Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La presenza di Dio nelle cose > Se sia proprio di Dio essere dappertutto
Prima pars
Quaestio 8
Articulus 4
[28557] Iª q. 8 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod esse ubique non sit proprium Dei. Universale enim, secundum philosophum, est ubique et semper, materia etiam prima, cum sit in omnibus corporibus, est ubique. Neutrum autem horum est Deus, ut ex praemissis patet. Ergo esse ubique non est proprium Dei.
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Prima parte
Questione 8
Articolo 4
[28557] Iª q. 8 a. 4 arg. 1
SEMBRA che essere dappertutto non sia proprio di Dio. Infatti:
1. L'universale, secondo Aristotele, è dovunque e sempre: parimente, la materia prima è dovunque, perché è in tutti i corpi. Ora, Dio non è nessuna delle due cose, come appare da ciò che abbiamo detto. Dunque essere dovunque non è proprio di Dio.
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[28558] Iª q. 8 a. 4 arg. 2 Praeterea, numerus est in numeratis. Sed totum universum est constitutum in numero, ut patet Sap. XI. Ergo aliquis numerus est, qui est in toto universo, et ita ubique.
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[28558] Iª q. 8 a. 4 arg. 2
2. Nelle cose numerate c'è il numero. Ma tutto l'universo è stato costituito in numero (cioè è numerato), come appare dalla Scrittura. Vi è dunque un numero in tutto l'universo, e così (il numero) è dappertutto.
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[28559] Iª q. 8 a. 4 arg. 3 Praeterea, totum universum est quoddam totum corpus perfectum, ut dicitur in I caeli et mundi. Sed totum universum est ubique, quia extra ipsum nullus locus est. Non ergo solus Deus est ubique.
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[28559] Iª q. 8 a. 4 arg. 3
3. L'universo intero al dire di Aristotele è come tutto un corpo perfetto. Ora, l'universo è dappertutto, perché fuori di esso non vi è luogo alcuno. Dunque non il solo Dio è dappertutto.
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[28560] Iª q. 8 a. 4 arg. 4 Praeterea, si aliquod corpus esset infinitum, nullus locus esset extra ipsum. Ergo esset ubique. Et sic, esse ubique non videtur proprium Dei.
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[28560] Iª q. 8 a. 4 arg. 4
4. Se qualche corpo fosse infinito, non vi sarebbe nessun luogo fuori di esso. Dunque sarebbe dovunque. E, così, pare che l'essere dovunque non sia proprio di Dio.
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[28561] Iª q. 8 a. 4 arg. 5 Praeterea, anima, ut dicit Augustinus, in VI de Trin., est tota in toto corpore, et tota in qualibet eius parte. Si ergo non esset in mundo nisi unum solum animal, anima eius esset ubique. Et sic, esse ubique non est proprium Dei.
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[28561] Iª q. 8 a. 4 arg. 5
5. L'anima, dice S. Agostino, "è tutta in tutto il corpo e tutta in ciascuna delle sue parti". Se dunque nel mondo non esistesse che un solo animale, l'anima di esso sarebbe dappertutto. E così, essere dovunque non è proprio di Dio.
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[28562] Iª q. 8 a. 4 arg. 6 Praeterea, ut Augustinus dicit in epistola ad Volusianum, anima ubi videt, ibi sentit; et ubi sentit, ibi vivit; et ubi vivit, ibi est. Sed anima videt quasi ubique, quia successive videt etiam totum caelum. Ergo anima est ubique.
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[28562] Iª q. 8 a. 4 arg. 6
6. Dice S. Agostino: "L'anima dove vede, sente; dove sente, vive; dove vive, è". Ora, l'anima vede quasi dappertutto, perché successivamente vede tutto il cielo. Dunque l'anima è dappertutto.
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[28563] Iª q. 8 a. 4 s. c. Sed contra est quod Ambrosius dicit, in libro de spiritu sancto, quis audeat creaturam dicere spiritum sanctum, qui in omnibus et ubique et semper est; quod utique divinitatis est proprium?
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[28563] Iª q. 8 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Ambrogio: "Chi oserà dire creatura lo Spirito Santo, il quale è sempre in tutte le cose e dovunque, il che certamente è proprio della divinità?".
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[28564] Iª q. 8 a. 4 co. Respondeo dicendum quod esse ubique primo et per se, est proprium Dei. Dico autem esse ubique primo, quod secundum se totum est ubique. Si quid enim esset ubique, secundum diversas partes in diversis locis existens, non esset primo ubique, quia quod convenit alicui ratione partis suae, non convenit ei primo; sicut si homo est albus dente, albedo non convenit primo homini, sed denti. Esse autem ubique per se dico id cui non convenit esse ubique per accidens, propter aliquam suppositionem factam, quia sic granum milii esset ubique, supposito quod nullum aliud corpus esset. Per se igitur convenit esse ubique alicui, quando tale est quod, qualibet positione facta, sequitur illud esse ubique. Et hoc proprie convenit Deo. Quia quotcumque loca ponantur, etiam si ponerentur infinita praeter ista quae sunt, oporteret in omnibus esse Deum, quia nihil potest esse nisi per ipsum. Sic igitur esse ubique primo et per se convenit Deo, et est proprium eius, quia quotcumque loca ponantur, oportet quod in quolibet sit Deus, non secundum partem, sed secundum seipsum.
