II-II, 178

Seconda parte > Le azioni umane > Il dono dei miracoli


Secunda pars secundae partis
Quaestio 178
Prooemium

[46061] IIª-IIae, q. 178 pr.
Deinde considerandum est de gratia miraculorum. Et circa hoc quaeruntur duo.
Primo, utrum sit aliqua gratia gratis data faciendi miracula.
Secundo, quibus conveniat.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 178
Proemio

[46061] IIª-IIae, q. 178 pr.
Rimane ora da esaminare il dono dei miracoli.
Sull'argomento si pongono due quesiti:

1. Se ci sia un carisma per il compimento dei miracoli;
2. A chi esso si addica.




Seconda parte > Le azioni umane > Il dono dei miracoli > Se ci sia una grazia carismatica ordinata al compimento dei miracoli


Secunda pars secundae partis
Quaestio 178
Articulus 1

[46062] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod nulla gratia gratis data ordinetur ad miracula facienda. Omnis enim gratia ponit aliquid in eo cui datur. Sed operatio miraculorum non ponit aliquid in anima hominis cui datur, quia etiam ad tactum corporis mortui miracula fiunt; sicut legitur IV Reg. XIII, quod quidam proiecerunt cadaver in sepulcro Elisei, quod cum tetigisset ossa Elisei, revixit homo et stetit super pedes suos. Ergo operatio miraculorum non pertinet ad gratiam gratis datam.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 178
Articolo 1

[46062] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 1
SEMBRA che nessuna grazia carismatica sia ordinata al compimento dei miracoli. Infatti:
1. Qualsiasi grazia conferisce qualche cosa a colui al quale viene concessa. Invece il far miracoli non conferisce nulla all'anima di chi li compie: poiché essi avvengono anche per il contatto con il corpo di un morto, come si legge nella Scrittura, che "alcuni gettarono un cadavere nel sepolcro di Eliseo, ma toccando il cadavere le ossa di Eliseo, il morto rivisse e si levò in piedi". Dunque il far miracoli non è una grazia carismatica.

[46063] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 2
Praeterea, gratiae gratis datae sunt a spiritu sancto, secundum illud I ad Cor. XII, divisiones gratiarum sunt, idem autem spiritus. Sed operatio miraculorum fit etiam a spiritu immundo, secundum illud Matth. XXIV, surgent pseudochristi et pseudoprophetae, et dabunt signa et prodigia magna. Ergo videtur quod operatio miraculorum non pertineat ad gratiam gratis datam.

 

[46063] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 2
2. I carismi sono concessi dallo Spirito Santo, come si rileva dalle parole di S. Paolo: "Vi sono differenze di carismi, ma lo Spirito è uno solo". Ora, i miracoli li può fare anche lo spirito del male, come dice il Vangelo: "Sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, e faranno segni e prodigi grandi". Dunque il compimento dei miracoli non è un carisma.

[46064] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 3
Praeterea, miracula distinguuntur per signa et prodigia sive portenta, et per virtutes. Inconvenienter ergo ponitur operatio virtutum potius gratia gratis data quam operatio prodigiorum sive signorum.

 

[46064] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 3
3. I miracoli si distinguono in segni, prodigi o portenti, e virtù. Ora, non è giusto che tra le grazie carismatiche S. Paolo ricordi "il compimento di virtù", piuttosto che il compimento di prodigi, o di segni.

[46065] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 4
Praeterea, miraculosa reparatio sanitatis per divinam virtutem fit. Ergo non debet distingui gratia sanitatum ab operatione virtutum.

 

[46065] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 4
4. La guarigione miracolosa avviene per virtù divina. Perciò "il carisma delle guarigioni" non andava distinto dal compimento di virtù.

[46066] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 5
Praeterea, operatio miraculorum consequitur fidem, vel facientis, secundum illud I ad Cor. XIII, si habuero omnem fidem, ita ut montes transferam; sive etiam aliorum, propter quos miracula fiunt, unde dicitur Matth. XIII, et non fecit ibi virtutes multas, propter incredulitatem illorum. Si ergo fides ponitur gratia gratis data, superfluum est praeter hoc ponere aliam gratiam gratis datam operationem signorum.

 

[46066] IIª-IIae, q. 178 a. 1 arg. 5
5. Il compimento dei miracoli dipende dalla fede: o di chi li compie, secondo l'espressione di S. Paolo: "Se avessi tutta la fede, sì da trasportar le montagne"; oppure di quelli a favore dei quali vengono compiuti, stando all'accenno evangelico: "Non fece colà molti miracoli a motivo della loro incredulità". Essendo quindi già la fede una grazia carismatica, è superfluo aggiungere come un'altra grazia carismatica il compimento dei miracoli.

