[36308] Iª-IIae q. 67 a. 3 co. Respondeo dicendum quod oppositio est per se et propria causa quod unum excludatur ab alio, inquantum scilicet in omnibus oppositis includitur oppositio affirmationis et negationis. Invenitur autem in quibusdam oppositio secundum contrarias formas, sicut in coloribus album et nigrum. In quibusdam autem, secundum perfectum et imperfectum, unde in alterationibus magis et minus accipiuntur ut contraria, ut cum de minus calido fit magis calidum, ut dicitur in V Physic. Et quia perfectum et imperfectum opponuntur, impossibile est quod simul, secundum idem, sit perfectio et imperfectio. Est autem considerandum quod imperfectio quidem quandoque est de ratione rei, et pertinet ad speciem ipsius, sicut defectus rationis pertinet ad rationem speciei equi vel bovis. Et quia unum et idem numero manens non potest transferri de una specie in aliam, inde est quod, tali imperfectione sublata, tollitur species rei, sicut iam non esset bos vel equus, si esset rationalis. Quandoque vero imperfectio non pertinet ad rationem speciei, sed accidit individuo secundum aliquid aliud, sicut alicui homini quandoque accidit defectus rationis, inquantum impeditur in eo rationis usus, propter somnum vel ebrietatem vel aliquid huiusmodi. Patet autem quod, tali imperfectione remota, nihilominus substantia rei manet. Manifestum est autem quod imperfectio cognitionis est de ratione fidei. Ponitur enim in eius definitione, fides enim est substantia sperandarum rerum, argumentum non apparentium, ut dicitur ad Heb. XI. Et Augustinus dicit, quid est fides? Credere quod non vides. Quod autem cognitio sit sine apparitione vel visione, hoc ad imperfectionem cognitionis pertinet. Et sic imperfectio cognitionis est de ratione fidei. Unde manifestum est quod fides non potest esse perfecta cognitio, eadem numero manens. Sed ulterius considerandum est utrum simul possit esse cum cognitione perfecta, nihil enim prohibet aliquam cognitionem imperfectam simul esse aliquando cum cognitione perfecta. Est igitur considerandum quod cognitio potest esse imperfecta tripliciter, uno modo, ex parte obiecti cognoscibilis; alio modo, ex parte medii; tertio modo, ex parte subiecti. Ex parte quidem obiecti cognoscibilis, differunt secundum perfectum et imperfectum cognitio matutina et vespertina in Angelis, nam cognitio matutina est de rebus secundum quod habent esse in verbo; cognitio autem vespertina est de eis secundum quod habent esse in propria natura, quod est imperfectum respectu primi esse. Ex parte vero medii, differunt secundum perfectum et imperfectum cognitio quae est de aliqua conclusione per medium demonstrativum, et per medium probabile. Ex parte vero subiecti differunt secundum perfectum et imperfectum opinio, fides et scientia. Nam de ratione opinionis est quod accipiatur unum cum formidine alterius oppositi, unde non habet firmam inhaesionem. De ratione vero scientiae est quod habeat firmam inhaesionem cum visione intellectiva, habet enim certitudinem procedentem ex intellectu principiorum. Fides autem medio modo se habet, excedit enim opinionem, in hoc quod habet firmam inhaesionem; deficit vero a scientia, in hoc quod non habet visionem. Manifestum est autem quod perfectum et imperfectum non possunt simul esse secundum idem, sed ea quae differunt secundum perfectum et imperfectum, secundum aliquid idem possunt simul esse in aliquo alio eodem. Sic igitur cognitio perfecta et imperfecta ex parte obiecti, nullo modo possunt esse de eodem obiecto. Possunt tamen convenire in eodem medio, et in eodem subiecto, nihil enim prohibet quod unus homo simul et semel per unum et idem medium habeat cognitionem de duobus, quorum unum est perfectum et aliud imperfectum, sicut de sanitate et aegritudine, et bono et malo. Similiter etiam impossibile est quod cognitio perfecta et imperfecta ex parte medii, conveniant in uno medio. Sed nihil prohibet quin conveniant in uno obiecto, et in uno subiecto, potest enim unus homo cognoscere eandem conclusionem per medium probabile, et demonstrativum. Et est similiter impossibile quod cognitio perfecta et imperfecta ex parte subiecti, sint simul in eodem subiecto. Fides autem in sui ratione habet imperfectionem quae est ex parte subiecti, ut scilicet credens non videat id quod credit, beatitudo autem de sui ratione habet perfectionem ex parte subiecti, ut scilicet beatus videat id quo beatificatur, ut supra dictum est. Unde manifestum est quod impossibile est quod fides maneat simul cum beatitudine in eodem subiecto.
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[36308] Iª-IIae q. 67 a. 3 co.
