Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > L'infinità di Dio > Se si possa dare un infinito attuale in estensione
Prima pars
Quaestio 7
Articulus 3
[28510] Iª q. 7 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod possit esse aliquid infinitum actu secundum magnitudinem. In scientiis enim mathematicis non invenitur falsum, quia abstrahentium non est mendacium, ut dicitur in II Physic. Sed scientiae mathematicae utuntur infinito secundum magnitudinem, dicit enim geometra in suis demonstrationibus, sit linea talis infinita. Ergo non est impossibile aliquid esse infinitum secundum magnitudinem.
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Prima parte
Questione 7
Articolo 3
[28510] Iª q. 7 a. 3 arg. 1
SEMBRA che si possa dare un infinito attuale in estensione. Infatti:
1. Nelle matematiche non c'è falsità, perché "l'astrazione non è un mendacio", come dice Aristotele. Ora, le matematiche usano dell'infinito in estensione; dice infatti il geometra nelle sue dimostrazioni: sia tale linea infinita. Dunque non è impossibile che si dia un infinito in estensione.
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[28511] Iª q. 7 a. 3 arg. 2
Praeterea, id quod non est contra rationem alicuius, non est impossibile convenire sibi. Sed esse infinitum non est contra rationem magnitudinis, sed magis finitum et infinitum videntur esse passiones quantitatis. Ergo non est impossibile aliquam magnitudinem esse infinitam.
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[28511] Iª q. 7 a. 3 arg. 2
2. Ciò che non è contro la natura di un oggetto, non è impossibile che gli convenga. Ora, l'infinito non è contro la natura dell'estensione: ché anzi finito ed infinito sembrano essere denominazioni proprie della quantità. Dunque non ripugna un'estensione infinita.
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[28512] Iª q. 7 a. 3 arg. 3
Praeterea, magnitudo divisibilis est in infinitum, sic enim definitur continuum, quod est in infinitum divisibile, ut patet in III Physic. Sed contraria nata sunt fieri circa idem. Cum ergo divisioni opponatur additio, et diminutioni augmentum, videtur quod magnitudo possit crescere in infinitum. Ergo possibile est esse magnitudinem infinitam.
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[28512] Iª q. 7 a. 3 arg. 3
3. L'estensione è divisibile all'infinito: così, infatti, si definisce il continuo: "Ciò che è divisibile all'infinito", come dice Aristotele. Ora, i contrari son fatti per prodursi a riguardo di un identico oggetto (o qualità). Siccome dunque, alla divisione si oppone l'addizione ed alla diminuzione l'aumento, pare che l'estensione (come è divisibile all'infinito) possa crescere all'infinito. Dunque è possibile un'estensione infinita.
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[28513] Iª q. 7 a. 3 arg. 4
Praeterea, motus et tempus habent quantitatem et continuitatem a magnitudine super quam transit motus, ut dicitur in IV Physic. Sed non est contra rationem temporis et motus quod sint infinita, cum unumquodque indivisibile signatum in tempore et motu circulari, sit principium et finis. Ergo nec contra rationem magnitudinis erit quod sit infinita.
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[28513] Iª q. 7 a. 3 arg. 4
4. Moto e tempo misurano la loro quantità e la loro continuità dall'estensione percorsa dal moto, come dice Aristotele. Ma non è contro la natura del tempo e del moto di essere infiniti: dal momento che ogni (punto e ogni istante) indivisibile segnato nel tempo e nel moto circolare è insieme inizio e termine. Non è perciò contro la natura dell'estensione di essere infinita.
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[28514] Iª q. 7 a. 3 s. c.
Sed contra, omne corpus superficiem habet. Sed omne corpus superficiem habens est finitum, quia superficies est terminus corporis finiti. Ergo omne corpus est finitum. Et similiter potest dici de superficie et linea. Nihil est ergo infinitum secundum magnitudinem.
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[28514] Iª q. 7 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Ogni corpo ha una superficie. Ma ogni corpo avente una superficie è limitato; perché la superficie è la terminazione di un corpo finito. Dunque ogni corpo è limitato. E lo stesso può dirsi della superficie e della linea. Niente è quindi infinito in estensione.