[46067] IIª-IIae, q. 178 a. 1 s. c.
Sed contra est quod apostolus, I ad Cor. XII, inter alias gratias gratis datas, dicit, alii datur gratia sanitatum, alii operatio virtutum.

 

[46067] IIª-IIae, q. 178 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo, parlando delle tre grazie carismatiche, afferma: "A un altro è dato il dono delle guarigioni, ad un altro ancora il compimento di virtù".

[46068] IIª-IIae, q. 178 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, spiritus sanctus sufficienter providet Ecclesiae in his quae sunt utilia ad salutem, ad quod ordinantur gratiae gratis datae. Sicut autem oportet quod notitia quam quis divinitus accipit, in notitiam aliorum deducatur per donum linguarum et per gratiam sermonis; ita necesse est quod sermo prolatus confirmetur, ad hoc quod credibilis fiat. Hoc autem fit per operationem miraculorum, secundum illud Marci ult., et sermonem confirmante sequentibus signis. Et hoc rationabiliter. Naturale enim est homini ut veritatem intelligibilem per sensibiles effectus deprehendat. Unde sicut ductu naturalis rationis homo pervenire potest in aliquam Dei notitiam per effectus naturales, ita per aliquos supernaturales effectus, qui miracula dicuntur, in aliquam supernaturalem cognitionem credendorum homo adducitur. Et ideo operatio miraculorum pertinet ad gratiam gratis datam.

 

[46068] IIª-IIae, q. 178 a. 1 co.
RISPONDO: Lo Spirito Santo, come abbiamo già detto, provvede efficacemente la Chiesa di quelle cose che servono alla salvezza, cui sono ordinate le grazie carismatiche. Ora, come sono necessari, per portare a conoscenza di altri la scienza ricevuta da Dio, il dono delle lingue e il dono della parola; così è necessario che la parola venga confermata, per diventare credibile. E questo avviene mediante il compimento dei miracoli, come si legge nel Vangelo: "Confermava la loro parola con i miracoli che l'accompagnavano". Ed è giusto che sia così. Infatti è naturale per l'uomo scoprire la verità intelligibile da fenomeni sensibili. Perciò l'uomo, come guidato dalla ragione naturale può arrivare a una certa conoscenza di Dio mediante effetti naturali, così mediante alcuni effetti soprannaturali, chiamati miracoli, può arrivare a una certa conoscenza soprannaturale delle verità di fede. Dunque il compimento dei miracoli rientra nelle grazie carismatiche.

[46069] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut prophetia se extendit ad omnia quae supernaturaliter cognosci possunt, ita operatio virtutum se extendit ad omnia quae supernaturaliter fieri possunt. Quorum quidem causa est divina omnipotentia, quae nulli creaturae communicari potest. Et ideo impossibile est quod principium operandi miracula sit aliqua qualitas habitualiter manens in anima. Sed tamen hoc potest contingere, quod sicut mens prophetae movetur ex inspiratione divina ad aliquid supernaturaliter cognoscendum, ita etiam mens miracula facientis moveatur ad faciendum aliquid ad quod sequitur effectus miraculi, quod Deus sua virtute facit. Quod quandoque quidem fit praecedente oratione, sicut cum Petrus Tabitham mortuam suscitavit, ut habetur Act. IX, quandoque etiam non praecedente manifesta oratione, sed Deo ad nutum hominis operante, sicut Petrus Ananiam et Saphiram mentientes morti increpando tradidit, ut dicitur Act. V. Unde Gregorius dicit, in II Dialog., quod sancti aliquando ex potestate, aliquando exhibent miracula ex postulatione. Utrolibet tamen modo Deus principaliter operatur, qui utitur instrumentaliter vel interiori motu hominis, vel eius locutione, vel etiam aliquo exteriori, actu, seu etiam aliquo contactu corporali corporis, etiam mortui. Unde Iosue X, cum Iosue dixisset, quasi ex potestate, sol, contra Gabaon non movearis, subditur postea, non fuit antea et post tam longa dies, obediente Deo voci hominis.

