Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze intellettive > Se nella parte intellettiva dell’anima ci sia la memoria
Prima pars
Quaestio 79
Articulus 6
[31762] Iª q. 79 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod memoria non sit in parte intellectiva animae. Dicit enim Augustinus, XII de Trin., quod ad partem superiorem animae pertinent quae non sunt hominibus pecoribusque communia. Sed memoria est hominibus pecoribusque communis, dicit enim ibidem quod possunt pecora sentire per corporis sensus corporalia, et ea mandare memoriae. Ergo memoria non pertinet ad partem animae intellectivam.
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Prima parte
Questione 79
Articolo 6
[31762] Iª q. 79 a. 6 arg. 1
SEMBRA che nella parte intellettiva dell’anima non ci sia la memoria. Infatti:
1. S. Agostino dice che "spettano alla parte superiore dell’anima le facoltà che non sono comuni agli uomini e alle bestie". Ora la memoria è comune agli uomini e alle bestie, tant’è vero che aggiunge nello stesso luogo: "le bestie possono sentire con i sensi del corpo le cose materiali e conservarle nella memoria". Dunque nella parte intellettiva dell’anima non vi è la memoria.
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[31763] Iª q. 79 a. 6 arg. 2 Praeterea, memoria praeteritorum est. Sed praeteritum dicitur secundum aliquod determinatum tempus. Memoria igitur est cognoscitiva alicuius sub determinato tempore; quod est cognoscere aliquid sub hic et nunc. Hoc autem non est intellectus, sed sensus. Memoria igitur non est in parte intellectiva, sed solum in parte sensitiva.
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[31763] Iª q. 79 a. 6 arg. 2
2. La memoria riguarda il passato. Ma il passato è legato a un certo determinato tempo. Dunque la memoria ha una conoscenza delle cose in quanto limitate a un tempo determinato; il che vuol dire conoscere una cosa nelle circostanze di luogo e di tempo. Ora, ciò non appartiene all’intelletto, ma al senso. Dunque la memoria non si trova nella parte intellettiva, ma solo in quella sensitiva.
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[31764] Iª q. 79 a. 6 arg. 3 Praeterea, in memoria conservantur species rerum quae actu non cogitantur. Sed hoc non est possibile accidere in intellectu, quia intellectus fit in actu per hoc quod informatur specie intelligibili; intellectum autem esse in actu, est ipsum intelligere in actu; et sic intellectus omnia intelligit in actu, quorum species apud se habet. Non ergo memoria est in parte intellectiva.
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[31764] Iª q. 79 a. 6 arg. 3
3. Nella memoria sono conservate le immagini delle cose che non sono attualmente pensate. Ma non è possibile che questo fatto avvenga nell’intelletto; perché l’intelletto, dal momento che riceve la forma delle specie intelligibili, diviene attuale; e per l’intelletto essere in atto è la stessa cosa che la sua intellezione in atto. L’intelletto quindi intende attualmente tutte le cose, delle quali possiede le idee. Perciò nella parte intellettiva non vi è la memoria.
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[31765] Iª q. 79 a. 6 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, X de Trin., quod memoria, intelligentia et voluntas sunt una mens.
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[31765] Iª q. 79 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna che "la memoria, l’intelligenza e la volontà sono un’unica mente".
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[31766] Iª q. 79 a. 6 co. Respondeo dicendum quod, cum de ratione memoriae sit conservare species rerum quae actu non apprehenduntur, hoc primum considerari oportet, utrum species intelligibiles sic in intellectu conservari possint. Posuit enim Avicenna hoc esse impossibile. In parte enim sensitiva dicebat hoc accidere, quantum ad aliquas potentias, inquantum sunt actus organorum corporalium, in quibus conservari possunt aliquae species absque actuali apprehensione. In intellectu autem, qui caret organo corporali, nihil existit nisi intelligibiliter. Unde oportet intelligi in actu illud cuius similitudo in intellectu existit. Sic ergo, secundum ipsum, quam cito aliquis actu desinit intelligere aliquam rem, desinit esse illius rei species in intellectu, sed oportet, si denuo vult illam rem intelligere, quod convertat se ad intellectum agentem, quem ponit substantiam separatam, ut ab illo effluant species intelligibiles in intellectum possibilem. Et ex exercitio et usu convertendi se ad intellectum agentem, relinquitur, secundum ipsum, quaedam habilitas in intellectu possibili convertendi se ad intellectum agentem, quam dicebat esse habitum scientiae. Secundum igitur hanc positionem, nihil conservatur in parte intellectiva, quod non actu intelligatur. Unde non poterit poni memoria in parte intellectiva, secundum hunc modum. Sed haec opinio manifeste repugnat dictis Aristotelis. Dicit enim, in III de anima, quod, cum intellectus possibilis sic fiat singula ut sciens, dicitur qui secundum actum; et quod hoc accidit cum possit operari per seipsum. Est quidem igitur et tunc potentia quodammodo; non tamen similiter ut ante addiscere aut invenire. Dicitur autem intellectus possibilis fieri singula, secundum quod recipit species singulorum. Ex hoc ergo quod recipit species intelligibilium, habet quod possit operari cum voluerit, non autem quod semper operetur, quia et tunc est quodammodo in potentia, licet aliter quam ante intelligere; eo scilicet modo quo sciens in habitu est in potentia ad considerandum in actu. Repugnat etiam praedicta positio rationi. Quod enim recipitur in aliquo, recipitur in eo secundum modum recipientis. Intellectus autem est magis stabilis naturae et immobilis, quam materia corporalis. Si ergo materia corporalis formas quas recipit, non solum tenet dum per eas agit in actu, sed etiam postquam agere per eas cessaverit; multo fortius intellectus immobiliter et inamissibiliter recipit species intelligibiles, sive a sensibilibus acceptas, sive etiam ab aliquo superiori intellectu effluxas. Sic igitur, si memoria accipiatur solum pro vi conservativa specierum, oportet dicere memoriam esse in intellectiva parte. Si vero de ratione memoriae sit quod eius obiectum sit praeteritum, ut praeteritum; memoria in parte intellectiva non erit, sed sensitiva tantum, quae est apprehensiva particularium. Praeteritum enim, ut praeteritum, cum significet esse sub determinato tempore, ad conditionem particularis pertinet.
