Parte prima > Trattato relativo all'essenza di Dio > L'unità di Dio > Se ci sia opposizione tra l'uno e i molti
Prima pars
Quaestio 11
Articulus 2
[28657] Iª q. 11 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod unum et multa non opponantur. Nullum enim oppositum praedicatur de suo opposito. Sed omnis multitudo est quodammodo unum, ut ex praedictis patet. Ergo unum non opponitur multitudini.
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Prima parte
Questione 11
Articolo 2
[28657] Iª q. 11 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'uno e i molti non si oppongano. Infatti:
1. Nessun contrario si afferma del suo contrario. Ora, secondo il già detto, ogni molteplice è in qualche modo uno. Dunque l'uno non si oppone ai molti.
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[28658] Iª q. 11 a. 2 arg. 2 Praeterea, nullum oppositum constituitur ex suo opposito. Sed unum constituit multitudinem. Ergo non opponitur multitudini.
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[28658] Iª q. 11 a. 2 arg. 2
2. Nessuna cosa è costituita dal suo opposto. Ora, l'unità costituisce la moltitudine. Dunque non si oppone ad essa.
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[28659] Iª q. 11 a. 2 arg. 3 Praeterea, unum uni est oppositum. Sed multo opponitur paucum. Ergo non opponitur ei unum.
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[28659] Iª q. 11 a. 2 arg. 3
3. Ad una cosa se ne oppone un'altra sola. Ora, al molto si oppone il poco. Dunque non gli si oppone l'uno.
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[28660] Iª q. 11 a. 2 arg. 4 Praeterea, si unum opponitur multitudini, opponitur ei sicut indivisum diviso, et sic opponetur ei ut privatio habitui. Hoc autem videtur inconveniens, quia sequeretur quod unum sit posterius multitudine, et definiatur per eam; cum tamen multitudo definiatur per unum. Unde erit circulus in definitione, quod est inconveniens. Non ergo unum et multa sunt opposita.
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[28660] Iª q. 11 a. 2 arg. 4
4. Se l'uno si oppone alla moltitudine, le si oppone come l'indiviso al diviso: e così le si oppone come la privazione alla qualità corrispondente. Ora, ciò sembra che ripugni, perché ne verrebbe che l'unità sia posteriore alla moltitudine e che si definisca per mezzo di essa, mentre invece la moltitudine si definisce per mezzo dell'unità. Vi sarebbe quindi un circolo vizioso nella definizione: il che non si può ammettere. Dunque l'uno e i molti non sono tra loro opposti.
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[28661] Iª q. 11 a. 2 s. c. Sed contra, quorum rationes sunt oppositae, ipsa sunt opposita. Sed ratio unius consistit in indivisibilitate, ratio vero multitudinis divisionem continet. Ergo unum et multa sunt opposita.
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[28661] Iª q. 11 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Opposte tra loro sono quelle cose le cui nozioni sono contrastanti. Ora, la nozione dell'uno consiste nella indivisibilità, mentre quella della moltitudine contiene in sé la divisione. Dunque l'uno e i molti sono tra loro opposti.
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[28662] Iª q. 11 a. 2 co. Respondeo dicendum quod unum opponitur multis, sed diversimode. Nam unum quod est principium numeri, opponitur multitudini quae est numerus, ut mensura mensurato, unum enim habet rationem primae mensurae, et numerus est multitudo mensurata per unum, ut patet ex X Metaphys. Unum vero quod convertitur cum ente, opponitur multitudini per modum privationis, ut indivisum diviso.
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[28662] Iª q. 11 a. 2 co.
RISPONDO: L'uno si oppone ai molti, ma in maniere diverse. L'uno, infatti, che è principio del numero, si oppone alla pluralità numerica, come la misura al misurato; poiché uno include il concetto di prima misura, e il numero è la moltitudine misurata dall'uno, come dimostra Aristotele. L'uno, invece, che si identifica con l'ente, si oppone alla molteplicità a modo di privazione, cioè come l'indiviso si oppone a ciò che è diviso.
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[28663] Iª q. 11 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod nulla privatio tollit totaliter esse, quia privatio est negatio in subiecto, secundum philosophum. Sed tamen omnis privatio tollit aliquod esse. Et ideo in ente, ratione suae communitatis, accidit quod privatio entis fundatur in ente, quod non accidit in privationibus formarum specialium, ut visus vel albedinis, vel alicuius huiusmodi. Et sicut est de ente, ita est de uno et bono, quae convertuntur cum ente, nam privatio boni fundatur in aliquo bono, et similiter remotio unitatis fundatur in aliquo uno. Et exinde contingit quod multitudo est quoddam unum, et malum est quoddam bonum, et non ens est quoddam ens. Non tamen oppositum praedicatur de opposito, quia alterum horum est simpliciter, et alterum secundum quid. Quod enim secundum quid est ens, ut in potentia, est non ens simpliciter, idest actu, vel quod est ens simpliciter in genere substantiae, est non ens secundum quid, quantum ad aliquod esse accidentale. Similiter ergo quod est bonum secundum quid, est malum simpliciter; vel e converso. Et similiter quod est unum simpliciter, est multa secundum quid; et e converso.
