Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > La potenza divina > Se Dio sia onnipotente
Prima pars
Quaestio 25
Articulus 3
[29508] Iª q. 25 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Deus non sit omnipotens. Moveri enim et pati aliquid omnium est. Sed hoc Deus non potest, est enim immobilis, ut supra dictum est. Non igitur est omnipotens.
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Prima parte
Questione 25
Articolo 3
[29508] Iª q. 25 a. 3 arg. 1
SEMBRA che Dio non sia onnipotente. Infatti:
1. Esser mosso e subire un'azione è una delle tante cose (possibili). Ma Dio non lo può fare, perché, come abbiamo dimostrato sopra, è immobile. Dunque non è onnipotente.
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[29509] Iª q. 25 a. 3 arg. 2 Praeterea, peccare aliquid agere est. Sed Deus non potest peccare, neque seipsum negare, ut dicitur II Tim. II. Ergo Deus non est omnipotens.
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[29509] Iª q. 25 a. 3 arg. 2
2. Peccare è un fare qualche cosa. Ora, Dio non può peccare, né "rinnegare se stesso", come dice l'Apostolo. Dunque Dio non è onnipotente.
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[29510] Iª q. 25 a. 3 arg. 3 Praeterea, de Deo dicitur quod omnipotentiam suam parcendo maxime et miserando manifestat. Ultimum igitur quod potest divina potentia, est parcere et misereri. Aliquid autem est multo maius quam parcere et misereri; sicut creare alium mundum, vel aliquid huiusmodi. Ergo Deus non est omnipotens.
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[29510] Iª q. 25 a. 3 arg. 3
3. Di Dio si dice che "manifesta al sommo la sua onnipotenza perdonando ed usando misericordia". Dunque l'estremo limite della potenza divina è il perdonare ed aver misericordia. Ora, c'è qualche cosa di molto più grande del perdonare e dell'usare misericordia; p. es., creare un altro mondo, o (fare) qualche altra opera di questo genere. Dunque Dio non è onnipotente.
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[29511] Iª q. 25 a. 3 arg. 4 Praeterea, super illud I Cor. I, stultam fecit Deus sapientiam huius mundi, dicit Glossa, sapientiam huius mundi fecit Deus stultam, ostendendo possibile, quod illa impossibile iudicabat. Unde videtur quod non sit aliquid iudicandum possibile vel impossibile secundum inferiores causas, prout sapientia huius mundi iudicat; sed secundum potentiam divinam. Si igitur Deus sit omnipotens, omnia erunt possibilia. Nihil ergo impossibile. Sublato autem impossibili, tollitur necessarium, nam quod necesse est esse, impossibile est non esse. Nihil ergo erit necessarium in rebus, si Deus est omnipotens. Hoc autem est impossibile. Ergo Deus non est omnipotens.
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[29511] Iª q. 25 a. 3 arg. 4
4. La Glossa, commentando il detto paolino, "Dio ha fatto vedere come è stolta la sapienza di questo mondo", dice: "Dio ha fatto vedere come è stolta la sapienza del mondo, mostrando possibile quello che essa giudicava impossibile". Quindi sembra che non dobbiamo giudicare se una cosa è possibile o impossibile secondo le cause inferiori, come giudica la sapienza mondana, ma secondo la divina potenza. Se dunque si ammette che Dio è onnipotente, tutte le cose saranno possibili. Perciò niente sarà impossibile. Ora, tolto l'impossibile, è levato di mezzo il necessario: perché ciò che è necessario, è impossibile che non sia. Non vi sarà dunque niente di necessario nelle cose, se Dio è onnipotente. Ma questo è assurdo. Dunque Dio non è onnipotente.
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[29512] Iª q. 25 a. 3 s. c. Sed contra est quod dicitur Luc. I, non erit impossibile apud Deum omne verbum.
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[29512] Iª q. 25 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo sta scritto: "Non vi è parola alcuna che sia impossibile a Dio".
