Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La perfezione di Dio in se stessa > Se si trovino in Dio le perfezioni di tutte le cose
Prima pars
Quaestio 4
Articulus 2
[28390] Iª q. 4 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod in Deo non sint perfectiones omnium rerum. Deus enim simplex est, ut ostensum est. Sed perfectiones rerum sunt multae et diversae. Ergo in Deo non sunt omnes perfectiones rerum.
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Prima parte
Questione 4
Articolo 2
[28390] Iª q. 4 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non si trovino in Dio le perfezioni di tutte le cose. Infatti:
1. Dio, come si è dimostrato, è semplice; le perfezioni delle cose invece sono numerose e diverse: perciò in Dio non possono trovarsi tutte le perfezioni delle cose.
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[28391] Iª q. 4 a. 2 arg. 2
Praeterea, opposita non possunt esse in eodem. Sed perfectiones rerum sunt oppositae, unaquaeque enim species perficitur per suam differentiam specificam; differentiae autem quibus dividitur genus et constituuntur species, sunt oppositae. Cum ergo opposita non possint simul esse in eodem, videtur quod non omnes rerum perfectiones sint in Deo.
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[28391] Iª q. 4 a. 2 arg. 2
2. Gli opposti non possono coesistere nel medesimo soggetto. Ora, le perfezioni delle cose sono tra loro opposte, perché ogni specie di cose ha la sua perfezione in forza della differenza specifica; e le differenze per le quali si divide il genere e si costituiscono le specie, procedono per via di opposizione. Non potendosi dunque trovare gli opposti nel medesimo soggetto, non sembra che in Dio possano trovarsi tutte le perfezioni delle cose.
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[28392] Iª q. 4 a. 2 arg. 3
Praeterea, vivens est perfectius quam ens, et sapiens quam vivens, ergo et vivere est perfectius quam esse, et sapere quam vivere. Sed essentia Dei est ipsum esse. Ergo non habet in se perfectionem vitae et sapientiae, et alias huiusmodi perfectiones.
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[28392] Iª q. 4 a. 2 arg. 3
3. Il vivente è più perfetto dell'ente, il conoscente più perfetto del vivente. Quindi anche il vivere è più perfetto dell'essere, e il conoscere più del vivere. Ora, l'essenza di Dio non è che l'essere stesso. Dunque Dio non ha in sé la perfezione della vita, della sapienza e altre perfezioni di questo genere.
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[28393] Iª q. 4 a. 2 s. c.
Sed contra est quod dicit Dionysius, cap. V de Div. Nom., quod Deus in uno existentia omnia praehabet.
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[28393] Iª q. 4 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi dice che Dio "nella sua unità precontiene tutti gli esistenti".
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[28394] Iª q. 4 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod in Deo sunt perfectiones omnium rerum. Unde et dicitur universaliter perfectus, quia non deest ei aliqua nobilitas quae inveniatur in aliquo genere, ut dicit Commentator in V Metaphys. Et hoc quidem ex duobus considerari potest. Primo quidem, per hoc quod quidquid perfectionis est in effectu, oportet inveniri in causa effectiva, vel secundum eandem rationem, si sit agens univocum, ut homo generat hominem; vel eminentiori modo, si sit, agens aequivocum, sicut in sole est similitudo eorum quae generantur per virtutem solis. Manifestum est enim quod effectus praeexistit virtute in causa agente, praeexistere autem in virtute causae agentis, non est praeexistere imperfectiori modo, sed perfectiori; licet praeexistere in potentia causae materialis, sit praeexistere imperfectiori modo, eo quod materia, inquantum huiusmodi, est imperfecta; agens vero, inquantum huiusmodi, est perfectum. Cum ergo Deus sit prima causa effectiva rerum, oportet omnium rerum perfectiones praeexistere in Deo secundum eminentiorem modum. Et hanc rationem tangit Dionysius, cap. V de Div. Nom., dicens de Deo quod non hoc quidem est, hoc autem non est, sed omnia est, ut omnium causa. Secundo vero, ex hoc quod supra ostensum est, quod Deus est ipsum esse per se subsistens, ex quo oportet quod totam perfectionem essendi in se contineat. Manifestum est enim quod, si aliquod calidum non habeat totam perfectionem calidi, hoc ideo est, quia calor non participatur secundum perfectam rationem, sed si calor esset per se subsistens, non posset ei aliquid deesse de virtute caloris. Unde, cum Deus sit ipsum esse subsistens, nihil de perfectione essendi potest ei deesse. Omnium autem perfectiones pertinent ad perfectionem essendi, secundum hoc enim aliqua perfecta sunt, quod aliquo modo esse habent. Unde sequitur quod nullius rei perfectio Deo desit. Et hanc etiam rationem tangit Dionysius, cap. V de Div. Nom., dicens quod Deus non quodammodo est existens, sed simpliciter et incircumscripte totum in seipso uniformiter esse praeaccipit, et postea subdit quod ipse est esse subsistentibus.
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[28394] Iª q. 4 a. 2 co.
