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Se sotto la legge mosaica fosse lecito ripudiare la moglie
Supplemento
Questione 67
Articolo 3
SEMBRA che sotto la legge mosaica fosse lecito ripudiare la moglie. Infatti:
1. Non proibire, quando è possibile farlo, è un modo di consentire. Ma consentire a una cosa illecita è un atto illecito. Quindi siccome Mosè non proibì il ripudio della moglie, senza per questo far peccato, perché "la legge è santa", come dice S. Paolo; è chiaro che il ripudio un tempo era lecito.
2. I profeti hanno parlato "per ispirazione dello Spirito Santo", come dice S. Pietro. Ora, in Malachia si legge: "Se l'hai in odio, rimandala". Ma, non potendo essere illecito ciò che lo Spirito Santo ispira, è chiaro che il ripudio della moglie non sempre è stato illecito.
3. Il Crisostomo afferma che come gli apostoli permisero le seconde nozze, Mosè permise il libello di ripudio. Ma le seconde nozze non sono peccaminose. Dunque neppure il ripudio della moglie secondo la legge di Mosè.
IN CONTRARIO: 1. Il Signore afferma che il libello di ripudio fu concesso da Mosè ai Giudei "per la durezza del loro cuore". Ma tale durezza non li scusava dal peccato. Quindi non è scusabile neppure il libello di ripudio.
2. Il Crisostomo dice, che "Mosè nel dare il libello del ripudio non volle manifestare la giustizia di Dio; cosicché a coloro che agivano secondo la legge non apparisse peccato ciò che era peccato".
RISPONDO: In proposito ci sono due opinioni. Alcuni affermano che coloro i quali sotto la legge rimandavano la moglie, dandole il libello del ripudio, non erano immuni dal peccato, sebbene non incorressero in un castigo da imporre secondo la legge. E per questo si dice che Mosè permise il libello di ripudio. Essi distinguono così quattro tipi di permissione. Il primo consiste nell'astenersi dal comandare: così si dice che si permette il minor bene, quando non viene comandato il bene maggiore. L'Apostolo p. es., non comandando la verginità, permise il matrimonio. Il secondo si ha con l'astenersi dal proibire: in tal senso possono dirsi permessi i peccati veniali, perché non sono [espressamente] proibiti. Il terzo si riduce all'assenza di repressione: e in tal modo si dice che sono permessi da Dio tutti i peccati, in quanto non li impedisce, pur avendone la possibilità. Il quarto poi sta nella mancanza di punizione. E il libello di ripudio fu permesso appunto in questo senso: non già per raggiungere un bene maggiore, come nella dispensa per la poligamia; ma per impedire un male peggiore, al quale gli ebrei erano portati per la corruzione del loro appetito irascibile. Nella stessa maniera era stato loro permesso di esercitare l'usura con gli stranieri, per una corruzione nell'appetito concupiscibile, affinché non l'esercitassero con i loro fratelli. Così pure per corruzione del sospetto nell'appetito razionale fu loro permesso il sacrificio della gelosia, affinché il semplice sospetto non guastasse il giudizio.
La legge antica però, sebbene non conferisse la grazia, fu data per conoscere il peccato, come insegnano comunemente i Santi Padri; perciò altri pensano che se nel ripudiare la moglie gli ebrei si fossero macchiati di peccato, ciò avrebbe dovuto essere loro indicato dalla legge o dai profeti, secondo il comando dato ad Isaia: "Annunzia al mio popolo le sue scelleratezze". Altrimenti sarebbero stati troppo abbandonati, non essendo mai stato loro annunziato quanto era necessario alla salvezza e che essi non conoscevano. Ma ciò non si può ammettere; perché l'osservanza della legge, quando essa era in vigore, meritava la vita eterna.
Per questo costoro dicono che il ripudio della moglie, pur essendo in se stesso cosa cattiva, per una permissione di Dio era allora lecita. Essi confermano tale opinione con l'autorità del Crisostomo, il quale dice che il legislatore nel permettere il ripudio "tolse al peccato la sua colpevolezza".
Sebbene anche questa opinione sia probabile, la prima è più comune. Perciò bisogna rispondere alle difficoltà di tutte e due le serie.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi potendo proibire una cosa ingiusta non la proibisce, non fa peccato se tralascia di farlo perché non spera di riuscire a correggere, ma piuttosto prevede in tale proibizione l'incentivo a un male maggiore. Così avvenne per Mosè. Ecco perché egli, sostenuto dall'autorità di Dio, non proibì il libello di ripudio.
2. I profeti, ispirati dallo Spirito Santo, dicevano che si poteva rimandare la moglie, non perché così lo Spirito Santo comandava; ma perché egli lo permetteva, per evitare mali peggiori.
3. La somiglianza tra le due permissioni non corrisponde in tutto, ma solo rispetto alla causa: poiché entrambe furono accordate per evitare l'immoralità.
4. Sebbene non scusi dal peccato la durezza del cuore, scusa però da esso la permissione accordata per tale durezza. Infatti certe cose che sono proibite ai sani, non sono proibite ai malati; e tuttavia i malati non peccano quando si servono del permesso loro accordato.
5. Un bene si può omettere per due motivi. Primo, per raggiungere un bene maggiore. E allora l'omissione di quel bene viene coonestata dal bene maggiore cui è ordinata: ed è in tal senso che onestamente Giacobbe venne dispensato dalla monogamia per il bene della prole. — Secondo, per evitare un male peggiore. E in tal caso se la dispensa viene data con l'autorità di chi può concederla, l'omissione di quel dato bene non produce un reato, ma neppure viene coonestata. Ed è in tal senso che sotto la legge di Mosè venne sospesa l'indissolubilità del matrimonio, per evitare cioè un male peggiore, ossia l'uxoricidio. Ecco perché il Crisostomo può affermare, che la permissione "tolse al peccato la sua colpevolezza". Sebbene infatti il ripudio rimanesse un disordine, per cui è chiamato peccato; tuttavia non produceva il reato della pena, né temporale né eterna; perché veniva fatto con la dispensa da parte di Dio. E così perdeva ogni colpevolezza. Di qui l'altra affermazione del Crisostomo: "Fu permesso il ripudio, che, pur essendo un male, tuttavia era lecito". Parole che i sostenitori della prima opinione spiegano nel senso, che esso non implicava il reato di una pena temporale.
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