 

[46069] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come la profezia abbraccia tutto ciò che si può conoscere soprannaturalmente, così il compimento dei miracoli abbraccia tutto ciò che soprannaturalmente può essere compiuto. Ma causa di tutto questo è l'onnipotenza divina, che non può essere comunicata a nessuna creatura. Ecco perché è impossibile che il potere di far miracoli sia una qualità permanente nell'anima.
Però come avviene che l'anima del profeta sia mossa dall'ispirazione di Dio a conoscere in modo soprannaturale, così l'anima di chi compie i miracoli è mossa a compiere qualche cosa dalla quale segue il miracolo, che Dio solo produce con la sua virtù. Qualche volta si tratta di una preghiera, come quando S. Pietro resuscitò Tabita, secondo che narrano gli Atti degli Apostoli: talora, senza una preghiera espressa, Dio agisce a un cenno dell'uomo, come quando S. Pietro col suo rimprovero consegnò alla morte Anania e Saffira che avevano mentito. Ecco perché S. Gregorio afferma, che "i santi fanno i miracoli talora ricorrendo al loro potere, e talora ricorrendo alla preghiera". Ma in tutti e due i casi la causa principale è Dio, il quale si serve come di uno strumento, o di un atto interno dell'uomo, o della sua parola, oppure di un atto esterno, ovvero di un contatto del suo corpo, anche già morto. Infatti la Scrittura, dopo aver riferito che Giosuè disse in tono imperativo: "O sole, non muoverti da Gabaon", soggiunge: "E mai, né prima, né poi, vi fu un giorno così lungo, avendo il Signore ubbidito alla voce di un uomo".

[46070] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod ibi loquitur dominus de miraculis quae fienda sunt tempore Antichristi, de quibus apostolus dicit, II ad Thessal. II, quod adventus Antichristi erit secundum operationem Satanae, in omni virtute et signis et prodigiis mendacibus. Et sicut Augustinus dicit, XX de Civ. Dei, ambigi solet utrum propterea dicta sint signa et prodigia mendacii quoniam mortales sensus per phantasmata decepturus est, ut quod non facit, facere videatur, an quia illa, etiam si erunt vera prodigia, ad mendacium pertrahent. Vera autem dicuntur, quia ipsae res verae erunt, sicut magi Pharaonis fecerunt veras ranas et veros serpentes. Non autem habebunt veram rationem miraculi, quia fient virtute naturalium causarum, sicut in prima parte dictum est. Sed operatio miraculorum quae attribuitur gratiae gratis datae, fit virtute divina, ad hominum utilitatem.

 

[46070] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 2
2. In quel passo il Signore parla dei miracoli che avverranno al tempo dell'Anticristo; e a detta dell'Apostolo, "la venuta di costui avrà luogo per opera di Satana, con ogni virtù e segni e prodigi bugiardi". In proposito S. Agostino scrive: "Ci si può domandare se questi segni e prodigi sian detti bugiardi perché egli ingannerà i sensi dei mortali con dei fantasmi, così da sembrare che faccia quello che non fa; oppure perché, pur essendo veri prodigi, essi porteranno alla menzogna". Veri però son detti, perché si tratterà di cose vere: come i maghi del Faraone produssero vere rane e veri serpenti. Ma queste cose non saranno dei veri miracoli; perché avverranno per la virtù di cause naturali, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Invece il compimento dei miracoli che si attribuisce a uno dei carismi, avviene per la virtù di Dio, e a vantaggio degli uomini.

[46071] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod in miraculis duo possunt attendi. Unum quidem est id quod fit, quod quidem est aliquid excedens facultatem naturae. Et secundum hoc, miracula dicuntur virtutes. Aliud est id propter quod miracula fiunt, scilicet ad manifestandum aliquid supernaturale. Et secundum hoc, communiter dicuntur signa, propter excellentiam autem, dicuntur portenta vel prodigia, quasi procul aliquid ostendentia.

 

[46071] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 3
3. Nei miracoli si possono considerare due cose. Primo, ciò che con essi si compie; ed è qualche cosa che supera le capacità della natura. Sotto quest'aspetto i miracoli sono detti virtù. - Secondo, il motivo per cui sono compiuti: la manifestazione di una realtà soprannaturale. E sotto tale aspetto essi son denominati segni, oppure portenti o prodigi, perché mostrano cose lontane.

[46072] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod gratia sanitatum commemoratur seorsum, quia per eam confertur homini aliquod beneficium, scilicet corporalis sanitatis, praeter beneficium commune quod exhibetur in omnibus miraculis, ut scilicet homines adducantur in Dei notitiam.

