Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il dono dell'intelletto > Se il dono dell'intelletto sia distinto dagli altri doni
Secunda pars secundae partis
Quaestio 8
Articulus 6
[39121] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod donum intellectus non distinguatur ab aliis donis. Quorum enim opposita sunt eadem, ipsa quoque sunt eadem. Sed sapientiae opponitur stultitia, hebetudini intellectus, praecipitationi consilium, ignorantiae scientia, ut patet per Gregorium, II Moral. Non videntur autem differre stultitia, hebetudo, ignorantia et praecipitatio. Ergo nec intellectus distinguitur ab aliis donis.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 8
Articolo 6
[39121] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 1
SEMBRA che il dono dell'intelletto non sia distinto dagli altri doni. Infatti:
1. Non possono essere distinte quelle qualità, i cui contrari non sono distinti tra loro. Ora, S. Gregorio insegna che il contrario della sapienza è la stoltezza, dell'intelletto è l'ottusità, del consiglio la precipitazione, e della scienza l'ignoranza. Ma stoltezza, ottusità, ignoranza e precipitazione non sembrano distinguersi tra loro. Dunque neppure l'intelletto si distingue dagli altri doni.
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[39122] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 2 Praeterea, intellectus qui ponitur virtus intellectualis differt ab aliis intellectualibus virtutibus per hoc sibi proprium, quod est circa principia per se nota. Sed donum intellectus non est circa aliqua principia per se nota, quia ad ea quae naturaliter per se cognoscuntur sufficit naturalis habitus primorum principiorum; ad ea vero quae sunt supernaturalia sufficit fides, quia articuli fidei sunt sicut prima principia in supernaturali cognitione, sicut dictum est. Ergo donum intellectus non distinguitur ab aliis donis intellectualibus.
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[39122] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 2
2. La virtù intellettuale dell'intelletto si distingue dalle altre virtù intellettuali per un elemento caratteristico, cioè perché ha per oggetto i principi per sé noti. Ma il dono dell'intelletto non ha per oggetto dei principi per sé noti; perché per quelli innati basta l'abito dei primi principi; e per quelli soprannaturali basta la fede, essendo gli articoli di fede, secondo le spiegazioni date, come i primi principi nella conoscenza soprannaturale. Perciò il dono dell'intelletto non si distingue dagli altri doni di ordine intellettivo.
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[39123] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 3 Praeterea, omnis cognitio intellectiva vel est speculativa vel practica. Sed donum intellectus se habet ad utrumque, ut dictum est. Ergo non distinguitur ab aliis donis intellectualibus, sed omnia in se complectitur.
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[39123] IIª-IIae q. 8 a. 6 arg. 3
3. Ogni conoscenza intellettiva è o speculativa o pratica. Ma il dono dell'intelletto, come abbiamo visto, è insieme speculativo e pratico. Dunque non si distingue dagli altri doni di ordine intellettivo, ma li abbraccia tutti.
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[39124] IIª-IIae q. 8 a. 6 s. c. Sed contra est quod quaecumque connumerantur ad invicem oportet esse aliquo modo ab invicem distincta, quia distinctio est principium numeri. Sed donum intellectus connumeratur aliis donis, ut patet Isaiae XI. Ergo donum intellectus est distinctum ab aliis donis.
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[39124] IIª-IIae q. 8 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Tutti i dati di una enumerazione in qualche modo devono essere tra loro distinti: poiché la distinzione è il principio, o la causa del numero. Ora, il dono dell'intelletto viene da Isaia enumerato con gli altri (sei) doni. Dunque il dono dell'intelletto è distinto da essi.
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[39125] IIª-IIae q. 8 a. 6 co. Respondeo dicendum quod distinctio doni intellectus ab aliis tribus donis, scilicet pietate, fortitudine et timore, manifesta est, quia donum intellectus pertinet ad vim cognoscitivam, illa vero tria pertinent ad vim appetitivam. Sed differentia huius doni intellectus ad alia tria, scilicet sapientiam, scientiam et consilium, quae etiam ad vim cognoscitivam pertinent, non est adeo manifesta. Videtur autem quibusdam quod donum intellectus distinguatur a dono scientiae et consilii per hoc quod illa duo pertineant ad practicam cognitionem, donum vero intellectus ad speculativam. A dono vero sapientiae, quod etiam ad speculativam cognitionem pertinet, distinguitur in hoc quod ad sapientiam pertinet iudicium, ad intellectum vero capacitas intellectus eorum quae proponuntur, sive penetratio ad intima eorum. Et secundum hoc supra numerum donorum assignavimus. Sed diligenter intuenti, donum intellectus non solum se habet circa speculanda, sed etiam circa operanda, ut dictum est, et similiter etiam donum scientiae circa utrumque se habet, ut infra dicetur. Et ideo oportet aliter eorum distinctionem accipere. Omnia enim haec quatuor dicta ordinantur ad supernaturalem cognitionem, quae in nobis per fidem fundatur. Fides autem est ex auditu, ut dicitur Rom. X. Unde oportet aliqua proponi homini ad credendum non sicut visa, sed sicut audita, quibus per fidem assentiat. Fides autem primo quidem et principaliter se habet ad veritatem primam; secundario, ad quaedam circa creaturas consideranda; et ulterius se extendit etiam ad directionem humanorum operum, secundum quod per dilectionem operatur, ut ex dictis patet. Sic igitur circa ea quae fidei proponuntur credenda duo requiruntur ex parte nostra. Primo quidem, ut intellectu penetrentur vel capiantur, et hoc pertinet ad donum intellectus. Secundo autem oportet ut de eis homo habeat iudicium rectum, ut aestimet his esse inhaerendum et ab eorum oppositis recedendum. Hoc igitur iudicium, quantum ad res divinas, pertinet ad donum sapientiae; quantum vero ad res creatas, pertinet ad donum scientiae; quantum vero ad applicationem ad singularia opera, pertinet ad donum consilii.