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[29513] Iª q. 25 a. 3 co. Respondeo dicendum quod communiter confitentur omnes Deum esse omnipotentem. Sed rationem omnipotentiae assignare videtur difficile. Dubium enim potest esse quid comprehendatur sub ista distributione, cum dicitur omnia posse Deum. Sed si quis recte consideret, cum potentia dicatur ad possibilia, cum Deus omnia posse dicitur, nihil rectius intelligitur quam quod possit omnia possibilia, et ob hoc omnipotens dicatur. Possibile autem dicitur dupliciter, secundum philosophum, in V Metaphys. Uno modo, per respectum ad aliquam potentiam, sicut quod subditur humanae potentiae, dicitur esse possibile homini. Non autem potest dici quod Deus dicatur omnipotens, quia potest omnia quae sunt possibilia naturae creatae, quia divina potentia in plura extenditur. Si autem dicatur quod Deus sit omnipotens, quia potest omnia quae sunt possibilia suae potentiae, erit circulatio in manifestatione omnipotentiae, hoc enim non erit aliud quam dicere quod Deus est omnipotens, quia potest omnia quae potest. Relinquitur igitur quod Deus dicatur omnipotens, quia potest omnia possibilia absolute, quod est alter modus dicendi possibile. Dicitur autem aliquid possibile vel impossibile absolute, ex habitudine terminorum, possibile quidem, quia praedicatum non repugnat subiecto, ut Socratem sedere; impossibile vero absolute, quia praedicatum repugnat subiecto, ut hominem esse asinum. Est autem considerandum quod, cum unumquodque agens agat sibi simile, unicuique potentiae activae correspondet possibile ut obiectum proprium, secundum rationem illius actus in quo fundatur potentia activa, sicut potentia calefactiva refertur, ut ad proprium obiectum, ad esse calefactibile. Esse autem divinum, super quod ratio divinae potentiae fundatur, est esse infinitum, non limitatum ad aliquod genus entis, sed praehabens in se totius esse perfectionem. Unde quidquid potest habere rationem entis, continetur sub possibilibus absolutis, respectu quorum Deus dicitur omnipotens. Nihil autem opponitur rationi entis, nisi non ens. Hoc igitur repugnat rationi possibilis absoluti, quod subditur divinae omnipotentiae, quod implicat in se esse et non esse simul. Hoc enim omnipotentiae non subditur, non propter defectum divinae potentiae; sed quia non potest habere rationem factibilis neque possibilis. Quaecumque igitur contradictionem non implicant, sub illis possibilibus continentur, respectu quorum dicitur Deus omnipotens. Ea vero quae contradictionem implicant, sub divina omnipotentia non continentur, quia non possunt habere possibilium rationem. Unde convenientius dicitur quod non possunt fieri, quam quod Deus non potest ea facere. Neque hoc est contra verbum Angeli dicentis, non erit impossibile apud Deum omne verbum. Id enim quod contradictionem implicat, verbum esse non potest, quia nullus intellectus potest illud concipere.
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[29513] Iª q. 25 a. 3 co.
RISPONDO: Tutti sono d'accordo nel riconoscere che Dio è onnipotente. Ma il difficile sta nell'assegnare la ragione dell'onnipotenza, perché quando si dice che Dio può tutto, resta il dubbio che cosa si comprenda sotto questo termine collettivo (tutto). Ma se si esamina bene la cosa, siccome potenza si dice relativamente ai possibili, quando si dice che Dio può tutto, non si può intendere meglio di così: che può tutto ciò che è possibile, e che per questo si dice onnipotente.
