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Se la quarta beatitudine, "Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia", corrisponda al dono della fortezza
Secunda pars secundae partis
Quaestio 139
Articulus 2
[44587] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod quarta beatitudo, scilicet beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam, non respondeat dono fortitudinis. Donum enim fortitudinis non respondet virtuti iustitiae, sed potius donum pietatis. Sed esurire, et sitire iustitiam pertinet ad actum iustitiae. Ergo ista beatitudo magis pertinet ad donum pietatis quam ad donum fortitudinis.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 139
Articolo 2
[44587] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la quarta beatitudine, "Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia", non corrisponda al dono della fortezza. Infatti:
1. Non il dono della fortezza ma quello della pietà corrisponde alla virtù della giustizia. Ora, aver fame e sete di giustizia è un atto della giustizia. Perciò questa beatitudine appartiene più al dono della pietà che al dono della fortezza.
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[44588] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 2 Praeterea, esuries et sitis iustitiae importat desiderium boni. Sed hoc proprie pertinet ad caritatem, cui non respondet donum fortitudinis, sed magis donum sapientiae, ut supra habitum est. Ergo ista beatitudo non respondet dono fortitudinis, sed dono sapientiae.
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[44588] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 2
2. La fame e la sete di giustizia non sono che un desiderio del bene. Ma questo è proprio della carità: alla quale corrisponde non il dono della fortezza, ma quello della sapienza, come sopra abbiamo visto. Dunque questa beatitudine non corrisponde al dono di fortezza, ma al dono di sapienza.
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[44589] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 3 Praeterea, fructus consequuntur ad beatitudines, quia de ratione beatitudinis est delectatio, ut dicitur in I Ethic. Sed in fructibus non videtur aliquid poni quod pertineat ad fortitudinem. Ergo neque aliqua beatitudo ei respondet.
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[44589] IIª-IIae, q. 139 a. 2 arg. 3
3. Le beatitudini sono accompagnate dai frutti: poiché la beatitudine implica gioia, come nota Aristotele. Ora, tra i frutti non ce n'è uno che corrisponda alla fortezza. Dunque ad essa non corrisponde neppure una beatitudine.
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[44590] IIª-IIae, q. 139 a. 2 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de Serm. Dom. in monte, fortitudo congruit esurientibus, laborant enim, desiderantes gaudium de veris bonis, amorem a terrenis avertere cupientes.
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[44590] IIª-IIae, q. 139 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: "La fortezza è necessaria agli affamati di giustizia; poiché soffrono nel desiderio di godere i veri beni, e nella brama di distaccare il cuore dai beni terreni".
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[44591] IIª-IIae, q. 139 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, Augustinus attribuit beatitudines donis secundum ordinem enumerationis, considerata tamen aliqua convenientia. Et ideo quartam beatitudinem, scilicet de esurie et siti iustitiae, attribuit quarto dono, scilicet dono fortitudinis. Est tamen ibi aliqua convenientia. Quia sicut dictum est, fortitudo in arduis consistit. Est autem valde arduum quod aliquis non solum opera virtuosa faciat, quae communiter dicuntur opera iustitiae; sed quod faciat ea cum insatiabili quodam desiderio, quod potest significari per famem et sitim iustitiae.
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[44591] IIª-IIae, q. 139 a. 2 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo visto, S. Agostino assegna le beatitudini ai doni secondo l'ordine di enumerazione, tenendo conto di una certa loro affinità. Perciò egli assegna la quarta beatitudine, cioè quella della fame e della sete di giustizia, al quarto dono, ossia al dono della fortezza. C'è però tra loro una certa affinità. Poiché la fortezza, come abbiamo visto, ha per oggetto le cose ardue. Ora, è assai arduo che uno non solo compia opere di virtù, denominate comunemente opere di giustizia, ma che le compia con un desiderio insaziabile, il quale può essere chiamato fame e sete di giustizia.
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[44592] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut Chrysostomus dicit, super Matth., iustitia hic potest accipi non solum particularis, sed etiam universalis; quae se habet ad omnium virtutum opera, ut dicitur in V Ethic. In quibus arduum intendit fortitudo quae est donum.
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[44592] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice il Crisostomo, per giustizia qui si può intendere non solo quella particolare, ma anche quella generale, che si estende secondo l'insegnamento di Aristotele agli atti di tutte le virtù. Tra i quali il dono della fortezza ha di mira quelli più ardui.
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[44593] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod caritas est radix omnium donorum et virtutum, ut supra dictum est. Et ideo quidquid pertinet ad fortitudinem potest etiam ad caritatem pertinere.
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[44593] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 2
2. La carità è la radice di ogni dono e virtù, come sopra abbiamo detto. Perciò quanto appartiene alla fortezza può appartenere anche alla carità.
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[44594] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod inter fructus ponuntur duo quae sufficienter correspondent dono fortitudinis, scilicet patientia, quae respicit sustinentiam malorum; et longanimitas, quae respicere potest diuturnam expectationem et operationem bonorum.
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[44594] IIª-IIae, q. 139 a. 2 ad 3
3. Tra i frutti ce ne sono due che corrispondono pienamente al dono della fortezza: cioè la pazienza, che ha di mira la sopportazione del male; e la longanimità, che si può riferire alla lunga attesa e al lungo esercizio del bene.
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