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Se l'atto esterno e quello interno condividano l'identica bontà o malizia
Prima pars secundae partis
Quaestio 20
Articulus 3
[34448] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod non eadem sit bonitas vel malitia actus interioris voluntatis, et exterioris actus. Actus enim interioris principium est vis animae interior apprehensiva vel appetitiva, actus autem exterioris principium est potentia exequens motum. Ubi autem sunt diversa principia actionis, ibi sunt diversi actus. Actus autem est subiectum bonitatis vel malitiae. Non potest autem esse idem accidens in diversis subiectis. Ergo non potest esse eadem bonitas interioris et exterioris actus.
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Prima parte della seconda parte
Questione 20
Articolo 3
[34448] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 1
SEMBRA che non sia identica la bontà o la malizia dell'atto interno della volontà, e quella dell'atto esterno. Infatti:
1. L'atto interno ha come principio una potenza inferiore conoscitiva o appetitiva: invece l'atto esterno ha come suo principio una potenza esecutiva del movimento. Ora, dove i principii operativi sono diversi, sono diversi anche gli atti. D'altra parte l'atto è il soggetto della bontà o della malizia. E poiché non può un identico accidente trovarsi in soggetti diversi, non può essere identica la bontà dell'atto interno e di quello esterno.
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[34449] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 2 Praeterea, virtus est quae bonum facit habentem, et opus eius bonum reddit, ut dicitur in II Ethic. Sed alia est virtus intellectualis in potentia imperante, et alia virtus moralis in potentia imperata, ut patet ex I Ethic. Ergo alia est bonitas actus interioris, qui est potentiae imperantis, et alia est bonitas actus exterioris, qui est potentiae imperatae.
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[34449] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 2
2. Aristotele insegna che "la virtù è quella disposizione che rende buono chi la possiede, e l'opera che egli compie". Ma la virtù intellettuale della potenza che comanda, non è la virtù morale della potenza comandata [o esecutrice], come lo stesso autore dimostra. Dunque la bontà dell'atto interiore, compiuto dalla potenza imperante, è distinta dalla bontà dell'atto esterno, eseguito dalla potenza comandata.
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[34450] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 3 Praeterea, causa et effectus idem esse non possunt, nihil enim est causa sui ipsius. Sed bonitas actus interioris est causa bonitatis actus exterioris, aut e converso, ut dictum est. Ergo non potest esse eadem bonitas utriusque.
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[34450] Iª-IIae q. 20 a. 3 arg. 3
3. Causa ed effetto non possono essere la stessa cosa: poiché niente è causa di se stesso. Ora; la bontà dell'atto interiore causa la bontà dell'atto esterno, o viceversa, come abbiamo spiegato. Dunque non può essere identica la bontà dell'uno e dell'altro.
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[34451] Iª-IIae q. 20 a. 3 s. c. Sed contra est quod supra ostensum est quod actus voluntatis se habet ut formale ad actum exteriorem. Ex formali autem et materiali fit unum. Ergo est una bonitas actus interioris et exterioris.
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[34451] Iª-IIae q. 20 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: L'atto della volontà, si è detto, è come l'elemento formale dell'atto esterno. Ora, l'elemento formale e quello materiale costituiscono un'unica cosa. Quindi unica è la bontà dell'atto interno e di quello esterno.
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[34452] Iª-IIae q. 20 a. 3 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, actus interior voluntatis et actus exterior, prout considerantur in genere moris, sunt unus actus. Contingit autem quandoque actum qui est unus subiecto, habere plures rationes bonitatis vel malitiae; et quandoque unam tantum. Sic ergo dicendum quod quandoque est eadem bonitas vel malitia interioris et exterioris actus; quandoque alia et alia. Sicut enim iam dictum est, praedictae duae bonitates vel malitiae, scilicet interioris et exterioris actus, ad invicem ordinantur. Contingit autem in his quae ad aliud ordinantur, quod aliquid est bonum ex hoc solum quod ad aliud ordinatur, sicut potio amara ex hoc solo est bona, quod est sanativa. Unde non est alia bonitas sanitatis et potionis, sed una et eadem. Quandoque vero illud quod ad aliud ordinatur, habet in se aliquam rationem boni, etiam praeter ordinem ad aliud bonum, sicut medicina saporosa habet rationem boni delectabilis, praeter hoc quod est sanativa. Sic ergo dicendum quod, quando actus exterior est bonus vel malus solum ex ordine ad finem, tunc est omnino eadem bonitas vel malitia actus voluntatis, qui per se respicit finem, et actus exterioris, qui respicit finem mediante actu voluntatis. Quando autem actus exterior habet bonitatem vel malitiam secundum se, scilicet secundum materiam vel circumstantias, tunc bonitas exterioris actus est una, et bonitas voluntatis quae est ex fine, est alia, ita tamen quod et bonitas finis ex voluntate redundat in actum exteriorem, et bonitas materiae et circumstantiarum redundat in actum voluntatis, sicut iam dictum est.
