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Se in religione debbano entrare solo quelli che sono esercitati nell'osservanza dei comandamenti
Secunda pars secundae partis
Quaestio 189
Articulus 1
[46646] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod non debeant religionem ingredi nisi qui sunt in praeceptis exercitati. Dominus enim consilium perfectionis dedit adolescenti qui dixerat se praecepta a iuventute servasse. Sed a Christo sumpsit initium omnis religio. Ergo videtur quod non sunt ad religionem admittendi nisi qui sunt in praeceptis exercitati.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 189
Articolo 1
[46646] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 1
SEMBRA che in religione debbano entrare solo quelli che sono esercitati nell'osservanza dei comandamenti. Infatti:
1. Il Signore diede il consiglio della perfezione al giovane che aveva affermato di aver osservato i comandamenti "fin dalla sua giovinezza". Ora, tutte le forme di vita religiosa hanno avuto principio da Cristo. Dunque non si devono accettare in religione se non quelli che si sono già esercitati nell'osservare i comandamenti.
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[46647] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 2 Praeterea, Gregorius dicit, super Ezech., nemo repente fit summus, sed in bona conversatione a minimis quis inchoat, ut ad magna perveniat. Sed magna sunt consilia, quae pertinent ad perfectionem vitae, minora autem sunt praecepta, quae pertinent ad communem iustitiam. Ergo videtur quod non debent aliqui, ad observantiam consiliorum, religionem intrare, nisi prius fuerint in praeceptis exercitati.
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[46647] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 2
2. Scrive S. Gregorio: "Nessuno di colpo arriva al sommo: ma tutti nella virtù cominciano dalle piccole cose, per arrivare alle grandi". Ora, le cose grandi sono i consigli, che costituiscono la perfezione; mentre le cose piccole sono i comandamenti, che costituiscono l'onestà ordinaria. Perciò non si devono ammettere in religione per osservare i consigli se non quelli che si sono già esercitati nei comandamenti.
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[46648] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 3 Praeterea, sicut sacri ordines habent quandam excellentiam in Ecclesia, ita et status religionis. Sed sicut Gregorius scribit Siagrio episcopo, et habetur in decretis, dist. XLVIII, ordinate ad ordines accedendum est, nam casum appetit qui ad summi loci fastigia, postpositis gradibus, per abrupta quaerit ascensum. Scimus enim quod aedificati parietes non prius tignorum pondus accipiunt, nisi a novitatis suae humore siccentur, ne, si ante pondera quam solidentur accipiant, cunctam simul fabricam deponant. Ergo videtur quod non debent aliqui ad religionem transire nisi in praeceptis exercitati.
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[46648] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 3
3. Lo stato religioso ha nella Chiesa una certa superiorità come gli ordini sacri. Ma a detta di S. Gregorio: "Si deve ascendere agli ordini per gradi; poiché cerca di cadere chi, trascurando i gradi intermedi, vuole raggiungere la cima scavalcando i dirupi. Sappiamo infatti che non si può impostare il peso del soffitto sui muri freschi di un fabbricato, se prima non sono disseccati e induriti; perché non accada che crolli insieme a tutto l'edificio". Dunque non si deve entrare in religione, se prima non si è esercitati nell'osservanza dei precetti.
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[46649] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 4 Praeterea, super illud Psalmi, sicut ablactatus super matre sua, dicit Glossa, in utero matris Ecclesiae primo concipimur, dum fidei rudimentis instruimur; deinde in lucem edimur, dum per Baptismum regeneramur; deinde quasi manibus Ecclesiae portamur et lacte nutrimur, cum post Baptismum bonis operibus informamur et lacte spiritualis doctrinae nutrimur, proficiendo donec, iam grandiusculi, a lacte matris accedamus ad mensam patris; idest, a simplici doctrina, ubi praedicatur verbum caro factum, accedamus ad verbum patris in principio apud Deum. Et postea subdit quod nuper baptizati in sabbato sancto, quasi manibus Ecclesiae gestantur et lacte nutriuntur usque ad Pentecosten, quo tempore nulla difficilia indicuntur, non ieiunatur, non media nocte surgitur, postea, spiritu Paraclito confirmati, quasi ablactati, incipiunt ieiunare et alia difficilia servare. Multi vero hunc ordinem pervertunt, ut haeretici et schismatici, se ante tempus a lacte separantes, unde exstinguuntur. Sed hunc ordinem pervertere videntur illi qui religionem intrant, vel alios ad intrandum inducunt, antequam sint in faciliori observantia praeceptorum exercitati. Ergo videtur quod sint haeretici vel schismatici.
