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Se l'adulazione sia peccato
Secunda pars secundae partis
Quaestio 115
Articulus 1
[43770] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod adulatio non sit peccatum. Adulatio enim consistit in quodam sermone laudis alteri exhibito intentione placendi. Sed laudare aliquem non est malum, secundum illud Prov. ult., surrexerunt filii eius et beatissimam praedicaverunt, vir eius, et laudavit eam. Similiter etiam velle placere aliis non est malum, secundum illud I ad Cor. X, per omnia omnibus placeo. Ergo adulatio non est peccatum.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 115
Articolo 1
[43770] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'adulazione non sia peccato. Infatti:
1. L'adulazione consiste in una lode rivolta a qualcuno con l'intenzione di fargli piacere. Ma lodare una persona non è cosa cattiva; poiché nei Proverbi si legge: "Sorsero i suoi figli e la proclamarono sommamente beata, e suo marito ne ha fatto le lodi". Parimenti non è cosa cattiva voler compiacere il prossimo; poiché S. Paolo scriveva: "Anch'io cerco in tutto di compiacere tutti". Dunque l'adulazione non è peccato.
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[43771] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 2 Praeterea, bono malum est contrarium, et similiter vituperium laudi. Sed vituperare malum non est peccatum. Ergo neque laudare bonum, quod videtur ad adulationem pertinere. Ergo adulatio non est peccatum.
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[43771] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 2
2. Il male è contrario al bene come il vituperio alla lode. Ma vituperare il male non è peccato. Perciò neppure è peccato lodare il bene, come si fa appunto nell'adulazione. Quindi l'adulazione non è peccato.
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[43772] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 3 Praeterea, adulationi detractio contrariatur. Unde Gregorius dicit quod remedium contra adulationem est detractio. Sciendum est, inquit, quod ne immoderatis laudibus elevemur, plerumque nostri rectoris moderamine detractionibus lacerari permittimur, ut quos vox laudantis elevat, lingua detrahentis humiliet. Sed detractio est malum, ut supra habitum est. Ergo adulatio est bonum.
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[43772] IIª-IIae q. 115 a. 1 arg. 3
3. La detrazione è il contrario dell'adulazione; cosicché S. Gregorio può affermare che essa è un rimedio contro l'adulazione. "Dobbiamo riconoscere che la Provvidenza divina, per impedire che ci s'insuperbisca delle lodi esagerate, spesso permette che si sia lacerati dalle detrazioni; affinché la maldicenza umili chi viene innalzato dalla lode". Ma la detrazione è una cosa cattiva, come sopra abbiamo visto. Dunque l'adulazione è una cosa buona.
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[43773] IIª-IIae q. 115 a. 1 s. c. Sed contra est quod super illud Ezech. XIII, vae, qui consuunt pulvillos sub omni cubito manus, dicit Glossa, idest, suavem adulationem. Ergo adulatio est peccatum.
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[43773] IIª-IIae q. 115 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: A proposito di quel passo di Ezechiele: "Guai a coloro che imbottiscono cuscini per ogni gomito", la Glossa commenta: "cioè la morbida adulazione". Perciò l'adulazione è peccato.
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[43774] IIª-IIae q. 115 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, amicitia praedicta, vel affabilitas, etsi principaliter delectare intendat eos quibus convivit, tamen, ubi necesse est propter aliquod bonum exequendum vel malum vitandum, non veretur contristare. Si ergo aliquis in omnibus velit ad delectationem alteri loqui, excedit modum in delectando, et ideo peccat per excessum. Et si quidem hoc faciat sola intentione delectandi, vocatur placidus, secundum philosophum, si autem hoc faciat intentione alicuius lucri consequendi, vocatur blanditor sive adulator. Communiter tamen nomen adulationis solet attribui omnibus qui supra debitum modum virtutis volunt alios verbis vel factis delectare in communi conversatione.
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[43774] IIª-IIae q. 115 a. 1 co.
