Seconda parte > Le azioni umane > La fede > Il suo oggetto > Se gli articoli di fede siano cresciuti con l'andar del tempo
Secunda pars secundae partis
Quaestio 1
Articulus 7
[38792] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 1 Ad septimum sic proceditur. Videtur quod articuli fidei non creverint secundum temporum successionem. Quia, ut apostolus dicit, ad Heb. XI, fides est substantia sperandarum rerum. Sed omni tempore sunt eadem speranda. Ergo omni tempore sunt eadem credenda.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 1
Articolo 7
[38792] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 1
SEMBRA che gli articoli di fede non siano cresciuti con l'andare del tempo. Infatti:
1. L'Apostolo insegna che "la fede è realtà di cose sperate". Ora, in tutti i tempi le cose da sperare furono sempre le stesse. Dunque furono identiche in tutti i tempi anche le cose da credere.
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[38793] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 2 Praeterea, in scientiis humanitus ordinatis per successionem temporum augmentum factum est propter defectum cognitionis in primis qui scientias invenerunt, ut patet per philosophum, in II Metaphys. Sed doctrina fidei non est inventa humanitus, sed tradita a Deo. Dei enim donum est, ut dicitur Ephes. II. Cum igitur in Deum nullus defectus scientiae cadat, videtur quod a principio cognitio credibilium fuerit perfecta, et quod non creverit secundum successionem temporum.
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[38793] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 2
2. Nelle scienze umane si ha uno sviluppo con l'andare del tempo, per la mancanza di cognizioni nei primi cultori di esse, come fa notare Aristotele. Ora, la dottrina della fede non è stata inventata dagli uomini, ma rivelata da Dio: "infatti è un dono di Dio", come dice S. Paolo. E poiché in Dio non può esserci nessun difetto di scienza, è chiaro che la conoscenza delle cose di fede fu perfetta fin da principio, e non crebbe con l'andar del tempo.
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[38794] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 3 Praeterea, operatio gratiae non minus ordinate procedit quam operatio naturae. Sed natura semper initium sumit a perfectis ut Boetius dicit, in libro de Consol. Ergo etiam videtur quod operatio gratiae a perfectis initium sumpserit, ita quod illi qui primo tradiderunt fidem perfectissime eam cognoverunt.
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[38794] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 3
3. Le opere della grazia non procedono meno ordinate di quelle della natura. Ma la natura inizia sempre con le cose perfette, come nota Boezio. Dunque anche l'opera della grazia ha cominciato con le cose perfette, cosicché i primi iniziati alla fede la conobbero perfettamente.
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[38795] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 4 Praeterea, sicut per apostolos ad nos fides Christi pervenit, ita etiam in veteri testamento per priores patres ad posteriores devenit cognitio fidei, secundum illud Deut. XXXII, interroga patrem tuum et annuntiabit tibi. Sed apostoli plenissime fuerunt instructi de mysteriis, acceperunt enim, sicut tempore prius, ita et ceteris abundantius, ut dicit Glossa, super illud Rom. VIII, nos ipsi primitias spiritus habentes. Ergo videtur quod cognitio credibilium non creverit per temporum successionem.
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[38795] IIª-IIae q. 1 a. 7 arg. 4
4. Come a noi è giunta la fede attraverso gli Apostoli, così nell'antico Testamento era giunta ai posteri dagli antichi Padri, poiché allora fu scritto: "Domandalo al padre tuo, e te lo racconterà". Ora, gli Apostoli furono pienamente istruiti sui misteri (cristiani): poiché come dice la Glossa su quel detto paolino, "noi stessi che abbiamo le primizie dello Spirito", "come li ebbero prima del tempo, così li ebbero anche più abbondantemente degli altri". Perciò la conoscenza delle cose di fede non crebbe nel corso del tempo.
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[38796] IIª-IIae q. 1 a. 7 s. c. Sed contra est quod Gregorius dicit, quod secundum incrementa temporum crevit scientia sanctorum patrum, et quanto viciniores adventui salvatoris fuerunt, tanto sacramenta salutis plenius perceperunt.
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[38796] IIª-IIae q. 1 a. 7 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio insegna, che "secondo lo svolgersi del tempo crebbe la scienza dei santi Patriarchi: e quanto più questi furono vicini alla venuta del Salvatore, tanto più perfettamente compresero i misteri della salvezza".