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[46649] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 4
4. A proposito di quel testo dei Salmi, "Come un bimbo divezzato sta sulle braccia di sua madre", la Glossa afferma: "In primo luogo siamo concepiti nel seno della madre Chiesa, quando siamo istruiti nei rudimenti della fede; quindi siamo partoriti quando siamo rigenerati col battesimo; siamo poi come portati sulle braccia della Chiesa e da essa allattati, quando dopo il battesimo siamo esercitati nelle opere buone, e nutriti con il latte della dottrina spirituale, sviluppandoci fino a che grandicelli passiamo dal latte materno alla mensa paterna; cioè dalla dottrina elementare in cui si afferma che il Verbo si è fatto carne, al Verbo del Padre che in principio era presso Dio". E poco dopo continua: "I battezzati di fresco nel Sabato Santo sono come portati in braccio e allattati dalla Chiesa fino a Pentecoste, nel quale tempo non viene prescritto niente di difficile: non si digiuna, non ci si alza di notte. Dopo invece, confermati dallo Spirito Paraclito, come bambini slattati, cominciano a digiunare e a osservare altre cose difficili. Molti però pervertono quest'ordine, come gli eretici e gli scismatici, staccandosi dal latte prima del tempo: così da morirne". Ora, quelli che entrano in religione o inducono altri ad entrarvi prima dell'osservanza dei comandamenti, pervertono anch'essi quest'ordine. Dunque costoro sono eretici o scismatici.
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[46650] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 5 Praeterea, a prioribus ad posteriora est transeundum. Sed praecepta sunt priora consiliis, quia sunt communiora, utpote a quibus non convertitur consequentia essendi, quicumque enim servat consilia, servat praecepta, sed non convertitur. Congruus autem ordo est ut a prioribus ad posteriora transeatur. Ergo non debet aliquis transire ad observantiam consiliorum in religione, nisi prius sit exercitatus in praeceptis.
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[46650] IIª-IIae, q. 189 a. 1 arg. 5
5. Si deve passare alle cose che vengono dopo da quelle che vengon prima. Ora, i comandamenti vengono prima dei consigli, perché sono più generali, e "l'inversione tra l'universale e il particolare non è ammissibile": infatti chiunque osserva i consigli osserva anche i precetti, ma non viceversa. Ma l'ordine giusto è di passare da ciò che è prima a ciò che è dopo. Dunque uno non deve passare a osservare i consigli nella vita religiosa, senza aver prima praticato i comandamenti.
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[46651] IIª-IIae, q. 189 a. 1 s. c. Sed contra est quod dominus Matthaeum publicanum, qui in observantia praeceptorum exercitatus non erat, advocavit ad consiliorum observantiam, dicitur enim Luc. V, quod, relictis omnibus, secutus est eum. Ergo non est necessarium quod ante aliquis exerceatur in observantia praeceptorum quam transeat ad perfectionem consiliorum.
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[46651] IIª-IIae, q. 189 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Il Signore chiamò all'osservanza dei consigli il pubblicano Matteo, il quale non aveva praticato i comandamenti; si legge infatti nel Vangelo che "egli abbandonata ogni cosa lo seguì". Perciò non è necessario che uno si eserciti nella pratica dei comandamenti prima di passare alla perfezione dei consigli.