 

[46072] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 4
4. "Il dono delle guarigioni" viene ricordato a parte, perché con esso viene conferito all'uomo un beneficio particolare, cioè la guarigione del corpo, oltre il beneficio comune a tutti i miracoli, cioè la forza di condurre gli uomini alla conoscenza di Dio.

[46073] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 5
Ad quintum dicendum quod operatio miraculorum attribuitur fidei propter duo. Primo quidem, quia ordinatur ad fidei confirmationem. Secundo, quia procedit ex Dei omnipotentia, cui fides innititur. Et tamen, sicut praeter gratiam fidei necessaria est gratia sermonis ad fidei instructionem, ita etiam necessaria est operatio miraculorum ad fidei confirmationem.

 

[46073] IIª-IIae, q. 178 a. 1 ad 5
5. Il compimento dei miracoli è attribuito alla fede per due motivi. Primo, perché è ordinato a confermare la fede. Secondo, perché deriva dall'onnipotenza di Dio, sulla quale la fede si appoggia. Tuttavia, come oltre la grazia della fede è necessario il carisma della parola per insegnarla, così è necessario il carisma dei miracoli per confermarla.




Seconda parte > Le azioni umane > Il dono dei miracoli > Se gli iniqui possano far miracoli


Secunda pars secundae partis
Quaestio 178
Articulus 2

[46074] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod mali non possint facere miracula. Miracula enim perpetrantur per orationem, sicut dictum est. Sed oratio peccatoris non est exaudibilis, secundum illud Ioan. IX, scimus quia peccatores Deus non audit. Et Prov. XXVIII dicitur, qui declinat aurem suam ne audiat legem, oratio sua erit execrabilis. Ergo videtur quod mali miracula facere non possint.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 178
Articolo 2

[46074] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 1
SEMBRA che gli iniqui non possano far miracoli. Infatti:
1. I miracoli vengono compiuti, come abbiamo detto, mediante la preghiera. Ma la preghiera dei peccatori non può essere esaudita, stando a quel detto evangelico: "Sappiamo che Dio non esaudisce i peccatori". E nei Proverbi si legge: "Chi distoglie l'orecchio per non udire la legge, anche la sua preghiera è abominevole". Dunque gli iniqui non possono fare dei miracoli.

[46075] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 2
Praeterea, miracula attribuuntur fidei, secundum illud Matth. XVII, si habueritis fidem sicut granum sinapis, dicetis monti huic, transi hinc, et transibit. Fides autem sine operibus mortua est, ut dicitur Iac. II, et sic non videtur quod habeat propriam operationem. Ergo videtur quod mali, qui non sunt bonorum operum, miracula facere non possunt.

 

[46075] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 2
2. I miracoli sono attribuiti alla fede: "Se voi aveste tanta fede quanto un granello di senapa, potreste dire a questo monte: Passa di qui a là, e passerebbe". Ma "la fede senza le opere è morta", ammonisce S. Giacomo: e quindi non può avere le sue operazioni. Dunque i malvagi, che non compiono le opere buone, non possono compiere miracoli.

[46076] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 3
Praeterea, miracula sunt quaedam divina testimonia, secundum illud Heb. II, contestante Deo signis et portentis et variis virtutibus. Unde et in Ecclesia aliqui canonizantur per testimonia miraculorum. Sed Deus non potest esse testis falsitatis. Ergo videtur quod mali homines non possint miracula facere.

 

[46076] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 3
3. I miracoli sono delle testimonianze divine, secondo l'espressione di S. Paolo: "rendendo testimonianza Dio con segni e prodigi e ogni sorta di miracoli". Infatti nella Chiesa alcuni vengono canonizzati per la testimonianza dei miracoli. Ora, Dio non può testimoniare il falso. Perciò l'uomo iniquo non può fare dei miracoli.

[46077] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 4
Praeterea, boni sunt Deo coniunctiores quam mali. Sed non omnes boni faciunt miracula. Ergo multo minus mali faciunt.

 

[46077] IIª-IIae, q. 178 a. 2 arg. 4
4. I buoni sono più uniti a Dio dei malvagi. Eppure non tutti i buoni compiono miracoli. Meno che mai, quindi, li compiono i malvagi.

[46078] IIª-IIae, q. 178 a. 2 s. c.
Sed contra est quod apostolus dicit, I ad Cor. XIII, si habuero omnem fidem, ita ut montes transferam, caritatem autem non habuero, nihil sum. Sed quicumque non habet caritatem, est malus, quia hoc solum donum spiritus sancti est quod dividit inter filios regni et filios perditionis, ut Augustinus dicit, XV de Trin. Ergo videtur quod etiam mali possunt miracula facere.