RISPONDO: In Dio si trovano le perfezioni di tutte le cose. Perciò è anche detto universalmente perfetto; perché non gli manca neppure una sola delle perfezioni che si possono trovare in qualsiasi genere di cose, come dice il Commentatore. E questo si può arguire da due considerazioni.
In primo luogo, per il fatto che quanto vi è di perfezione nell'effetto deve ritrovarsi nella sua causa efficiente: o secondo la stessa natura, se si tratta di agente univoco, com'è per l'uomo che genera l'uomo, oppure in grado più eminente, quando si tratta di agente analogico; così nel sole si ritrova l'equivalente di ciò che è generato per la virtù del sole. È evidente, infatti, che l'effetto preesiste virtualmente nella causa agente: ora, preesistere nella virtualità della causa agente non è un preesistere in modo meno perfetto, ma in modo più perfetto; per quanto preesistere virtualmente nella causa materiale sia un preesistere in maniera più imperfetta; e questo perché la materia, in quanto tale, è imperfetta; mentre l'agente, in quanto tale, è perfetto. Essendo, dunque, Dio la causa efficiente prima delle cose, bisogna che in lui le perfezioni di tutte le cose preesistano in un grado più eminente. Accenna a questa ragione anche Dionigi, quando dice di Dio che "non è questo sì e quello no, ma è tutto, essendo causa di tutto".
In secondo luogo, da quanto abbiamo già dimostrato, che cioè Dio è l'essere stesso per sé sussistente: di qui la necessità che egli contenga in sé tutta la perfezione dell'essere. È chiaro, infatti, che se un corpo caldo non ha tutta la perfezione del caldo, ciò avviene perché il calore non è partecipato in tutta la sua perfezione; ma se il calore fosse per sé sussistente, non gli potrebbe mancare niente di ciò che forma la perfezione del calore. Ora, Dio è lo stesso essere per sé sussistente; quindi niente gli può mancare della perfezione dell'essere. Ma le perfezioni di tutte le cose fanno parte della perfezione dell'essere, essendo perfette le cose a seconda che partecipano dell'essere in una data maniera. Di qui ne segue che a Dio non può mancare la perfezione di nessuna cosa. E anche a questa ragione accenna Dionigi quando dice che Dio "non è esistente in una qualche maniera; ma in modo assoluto ed illimitato precontiene in sé uniformemente tutto l'essere". E poco dopo aggiunge che "Egli è l'essere di quanto sussiste".
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[28395] Iª q. 4 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut sol, ut dicit Dionysius, cap. V de Div. Nom., sensibilium substantias et qualitates multas et differentes, ipse unus existens et uniformiter lucendo, in seipso uniformiter praeaccipit; ita multo magis in causa omnium necesse est praeexistere omnia secundum naturalem unionem. Et sic, quae sunt diversa et opposita in seipsis, in Deo praeexistunt ut unum, absque detrimento simplicitatis ipsius.
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[28395] Iª q. 4 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Bisogna dire con Dionigi che, come il sole "pur essendo uno e splendendo ugualmente su tutto, precontiene nella sua unità le sostanze tutte delle cose sensibili e le loro qualità molteplici e diverse; così, a più forte ragione, è necessario che, nella causa di tutte le cose, tutte preesistano unificate nella natura di essa". E in tal modo, esseri, che considerati in se stessi sono diversi e opposti, preesistono in Dio come una cosa sola, senza menomare la semplicità divina.
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[28396] Iª q. 4 a. 2 ad 2
Et per hoc patet solutio ad secundum.
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[28396] Iª q. 4 a. 2 ad 2
2. E con ciò è sciolta anche la seconda difficoltà.
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[28397] Iª q. 4 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod, sicut in eodem capite idem Dionysius dicit, licet ipsum esse sit perfectius quam vita, et ipsa vita quam ipsa sapientia, si considerentur secundum quod distinguuntur ratione, tamen vivens est perfectius quam ens tantum, quia vivens etiam est ens; et sapiens est ens et vivens. Licet igitur ens non includat in se vivens et sapiens, quia non oportet quod illud quod participat esse, participet ipsum secundum omnem modum essendi, tamen ipsum esse Dei includit in se vitam et sapientiam; quia nulla de perfectionibus essendi potest deesse ei quod est ipsum esse subsistens.
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[28397] Iª q. 4 a. 2 ad 3
3. Come dice lo stesso Dionigi nel capitolo citato, sebbene l'essere stesso sia più perfetto della vita, e la vita più perfetta della sapienza, se si considerano in astratto le loro distinzioni; tuttavia quello che vive è (in concreto) più perfetto di quello che ha soltanto l'essere, perché il vivente è anche ente; e il sapiente è anche ente e vivente. Quindi, sebbene la nozione di ente non includa in se stessa la nozione di vivente e di sapiente, perché non è necessario che chi partecipa l'essere lo partecipi secondo tutti i modi dell'essere, tuttavia l'essere stesso di Dio include in sé anche la vita e la sapienza, perché nessuna delle perfezioni dell'essere può mancare a Colui che è l'essere stesso per sé sussistente.
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