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[46652] IIª-IIae, q. 189 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, sicut ex supra dictis patet, status religionis est quoddam spirituale exercitium ad consequendum perfectionem caritatis, quod quidem fit inquantum per religionis observantias auferuntur impedimenta perfectae caritatis. Haec autem sunt quae implicant affectum hominis ad terrena. Per hoc autem quod affectus hominis implicatur ad terrena, non solum impeditur perfectio caritatis, sed interdum etiam ipsa caritas perditur, dum per inordinatam conversionem ad bona temporalia homo avertitur ab incommutabili bono mortaliter peccando. Unde patet quod religionis observantiae, sicut tollunt impedimenta perfectae caritatis, ita etiam tollunt occasiones peccandi, sicut patet quod per ieiunium et vigilias et obedientiam et alia huiusmodi, retrahitur homo a peccatis gulae et luxuriae, et a quibuscumque aliis peccatis. Et ideo ingredi religionem non solum expedit his qui sunt exercitati in praeceptis, ut ad maiorem perfectionem perveniant, sed etiam his qui non sunt exercitati, ut facilius peccata vitent et perfectionem assequantur.
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[46652] IIª-IIae, q. 189 a. 1 co.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, lo stato religioso è un tirocinio spirituale per raggiungere la perfezione della carità: e questa si ottiene eliminando con le osservanze della vita religiosa gli ostacoli della perfetta carità. Questi infatti legano gli affetti dell'uomo alle cose terrene. Ora, questo legame alle cose della terra non solo impedisce la perfezione della carità, ma fa perdere talora la carità stessa, quando l'uomo volgendosi disordinatamente alle cose del mondo, si allontana dal bene incommutabile col peccato mortale. È evidente però che le osservanze della vita religiosa, come tolgono gli ostacoli alla carità perfetta, così eliminano le occasioni di peccato: il digiuno, p. es., le veglie, l'obbedienza, e altre simili cose allontanano l'uomo dai peccati di gola, di lussuria e da qualsiasi altro peccato. Perciò entrare in religione è vantaggioso non solo a chi ha praticato i comandamenti per raggiungere una maggiore perfezione; ma anche a chi non li ha praticati, per evitare più facilmente i peccati e raggiungere la perfezione.
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[46653] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Hieronymus dicit, super Matth., mentitus est adolescens dicens, haec omnia servavi a iuventute mea. Si enim quod positum est in mandatis, diliges proximum tuum sicut teipsum, opere complesset, quomodo postea, audiens, vade et vende omnia quae habes et da pauperibus, tristis recessit? Sed intelligendum est eum mentitum esse quantum ad perfectam observantiam huius praecepti. Unde Origenes, super Matth., dicit quod scriptum est in Evangelio secundum Hebraeos, quod cum dominus dixisset ei, vade et vende omnia quae habes, coepit dives scalpere caput suum. Et dixit ad eum dominus, quomodo dicis, feci legem et prophetas? Est in lege, diliges proximum tuum sicut teipsum, et ecce, multi fratres tui, filii Abrahae, amicti sunt stercore, morientes prae fame; et domus tua plena est multis bonis, et non egreditur aliquid omnino ex ea ad eos. Itaque dominus, redarguens eum, dicit, si vis perfectus esse, et cetera. Impossibile est enim implere mandatum quod dicit, diliges proximum tuum sicut teipsum, et esse divitem, et maxime, tantas possessiones habere. Quod est intelligendum de perfecta impletione huius praecepti. Imperfecte autem et communi modo verum est eum observasse praecepta. Perfectio enim principaliter in observantia praeceptorum caritatis consistit, ut supra habitum est. Ut ergo dominus ostenderet perfectionem consiliorum utilem esse et innocentibus et peccatoribus, non solum vocavit adolescentem innocentem, sed etiam Matthaeum peccatorem. Et tamen Matthaeus secutus est vocantem, non autem adolescens, quia facilius convertuntur ad religionem peccatores quam illi qui de sua innocentia praesumunt, quibus dicit dominus, Matth. XXI, publicani et meretrices praecedunt vos in regnum Dei.