 

[46078] IIª-IIae, q. 178 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo scrive: "Se avessi tutta la fede, sì da trasportar le montagne, e poi mancassi di carità, non sarei nulla". Ma chi non ha la carità è un iniquo: poiché, a detta di S. Agostino, "è solo questo dono dello Spirito Santo che distingue i figli del Regno dai figli di perdizione". Perciò anche gli iniqui possono compiere miracoli.

[46079] IIª-IIae, q. 178 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod miraculorum aliqua quidem non sunt vera, sed phantastica facta, quibus scilicet ludificatur homo, ut videatur ei aliquid quod non est. Quaedam vero sunt vera facta, sed non vere habent rationem miraculi, quae fiunt virtute aliquarum naturalium causarum. Et haec duo possunt fieri per Daemones, ut supra dictum est. Sed vera miracula non possunt fieri nisi virtute divina, operatur enim ea Deus ad hominum utilitatem. Et hoc dupliciter, uno quidem modo, ad veritatis praedicatae confirmationem; alio modo, ad demonstrationem sanctitatis alicuius quem Deus vult hominibus proponere in exemplum virtutis. Primo autem modo, miracula possunt fieri per quemcumque qui veram fidem praedicat et nomen Christi invocat, quod etiam interdum per malos fit. Et secundum hunc modum, etiam mali possunt miracula facere. Unde super illud Matth. VII, nonne in nomine tuo prophetavimus etc. dicit Hieronymus, prophetare, vel virtutes facere et Daemonia eiicere, interdum non est eius meriti qui operatur, sed invocatio nominis Christi hoc agit, ut homines Deum honorent, ad cuius invocationem fiunt tanta miracula. Secundo autem modo, non fiunt miracula nisi a sanctis, ad quorum sanctitatem demonstrandam miracula fiunt vel in vita eorum vel etiam post mortem, sive per eos sive per alios. Legitur enim Act. XIX, quod Deus faciebat virtutes per manus Pauli, et etiam desuper languidos deferebantur a corpore eius sudaria, et recedebant ab eis languores. Et sic etiam nihil prohibet per aliquem peccatorem miracula fieri ad invocationem alicuius sancti. Quae tamen miracula non dicitur ille facere, sed ille ad cuius sanctitatem demonstrandam haec fierent.

 

[46079] IIª-IIae, q. 178 a. 2 co.
RISPONDO: Tra i miracoli ce ne sono alcuni che non sono veri miracoli, ma giochi d'immaginazione, con i quali l'uomo viene ingannato così da vedere quello che non è. Altri invece son fatti veri, ma non hanno vera natura di miracoli, perché sono compiuti mediante la virtù di cause naturali. E questi due tipi di miracoli possono essere compiuti dai demoni, come sopra abbiamo detto.
Invece i veri miracoli non possono essere compiuti che dalla virtù divina: è Dio infatti che li compie a vantaggio degli uomini. E ciò per due motivi: primo, per confermare la verità predicata; secondo, per mostrare la santità di una persona, che Dio vuol proporre come esempio di virtù. Nel primo caso, i miracoli possono essere compiuti da chiunque predichi la vera fede, o invochi il nome di Cristo: e questo lo possono fare talora anche gli iniqui. E quindi anch'essi possono compiere miracoli di questo genere. Ecco perché, commentando quel passo evangelico, "Non abbiamo noi profetato nel tuo nome...?", S. Girolamo afferma: "Profetare, compiere miracoli e cacciare i demoni, talora non si deve al merito di chi lo fa: ma si deve all'invocazione del nome di Cristo, affinché gli uomini onorino Dio, per la cui invocazione si compiono sì grandi miracoli".
Nel secondo caso i miracoli possono essere compiuti solo dai santi; la cui santità viene dimostrata dai miracoli che vengono compiuti, sia durante la loro vita, sia dopo la morte, o da loro stessi, o da altri. Si legge infatti nella Scrittura, che "Dio operava miracoli per mano di Paolo: al punto che prendevano asciugatoi e grembiuli stati sul corpo di lui e li mettevano sui malati, e sparivano le loro infermità". E in tal senso niente impedisce che un peccatore possa fare dei miracoli con l'invocazione di un Santo. Ma questi miracoli non sono fatti da lui; bensì da quelli per la cui glorificazione vengono compiuti.