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[28515] Iª q. 7 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod aliud est esse infinitum secundum suam essentiam, et secundum magnitudinem. Dato enim quod esset aliquod corpus infinitum secundum magnitudinem, utpote ignis vel aer, non tamen esset infinitum secundum essentiam, quia essentia sua esset terminata ad aliquam speciem per formam, et ad aliquod individuum per materiam. Et ideo, habito ex praemissis quod nulla creatura est infinita secundum essentiam, adhuc restat inquirere utrum aliquid creatum sit infinitum secundum magnitudinem. Sciendum est igitur quod corpus, quod est magnitudo completa, dupliciter sumitur, scilicet mathematice, secundum quod consideratur in eo sola quantitas; et naturaliter, secundum quod consideratur in eo materia et forma. Et de corpore quidem naturali, quod non possit esse infinitum in actu, manifestum est. Nam omne corpus naturale aliquam formam substantialem habet determinatam, cum igitur ad formam substantialem consequantur accidentia, necesse est quod ad determinatam formam consequantur determinata accidentia; inter quae est quantitas. Unde omne corpus naturale habet determinatam quantitatem et in maius et in minus. Unde impossibile est aliquod corpus naturale infinitum esse. Hoc etiam ex motu patet. Quia omne corpus naturale habet aliquem motum naturalem. Corpus autem infinitum non posset habere aliquem motum naturalem, nec rectum, quia nihil movetur naturaliter motu recto, nisi cum est extra suum locum, quod corpori infinito accidere non posset; occuparet enim omnia loca, et sic indifferenter quilibet locus esset locus eius. Et similiter etiam neque secundum motum circularem. Quia in motu circulari oportet quod una pars corporis transferatur ad locum in quo fuit alia pars; quod in corpore circulari, si ponatur infinitum, esse non posset, quia duae lineae protractae a centro, quanto longius protrahuntur a centro, tanto longius distant ab invicem; si ergo corpus esset infinitum, in infinitum lineae distarent ab invicem, et sic una nunquam posset pervenire ad locum alterius. De corpore etiam mathematico eadem ratio est. Quia si imaginemur corpus mathematicum existens actu, oportet quod imaginemur ipsum sub aliqua forma, quia nihil est actu nisi per suam formam. Unde, cum forma quanti, inquantum huiusmodi, sit figura, oportebit quod habeat aliquam figuram. Et sic erit finitum, est enim figura, quae termino vel terminis comprehenditur.
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[28515] Iª q. 7 a. 3 co.
RISPONDO: Altra cosa è l'infinito secondo l'essenza, altra l'infinito secondo l'estensione. Infatti, dato che ci fosse un corpo infinito per estensione, come il fuoco o l'aria, non sarebbe tuttavia infinito secondo l'essenza; perché la sua essenza sarebbe limitata ad una specie dalla sua forma e a un determinato individuo dalla sua materia. Perciò, accertato ormai dai precedenti, che nessuna creatura è infinita secondo l'essenza, resta ancora da indagare se qualche cosa di creato possa essere infinito per estensione.
Bisogna dunque sapere che corpo, il quale è un'estensione completa (cioè a tre dimensioni), può prendersi in due significati; e cioè in senso matematico, se si considera in esso soltanto la quantità; e in senso fisico, se si considera in esso la materia e la forma. Ora, che il corpo fisico non possa essere infinito in atto, è chiaro. Infatti ogni corpo naturale ha una sua forma sostanziale determinata; e siccome ad ogni forma sostanziale conseguono degli accidenti, ne viene per necessità che ad una forma determinata conseguano degli accidenti parimenti determinati, tra i quali c'è la quantità. Donde segue che ogni corpo fisico ha una determinata quantità, estesa più o meno (entro certi limiti). E perciò è impossibile che un corpo fisico sia infinito. - Ciò appare anche dal movimento. Infatti, ogni corpo naturale ha un suo moto naturale; ma un corpo che fosse infinito non potrebbe avere nessun moto naturale; non il moto rettilineo, perché niente si muove per natura in tal modo, se non quando è fuori del suo luogo, e ciò non potrebbe avvenire per un corpo che fosse infinito, perché occuperebbe tutto lo spazio, e così ogni luogo sarebbe indifferentemente il suo luogo proprio. E così pure non potrebbe avere neanche il moto circolare, perché nel moto circolare è necessario che una parte del corpo si trasferisca nel luogo in cui era prima un'altra parte; e questo non potrebbe avvenire in un corpo circolare se lo immaginiamo infinito; perché due linee partenti dal centro, più si allontanano dal centro più si distanziano tra di loro; e perciò se un corpo fosse infinito, le due linee verrebbero ad essere tra loro distanti all'infinito, e così mai l'una potrebbe pervenire al luogo dell'altra.