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[46653] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Girolamo commenta: "Il giovane nel dire: "Ho osservato tutte queste cose fin dalla mia giovinezza" non disse la verità. Infatti se avesse compiuto ciò che è imposto dal comandamento, "Amerai il prossimo tuo come te stesso", perché allora udendo quelle parole: "Va', vendi quanto hai e dallo ai poveri", se ne andò rattristato?".
Si deve però intendere che egli non disse la verità rispetto all'osservanza perfetta di questo comandamento. Infatti Origene riferisce, che "nel Vangelo degli Ebrei, dopo che il Signore gli ebbe detto, "Va' vendi quanto possiedi", il giovane ricco cominciò a grattarsi la testa. E il Signore gli domandò: "Come puoi dire: Ho adempiuto la legge e i profeti? Nella legge sta scritto: "Ama il prossimo tuo come te stesso"; ed ecco che molti dei tuoi fratelli, figli di Abramo sono coperti di sterco e muoiono di fame; mentre la tua casa è piena di molte ricchezze, e niente da essa esce per loro". E quindi il Signore rimproverandolo gli disse: "Se vuoi essere perfetto, ecc.". È impossibile infatti adempiere il comandamento, "Ama il prossimo tuo come te stesso", e insieme essere ricco; e specialmente avere tanti possedimenti". - Ciò va inteso del perfetto adempimento di questo precetto. Perché in modo imperfetto e ordinario era vero che egli aveva osservato i comandamenti. E la perfezione consiste principalmente, come abbiamo visto sopra, nell'osservanza dei precetti della carità.
Perciò il Signore, per dimostrare che la perfezione dei consigli è utile agl'innocenti e ai peccatori, non chiamò soltanto il giovane innocente, ma anche Matteo peccatore. Matteo però corrispose alla chiamata, non così il giovane: poiché alla vita religiosa si convertono più facilmente i peccatori che quanti presumono della loro innocenza, ai quali il Signore ha detto: "I pubblicani e le meretrici andranno innanzi a voi nel regno dei cieli".
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[46654] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod summum et infimum tripliciter accipi potest. Uno modo, in eodem statu et in eodem homine. Et sic manifestum est quod nemo repente fit summus, quia unusquisque recte vivens toto tempore vitae suae proficit, ut ad summum perveniat. Alio modo, per comparationem ad diversos status. Et sic non oportet ut quicumque vult ad superiorem statum pervenire, a minori incipiat, sicut non oportet ut qui vult esse clericus, prius in laicali vita exerceatur. Tertio modo, quantum ad diversas personas. Et sic manifestum est quod unus statim incipit, non solum ab altiori statu, sed etiam ab altiori gradu sanctitatis quam sit summum ad quod alius pervenit per totam vitam suam. Unde Gregorius dicit, in II Dialog., omnes cognoscant, Benedictus puer conversationis gratiam a quanta perfectione coepisset.
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[46654] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 2
2. Di infimo e di sommo si può parlare in tre sensi diversi. Primo, in rapporto alla stessa persona. E allora è evidente che "nessuno di colpo arriva al sommo"; perché ogni persona virtuosa progredisce per tutto il tempo della vita, per giungere al sommo. - Secondo, in rapporto ai vari stati. E in tal senso non è necessario che chi vuol giungere a uno stato superiore incominci da quello più basso: chi vuol esser chierico, p. es., non è necessario che prima si eserciti nella vita laicale. - Terzo, in rapporto a persone diverse. E allora è evidente che uno può iniziare non solo da uno stato superiore, ma anche da un grado di santità più alto del grado sommo cui un altro è giunto con tutta la sua vita. Scrive infatti S. Gregorio: "Tutti sanno da quale grado di perfezione S. Benedetto iniziò da fanciullo la sua vita di santità".