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[38797] IIª-IIae q. 1 a. 7 co. Respondeo dicendum quod ita se habent in doctrina fidei articuli fidei sicut principia per se nota in doctrina quae per rationem naturalem habetur. In quibus principiis ordo quidam invenitur, ut quaedam in aliis implicite contineantur, sicut omnia principia reducuntur ad hoc sicut ad primum, impossibile est simul affirmare et negare, ut patet per philosophum, in IV Metaphys. Et similiter omnes articuli implicite continentur in aliquibus primis credibilibus, scilicet ut credatur Deus esse et providentiam habere circa hominum salutem, secundum illud ad Heb. XI, accedentem ad Deum oportet credere quia est, et quod inquirentibus se remunerator sit. In esse enim divino includuntur omnia quae credimus in Deo aeternaliter existere, in quibus nostra beatitudo consistit, in fide autem providentiae includuntur omnia quae temporaliter a Deo dispensantur ad hominum salutem, quae sunt via in beatitudinem. Et per hunc etiam modum aliorum subsequentium articulorum quidam in aliis continentur, sicut in fide redemptionis humanae implicite continetur et incarnatio Christi et eius passio et omnia huiusmodi. Sic igitur dicendum est quod, quantum ad substantiam articulorum fidei, non est factum eorum augmentum per temporum successionem, quia quaecumque posteriores crediderunt continebantur in fide praecedentium patrum, licet implicite. Sed quantum ad explicationem, crevit numerus articulorum, quia quaedam explicite cognita sunt a posterioribus quae a prioribus non cognoscebantur explicite. Unde dominus Moysi dicit, Exod. VI, ego sum Deus Abraham, Deus Isaac, Deus Iacob, et nomen meum Adonai non indicavi eis. Et David dicit, super senes intellexi. Et apostolus dicit, ad Ephes. III, aliis generationibus non est agnitum mysterium Christi sicut nunc revelatum est sanctis apostolis eius et prophetis.
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[38797] IIª-IIae q. 1 a. 7 co.
RISPONDO: Gli articoli stanno alla dottrina della fede, come i principi per sé noti stanno alle scienze acquisite dalla ragione umana. Nei quali principi si riscontra un certo ordine, in quanto che alcuni sono impliciti in altri: tutti i principi, p. es., si riducono a quel primo principio, come il Filosofo dimostra: "L'affermazione e la negazione sono incompatibili simultaneamente". Parimente tutti gli articoli sono impliciti in alcune prime verità di fede, tutto cioè si riduce a credere che Dio esiste, e che provvede alla salvezza degli uomini, secondo l'insegnamento di S. Paolo: "Chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste, e che è rimuneratore di quelli che lo cercano". Infatti nell'essere divino sono incluse tutte le cose che crediamo esistere eternamente in Dio, e nelle quali consisterà la nostra beatitudine; e nella fede nella provvidenza sono inclusi tutti i mezzi di cui Dio si serve nel tempo per la salvezza degli uomini, e che preparano alla beatitudine. E allo stesso modo anche tra gli articoli subordinati alcuni sono impliciti in altri: la fede, p. es., nella redenzione umana implica e l'incarnazione di Cristo, e la sua passione, e tutte le altre cose connesse.
Perciò si deve concludere che quanto alla sostanza degli articoli di fede non c'è stato nessuno sviluppo nel corso dei tempi: poiché i Padri posteriori credettero tutte le verità che erano contenute, sebbene implicitamente, nella fede dei loro antenati. Invece quanto all'esplicitazione il numero degli articoli ebbe un aumento: poiché i Padri posteriori conobbero esplicitamente cose che i primitivi non avevano conosciuto in maniera esplicita. Infatti così Dio parlò a Mosè: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: ma non manifestai loro il mio nome di Adonai". E David affermava: "Ho compreso più dei vecchi". L'Apostolo finalmente scrive: "Nelle altre età non fu conosciuto il mistero di Cristo dai figli degli uomini, così come ora è stato rivelato ai santi suoi Apostoli e profeti".
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[38798] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod semper fuerunt eadem speranda apud omnes. Quia tamen ad haec speranda homines non pervenerunt nisi per Christum, quanto a Christo fuerunt remotiores secundum tempus, tanto a consecutione sperandorum longinquiores, unde apostolus dicit, ad Heb. XI, iuxta fidem defuncti sunt omnes isti, non acceptis repromissionibus, sed a longe eas respicientes. Quanto autem aliquid a longinquioribus videtur, tanto minus distincte videtur. Et ideo bona speranda distinctius cognoverunt qui fuerunt adventui Christi vicini.
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[38798] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le cose da sperare furono sempre le stesse per tutti. Siccome però gli uomini non sono giunti a codeste speranze che mediante il Cristo, più furono lontani da Cristo nel tempo, più furono lontani dal conseguimento di esse. L'Apostolo infatti ha scritto: "Nella fede morirono tutti costoro senza aver conseguito le cose promesse, ma vedendole da lontano". Ora, più una cosa si vede di lontano, e meno si vede distintamente. Ecco perché coloro che furono più prossimi alla venuta di Cristo conobbero l'oggetto della speranza con maggior chiarezza.