La stessa ragione vale se parliamo di un corpo matematico. Perché se immaginiamo un corpo matematico esistente in atto, bisogna che lo immaginiamo sotto una forma determinata, poiché niente è in atto se non in forza della sua forma. Quindi, siccome la forma dell'essere quantitativo come tale, è la figura geometrica, esso avrà necessariamente una qualche figura. E così sarà limitato; perché la figura non è altro che ciò che è compreso in uno o più limiti.
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[28516] Iª q. 7 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod geometer non indiget sumere aliquam lineam esse infinitam actu, sed indiget accipere aliquam lineam finitam actu, a qua possit subtrahi quantum necesse est, et hanc nominat lineam infinitam.
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[28516] Iª q. 7 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il geometra non ha bisogno di supporre che una linea sia infinita in atto; ha bisogno invece di prendere una linea attualmente limitata, dalla quale si possa sottrarre quanto è necessario: e questa linea la chiama infinita.
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[28517] Iª q. 7 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet infinitum non sit contra rationem magnitudinis in communi, est tamen contra rationem cuiuslibet speciei eius, scilicet contra rationem magnitudinis bicubitae vel tricubitae, sive circularis vel triangularis, et similium. Non autem est possibile in genere esse quod in nulla specie est. Unde non est possibile esse aliquam magnitudinem infinitam, cum nulla species magnitudinis sit infinita.
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[28517] Iª q. 7 a. 3 ad 2
2. È vero che l'idea d'infinito non ripugna all'idea d'estensione in genere, ma tuttavia è in contraddizione col concetto di qualsiasi specie di estensione, cioè con la quantità di due cubiti, di tre cubiti, con quella circolare o triangolare e simili. Ora, non è possibile che sia in un genere quello che non è in alcuna delle sue specie. È quindi impossibile che si dia un'estensione infinita, dal momento che nessuna specie di estensione è infinita.
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[28518] Iª q. 7 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod infinitum quod convenit quantitati, ut dictum est, se tenet ex parte materiae. Per divisionem autem totius acceditur ad materiam, nam partes se habent in ratione materiae, per additionem autem acceditur ad totum, quod se habet in ratione formae. Et ideo non invenitur infinitum in additione magnitudinis, sed in divisione tantum.
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[28518] Iª q. 7 a. 3 ad 3
3. L'infinito che compete alla quantità, come si è detto, è quello che si riferisce alla materia. Ora, con la divisione di un tutto ci si accosta alla materia, perché le parti hanno carattere di materia; mentre con l'addizione si va verso il tutto, il quale ha carattere di forma. E perciò non si ha infinito nell'addizionare la quantità, ma solo nel dividerla.
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[28519] Iª q. 7 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod motus et tempus non sunt secundum totum in actu, sed successive, unde habent potentiam permixtam actui. Sed magnitudo est tota in actu. Et ideo infinitum quod convenit quantitati, et se tenet ex parte materiae, repugnat totalitati magnitudinis, non autem totalitati temporis vel motus, esse enim in potentia convenit materiae.
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[28519] Iª q. 7 a. 3 ad 4
4. Il movimento e il tempo non sono in atto nella loro totalità, ma successivamente, e quindi sono un misto di potenza e di atto, mentre l'estensione è tutta in atto. E perciò, l'infinito, che conviene alla quantità e che risulta da parte della materia, ripugna alla totalità dell'estensione, non ripugna invece alla totalità del tempo e del moto, perché la potenzialità è propria della materia.
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