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[46655] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod, sicut supra dictum est, sacri ordines praeexigunt sanctitatem, sed status religionis est exercitium quoddam ad sanctitatem assequendam. Unde pondus ordinum imponendum est parietibus iam per sanctitatem desiccatis, sed pondus religionis desiccat parietes, idest homines, ab humore vitiorum.
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[46655] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 3
3. Come sopra abbiamo detto, gli ordini sacri presuppongono la santità; mentre lo stato religioso è un tirocinio per raggiungerla. Perciò il peso degli ordini va imposto su mura già disseccate e assodate dalla santità: il peso invece della vita religiosa mira a disseccare le mura, cioè gli uomini, dall'amore dei vizi.
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[46656] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 4 Ad quartum dicendum quod, sicut manifeste ex verbis illius Glossae apparet, principaliter loquitur de ordine doctrinae, prout transeundum est a facilioribus ad difficiliora. Unde quod dicit haereticos et schismaticos hunc ordinem pervertere, manifestum est ex sequentibus ad ordinem doctrinae pertinere. Sequitur enim, hic vero se servasse, scilicet praedictum ordinem, dicit, constringens se maledicto, sic, quasi, non modo in aliis fui humilis, sed etiam in scientia. Quia humiliter sentiebam, prius nutritus lacte, quod est verbum caro factum, ut sic crescerem ad panem Angelorum, idest ad verbum quod est in principio apud Deum. Exemplum autem quod in medio interponitur, quod noviter baptizatis non indicitur ieiunium usque ad Pentecosten, ostendit quod non sunt ex necessitate ad difficilia cogendi antequam per spiritum sanctum interius ad hoc instigentur ut difficilia propria voluntate assumant. Unde et post Pentecosten, post receptionem spiritus sancti, ieiunium celebrat Ecclesia. Spiritus autem sanctus, sicut Ambrosius dicit, super Luc., non arcetur aetatibus, non finitur morte, non excluditur alvo. Et Gregorius dicit, in homilia Pentecostes, implet citharaedum puerum, et Psalmistam facit, implet puerum abstinentem, et iudicem senum facit. Et postea subdit, nulla ad discendum mora agitur, omne quod voluerit, mox ut tetigerit mentem, docet. Et sicut dicitur Eccle. VIII, non est in hominis ditione prohibere spiritum. Et apostolus, I ad Thess. V, monet, spiritum nolite extinguere. Et Act. VII, contra quosdam dicitur, vos semper spiritui sancto restitistis.
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[46656] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 4
4. Evidentemente la Glossa parla qui dell'ordine da seguire nell'insegnamento, che deve procedere dal più facile al più difficile. Perciò quando dice che gli eretici e gli scismatici pervertono quest'ordine, è chiaro dal contesto che si riferisce all'insegnamento. Essa infatti continua: "Il Salmista afferma di averlo osservato", l'ordine suddetto, "legandosi con uno scongiuro; e dicendo: Non solo io sono stato umile nelle altre cose, ma anche nel sapere. Poiché umilmente prima mi nutrii di latte, cioè del Verbo fatto carne, per poi crescere e cibarmi del pane degli angeli, cioè del Verbo che era in principio presso Dio".
L'esempio poi dei neo-battezzati, ai quali non viene imposto il digiuno fino a Pentecoste, dimostra che i neofiti non vanno obbligati fino a che non siano mossi interiormente dallo Spirito Santo ad accollarsi le cose difficili di spontanea volontà. Ecco perché la Chiesa indice il digiuno dopo Pentecoste, cioè dopo la discesa dello Spirito Santo. Ora, lo Spirito Santo, come dice S. Ambrogio, "non è impedito né dall'età, né dalla morte, né dal seno materno". E S. Gregorio afferma: "Discende su un fanciullo che suona la cetra e ne fa un salmista; scende su un bambino austero e ne fa un giudice degli anziani". E aggiunge: "Per insegnare egli non ha bisogno di tempo: come tocca un'anima le insegna tutto ciò che vuole". Nell'Ecclesiaste quindi si legge, che "non è in potere dell'uomo trattenere lo Spirito". E l'Apostolo ammonisce: "Non spegnete lo Spirito". Negli Atti poi si legge questo rimprovero contro certuni: "Voi resistete sempre allo Spirito Santo".