Ora, secondo il Filosofo, il termine possibile si prende in due sensi. Primo, s'intende in relazione ad una potenza particolare: così ciò che è sottoposto alla potenza umana, si dice che è possibile all'uomo. Ora, non può dirsi che Dio sia onnipotente, perché può tutto quello che è possibile a natura creata: poiché la potenza divina si estende molto più oltre. Se invece uno dicesse che Dio è onnipotente perché può tutto ciò che è possibile alla sua potenza, farebbe un circolo vizioso nello spiegare l'onnipotenza: con ciò non si verrebbe a dire nient'altro che questo, che Dio è onnipotente perché può tutto quello che può. Resta, dunque, che Dio si dice onnipotente perché può tutte le cose che sono possibili. E questo è il secondo senso in cui si prende il termine possibile. Ora, una cosa si dice possibile o impossibile, assolutamente parlando, secondo il rapporto dei termini: possibile, quando il predicato non ripugna al soggetto, come, (nell'espressione): "Socrate siede"; assolutamente impossibile invece, quando il predicato ripugna al soggetto, come, (nell'espressione): "l'uomo è un asino".
Ora, bisogna considerare che, siccome ogni agente produce un effetto simile a sé, a ogni potenza attiva corrisponde un possibile come oggetto proprio, secondo la natura dell'atto in cui si fonda la potenza attiva: p. es., la potenza calorifica si riferisce, come al proprio oggetto, a ciò che è suscettibile d'essere riscaldato. Ora, l'essere divino, su cui si fonda la ragione della potenza divina, è l'essere infinito, non limitato ad un qualche genere di enti, ma avente in sé, in antecedenza, la perfezione di tutto l'essere. Quindi tutto ciò che può avere ragione di ente è contenuto tra i possibili assoluti, a riguardo dei quali Dio si dice onnipotente.
Ora, nulla si oppone alla ragione di ente, se non il non ente. Dunque, alla ragione di possibile assoluto, oggetto dell'onnipotenza divina, ripugna solo quello che implica in sé l'essere ed il non essere simultaneamente. Ciò, infatti, è fuori del dominio della divina onnipotenza, non per difetto della potenza di Dio; ma perché non ha la natura di cosa fattibile o possibile. Così, tutto ciò che non implica contraddizione, è contenuto tra quei possibili rispetto ai quali Dio si dice onnipotente; tutto quello, invece, che implica contraddizione, non rientra sotto la divina onnipotenza, perché non può avere la natura di cosa possibile. Quindi è più esatto dire che ciò non può essere fatto, anziché dire che Dio non lo può fare. - E questa spiegazione non contrasta con le parole dell'Angelo: "non vi è parola alcuna che sia impossibile a Dio". Infatti ciò che implica contraddizione non può essere una parola: perché nessun intelletto può concepirlo.
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[29514] Iª q. 25 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Deus dicitur omnipotens secundum potentiam activam, non secundum potentiam passivam, ut dictum est. Unde, quod non potest moveri et pati, non repugnat omnipotentiae.
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[29514] Iª q. 25 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dio si dice onnipotente secondo la potenza attiva, non secondo la potenza passiva, come si è spiegato. Perciò il non essere capace di movimento e di passività non è un ostacolo alla sua onnipotenza.
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[29515] Iª q. 25 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod peccare est deficere a perfecta actione, unde posse peccare est posse deficere in agendo, quod repugnat omnipotentiae. Et propter hoc, Deus peccare non potest, qui est omnipotens. Quamvis philosophus dicat, in IV Topic., quod potest Deus et studiosus prava agere. Sed hoc intelligitur vel sub conditione cuius antecedens sit impossibile, ut puta si dicamus quod potest Deus prava agere si velit, nihil enim prohibet conditionalem esse veram, cuius antecedens et consequens est impossibile; sicut si dicatur, si homo est asinus, habet quatuor pedes. Vel ut intelligatur quod Deus potest aliqua agere, quae nunc prava videntur; quae tamen si ageret, bona essent. Vel loquitur secundum communem opinionem gentilium, qui homines dicebant transferri in deos, ut Iovem vel Mercurium.