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[34452] Iª-IIae q. 20 a. 3 co.
RISPONDO: Abbiamo già detto che l'atto interno della volontà e l'atto esterno, in rapporto alla moralità, costituiscono un unico atto. Ora, può capitare che un atto, sostanzialmente unico, abbia più ragioni di bontà o di malizia, oppure che ne abbia una sola.
E quindi bisogna concludere che talora è identica la bontà o la malizia dell'atto interno e di quello esterno; talora invece sono distinte. Infatti, secondo le spiegazioni date, le due bontà, o le due malizie, cioè quella dell'atto esterno e quella dell'atto interiore, sono ordinate l'una all'altra. Ora, tra cose subordinate può avvenire che una sia buona solo perché ordinata all'altra: la bevanda amara, p. es., è buona solo perché ordinata alla guarigione. Quindi la bontà della medicina non è distinta da quella della guarigione, ma, è identica. Invece talora la cosa subordinata ha in se stessa una ragione di bontà, anche a prescindere dal suo riferimento a un altro bene: una medicina gustosa, p. es., si presenta come un bene dilettevole, a prescindere dalle sue funzioni terapeutiche.
Perciò dobbiamo concludere che, quando l'atto esterno è buono o cattivo soltanto in ordine al fine, allora è del tutto identica la bontà o la malizia dell'atto di volontà, che di suo ha per oggetto il fine, e quella dell'atto esterno che ha rapporto col fine mediante l'atto della volontà. Quando invece l'atto esterno ha un'intrinseca bontà o malizia, dovuta cioè alla materia e alle circostanze, allora la bontà dell'atto esterno è distinta dalla bontà derivante dal fine: tuttavia la bontà del fine ridonda dalla volontà sull'atto esterno, e la bontà della materia e delle circostanze ridonda sull'atto della volontà, come abbiamo spiegato.
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[34453] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod ratio illa probat quod actus interior et exterior sunt diversi secundum genus naturae. Sed tamen ex eis sic diversis constituitur unum in genere moris, ut supra dictum est.
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[34453] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento addotto prova che l'atto interno e quello esterno sono distinti nell'ordine fisico, ossia ontologico. Tuttavia da cose così diverse viene a costituirsi un'unica entità nell'ordine morale.
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[34454] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod, sicut dicitur in VI Ethic., virtutes morales ordinantur ad ipsos actus virtutum, qui sunt quasi fines; prudentia autem, quae est in ratione, ad ea quae sunt ad finem. Et propter hoc requiruntur diversae virtutes. Sed ratio recta de ipso fine virtutum non habet aliam bonitatem quam bonitatem virtutis, secundum quod bonitas rationis participatur in qualibet virtute.
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[34454] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 2
2. Le virtù morali, come Aristotele spiega, sono ordinate agli atti stessi delle virtù o potenze rispettive, che sono, possiamo dire, i fini di esse; mentre la prudenza, che è di ordine intellettivo, si ferma a considerare i mezzi. Per questo si richiedono virtù diverse. Ma la retta disposizione della ragione rispetto al fine delle virtù non presenta altra bontà che quella, delle varie virtù, che sono come altrettante partecipazioni della bontà della ragione.
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[34455] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod, quando aliquid ex uno derivatur in alterum sicut ex causa agente univoca, tunc aliud est quod est in utroque, sicut cum calidum calefacit, alius numero est calor calefacientis, et calor calefacti, licet idem specie. Sed quando aliquid derivatur ab uno in alterum secundum analogiam vel proportionem, tunc est tantum unum numero, sicut a sano quod est in corpore animalis, derivatur sanum ad medicinam et urinam; nec alia sanitas est medicinae et urinae, quam sanitas animalis, quam medicina facit, et urina significat. Et hoc modo a bonitate voluntatis derivatur bonitas actus exterioris, et e converso, scilicet secundum ordinem unius ad alterum.
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[34455] Iª-IIae q. 20 a. 3 ad 3
3. Quando una cosa deriva da un'altra come da causa agente univoca, ciò che ha sede nell'una è distinto da quanto si trova nell'altra: quando un corpo riscalda, p. es., il suo calore numericamente è distinto da quello del corpo scaldato, sebbene sia identico nella specie. Ma quando una cosa deriva da un'altra per analogia o proporzionalità, allora c'è un'identità anche numerica tra loro: dalla sanità, p. es., che ha sede nel corpo dell'animale deriva la sanità della medicina e dell'urina; e la sanità della medicina e dell'urina non è distinta dalla sanità dell'animale, che la medicina deve procurare e l'urina serve a indicare. Ora, la bontà dell'atto esterno deriva dalla bontà del volere, e viceversa, precisamente in quest'ultima maniera, nella loro subordinazione reciproca.
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