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[46657] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 5 Ad quintum dicendum quod praeceptorum quaedam sunt principalia, quae sunt fines et praeceptorum et consiliorum, scilicet praecepta caritatis. Ad quae consilia ordinantur, non ita quod sine consiliis servari non possint, sed ut per consilia perfectius observentur. Alia vero sunt praecepta secundaria, quae ordinantur ad praecepta caritatis ut sine quibus caritatis praecepta observari non possunt omnino. Sic igitur perfecta observantia praeceptorum caritatis praecedit intentione consilia, sed interdum tempore sequitur. Hic est enim ordo finis respectu eorum quae sunt ad finem. Observantia vero praeceptorum caritatis secundum communem modum, et similiter alia praecepta, comparantur ad consilia sicut commune ad proprium, quia observantia praeceptorum potest esse sine consiliis, sed non convertitur. Sic ergo observantia praeceptorum communiter sumpta, praecedit naturae ordine consilia, non tamen oportet quod tempore, quia non est aliquid prius in genere quam sit in aliqua specierum. Observantia vero praeceptorum sine consiliis ordinatur ad observantiam praeceptorum cum consiliis sicut species imperfecta ad perfectam, sicut animal irrationale ad rationale. Perfectum autem est naturaliter prius imperfecto, natura enim, ut Boetius dicit, a perfectis sumit initium. Nec tamen oportet quod prius observentur praecepta sine consiliis et postea cum consiliis, sicut non oportet quod aliquis prius sit asinus quam sit homo, vel quod prius sit coniugatus quam sit virgo. Et similiter non oportet quod aliquis prius servet praecepta in saeculo quam transeat ad religionem, praesertim quia conversatio saecularis non disponit ad perfectionem religionis, sed magis impedit.
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[46657] IIª-IIae, q. 189 a. 1 ad 5
5. Tra i precetti alcuni sono principali, e questi sono il fine dei precetti e dei consigli: tali sono appunto i precetti della carità. E ad essi sono ordinati i consigli, non perché non si possono osservare senza di questi, ma perché i consigli mirano alla perfetta osservanza di essi. Gli altri precetti, o comandamenti secondari, sono ordinati ai precetti della carità, in quanto senza di essi è assolutamente impossibile osservarli.
Quindi la perfetta osservanza dei precetti della carità intenzionalmente precede i consigli, cronologicamente però spesso li segue. Questo infatti è l'ordine del fine rispetto ai mezzi. - Invece l'osservanza ordinaria dei precetti della carità e degli altri comandamenti sta ai consigli come un dato più universale sta al dato più particolare: poiché l'osservanza dei comandamenti può stare senza i consigli, ma non viceversa. Perciò l'osservanza ordinaria dei comandamenti precede i consigli in ordine di natura; ma non in ordine di tempo, poiché una cosa non può sussistere in un dato genere prima di essere di una delle sue specie. - Però l'osservanza dei precetti senza i consigli è ordinata all'osservanza dei precetti con i consigli, come una specie meno perfetta è ordinata a quella più perfetta: come l'animale irragionevole, p. es., è ordinato a quello ragionevole. Ora, ciò che è perfetto per natura è superiore a ciò che è imperfetto: "la natura" infatti, a detta di Boezio, "prende inizio dalle cose perfette". Pertanto non è necessario che prima si osservino i precetti senza i consigli, e quindi con i consigli: come non è necessario che uno prima di essere un uomo sia un asino, e che prima di esser vergine uno sia coniugato. Parimente non è necessario che uno prima di entrare in religione osservi i comandamenti nella vita del secolo: specialmente perché la vita del secolo non predispone alla perfezione dello stato religioso, ma le è di ostacolo.
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