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[28564] Iª q. 8 a. 4 co.
RISPONDO: Essere dappertutto primo et per se è proprio di Dio. Ora, io dico che è dappertutto primo ciò che è dappertutto nella sua totalità. Infatti se qualche cosa fosse ovunque col trovarsi in diversi luoghi secondo le sue varie parti, non sarebbe dappertutto in questo modo (primo); perché ciò che conviene ad una cosa in ragione d'una sua parte, non le conviene primo: come se un uomo è bianco a motivo dei denti, la bianchezza non appartiene primo all'uomo, ma ai denti. Dico poi che è dappertutto per se quello a cui non conviene essere dovunque accidentalmente, a motivo di una data supposizione; ché altrimenti un granello di miglio, supposto che non esistesse nessun altro corpo, sarebbe dappertutto. Essere dunque dappertutto per se conviene a quel tale essere che, in qualunque ipotesi, debba necessariamente essere dappertutto.
Ed in questo senso è proprio di Dio, perché, per quanti altri luoghi si ammettano, oltre quelli esistenti, anche in numero infinito, bisognerebbe che Dio fosse in tutti, poiché niente può esistere se non per opera di lui. Così, dunque, essere dappertutto primo et per se appartiene a Dio in modo esclusivo, perché, per quanti luoghi si ammettano, è necessario che Dio sia in ciascuno di essi, non parzialmente, ma secondo tutto se stesso.
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[28565] Iª q. 8 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod universale et materia prima sunt quidem ubique, sed non secundum idem esse.
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[28565] Iª q. 8 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'universale e la materia prima sono dappertutto, ma non secondo un identico essere reale.
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[28566] Iª q. 8 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod numerus, cum sit accidens, non est per se sed per accidens, in loco. Nec est totus in quolibet numeratorum, sed secundum partem. Et sic non sequitur quod sit primo et per se ubique.
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[28566] Iª q. 8 a. 4 ad 2
2. Il numero, essendo un accidente, non è di suo in un luogo, ma indirettamente; e non è tutto in ciascuno dei numerati, ma in distinte unità. E così non segue che sia dappertutto primo et per se.
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[28567] Iª q. 8 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod totum corpus universi est ubique, sed non primo, quia non totum est in quolibet loco, sed secundum suas partes. Nec iterum per se, quia si ponerentur aliqua alia loca, non esset in eis.
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[28567] Iª q. 8 a. 4 ad 3
3. L'universo intero è sì dappertutto, non però primo, perché non è tutto in ciascun luogo, ma secondo le sue varie parti; e neppure vi è per se, perché, ove si supponessero altri luoghi, non sarebbe in essi.
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[28568] Iª q. 8 a. 4 ad 4 Ad quartum dicendum quod, si esset corpus infinitum, esset ubique; sed secundum suas partes.
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[28568] Iª q. 8 a. 4 ad 4
4. Se esistesse un corpo infinito sarebbe certo dovunque, però (soltanto) secondo le sue parti.
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[28569] Iª q. 8 a. 4 ad 5 Ad quintum dicendum quod, si esset unum solum animal, anima eius esset ubique primo quidem, sed per accidens.
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[28569] Iª q. 8 a. 4 ad 5
5. Se ci fosse un solo animale al mondo, l'anima sua sarebbe dovunque primo, ma accidentalmente (cioè soltanto a motivo della supposiziorne fatta).
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[28570] Iª q. 8 a. 4 ad 6 Ad sextum dicendum quod, cum dicitur anima alicubi videre, potest intelligi dupliciter. Uno modo, secundum quod hoc adverbium alicubi determinat actum videndi ex parte obiecti. Et sic verum est quod, dum caelum videt, in caelo videt, et eadem ratione in caelo sentit. Non tamen sequitur quod in caelo vivat vel sit, quia vivere et esse non important actum transeuntem in exterius obiectum. Alio modo potest intelligi secundum quod adverbium determinat actum videntis, secundum quod exit a vidente. Et sic verum est quod anima ubi sentit et videt, ibi est et vivit, secundum istum modum loquendi. Et ita non sequitur quod sit ubique.
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[28570] Iª q. 8 a. 4 ad 6
6. L'espressione "l'anima vede in qualche luogo", si può intendere in due modi. Primo modo, l'espressione in qualche luogo può determinare l'atto del vedere dal lato dell'oggetto, e allora è vero che se l'anima vede il cielo, vede nel cielo, e per la stessa ragione sente in cielo; ma non ne segue che essa viva o sta in cielo, perché vivere e essere non importano un atto che passi nell'oggetto esterno. Secondo modo, quell'espressione può determinare l'atto del vedere, dal lato del soggetto che vede. E così, secondo questo modo di parlare, è vero che l'anima dove sente e vede, ivi è e vive. Non ne segue però che sia dappertutto.
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