[46080] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut supra dictum est, cum de oratione ageretur, oratio in impetrando non innititur merito, sed divinae misericordiae, quae etiam ad malos se extendit. Et ideo etiam quandoque peccatorum oratio a Deo exauditur. Unde Augustinus dicit, super Ioan., quod illud verbum caecus locutus est quasi adhuc inunctus, idest nondum perfecte illuminatus, nam peccatores exaudit Deus. Quod autem dicitur quod oratio non audientis legem est execrabilis, intelligendum est quantum est ex merito peccatoris. Sed interdum impetrat ex misericordia Dei, vel propter salutem eius qui orat, sicut auditus est publicanus, ut dicitur Luc. XVIII; vel etiam propter salutem aliorum et gloriam Dei.

 

[46080] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La preghiera, come abbiamo visto sopra nel trattare di tale argomento, non si fonda sul merito personale per impetrare, ma sulla misericordia di Dio, che abbraccia anche i peccatori. Ecco perché talora Dio esaudisce anche le preghiere di questi ultimi. E quindi S. Agostino afferma, che "quelle parole furono dette dal cieco nato con gli occhi ancora fangosi", cioè non perfettamente illuminato: "poiché Dio esaudisce i peccatori". - L'affermazione poi, che "la preghiera di chi non ascolta le legge è abominevole" va intesa rispetto al merito del peccatore. Ma talora costui impetra le grazie ricorrendo alla misericordia di Dio: o per la salvezza propria, come il pubblicano della parabola evangelica; o per la salvezza di altri e per la gloria di Dio.

[46081] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod fides sine operibus dicitur esse mortua quantum ad ipsum credentem, qui per eam non vivit vita gratiae. Nihil autem prohibet quod res viva operetur per instrumentum mortuum, sicut homo operatur per baculum. Et hoc modo Deus operatur per fidem hominis peccatoris instrumentaliter.

 

[46081] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 2
2. La fede senza le opere si dice che è morta rispetto al credente, il quale pur possedendola non vive la vita della grazia. Ma niente impedisce che una realtà viva operi con uno strumento morto, come l'uomo col bastone. È così appunto che Dio opera usando come uno strumento la fede di un peccatore.

[46082] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod miracula semper sunt vera testimonia eius ad quod inducuntur. Unde a malis qui falsam doctrinam enuntiant, nunquam fiunt vera miracula ad confirmationem suae doctrinae, quamvis quandoque fieri possint ad commendationem nominis Christi, quod invocant, et virtute sacramentorum quae exhibent. Ab his autem qui veram doctrinam enuntiant, fiunt quandoque vera miracula ad confirmationem doctrinae, non autem ad testificationem sanctitatis. Unde Augustinus dicit, in libro octoginta trium quaest., aliter magi faciunt miracula, aliter boni Christiani, aliter mali, magi per privatos contractus cum Daemonibus, boni Christiani per publicam iustitiam, mali Christiani per signa publicae iustitiae.

 

[46082] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 3
3. I miracoli sono sempre testimonianze vere di ciò che son chiamati a confermare. Perciò i malvagi che insegnano una falsa dottrina non compiono mai veri miracoli a conferma di essa: sebbene talora siano in grado di compierli a gloria del nome di Cristo, che essi invocano, e in virtù dei sacramenti che amministrano. Invece gli iniqui che insegnano la vera dottrina, possono fare talora dei veri miracoli a conferma di essa, ma non quali testimonianze della propria santità. Di qui le parole di S. Agostino: "È diverso il modo di far miracoli per i maghi, per i buoni cristiani, e per i cattivi cristiani: i maghi li compiono in virtù di patti privati con i demoni; i buoni cristiani in virtù della giustizia pubblica; e i cattivi cristiani mediante i segni di questa giustizia".

[46083] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod, sicut Augustinus ibidem dicit, ideo non omnibus sanctis ista attribuuntur, ne perniciosissimo errore decipiantur infirmi, aestimantes in talibus factis esse maiora dona quam in operibus iustitiae, quibus vita aeterna comparatur.

 

[46083] IIª-IIae, q. 178 a. 2 ad 4
4. Come dice bene S. Agostino, "il dono dei miracoli non è conferito a tutti i santi, perché i deboli nella fede non cadano nel pericolosissimo errore di credere che codesti prodigi sono superiori alle opere buone, con le quali si acquista la vita eterna".

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