire, può avere per materia gli altri corpi, come nota Aristotele. Perciò il fuoco può riscontrarsi sotto due aspetti: nella materia propria, quale risiede nella propria sfera; oppure in una materia estranea, o terrestre come nel carbone, o aerea, come nella fiamma. Però sotto qualsiasi aspetto esso si presenti, il fuoco è dell'identica specie, quanto alla natura del fuoco: ci può essere invece diversità di specie quanto ai corpi che sono materia di esso. Infatti carbone e fiamma sono specificamente diversi; così pure sono diversi il legno infuocato e il ferro infuocato. E in questo non incide il fatto che essi siano infuocati in modo violento, come nel caso del fuoco, oppure per un principio intrinseco naturale, come nel caso dello zolfo.
Ora, è evidente che il fuoco dell'inferno quanto alla sua natura di fuoco è dell'identica specie del nostro fuoco. Se poi il suddetto fuoco sia nella propria materia o in una materia estranea, noi non lo sappiamo. Esso perciò può essere specificamente diverso dal nostro fuoco considerato sotto l'aspetto della materia.
Tuttavia esso ha delle proprietà differenti dal nostro fuoco: p. es., non ha bisogno dell'accensione e di essere alimentato con legna. Ma queste differenze non offrono una diversità specifica quanto alla natura del fuoco.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino in quel testo si riferisce all'elemento materiale di quel fuoco, non già alla sua natura di fuoco.
2. Il nostro fuoco viene alimentato dalla legna e viene acceso dall'uomo, perché viene introdotto artificialmente e con violenza in una materia estranea. Ma il fuoco suddetto non ha bisogno di essere alimentato con le legna; o perché risiede nella propria materia; oppure perché si trova in una materia estranea non in maniera violenta, bensì naturale, in forza di un principio intrinseco. Perciò non è acceso dall'uomo, ma da Dio, il quale ha creato codesta natura. Di qui le parole di Isaia: "Il soffio del Signore come un torrente di zolfo la incendierà".
3. Come i corpi dei dannati saranno dell'identica specie di quelli attuali, sebbene adesso siano corruttibili e allora saranno invece incorruttibili, per una disposizione della giustizia divina e per il quietarsi del moto dei cieli; così sarà per il fuoco dell'interno, destinato a punire codesti corpi.
4. Illuminare non spetta al fuoco in tutte le sue maniere di esistere. Poiché quando è nella propria materia esso non illumina: cosicché, come dicono i naturalisti, esso nella propria sfera non illumina. Ed anche in alcune materie estranee il fuoco non illumina, come quando si trova in una materia opaca terrosa, come nello zolfo. Lo stesso si dica quando il suo splendore viene offuscato dal fumo denso. Perciò il fatto che il fuoco dell'inferno non illumina non è un argomento sufficiente per dire che non è della medesima specie.



Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il castigo dei dannati > Se codesto fuoco sia sotto terra


Supplemento
Questione 97
Articolo 7

SEMBRA che codesto fuoco non sia sotto terra. Infatti:
1. Sull'uomo dannato sta scritto: "Dio lo toglierà, dall'orbe". Perciò il fuoco che punirà i dannati non è sotto terra, ma fuori dell'orbe.
2. "Niente di ciò che è violento e per accidens può essere sempiterno". Ora, quel fuoco durerà per sempre nell'inferno. Quindi non vi si troverà in modo violento, ma naturale. Però sotto terra il fuoco non può trovarsi che in modo violento. Dunque detto fuoco non può essere sotto terra.
3. Nel fuoco dell'inferno saranno tormentati tutti i corpi dei dannati dopo il giorno del giudizio. Ma codesti corpi occuperanno spazio. Perciò, siccome il numero dei dannati sarà grandissimo; perché, come dice la Scrittura, "infinito è il numero degli stolti"; dovrà essere grandissimo lo spazio in cui sarà contenuto codesto fuoco. Ora, non sembra possibile che sotto terra ci sia una cavità così immensa: poiché tutte le parti della terra per natura tendono al centro. Quindi il fuoco suddetto non sarà sotto terra.
4. Sta scritto: "Le cose con le quali uno pecca, serviranno a punirlo". Ora, i malvagi hanno peccato sulla terra. Dunque il fuoco che li punisce non deve essere sotto terra.

IN CONTRARIO: 1. In Isaia si legge: "Il sottostante inferno si è mosso incontro a te. Dunque il fuoco dell'inferno è sotto di noi.
2. S. Gregorio scrive: "Non vedo nessun inconveniente nel credere che l'inferno sia sotto terra".
3. A commento di quel passo di Giona, "Mi hai gettato nel profondo del mare", la Glossa, scrive: "Cioè nell'inferno, ossia, a detta del Vangelo, "nel cuore della terra"; perché come il cuore è nel centro dell'animale, così l'inferno è nel centro della terra".