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[31766] Iª q. 79 a. 6 co.
RISPONDO: Essendo compito della memoria conservare le immagini delle cose non attualmente percepite, la prima cosa da considerare è se le specie intelligibili si possano conservare in tal modo nell’intelletto. - Avicenna lo riteneva impossibile. Diceva infatti che ciò si verifica nella parte sensitiva per alcune potenze, perché queste sono atti di organi corporei, nei quali si possono conservare delle immagini, senza bisogno di una percezione attuale. Invece nell’intelletto, che manca di organo corporeo, niente esiste se non come cosa pensata. È quindi necessario che sia sempre attualmente conosciuto quell’oggetto, la cui immagine è presente all’intelligenza. - Orbene, secondo Avicenna, non appena uno cessa dall’intellezione attuale di una cosa, subito scompare dal suo intelletto l’immagine di essa; e se vuole pensarla di nuovo, ha bisogno di rivolgersi all’intelletto agente, che egli riteneva fosse una sostanza separata, affinché da esso derivino le specie intelligibili nell’intelletto possibile. Dall’esercizio poi e dall’uso di rivolgersi all’intelletto agente, rimarrebbe, secondo lui, nell’intelletto possibile una certa attitudine a rivolgersi all’intelletto agente, attitudine che egli riteneva fosse l’abito della scienza. - Perciò, secondo questa opinione, niente si conserverebbe nella parte intellettiva, che non sia attualmente pensato. Quindi per questa teoria non si può ammettere la memoria nella parte intellettiva.
Una tale opinione però urta chiaramente contro le parole di Aristotele. Infatti egli scrive che quando l’intelletto possibile "è divenuto tutte le cose, è conoscente come colui che lo è in atto (ciò che avviene quando può passare all’atto da se stesso), e tuttavia anche allora è in qualche modo in potenza, ma non come lo era prima di aver appreso o di aver scoperto". Si afferma cioè che l’intelletto possibile diviene tutte le cose, nel senso che riceve le specie di tutte le cose. Dal fatto dunque di ricevere le specie intelligibili, l’intelletto riceve la capacità di passare all’atto quando vuole, ma non di essere sempre in atto: poiché anche allora è in certo modo in potenza, benché in maniera diversa da prima di intendere; e cioè come colui che avendo un abito conoscitivo, è in potenza all’atto della conoscenza.
Ma la teoria di Avicenna è contraria anche alla ragione. Infatti ciò che viene ricevuto in un subietto, è ricevuto secondo la natura del ricevente. Ora l’intelletto è di natura più stabile e permanente, che la materia dei corpi. Se dunque la materia non soltanto conserva le forme che riceve, ornando attualmente opera per loro mezzo, ma anche quando ha cessato di operare, in maniera molto più immobile e permanente riceverà le specie intelligibili l’intelletto, sia che le riceva attraverso i sensi, sia che gli vengano comunicate da un intelletto superiore. - Perciò, se per memoria intendiamo la sola capacità di conservare delle specie intenzionali, bisogna concludere che essa si trova anche nella parte intellettiva.
Se invece si riduce il concetto di memoria alla facoltà che ha per oggetto il passato in quanto passato, allora la memoria non esiste nella parte intellettiva, ma solo in quella sensitiva, che è fatta per conoscere i singolari. Infatti il passato come tale, indicando l’esistenza [di una cosa] in un determinato tempo, partecipa la natura dei singolari.
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[31767] Iª q. 79 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod memoria, secundum quod est conservativa specierum, non est nobis pecoribusque communis. Species enim conservantur non in parte animae sensitiva tantum, sed magis in coniuncto; cum vis memorativa sit actus organi cuiusdam. Sed intellectus secundum seipsum est conservativus specierum, praeter concomitantiam organi corporalis. Unde philosophus dicit, in III de anima, quod anima est locus specierum, non tota, sed intellectus.
