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Se i precetti cerimoniali siano figurali
Prima pars secundae partis
Quaestio 101
Articulus 2
[37962] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod praecepta caeremonialia non sint figuralia. Pertinet enim ad officium cuiuslibet doctoris ut sic pronunciet ut de facili intelligi possit, sicut Augustinus dicit, in IV de Doctr. Christ. Et hoc maxime videtur esse necessarium in legis latione, quia praecepta legis populo proponuntur. Unde lex debet esse manifesta, ut Isidorus dicit. Si igitur praecepta caeremonialia data sunt in alicuius rei figuram, videtur inconvenienter tradidisse huiusmodi praecepta Moyses, non exponens quid figurarent.
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Prima parte della seconda parte
Questione 101
Articolo 2
[37962] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 1
SEMBRA che i precetti cerimoniali non siano figurali. Infatti:
1. È compito di qualsiasi insegnante parlare in modo da farsi intendere con facilità, come nota S. Agostino. E questo sembra quanto mai necessario nel dare una legge: poiché i precetti della legge sono diretti al popolo. Perciò, come nota S. Isidoro, la legge dev'esser chiara. Quindi, se i precetti cerimoniali son dati per figurare qualche cosa, sembra che Mosè li abbia proposti in maniera poco conveniente, non dichiarando ciò che figuravano.
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[37963] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 2 Praeterea, ea quae in cultum Dei aguntur, maxime debent honestatem habere. Sed facere aliqua facta ad alia repraesentanda, videtur esse theatricum, sive poeticum, in theatris enim repraesentabantur olim per aliqua quae ibi gerebantur, quaedam aliorum facta. Ergo videtur quod huiusmodi non debeant fieri ad cultum Dei. Sed caeremonialia ordinantur ad cultum Dei, ut dictum est. Ergo caeremonialia non debent esse figuralia.
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[37963] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 2
2. Le cose compiute per il culto di Dio devono avere il massimo decoro. Ora, compiere delle azioni per rappresentarne delle altre sa di teatro e di poesia: infatti una volta nei teatri si rappresentavano le gesta di certi personaggi con le scene che vi si facevano. Perciò queste non son cose da farsi per il culto di Dio. Ma le norme cerimoniali sono ordinate al culto di Dio. Quindi questi precetti non devono essere figurali.
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[37964] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 3 Praeterea, Augustinus dicit, in Enchirid., quod Deus maxime colitur fide, spe et caritate. Sed praecepta quae dantur de fide, spe et caritate, non sunt figuralia. Ergo praecepta caeremonialia non debent esse figuralia.
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[37964] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 3
3. Scrive S. Agostino, che "Dio si onora soprattutto con la fede, la speranza e la carità". Ma i precetti riguardanti la fede, la speranza e la carità non sono figurabili. Dunque non devono esserlo neppure i precetti cerimoniali.
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[37965] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 4 Praeterea, dominus dicit, Ioan. IV, spiritus est Deus, et eos qui adorant eum, in spiritu et veritate adorare oportet. Sed figura non est ipsa veritas, immo contra se invicem dividuntur. Ergo caeremonialia, quae pertinent ad cultum Dei, non debent esse figuralia.
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[37965] Iª-IIae q. 101 a. 2 arg. 4
4. Il Signore ha detto: "Dio è spirito, e quelli che lo adorano lo devono adorare in spirito e verità". Ma la figura non è la verità stessa: anzi le due cose si contrappongono. Perciò i precetti cerimoniali, che riguardano il culto di Dio, non devono essere figurali.
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[37966] Iª-IIae q. 101 a. 2 s. c. Sed contra est quod apostolus dicit, ad Colos. II, nemo vos iudicet in cibo aut in potu, aut in parte diei festi aut Neomeniae aut sabbatorum, quae sunt umbra futurorum.
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[37966] Iª-IIae q. 101 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo parla in questi termini: "Nessuno vi giudichi quanto al cibo e alla bevanda, o a riguardo di feste, di noviluni o di sabati, le quali cose sono l'ombra delle realtà future".
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[37967] Iª-IIae q. 101 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, sicut iam dictum est, praecepta caeremonialia dicuntur quae ordinantur ad cultum Dei. Est autem duplex cultus Dei, interior, et exterior. Cum enim homo sit compositus ex anima et corpore, utrumque debet applicari ad colendum Deum, ut scilicet anima colat interiori cultu, et corpus exteriori, unde dicitur in Psalmo LXXXIII, cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum. Et sicut corpus ordinatur in Deum per animam, ita cultus exterior ordinatur ad interiorem cultum. Consistit autem interior cultus in hoc quod anima coniungatur Deo per intellectum et affectum. Et ideo secundum quod diversimode intellectus et affectus colentis Deum Deo recte coniungitur, secundum hoc diversimode exteriores actus hominis ad cultum Dei applicantur. In statu enim futurae beatitudinis, intellectus humanus ipsam divinam veritatem in seipsa intuebitur. Et ideo exterior cultus non consistet in aliqua figura, sed solum in laude Dei, quae procedit ex interiori cognitione et affectione; secundum illud Isaiae li, gaudium et laetitia invenietur in ea, gratiarum actio et vox laudis. In statu autem praesentis vitae, non possumus divinam veritatem in seipsa intueri, sed oportet quod radius divinae veritatis nobis illucescat sub aliquibus sensibilibus figuris, sicut Dionysius dicit, I cap. Cael. Hier., diversimode tamen, secundum diversum statum cognitionis humanae. In veteri enim lege neque ipsa divina veritas in seipsa manifesta erat, neque etiam adhuc propalata erat via ad hoc perveniendi, sicut apostolus dicit, ad Heb. IX. Et ideo oportebat exteriorem cultum veteris legis non solum esse figurativum futurae veritatis manifestandae in patria; sed etiam esse figurativum Christi, qui est via ducens ad illam patriae veritatem. Sed in statu novae legis, haec via iam est revelata. Unde hanc praefigurari non oportet sicut futuram, sed commemorari oportet per modum praeteriti vel praesentis, sed solum oportet praefigurari futuram veritatem gloriae nondum revelatam. Et hoc est quod apostolus dicit, ad Heb. X, umbram habet lex futurorum bonorum, non ipsam imaginem rerum, umbra enim minus est quam imago; tanquam imago pertineat ad novam legem, umbra vero ad veterem.