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[29515] Iª q. 25 a. 3 ad 2
2. Peccare è un difetto di perfezione nell'atto: quindi il poter peccare è un poter venir meno nell'agire; la qual cosa ripugna all'onnipotenza. Ed è appunto per questo che Dio non può peccare, perché è onnipotente. È vero, tuttavia, che il Filosofo ha scritto che "Dio e il giusto possono compiere cose malvagie". Ma questa espressione deve intendersi o come una proposizione condizionale la cui protasi è impossibile, come se si dicesse che Dio potrebbe fare del male se lo volesse; perché niente impedisce che una proposizione condizionale sia vera, benché la protasi e l'apodosi siano false; come se si dicesse: "Se l'uomo è un asino, ha quattro zampe". Oppure si deve interpretare in questo senso, che Dio potrebbe fare delle cose, che ora sembrano cattive; ma che se le facesse lui, sarebbero buone. O, (infine), egli parla secondo l'opinione comune dei pagani, i quali dicevano che certi uomini eran trasformati in dei, p. es., in Giove o in Mercurio.
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[29516] Iª q. 25 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod Dei omnipotentia ostenditur maxime in parcendo et miserando, quia per hoc ostenditur Deum habere summam potestatem, quod libere peccata dimittit, eius enim qui superioris legi astringitur, non est libere peccata condonare. Vel quia, parcendo hominibus et miserando, perducit eos ad participationem infiniti boni, qui est ultimus effectus divinae virtutis. Vel quia, ut supra dictum est, effectus divinae misericordiae est fundamentum omnium divinorum operum, nihil enim debetur alicui nisi propter id quod est datum ei a Deo non debitum. In hoc autem maxime divina omnipotentia manifestatur, quod ad ipsam pertinet prima institutio omnium bonorum.
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[29516] Iª q. 25 a. 3 ad 3
3. L'onnipotenza divina si manifesta al sommo nel perdonare e nell'usare misericordia, perché in tal maniera, col rimettere liberamente i peccati, Dio mostra di avere la suprema potestà: non potendo condonare i peccati a suo piacimento chi è sottoposto alla legge di un superiore. - Si può anche dire che perdonando agli uomini ed avendone pietà, li conduce alla partecipazione del bene infinito, che è l'ultimo effetto della divina potenza. - Finalmente, perché, come sopra si è detto, l'effetto della divina misericordia è il fondamento di tutte le opere divine: giacché niente è dovuto a chicchessia se non in base a quello che gli è stato dato da Dio (gratuitamente). E la divina onnipotenza si manifesta al sommo appunto in questo che ad essa risale la prima costituzione di tutti i beni.
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[29517] Iª q. 25 a. 3 ad 4 Ad quartum dicendum quod possibile absolutum non dicitur neque secundum causas superiores, neque secundum causas inferiores sed secundum seipsum. Possibile vero quod dicitur secundum aliquam potentiam, nominatur possibile secundum proximam causam. Unde ea quae immediate nata sunt fieri a Deo solo, ut creare, iustificare, et huiusmodi, dicuntur possibilia secundum causam superiorem, quae autem nata sunt fieri a causis inferioribus, dicuntur possibilia secundum causas inferiores. Nam secundum conditionem causae proximae, effectus habet contingentiam vel necessitatem, ut supra dictum est. In hoc autem reputatur stulta mundi sapientia, quod ea quae sunt impossibilia naturae, etiam Deo impossibilia iudicabat. Et sic patet quod omnipotentia Dei impossibilitatem et necessitatem a rebus non excludit.
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[29517] Iª q. 25 a. 3 ad 4
4. Il possibile si dice assoluto non rispetto alle cause superiori, né riguardo alle cause inferiori; ma in se stesso. Il possibile che si dice tale in rapporto ad una potenza qualsiasi, si denomina possibile in relazione alla sua causa prossima. Quindi, le cose che possono essere fatte direttamente solo da Dio, come creare, giustificare, e simili, si dicono possibili in rapporto alla causa suprema; le cose, invece, che possono esser fatte dalle cause inferiori, si dicono possibili relativamente alle cause inferiori. Ed infatti, l'effetto trae la sua contingenza o la sua necessità dalla condizione della causa prossima, come fu spiegato sopra. Ora, la sapienza del mondo è reputata stolta proprio perché giudica impossibile anche per Dio quello che è impossibile alla natura. E così è evidente che l'onnipotenza di Dio non esclude dalle cose l'impossibilità e la necessità.
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