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[31767] Iª q. 79 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La memoria, in quanto capacità di conservare le specie intenzionali, non è comune a noi e alle bestie.
Infatti le specie intenzionali non sono conservate nella sola parte sensitiva dell’anima, ma piuttosto nel composto [di anima e corpo]; poiché la memoria è l’atto di un organo. L’intelletto invece è capace di conservare esso stesso le specie intenzionali, senza l’aiuto di un organo corporeo. Perciò il Filosofo dice che "l’anima è il luogo delle specie, non tutta però, ma l’intelletto".
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[31768] Iª q. 79 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod praeteritio potest ad duo referri, scilicet ad obiectum quod cognoscitur; et ad cognitionis actum. Quae quidem duo simul coniunguntur in parte sensitiva, quae est apprehensiva alicuius per hoc quod immutatur a praesenti sensibili, unde simul animal memoratur se prius sensisse in praeterito, et se sensisse quoddam praeteritum sensibile. Sed quantum ad partem intellectivam pertinet, praeteritio accidit, et non per se convenit, ex parte obiecti intellectus. Intelligit enim intellectus hominem, inquantum est homo, homini autem, inquantum est homo, accidit vel in praesenti vel in praeterito vel in futuro esse. Ex parte vero actus, praeteritio per se accipi potest etiam in intellectu, sicut in sensu. Quia intelligere animae nostrae est quidam particularis actus, in hoc vel in illo tempore existens, secundum quod dicitur homo intelligere nunc vel heri vel cras. Et hoc non repugnat intellectualitati, quia huiusmodi intelligere, quamvis sit quoddam particulare, tamen est immaterialis actus, ut supra de intellectu dictum est; et ideo sicut intelligit seipsum intellectus, quamvis ipse sit quidam singularis intellectus, ita intelligit suum intelligere, quod est singularis actus vel in praeterito vel in praesenti vel in futuro existens. Sic igitur salvatur ratio memoriae, quantum ad hoc quod est praeteritorum, in intellectu, secundum quod intelligit se prius intellexisse, non autem secundum quod intelligit praeteritum, prout est hic et nunc.
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[31768] Iª q. 79 a. 6 ad 2
2. Il passato si può riferire a due termini, cioè all’oggetto conosciuto e all’atto della conoscenza. I due aspetti sono uniti per quanto riguarda la parte sensitiva, la quale percepisce un oggetto, per il fatto che viene a subire una trasmutazione da un oggetto sensibile presente: e difatti l’animale ricorda simultaneamente di avere prima sentito nel passato, e di aver sentito un oggetto sensibile passato. - Invece, per quel che riguarda la parte intellettiva, il passato come passato è soltanto accidentale, e propriamente non interessa dal punto di vista dell’oggetto. Infatti l’intelletto conosce l’uomo in quanto uomo: ora, per l’uomo in quanto tale è pura accidentalità esistere nel presente, nel passato o nel futuro. Invece dal punto di vista dell’atto, si può dire che il passato può riguardare direttamente anche l’intelletto, come il senso. Infatti l’intendere dell’anima nostra è un atto particolare [e concreto], che esiste in questo o in quel tempo, ed è così che l’intellezione di un uomo la diciamo di ora, di ieri o di domani. E questo non ripugna alla natura dell’intelligenza: poiché, sebbene codesta intellezione sia un fatto particolare [e concreto], tuttavia è un atto immateriale, come abbiamo detto sopra, parlando dell’intelletto. Quindi, come l’intelletto intende se stesso, benché sia un intelletto particolare, così intende la propria intellezione, che è un atto particolare, esistente nel passato, nel presente o nel futuro. - Concludendo, nell’intelletto si salva il concetto di memoria come cognizione del passato, in quanto l’intelletto conosce di aver già prima conosciuto o pensato: non [si salva] invece per la conoscenza del passato nelle sue condizioni concrete di tempo e di luogo.
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[31769] Iª q. 79 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod species intelligibilis aliquando est in intellectu in potentia tantum, et tunc dicitur intellectus esse in potentia. Aliquando autem secundum ultimam completionem actus, et tunc intelligit actu. Aliquando medio modo se habet inter potentiam et actum, et tunc dicitur esse intellectus in habitu. Et secundum hunc modum intellectus conservat species, etiam quando actu non intelligit.
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[31769] Iª q. 79 a. 6 ad 3
3. Qualche volta la specie intelligibile si trova solo potenzialmente nell’intelletto: e allora si dice che l’intelletto è in potenza. A volte poi si trova nell’intelletto in tutta la perfezione dell’atto: e allora l’intelletto intende attualmente. Altre volte è come in uno stadio intermedio tra la potenza e l’atto: e allora si dice che l’intelletto ha una conoscenza abituale. Proprio in questa maniera l’intelletto conserva le specie intenzionali, anche quando attualmente non le pensa.
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