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[39125] IIª-IIae q. 8 a. 6 co.
RISPONDO: La distinzione del dono dell'intelletto dai tre doni della pietà, della fortezza e del timore è evidente: perché, mentre il dono dell'intelletto appartiene alla facoltà conoscitiva, quegli altri tre appartengono alla potenza appetitiva. Non è invece così evidente la differenza di questo dono dagli altri tre, di ordine conoscitivo, e cioè dalla sapienza, dalla scienza e dal consiglio. Alcuni pensano che il dono dell'intelletto si distingua dal dono della scienza e del consiglio, perché mentre questi riguardano la conoscenza pratica, l'intelletto si interessa di quella speculativa. E si distinguerebbe dal dono della sapienza, che pure riguarda la conoscenza speculativa, perché mentre la sapienza ha la funzione di giudicare, l'intelletto ha quella di cogliere con l'intuizione le cose proposte, o di penetrarne l'intimo significato. E anche noi sopra abbiamo determinato il numero dei doni in base a questa spiegazione. - Però se si considera con più diligenza, si nota che il dono dell'intelletto non abbraccia soltanto il campo speculativo, ma anche quello pratico, come abbiamo già dimostrato; e lo stesso dovremo dire a proposito del dono della scienza. Perciò dobbiamo impostare diversamente la distinzione dei doni di ordine conoscitivo.
Infatti tutti questi quattro doni sono ordinati alla conoscenza soprannaturale, che per noi si fonda sulla fede. Ora, a detta di S. Paolo, la fede viene "dall'ascoltare". Perciò si devono proporre a credere non cose da vedere, ma da ascoltare, alle quali dobbiamo aderire con la fede. Ora, la fede ha come oggetto primario e principale la prima verità, e come oggetto secondario alcune considerazioni intorno alle creature; e finalmente si estende fino a guidare gli atti umani, poiché "la fede opera mediante la carità", come risulta dalle spiegazioni date. Perciò da parte nostra si richiedono due cose a riguardo delle verità proposte alla nostra fede. Primo, che vengano penetrate, o capite dall'intelletto: e ciò appartiene appunto al dono dell'intelletto. Secondo, che uno si formi su di esse un retto giudizio, così da stimare che bisogna aderirvi e allontanarsi da quanto loro si oppone. Ebbene, un simile giudizio, rispetto alle cose divine, appartiene al dono della sapienza; rispetto alle cose create, appartiene al dono della scienza; e rispetto all'applicazione ai singoli atti, appartiene al dono del consiglio.
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[39126] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod praedicta differentia quatuor donorum manifeste competit distinctioni eorum quae Gregorius ponit eis esse opposita. Hebetudo enim acuitati opponitur. Dicitur autem per similitudinem intellectus acutus quando potest penetrare ad intima eorum quae proponuntur. Unde hebetudo mentis est per quam mens ad intima penetrare non sufficit. Stultus autem dicitur ex hoc quod perverse iudicat circa communem finem vitae. Et ideo proprie opponitur sapientiae, quae facit rectum iudicium circa universalem causam. Ignorantia vero importat defectum mentis etiam circa quaecumque particularia. Et ideo opponitur scientiae, per quam homo habet rectum iudicium circa particulares causas, scilicet circa creaturas. Praecipitatio vero manifeste opponitur consilio, per quod homo ad actionem non procedit ante deliberationem rationis.
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[39126] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La distinzione sopra indicata di quei quattro doni, si applica in maniera evidente alle quattro qualità contrarie ricordate da S. Gregorio. Infatti l'ottusità si contrappone all'acutezza. E l'intelletto si dice appunto metaforicamente acuto, quando è capace di penetrare intimamente le cose proposte. Perciò l'ottusità mentale è l'incapacità della mente a penetrare le cose. - Si dice stolto invece chi ha un falso giudizio sul fine generale della vita. Perciò la stoltezza si contrappone propriamente alla sapienza, che dà il retto giudizio sulle cose universali. - L'ignoranza poi implica un difetto mentale su qualsiasi cosa particolare. E quindi si contrappone alla scienza, che serve all'uomo per formulare un retto giudizio sulle cose particolari, cioè sulle creature. - Invece la precipitazione si contrappone evidentemente al consiglio, che impedisce all'uomo di procedere all'atto prima della deliberazione della ragione.
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[39127] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod donum intellectus est circa prima principia cognitionis gratuitae, aliter tamen quam fides. Nam ad fidem pertinet eis assentire, ad donum vero intellectus pertinet penetrare mente ea quae dicuntur.
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[39127] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 2
2. Il dono dell'intelletto ha per oggetto, come la fede, i primi principi della conoscenza soprannaturale, però in maniera diversa. La fede infatti ha il compito di aderirvi; mentre il dono dell'intelletto ha quello di penetrare mentalmente le cose rivelate.
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[39128] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod donum intellectus pertinet ad utramque cognitionem, scilicet speculativam et practicam, non quantum ad iudicium, sed quantum ad apprehensionem, ut capiantur ea quae dicuntur.
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[39128] IIª-IIae q. 8 a. 6 ad 3
3. Il dono dell'intelletto abbraccia tanto la conoscenza speculativa che quella pratica, però non scende al giudizio, ma si ferma all'apprensione, cioè si limita ad afferrare il significato delle cose rivelate.
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