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Se tutti siano soggetti alla legge (umana)
Prima pars secundae partis
Quaestio 96
Articulus 5
[37695] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 1 Ad quintum sic proceditur. Videtur quod non omnes legi subiiciantur. Illi enim soli subiiciuntur legi, quibus lex ponitur. Sed apostolus dicit, I ad Tim. I, quod iusto non est lex posita. Ergo iusti non subiiciuntur legi humanae.
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Prima parte della seconda parte
Questione 96
Articolo 5
[37695] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 1
SEMBRA che non tutti siano soggetti alla legge (umana). Infatti:
1. Sono soggetti alla legge coloro soltanto per i quali è fatta. Ora, S. Paolo afferma, che "la legge non è fatta per il giusto". Dunque i giusti non sono soggetti alla legge umana.
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[37696] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 2 Praeterea, Urbanus Papa dicit, et habetur in decretis, XIX qu. II, qui lege privata ducitur, nulla ratio exigit ut publica constringatur. Lege autem privata spiritus sancti ducuntur omnes viri spirituales, qui sunt filii Dei; secundum illud Rom. VIII, qui spiritu Dei aguntur, hi filii Dei sunt. Ergo non omnes homines legi humanae subiiciuntur.
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[37696] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 2
2. Il Papa Urbano dichiara: "Non c'è ragione di costringere alla legge pubblica chi è retto da una legge privata". Ora, tutte le persone spirituali, che son figli di Dio, sono rette dalla legge privata dello Spirito Santo, secondo l'espressione paolina: "Quanti son guidati dallo Spirito di Dio, questi son figli di Dio". Quindi non tutti gli uomini sono soggetti alla legge umana.
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[37697] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 3 Praeterea, iurisperitus dicit quod princeps legibus solutus est. Qui autem est solutus a lege, non subditur legi. Ergo non omnes subiecti sunt legi.
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[37697] Iª-IIae q. 96 a. 5 arg. 3
3. Nel Digesto si dice, che "il principe è esente dalle leggi". Ma chi è esente dalla legge non è ad essa soggetto. Dunque non tutti sono soggetti alla legge.
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[37698] Iª-IIae q. 96 a. 5 s. c. Sed contra est quod apostolus dicit, Rom. XIII, omnis anima potestatibus sublimioribus subdita sit. Sed non videtur esse subditus potestati, qui non subiicitur legi quam fert potestas. Ergo omnes homines debent esse legi humanae subiecti.
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[37698] Iª-IIae q. 96 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo ammonisce: "Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori". Ora, non può essere sottoposto all'autorità chi non è soggetto alla legge emanata da essa. Perciò tutti gli uomini devono essere soggetti alla legge umana.
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[37699] Iª-IIae q. 96 a. 5 co. Respondeo dicendum quod, sicut ex supradictis patet, lex de sui ratione duo habet, primo quidem, quod est regula humanorum actuum; secundo, quod habet vim coactivam. Dupliciter ergo aliquis homo potest esse legi subiectus. Uno modo, sicut regulatum regulae. Et hoc modo omnes illi qui subduntur potestati, subduntur legi quam fert potestas. Quod autem aliquis potestati non subdatur, potest contingere dupliciter. Uno modo, quia est simpliciter absolutus ab eius subiectione. Unde illi qui sunt de una civitate vel regno, non subduntur legibus principis alterius civitatis vel regni, sicut nec eius dominio. Alio modo, secundum quod regitur superiori lege. Puta si aliquis subiectus sit proconsuli, regulari debet eius mandato, non tamen in his quae dispensantur ei ab imperatore, quantum enim ad illa, non adstringitur mandato inferioris, cum superiori mandato dirigatur. Et secundum hoc contingit quod aliquis simpliciter subiectus legi, secundum aliqua legi non adstringitur, secundum quae regitur superiori lege. Alio vero modo dicitur aliquis subdi legi sicut coactum cogenti. Et hoc modo homines virtuosi et iusti non subduntur legi, sed soli mali. Quod enim est coactum et violentum, est contrarium voluntati. Voluntas autem bonorum consonat legi, a qua malorum voluntas discordat. Et ideo secundum hoc boni non sunt sub lege, sed solum mali.
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[37699] Iª-IIae q. 96 a. 5 co.
RISPONDO: Come abbiamo visto sopra, la legge implica due cose nella sua nozione: primo, è una regola degli atti umani; secondo, ha forza coattiva. Perciò uno può essere soggetto alla legge in due sensi. Primo, quale individuo regolato dalla sua regola. E in questo senso sono soggetti a una legge tutti i sudditi dell'autorità che la emana. Ora, può capitare in due maniere che uno non sia soggetto a una data autorità. Prima di tutto, perché può essere totalmente estraneo al suo dominio. E quindi chi appartiene a un'altra città o a un altro regno non è soggetto alle leggi emanate dalle autorità di una data città o di un dato regno, come è estraneo al loro dominio. In secondo luogo, perché uno è governato da una legge superiore. Se uno, p. es., è soggetto al proconsole, deve stare al suo comando, però non in quelle cose in cui viene comandato direttamente dall'imperatore: infatti in codesto caso non è tenuto al comando del subalterno, essendo governato da un comando superiore. E in questo senso può capitare che uno, pur essendo di suo soggetto a una legge, non sia ad essa tenuto in certe cose, perché guidato da una legge superiore.
