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Se il fuoco dell'inferno, col quale sono tormentati i corpi dei dannati, sia corporeo
Supplemento
Questione 97
Articolo 5
SEMBRA che il fuoco dell'inferno, col quale saranno tormentati i corpi dei dannati, non sia corporeo. Infatti:
1. Il Damasceno afferma: "Il diavolo, i demoni, l'Anticristo, con gli empi e i peccatori, saranno consegnati al fuoco eterno, non già materiale, qual è quello esistente presso di noi, ma che Dio solo conosce". Ora, ogni entità corporea è materiale. Dunque il fuoco dell'inferno non potrà essere corporeo.
2. Le anime dei dannati appena si separano dal corpo vengono gettate nell'inferno. Ora, S. Agostino ha scritto: "Penso che sia spirituale e non corporale" il luogo in cui viene trasportata l'anima dopo la morte. Quindi, ecc.
3. Il fuoco corporeo nel suo modo di agire non segue la gravità della colpa di colui che ne è tormentato, ma piuttosto il grado di umidità o di aridità: infatti vediamo che il giusto e l'empio sono bruciati allo stesso modo dal fuoco materiale. Invece il fuoco dell'inferno nel suo grado di affliggere o di agire segue il grado di colpevolezza di colui che ne viene tormentato. Cosicché S. Gregorio scrive; "Il fuoco della geenna è unico, ma non è unico il modo in cui tormenta i peccatori; poiché ognuno soffrirà, tanta pena quanto ne esige la colpa". Perciò il fuoco suddetto non può essere corporeo.
IN CONTRARIO: 1. In S. Gregorio si legge: "Io non dubito affatto che il fuoco della geenna sia corporeo, e che in esso certamente saranno tormentati i loro corpi".
2. Sta scritto: "L'universo intero combatterà contro gli insensati". Ma l'universo non combatterebbe tutto intero contro gl'insensati, se essi fossero puniti solo con le pene spirituali e non con quelle corporali. Quindi essi saranno puniti col fuoco materiale.
RISPONDO: Circa il fuoco dell'inferno ci furono molte opinioni. Infatti alcuni filosofi, tra i quali Avicenna, non credendo alla resurrezione dei corpi, pensarono che dopo la morte non ci sia altra punizione che quella dell'anima. E poiché loro pareva impossibile che l'anima, essendo incorporea, venisse punita col fuoco materiale, negarono l'esistenza del fuoco materiale, per la punizione dei reprobi, spiegando tutti i castighi di ordine materiale, relativi alla pena delle anime dopo la morte, in senso metaforico.
Come infatti il piacere e la letizia delle anime buone non avrà per oggetto nessuna cosa materiale, ma solo cose spirituali, connesse col conseguimento del fine, così il tormento dei malvagi sarebbe soltanto spirituale, nel senso che si addoloreranno per il mancato conseguimento del fine, di cui hanno il desiderio naturale. Perciò come tutto ciò che si dice sui piaceri delle anime dopo la morte è paragonato ai piaceri corporali, p. es., rifocillarsi, ridere, ecc., così quanto si dice circa la loro sofferenza, e sembra indicare un castigo corporale, va inteso in senso figurato: così quando si dice che bruciano nel fuoco, che sono tormentati dal fetore, e da altre cose del genere. Infatti piaceri e dolori spirituali, essendo sconosciuti alla massa, bisogna presentarli sotto la figura di piaceri o di dolori materiali, affinché gli uomini siano spinti maggiormente dal desiderio o dal timore di essi.
Ma poiché nel castigo dei dannati, va considerata non solo la pena del danno, che corrisponde all'aversione [da Dio] nella colpa, bensì anche la pena del senso che corrisponde alla conversione [verso le creature], non basta ammettere codesto tipo di punizione. Ecco perché Avicenna stesso ne aggiunge un secondo, affermando che le anime dei malvagi dopo la morte saranno punite non dai corpi, ma dalle immagini di essi: cioè come nel sogno per le immagini suddette presenti nell'immaginazione, all'uomo può sembrare di essere colpito da vari generi di sofferenze. A codesto tipo di punizione sembra ricorrere anche S. Agostino nel De Genesi ad litteram.
Questo però non sembra accettabile. Poiché l'immaginazione è una facoltà che si serve di un organo corporeo. Perciò è impossibile che codeste immagini si producano nell’anima separata dal corpo come nell'anima di chi sogna. Ecco perché Avicenna, per evitare codesto inconveniente, ha affermato che le anime separate dal corpo si servono come di un organo di qualche parte di quel corpo celeste cui il corpo umano deve essere conforme per unirsi con l'anima razionale, la quale è simile agli spiriti motori dei corpi celesti. In questo egli segue in qualche modo l'opinione degli antichi filosofi, i quali affermavano che le anime ritornano alle stelle corrispettive.
Ma questo è del tutto assurdo, secondo l'insegnamento del Filosofo. Perché l'anima si serve di determinati organi corporei, come l'arte si serve di determinati strumenti. Essa quindi non può passare da un corpo a un altro: come voleva Pitagora, stando alle informazioni di Aristotele. - In che modo poi si deve rispondere a S. Agostino, lo vedremo.
Però comunque si parli del fuoco che tormenta le anime separate, si deve concludere che il fuoco col quale saranno tormentati i corpi dei dannati dopo la resurrezione, è corporeo: perché a un corpo non può essere ben applicata che una pena corporale. Ecco perché S. Gregorio dal fatto stesso che il fuoco dell'inferno deve essere corporeo dimostra che i reprobi dopo la resurrezione vi saranno imprigionati. E S. Agostino, come riferisce il testo delle Sentenze, dice chiaramente che il fuoco in cui saranno tormentati i corpi dovrà essere corporeo. E al presente si tratta di questo. - Invece della maniera in cui le anime dei dannati sono punite da questo fuoco corporeo ne abbiamo già parlato in precedenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Damasceno non nega in modo assoluto che "il fuoco suddetto sia materiale, ma dice che non è materiale come quello che è presso di noi": perché esso se ne distingue per certe proprietà.
Oppure si deve rispondere che detto fuoco, non alterando i corpi, ma esercitando su di essi una funzione di castigo mediante un influsso spirituale, si può dire che non è materiale, non già per la sua natura, bensì per l'effetto punitivo sui corpi, e più ancora per quello sulle anime.
2. La frase di S. Agostino può spiegarsi nel senso che il luogo dove vengono trasportate le anime dopo la morte non può dirsi materiale, perché l'anima non esiste in esso materialmente, ossia nel modo in cui i corpi si trovano in un luogo, ma in modo diverso o spirituale, come possono essere localizzati gli angeli.
Oppure si può rispondere che S. Agostino parla in questo caso non già determinando, bensì riferendo delle opinioni: come fa spesso nel libro citato.
3. Il fuoco suddetto sarà uno strumento punitivo della divina giustizia. Ora, uno strumento non agisce soltanto secondo la propria virtù e il proprio grado, ma anche in virtù dell'agente principale e in quanto è regolato da lui. Perciò sebbene il fuoco secondo la propria virtù non abbia la facoltà di tormentare di più o di meno secondo la gravità del peccato, la riceve però dal fatto che la sua azione è regolata secondo l'ordine della divina giustizia. Esattamente come il fuoco d'una fornace viene regolato nella sua azione dall'abilità dell'artigiano, secondo le esigenze dell'effetto voluto dall'arte.
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