Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > La prudenza considerata in se stessa > Se la prudenza risieda nelle facoltà conoscitive, o in quelle appetitive
Secunda pars secundae partis
Quaestio 47
Articulus 1
[40921] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod prudentia non sit in vi cognoscitiva, sed in appetitiva. Dicit enim Augustinus, in libro de moribus Eccle., prudentia est amor ea quibus adiuvatur ab eis quibus impeditur sagaciter eligens. Sed amor non est in cognoscitiva, sed in appetitiva. Ergo prudentia est in vi appetitiva.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 47
Articolo 1
[40921] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la prudenza non risieda nelle facoltà conoscitive, ma in quelle appetitive. Infatti:
1. S. Agostino ha scritto: "La prudenza è un amore che sceglie con sagacia le cose giovevoli in mezzo a quelle che potrebbero nuocere". Ma l'amore non risiede nelle facoltà conoscitive, bensì in quelle appetitive. Lo stesso, dunque, vale per la prudenza.
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[40922] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 2 Praeterea, sicut ex praedicta definitione apparet, ad prudentiam pertinet eligere sagaciter. Sed electio est actus appetitivae virtutis, ut supra habitum est. Ergo prudentia non est in vi cognoscitiva, sed in appetitiva.
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[40922] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 2
2. Come appare dalla definizione suddetta, la prudenza ha il compito di "scegliere con sagacia". Ora, noi abbiamo già dimostrato che l'elezione è un atto della potenza appetitiva. Perciò la prudenza non risiede in una facoltà conoscitiva, ma in una facoltà appetitiva.
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[40923] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 3 Praeterea, philosophus dicit, in VI Ethic., quod in arte quidem volens peccans eligibilior est, circa prudentiam autem, minus, quemadmodum et circa virtutes. Sed virtutes morales, de quibus ibi loquitur, sunt in parte appetitiva, ars autem in ratione. Ergo prudentia magis est in parte appetitiva quam in ratione.
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[40923] IIª-IIae q. 47 a. 1 arg. 3
3. Il Filosofo nota, che "nell'arte è preferibile chi pecca volontariamente: mentre nella prudenza come nelle altre virtù è meno preferibile". Ora, le virtù morali di cui egli parla sono nella parte appetitiva, l'arte invece è nella ragione. Quindi la prudenza è più nella parte appetitiva che nella ragione.
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[40924] IIª-IIae q. 47 a. 1 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro octoginta trium quaest., prudentia est cognitio rerum appetendarum et fugiendarum.
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[40924] IIª-IIae q. 47 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: "La prudenza è la conoscenza delle cose da perseguire e da evitare".
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[40925] IIª-IIae q. 47 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, sicut Isidorus dicit, in libro Etymol., prudens dicitur quasi porro videns, perspicax enim est, et incertorum videt casus. Visio autem non est virtutis appetitivae, sed cognoscitivae. Unde manifestum est quod prudentia directe pertinet ad vim cognoscitivam. Non autem ad vim sensitivam, quia per eam cognoscuntur solum ea quae praesto sunt et sensibus offeruntur. Cognoscere autem futura ex praesentibus vel praeteritis, quod pertinet ad prudentiam, proprie rationis est, quia hoc per quandam collationem agitur. Unde relinquitur quod prudentia proprie sit in ratione.
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[40925] IIª-IIae q. 47 a. 1 co.
RISPONDO: Come dice S. Isidoro, "prudente suona quasi porro videns (lungimirante): egli infatti è perspicace, e prevede gli eventi nelle cose incerte". Ora, il vedere non è un atto delle facoltà appetitive, ma conoscitive. È perciò evidente che la prudenza appartiene direttamente a una facoltà conoscitiva. Non però a una potenza sensitiva: perché con tali potenze si conoscono soltanto le cose vicine e che si presentano ai sensi. Invece conoscere le cose future dal presente o dal passato, come fa la prudenza, è proprio della ragione: perché questo richiede dei confronti. Perciò rimane stabilito che la prudenza propriamente è nella ragione.
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[40926] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut supra dictum est, voluntas movet omnes potentias ad suos actus. Primus autem actus appetitivae virtutis est amor, ut supra dictum est. Sic igitur prudentia dicitur esse amor non quidem essentialiter, sed inquantum amor movet ad actum prudentiae. Unde et postea subdit Augustinus quod prudentia est amor bene discernens ea quibus adiuvetur ad tendendum in Deum ab his quibus impediri potest. Dicitur autem amor discernere, inquantum movet rationem ad discernendum.
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[40926] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come sopra abbiamo detto, la volontà muove tutte le potenze ai loro atti. D'altra parte abbiamo visto che il primo atto della potenza appetitiva è l'amore. Ecco perché si dice che la prudenza è "amore"; non già essenzialmente, ma perché l'amore muove all'atto della prudenza. Perciò S. Agostino aggiunge nel passo citato, che "la prudenza è un amore che sa ben distinguere le cose che giovano per tendere a Dio da quelle che potrebbero impedirlo". Ma si dice che l'amore distingue, in quanto muove la ragione a distinguere.
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[40927] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod prudens considerat ea quae sunt procul inquantum ordinantur ad adiuvandum vel impediendum ea quae sunt praesentialiter agenda. Unde patet quod ea quae considerat prudentia ordinantur ad alia sicut ad finem. Eorum autem quae sunt ad finem est consilium in ratione et electio in appetitu. Quorum duorum consilium magis proprie pertinet ad prudentiam, dicit enim philosophus, in VI Ethic., quod prudens est bene consiliativus. Sed quia electio praesupponit consilium, est enim appetitus praeconsiliati, ut dicitur in III Ethic.; ideo etiam eligere potest attribui prudentiae consequenter, inquantum scilicet electionem per consilium dirigit.
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[40927] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 2
2. La persona prudente considera le cose lontane in quanto valgono a favorire, o ad impedire gli atti che devono essere compiuti in seguito. Perciò è evidente che le cose considerate dalla prudenza sono ordinate ad altre come mezzi al fine. Ora, i mezzi sono nella ragione oggetto della deliberazione, o consiglio, e nell'appetito sono oggetto dell'elezione. Ma di queste due cose appartiene più propriamente alla prudenza la deliberazione; poiché, come dice il Filosofo, il prudente "è colui che sa ben deliberare". Siccome però l'elezione, o scelta, presuppone la deliberazione, essendo essa, a detta di Aristotele, "un appetito previamente deliberato", anche l'elezione si può di riflesso attribuire alla prudenza, in quanto questa guida la scelta mediante la deliberazione.
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[40928] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod laus prudentiae non consistit in sola consideratione, sed in applicatione ad opus, quod est finis practicae rationis. Et ideo si in hoc defectus accidat, maxime est contrarium prudentiae, quia sicut finis est potissimus in unoquoque, ita et defectus qui est circa finem est pessimus. Unde ibidem philosophus subdit quod prudentia non est solum cum ratione, sicut ars, habet enim, ut dictum est, applicationem ad opus, quod fit per voluntatem.
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[40928] IIª-IIae q. 47 a. 1 ad 3
3. Il pregio della prudenza non consiste nella sola considerazione, ma nell'applicazione all'atto, che è il fine della ragione pratica. Perciò se in questo capita una mancanza, contrasta sommamente con la prudenza: perché come il fine è in ogni genere di cose l'elemento più importante, così una mancanza relativa al fine è sempre la più grave. Ecco perché il Filosofo aggiunge nel passo citato che la prudenza "non è accompagnata soltanto dalla ragione", come l'arte: essa infatti si applica all'azione, il che richiede la volontà.
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