Secondo, uno può essere soggetto alla legge come un forzato alla sua catena. E in questo senso non sono soggetti alla legge gli uomini virtuosi e giusti, ma soltanto i malvagi. Infatti ciò che è forzato e violento è contrario alla volontà. Ora, la volontà dei buoni concorda con la legge, dalla quale discorda la volontà dei malvagi. Perciò in questo senso sono soggetti alle leggi non i buoni, ma solo i malvagi.
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[37700] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod ratio illa procedit de subiectione quae est per modum coactionis. Sic enim iusto non est lex posita, quia ipsi sibi sunt lex, dum ostendunt opus legis scriptum in cordibus suis, sicut apostolus, ad Rom. II, dicit. Unde in eos non habet lex vim coactivam, sicut habet in iniustos.
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[37700] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento è valido per la sottomissione coatta. In codesto senso, infatti, "la legge non è fatta per il giusto": poiché i giusti "sono legge a se stessi", quando "mostrano l'opera della legge scritta nei loro cuori", come si esprime l'Apostolo. Perciò su di essi la legge non ha forza coattiva, come sui cattivi.
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[37701] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 2 Ad secundum dicendum quod lex spiritus sancti est superior omni lege humanitus posita. Et ideo viri spirituales, secundum hoc quod lege spiritus sancti ducuntur, non subduntur legi, quantum ad ea quae repugnant ductioni spiritus sancti. Sed tamen hoc ipsum est de ductu spiritus sancti, quod homines spirituales legibus humanis subdantur; secundum illud I Petr. II, subiecti estote omni humanae creaturae, propter Deum.
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[37701] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 2
2. La legge dello Spirito Santo è superiore a tutte le leggi imposte dall'uomo. Ecco perché le persone spirituali, in quanto sono dirette dallo Spirito Santo, sono esenti dalla legge rispetto alle cose in cui contrasta con la direzione dello Spirito. Tuttavia rientra nella direzione dello Spirito Santo la sottomissione delle persone spirituali alle leggi umane, secondo le parole di S. Pietro: "Siate soggetti per amore di Dio a ogni istituzione umana".
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[37702] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 3 Ad tertium dicendum quod princeps dicitur esse solutus a lege, quantum ad vim coactivam legis, nullus enim proprie cogitur a seipso; lex autem non habet vim coactivam nisi ex principis potestate. Sic igitur princeps dicitur esse solutus a lege, quia nullus in ipsum potest iudicium condemnationis ferre, si contra legem agat. Unde super illud Psalmi l, tibi soli peccavi etc., dicit Glossa quod lex non habet hominem qui sua facta diiudicet. Sed quantum ad vim directivam legis, princeps subditur legi propria voluntate; secundum quod dicitur extra, de constitutionibus, cap. cum omnes, quod quisque iuris in alterum statuit, ipse eodem iure uti debet. Et sapientis dicit auctoritas, patere legem quam ipse tuleris. Improperatur etiam his a domino qui dicunt et non faciunt; et qui aliis onera gravia imponunt, et ipsi nec digito volunt ea movere; ut habetur Matth. XXIII. Unde quantum ad Dei iudicium, princeps non est solutus a lege, quantum ad vim directivam eius; sed debet voluntarius, non coactus, legem implere. Est etiam princeps supra legem, inquantum, si expediens fuerit, potest legem mutare, et in ea dispensare, pro loco et tempore.
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[37702] Iª-IIae q. 96 a. 5 ad 3
3. Il principe è esente dalla legge rispetto alla forza coattiva di essa: infatti nessuno propriamente può costringere se stesso; e d'altra parte la legge riceve la forza coattiva solo dall'autorità del principe. E si dice che il principe è esente dalla legge, perché nessuno può condannarlo, se agisce contro di essa. La Glossa infatti, commentando l'espressione davidica, "Contro te solo ho peccato", afferma che "il re non ha un uomo che ne giudichi gli atti". - Però rispetto alla forza direttiva della legge, il principe è spontaneamente soggetto alla medesima, come nota il Diritto: "Chiunque determina una norma per gli altri, deve applicarla a se stesso. Dice infatti l'autorità del savio: "Ubbidisci alla legge che tu stesso hai stabilito"". Del resto il Signore stesso rimprovera coloro che "dicono e non fanno" e che "impongono pesanti fardelli sugli altri, ma essi non vogliono smuoverli neanche con un dito". Perciò rispetto al giudizio di Dio il principe non è esente dalla legge nella sua forza direttiva; ma è tenuto a seguirla non costretto, bensì volontariamente. - Il principe è sopra la legge anche nel senso che in caso di necessità può mutarla o dispensarla, secondo le condizioni di luogo e di tempo.
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