RISPONDO: La causa dell'incompatibilità di una cosa con un'altra è la loro opposizione: poiché tra gli opposti è sempre inclusa l'opposizione esistente tra affermazione e negazione. Ora, l'opposizione in certe cose è fondata su forme contrarie: così avviene nei colori tra il bianco e il nero. In altre invece è fondata sulla perfezione e l'imperfezione: nelle alterazioni, p. es., il più e il meno si prendono come contrari, come quando una cosa poco calda passa ad essere una cosa molto calda, secondo l'espressione di Aristotele. E poiché l'essere perfetto e quello imperfetto si contrappongono, è impossibile che simultaneamente e sotto il medesimo aspetto possano esistere la perfezione e l'imperfezione.
L'imperfezione però talora è nella natura di una cosa, e fa parte della sua specie: così il mancare di ragione rientra nella natura specifica del cavallo o del bue. E poiché l'identica cosa non può passare da una specie a un'altra, se si toglie codesta imperfezione, si distrugge la natura di essa: il bue, p. es., o il cavallo non esisterebbero più, se diventassero ragionevoli. - Altre volte l'imperfezione non appartiene alla natura specifica, ma capita a un dato soggetto per altri motivi: così a un uomo può capitare una deficienza di ragione, per il fatto che l'uso della ragione viene in lui ostacolato dal sonno, dall'ubriachezza, o da altre cose del genere. Ed è evidente che eliminando codeste imperfezioni, la sostanza della cosa rimane.
Ora, è noto che l'imperfezione del conoscere fa parte della natura della fede. Infatti rientra nella sua definizione: essendo essa, a dire di S. Paolo "realtà di cose sperate, e convincimento di cose che non si vedono". E S. Agostino scrive: "Che cos'è la fede? Credere quello che non si vede". Ora, conoscere senza vedere costituisce un'imperfezione per la conoscenza. E quindi l'imperfezione rientra nella natura della fede. Perciò è evidente che la fede non può diventare una conoscenza perfetta, rimanendo numericamente identica a se stessa.
Si deve inoltre considerare se possa coesistere con la conoscenza perfetta: infatti niente impedisce che una cognizione imperfetta possa talora coesistere con la cognizione perfetta. Perciò bisogna notare che una conoscenza può essere imperfetta in tre modi: primo, a motivo dell'oggetto; secondo, a motivo del mezzo conoscitivo; terzo, a motivo del soggetto. A motivo dell'oggetto di conoscenza differiscono come perfetta e imperfetta la cognizione mattutina e quella vespertina degli angeli: infatti la cognizione mattutina riguarda le cose in quanto hanno la loro esistenza nel Verbo; mentre la conoscenza vespertina riguarda le cose in quanto sussistono nella propria natura, esistenza imperfetta questa rispetto alla prima. - Per il mezzo conoscitlvo differiscono come perfetta e imperfetta la conoscenza di una conclusione raggiunta mediante un mezzo dimostrativo, e quella raggiunta mediante un termine medio probabile. - A motivo del soggetto differiscono tra loro come perfetta e imperfetta l'opinione, la fede e la scienza. Infatti nel concetto di opinione è implicita la scelta in un'alternativa col timore che sia vero il contrario: e quindi manca la ferma adesione. Invece nella nozione di scienza è implicita la ferma adesione accompagnata dalla visione intellettiva: essa infatti ha una certezza che deriva dall'intuizione dei primi principi. Invece la fede è a mezza strada: è superiore all'opinione, perché ha un'adesione ferma; ma è al di sotto della scienza perché non ha la visione.
Ora, è evidente che una cosa imperfetta e la sua perfezione non possono coesistere sotto il medesimo aspetto: mentre le due cose suddette possono coesistere in un dato subietto sotto aspetti comuni, pur essendo diverse quanto a perfezione. Perciò due conoscenze perfetta e imperfetta in rapporto all'oggetto, in nessun modo possono coesistere a proposito di un medesimo oggetto. Invece possono coincidere per l'identico termine medio dimostrativo, e per l'identità del soggetto: infatti niente impedisce che un uomo simultaneamente e mediante un unico medio dimostrativo abbia la conoscenza di due cose, di cui l'una è perfetta e l'altra imperfetta, della salute, p. es., e della malattia, del bene e del male. - Parimente è impossibile che due conoscenze, perfetta e imperfetta, in rapporto al termine medio di conoscenza possano coincidere e coesistere in un unico termine medio dimostrativo. Ma niente impedisce che possano coincidere nell'oggetto e nel soggetto: infatti un uomo può conoscere una medesima conclusione e con un termine medio probabile, e con un medio dimostrativo. - Così pure è impossibile che due conoscenze, perfetta e imperfetta in rapporto al soggetto, possano coesistere nel medesimo soggetto. Ora, la fede implica nel suo concetto un'imperfezione in rapporto al soggetto; implica, cioè, che il credente non veda ciò che crede: mentre la beatitudine, come abbiamo già visto, implica nel suo concetto la perfezione del conoscere rispettivamente al soggetto; implica, cioè, che il beato veda ciò da cui è reso beato. Perciò è evidente che è impossibile la coesistenza della fede con la beatitudine nel medesimo soggetto.
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