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[37967] Iª-IIae q. 101 a. 2 co.
RISPONDO: Abbiamo già detto che sono cerimoniali i precetti ordinati al culto di Dio. Ora, il culto di Dio è di due specie: interno ed esterno. Infatti, essendo l'uomo composto di anima e di corpo, sia l'uno che l'altro componente deve essere applicato al culto di Dio: l'anima per onorarlo con un culto interiore, e il corpo con il culto esterno. Ecco perché nei Salmi si legge: "Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente". E, come il corpo è ordinato a Dio mediante l'anima, così il culto esterno è ordinato a quello interiore. Ora, il culto interiore consiste nell'unione intellettiva e affettiva dell'anima con Dio. Perciò gli atti esterni del culto hanno applicazioni diverse, secondo i diversi gradi di unione intellettiva e affettiva dei fedeli con Dio.
Infatti nello stato della beatitudine futura, l'intelletto umano vedrà la stessa verità divina nella sua essenza. Quindi allora il culto esterno non consisterà in figura alcuna, ma solo nella lode di Dio, che sgorga dalla conoscenza e dall'affetto interiore secondo le espressioni di Isaia: "Il gaudio e la letizia in essa si troveranno, l'inno del ringraziamento e la voce di lode".
Invece nello stato della vita presente non siamo in grado di vedere la verità divina in se stessa, ma è necessario che ci giunga un raggio di essa sotto qualche figura sensibile, come insegna Dionigi: però in maniera diversa, secondo i vari stati della conoscenza umana. Infatti nell'antica legge la verità divina né si era manifestata in se stessa, né era stata ancora aperta la via per arrivarci, come dice l'Apostolo. Perciò era necessario che il culto dell'antica legge non si limitasse a figurare la verità che in futuro doveva essere manifestata nella patria; ma che figurasse anche il Cristo, che è la via che conduce alla verità della patria. Invece nello stato della legge nuova questa via è ormai rivelata. Quindi non è necessario prefigurarla come futura, ma rammentarla come cosa passata o presente; si deve invece prefigurare soltanto la verità futura della gloria, che ancora non è svelata. Ecco perché l'Apostolo ha scritto, che "la legge ha un'ombra dei beni futuri, non l'immagine stessa delle cose": infatti l'ombra è meno dell'immagine; come per dire che l'immagine si riferisce alla legge nuova, l'ombra a quella antica.
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[37968] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod divina non sunt revelanda hominibus nisi secundum eorum capacitatem, alioquin daretur eis praecipitii materia, dum contemnerent quae capere non possent. Et ideo utilius fuit ut sub quodam figurarum velamine divina mysteria rudi populo traderentur, ut sic saltem ea implicite cognoscerent, dum illis figuris deservirent ad honorem Dei.
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[37968] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le cose divine si devono rivelare agli uomini secondo la loro capacità: altrimenti si offre soltanto un motivo d'inciampo, poiché disprezzerebbero ciò che non potrebbero capire. Perciò era più utile che i divini misteri si insegnassero al popolo sotto il velo delle figure, in modo da poterli conoscere implicitamente, prestando onore a Dio mediante codeste figure.
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[37969] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod, sicut poetica non capiuntur a ratione humana propter defectum veritatis qui est in eis, ita etiam ratio humana perfecte capere non potest divina propter excedentem ipsorum veritatem. Et ideo utrobique opus est repraesentatione per sensibiles figuras.
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[37969] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 2
2. Come le espressioni poetiche non sono capite dalla ragione umana per la mancanza di verità che in esse si trova, così la ragione umana non può capire perfettamente le cose divine per l'eccesso di verità di cui queste sono dotate. Ecco perché in entrambi i casi si deve ricorrere alle figure sensibili.
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[37970] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod Augustinus ibi loquitur de cultu interiore; ad quem tamen ordinari oportet exteriorem cultum, ut dictum est.
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[37970] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 3
3. In quel testo S. Agostino parla del culto interiore; ad esso però, come abbiamo spiegato, si deve subordinare il culto esterno.
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[37971] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 4 Et similiter dicendum est ad quartum, quia per Christum homines plenius ad spiritualem Dei cultum sunt introducti.
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[37971] Iª-IIae q. 101 a. 2 ad 4
4. Lo stesso si dica per la quarta difficoltà: poiché col Cristo gli uomini furono iniziati pienamente al culto spirituale di Dio.
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