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[28663] Iª q. 11 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nessuna privazione toglie completamente l'essere, perché la privazione è negazione ma in un soggetto, come dice Aristotele. Tuttavia ogni privazione toglie una qualche entità. Perciò, se si tratta dell'ente stesso, avviene, a causa dell'universalità del termine, che la privazione di entità si determini sull'ente medesimo: il che non accade invece nelle privazioni di forme particolari: della vista, della bianchezza e simili. E come per l'ente, così è per l'uno e per il bene, che si identificano con l'ente: infatti la privazione del bene si fonda su qualche bene, e parimente la privazione dell'unità si fonda su qualche unità. Di qui può capitare che la moltitudine sia una certa unità, e il male un certo bene, e che il non-ente sia un certo ente. Tuttavia un contrario non si può predicare del suo contrario; perché l'uno si prende in senso assoluto, l'altro in senso relativo. Ciò infatti che è ente in un certo qual modo, perché in potenza, è non-ente in senso assoluto, cioè in atto: così ciò che è ente in senso assoluto, come sostanza, sotto un certo aspetto può essere non-ente, rispetto cioè a qualche entità accidentale. Parimente dunque, ciò che è bene (soltanto) sotto un certo aspetto può essere male assolutamente parlando; o viceversa. Così anche ciò che in senso pieno e assoluto è uno può essere molteplice sotto un certo aspetto; e viceversa.
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[28664] Iª q. 11 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod duplex est totum, quoddam homogeneum, quod componitur ex similibus partibus; quoddam vero heterogeneum, quod componitur ex dissimilibus partibus. In quolibet autem toto homogeneo, totum constituitur ex partibus habentibus formam totius, sicut quaelibet pars aquae est aqua, et talis est constitutio continui ex suis partibus. In quolibet autem toto heterogeneo, quaelibet pars caret forma totius, nulla enim pars domus est domus, nec aliqua pars hominis est homo. Et tale totum est multitudo. Inquantum ergo pars eius non habet formam multitudinis, componitur multitudo ex unitatibus, sicut domus ex non domibus, non quod unitates constituant multitudinem secundum id quod habent de ratione indivisionis, prout opponuntur multitudini; sed secundum hoc quod habent de entitate, sicut et partes domus constituunt domum per hoc quod sunt quaedam corpora, non per hoc quod sunt non domus.
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[28664] Iª q. 11 a. 2 ad 2
2. Il tutto è di due specie: c'è il tutto omogeneo, il quale si compone di parti simili, e c'è il tutto eterogeneo, che si compone di parti dissimili. In un tutto omogeneo, le parti che lo costituiscono hanno la forma (e la natura) del tutto, come ciascuna parte di acqua è acqua: e in tal modo è costituito il continuo dalle sue parti. In ogni tutto eterogeneo invece, qualsiasi parte manca della forma del tutto: nessuna parte della casa infatti è casa, e nessuna parte dell'uomo, è uomo. E un tale tutto è la moltitudine. Ora dunque, proprio in quanto la parte della moltitudine non ha la forma di essa, la moltitudine si compone di unità, come la casa è formata di non-case; non già che le unità costituiscano la moltitudine per la loro indivisibilità, per cui le si contrappongono, ma per la loro entità: come le parti della casa costituiscono la casa in quanto sono dei corpi, non già perché sono non-case.
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[28665] Iª q. 11 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod multum accipitur dupliciter. Uno modo, absolute, et sic opponitur uni. Alio modo, secundum quod importat excessum quendam, et sic opponitur pauco. Unde primo modo duo sunt multa; non autem secundo.
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[28665] Iª q. 11 a. 2 ad 3
3. Il termine "molto" si può prendere in due sensi. Per primo, in modo assoluto: e così si oppone all'uno. In secondo luogo in quanto implica un certo eccesso; e così si oppone al poco. Quindi nel primo senso, due son già molti; ma non nel secondo.
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[28666] Iª q. 11 a. 2 ad 4 Ad quartum dicendum quod unum opponitur privative multis, inquantum in ratione multorum est quod sint divisa. Unde oportet quod divisio sit prius unitate, non simpliciter, sed secundum rationem nostrae apprehensionis. Apprehendimus enim simplicia per composita, unde definimus punctum, cuius pars non est, vel principium lineae. Sed multitudo, etiam secundum rationem, consequenter se habet ad unum, quia divisa non intelligimus habere rationem multitudinis, nisi per hoc quod utrique divisorum attribuimus unitatem. Unde unum ponitur in definitione multitudinis, non autem multitudo in definitione unius. Sed divisio cadit in intellectu ex ipsa negatione entis. Ita quod primo cadit in intellectu ens; secundo, quod hoc ens non est illud ens, et sic secundo apprehendimus divisionem; tertio, unum; quarto, multitudinem.
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[28666] Iª q. 11 a. 2 ad 4
4. L'uno si oppone ai molti come privazione, in quanto nel loro concetto i molti implicano l'idea di divisione. Quindi che la divisione sia prima dell'unità è necessario non assolutamente, ma secondo il nostro modo di conoscere. Perché noi conosciamo le cose semplici mediante le composte, tanto che definiamo il punto: "ciò che non ha parti", oppure: "il principio della linea". Ma la moltitudine, anche logicamente, è posteriore all'unità; perché noi non possiamo intendere come due cose tra loro divise costituiscano una moltitudine se non perché attribuiamo all'una e all'altra l'unità. Ed è per questo che l'uno si mette nella definizione della moltitudine, e non già la moltitudine nella definizione dell'unità. Ma appena negato l'ente l'intelletto concepisce la divisione. Cosicché prima di tutto si presenta alla nostra intelligenza l'ente; in secondo luogo, (riflettendo) che questo ente non è quell'altro ente, si apprende la divisione; in terzo luogo, l'uno; in quarto luogo, la moltitudine.
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