RISPONDO: Come dice S. Agostino nel testo riferito dalle Sentenze, "in quale parte del mondo si trovi l'inferno penso che nessuno lo sappia, all'infuori di chi ne ha avuto una rivelazione dallo
Spirito di Dio". Ecco perché S. Gregorio, interpellato sull'argomento, risponde: "Su questo argomento non oso pronunciarmi affatto. Poiché alcuni hanno pensato che l'inferno sia in qualche parte della terra: altri invece pensano che sia sotto terra". Egli poi dimostra che quest'ultima opinione è più probabile per due ragioni. Primo, dall'etimologia del termine: "Se infatti noi lo chiamiamo inferno perché giace in un luogo inferiore, al di sotto, come la terra sta al cielo, così l'inferno deve stare alla terra". - Secondo, appellandosi alle parole dell'Apocalisse: "E nessuno nel cielo, né sulla terra, né sotto la terra poteva aprire il libro"; spiegando che l'espressione "nel cielo" si riferisce agli angeli; "sulla terra" si riferisce agli uomini viventi nel loro corpo; e "sotto la terra" si riferisce alle anime esistenti nell'inferno.
Inoltre S. Agostino accenna a due motivi per cui sembra giusto che l'inferno sia sotto terra. La prima è questa, che "avendo peccato le anime dei defunti per amore della carne, è giusto che venga loro attribuito quello che si suol riserbare alla carne"; ossia il seppellimento sotto terra. - La seconda si riscontra nel fatto che la tristezza sta agli spiriti come la gravità sta ai corpi, mentre la gioia ne è come la levità. Perciò "come per il corpo, stando alla sua intrinseca gravità, tutte le sostanze più gravi sono più in basso, così per lo spirito sono più in basso tutte le creature più tristi". E così, come il luogo conveniente per la felicità degli eletti è il cielo empireo, così il luogo adatto per la sofferenza dei dannati è quello più basso della terra. - Né deve far nascere dubbi il fatto che S. Agostino nel medesimo testo afferma, che "gli inferi si dice e si crede che siano sotto terra". Perché nelle Ritrattazioni egli scrive: "Mi sembra che avrei dovuto affermare che gl'inferi sono sotto terra, piuttosto che riferire le ragioni per cui si dice e si crede che siano sotto terra".
Tuttavia alcuni filosofi hanno pensato che il luogo dell'inferno sarebbe sotto l'orbe terraqueo, però sulla superficie della terra opposta al nostro emisfero. Pare che questa sia l'opinione anche di S. Isidoro, quando afferma che "il sole e la luna si fermeranno nella posizione in cui furono creati, affinché gli empi colpiti dalla punizione non godano la loro luce". Ora, questo argomento sarebbe privo di senso, qualora si affermi che l'inferno è nel seno della terra. Come si debbano intendere queste parole è evidente da quanto abbiamo detto sopra. - Pitagora invece, come riferisce Aristotele, riteneva che il luogo del castigo sia la sfera del fuoco, posta al centro dell'intero orbe. Comunque quadra meglio con quanto dice la Scrittura affermare che l'inferno sia sotto terra.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quel testo di Giobbe, "Dio lo toglierà dall'orbe", va inteso dell'orbe terraqueo, ossia da questo mondo. In tal senso lo espone anche S. Gregorio, dicendo: "Lo toglierà dall'orbe, quando all'apparire del Giudice supremo lo toglierà da questo mondo, in cui ingiustamente viene glorificato". Né per orbe qui s'intende l'universo, quasi che il luogo del castigo sia fuori di tutto l'universo.
2. In detto luogo il fuoco viene conservato in eterno per una disposizione della divina giustizia: sebbene secondo la sua natura un elemento non possa durare fuori del suo luogo naturale, soprattutto mentre perdura lo stato attuale di generazione e corruzione. Anzi il fuoco che vi si troverà sarà intensissimo: perché esso sarà concentrato là da tutte le parti, per il freddo della terra che lo circonderà da ogni lato.
3. L'inferno non sarà mai saturo nella sua ampiezza, così da non bastare a ricevere i corpi di tutti i dannati: poiché l'inferno è presentato dai Proverbi come una delle "tre cose mai sazie". E niente impedisce che nelle viscere della terra si conservi per virtù divina una cavità così ampia da contenere i corpi di tutti i dannati.
4. L'affermazione secondo la quale "le cose con le quali uno pecca serviranno a punirlo", non vale rigorosamente se non per i principali strumenti di peccato. Infatti poiché l'uomo pecca sia col corpo che con l'anima, sarà punito nell'uno e nell'altra: ma non è necessario che sia punito nello stesso luogo in cui ha peccato, essendo il luogo dovuto ai viatori diverso da quello dovuto ai dannati.
Oppure si può rispondere che ciò vale per i castighi con i quali si è puniti in questo mondo; in quanto qualsiasi colpa ha come immanente il proprio castigo; poiché, come nota S. Agostino, "ogni disordine spirituale è un castigo a se stesso".

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