RISPONDO: Come abbiamo detto nella questione precedente, l'amabilità, sebbene miri soprattutto a compiacere coloro con i quali si convive, tuttavia quando il conseguimento di un bene o la prevenzione di un male lo richiede, non esita a contristarli. Perciò se uno vuol trattare gli altri compiacendoli in tutto nelle sue parole, esagera nella compiacenza: e quindi, pecca per eccesso. E se uno lo fa solo con l'intenzione di compiacere, merita l'appellativo di piaggiatore, a detta del Filosofo; se invece lo fa con l'intenzione di un guadagno, allora è un lusingatore, o un adulatore. Però ordinariamente si dà il nome di adulatori a tutti quelli che nel trattare vogliono compiacere gli altri con le parole o con i fatti oltre i limiti dell'onestà.
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[43775] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod laudare aliquem contingit et bene et male, prout scilicet debitae circumstantiae vel servantur vel praetermittuntur. Si enim aliquis aliquem velit delectare laudando ut ex hoc eum consoletur ne in tribulationibus deficiat, vel etiam ut in bono proficere studeat, aliis debitis circumstantiis observatis, pertinebit hoc ad praedictam virtutem amicitiae. Pertinet autem ad adulationem si aliquis velit aliquem laudare in quibus non est laudandus, quia forte mala sunt, secundum illud, laudatur peccator in desideriis animae suae; vel quia non sunt certa, secundum illud Eccli. XXVII, ante sermonem ne laudes virum, et iterum Eccli. XI, non laudes virum in specie sua; vel etiam si timeri possit ne humana laude ad inanem gloriam provocetur, unde dicitur Eccli. XI, ante mortem ne laudes hominem. Similiter etiam velle placere hominibus propter caritatem nutriendam, et ut in eis homo spiritualiter proficere possit, laudabile est. Quod autem aliquis velit placere hominibus propter inanem gloriam vel propter lucrum, vel etiam in malis, hoc esset peccatum, secundum illud Psalm., Deus dissipavit ossa eorum qui hominibus placent. Et apostolus dicit, ad Galat. I, si adhuc hominibus placerem, Christi servus non essem.
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[43775] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La lode di una persona può essere buona o cattiva, secondo che vengono o no rispettate le debite circostanze. Se uno infatti volesse con la lode rallegrare una persona, per consolarla e confortarla sotto il peso della tribolazione, oppure per spronarla al bene, salvando le altre debite circostanze, compirebbe un atto che rientra nella virtù dell'amabilità. Invece si cade nell'adulazione, se si pretende di lodare il prossimo in cose per le quali non dev'essere lodato: o perché sono cattive, come accenna quel passo della Scrittura: "L'empio viene lodato per le cupidigie dell'anima sua"; o perché non sono certe: "Non lodare un uomo prima che abbia parlato", dice l'Ecclesiastico, e ancora: "Non lodare un uomo per la sua faccia"; oppure perché c'è da temere di provocarlo alla vanagloria con una lode umana. Di qui l'ammonizione: "Non lodare nessun uomo prima della morte".
Parimenti è cosa lodevole l'intenzione di compiacere il prossimo per fomentare la carità, e per avanzare spiritualmente in essa. Invece è peccato voler compiacere gli uomini per vanagloria, per un guadagno, oppure in cose cattive. Di qui le parole dei Salmi: "Dio disperde le ossa di quelli che cercano di piacere agli uomini". E l'Apostolo afferma: "Se ancora cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo".
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[43776] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod etiam vituperare malum, si non adhibeantur debitae circumstantiae, est vitiosum. Et similiter laudare bonum.
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[43776] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 2
2. Se non si osservano le debite circostanze, anche vituperare il male può essere peccaminoso. Lo stesso si dica per la lode del bene.
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[43777] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod nihil prohibet duo vitia esse contraria. Et ideo sicut detractio est malum, ita et adulatio. Quae ei contrariatur quantum ad ea quae dicuntur, non autem directe quantum ad finem, quia adulator quaerit delectationem eius cui adulatur; detractor autem non quaerit eius contristationem, cum aliquando occulte detrahat, sed magis quaerit eius infamiam.
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[43777] IIª-IIae q. 115 a. 1 ad 3
3. Niente impedisce che due vizi siano contrari. Perciò come è cosa cattiva la detrazione, o maldicenza, lo è pure l'adulazione. Questa del resto è in contrasto con la prima per le cose che si dicono, ma direttamente non lo è per il fine: poiché l'adulatore cerca di far piacere al prossimo che adula; invece il maldicente nel dirne male di nascosto non cerca di contristarlo, ma piuttosto attenta alla sua reputazione.
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