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[38799] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 2 Ad secundum dicendum quod profectus cognitionis dupliciter contingit. Uno modo, ex parte docentis, qui in cognitione proficit, sive unus sive plures, per temporum successionem. Et ista est ratio augmenti in scientiis per rationem humanam inventis. Alio modo, ex parte addiscentis, sicut magister qui novit totam artem non statim a principio tradit eam discipulo, quia capere non posset, sed paulatim, condescendens eius capacitati. Et hac ratione profecerunt homines in cognitione fidei per temporum successionem. Unde apostolus, ad Gal. III, comparat statum veteris testamenti pueritiae.
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[38799] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 2
2. Lo sviluppo del sapere può dipendere da due motivi. Primo, dal fatto che l'insegnante, uno o molti che siano, progredisce nella scienza con l'andar del tempo. E questo è il motivo dello sviluppo nelle scienze umane. Secondo, per causa del discepolo: poiché un maestro che conosce perfettamente una disciplina non l'insegna subito tutta da principio al discepolo, che non potrebbe capirla, ma un po' per volta, adattandosi alle sue capacità. E per questo motivo gli uomini progredirono nella conoscenza della fede nel corso dei tempi. Infatti l'Apostolo paragona all'infanzia lo stato dell'antico Testamento.
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[38800] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 3 Ad tertium dicendum quod ad generationem naturalem duae causae praeexiguntur, scilicet agens et materia. Secundum igitur ordinem causae agentis, naturaliter prius est quod est perfectius, et sic natura a perfectis sumit exordium, quia imperfecta non ducuntur ad perfectionem nisi per aliqua perfecta praeexistentia. Secundum vero ordinem causae materialis, prius est quod est imperfectius, et secundum hoc natura procedit ab imperfecto ad perfectum. In manifestatione autem fidei Deus est sicut agens, qui habet perfectam scientiam ab aeterno, homo autem est sicut materia recipiens influxum Dei agentis. Et ideo oportuit quod ab imperfectis ad perfectum procederet cognitio fidei in hominibus. Et licet in hominibus quidam se habuerint per modum causae agentis, quia fuerunt fidei doctores; tamen manifestatio spiritus datur talibus ad utilitatem communem, ut dicitur I ad Cor. XII. Et ideo tantum dabatur patribus qui erant instructores fidei de cognitione fidei, quantum oportebat pro tempore illo populo tradi vel nude vel in figura.
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[38800] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 3
3. Per la generazione naturale delle cose si richiedono due cause, la causa agente e la materia. Ora, secondo l'ordine della causa agente per natura viene prima ciò che è più perfetto, ed ecco che la natura prende inizio dagli esseri più perfetti: poiché gli esseri imperfetti non raggiungono la perfezione che in forza di quelli perfetti preesistenti. Invece secondo l'ordine della causa materiale sono prima le cose più imperfette e qui la natura procede dalle cose imperfette a quelle perfette. Ebbene, nella rivelazione della fede la causa agente è Dio, che dall'eternità ha una scienza perfetta: l'uomo invece è come la materia che riceve l'influsso di Dio. Ecco perché presso gli uomini era necessario che la conoscenza della fede procedesse da uno stato imperfetto a quello perfetto. E sebbene tra gli uomini alcuni si siano trovati nella condizione di cause agenti, perché maestri della fede; tuttavia "la manifestazione dello Spirito fu loro concessa per una utilità comune", come dice S. Paolo. Ecco perché agli antichi Padri maggiormente iniziati fu concessa tanta conoscenza della fede, quanto al loro tempo era necessario esporne al popolo, sia in modo esplicito, che in modo figurale.
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[38801] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 4 Ad quartum dicendum quod ultima consummatio gratiae facta est per Christum, unde et tempus eius dicitur tempus plenitudinis, ad Gal. IV. Et ideo illi qui fuerunt propinquiores Christo vel ante, sicut Ioannes Baptista, vel post, sicut apostoli, plenius mysteria fidei cognoverunt. Quia et circa statum hominis hoc videmus, quod perfectio est in iuventute, et tanto habet homo perfectiorem statum vel ante vel post, quanto est iuventuti propinquior.
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[38801] IIª-IIae q. 1 a. 7 ad 4
4. L'ultima perfezione dell'opera della grazia fu data dal Cristo: difatti il suo tempo è chiamato da S. Paolo "la pienezza dei tempi". Perciò quelli che furono più vicini a Cristo, cioè S. Giovanni Battista prima, e gli Apostoli dopo, conobbero maggiormente i misteri della fede. Del resto questo si riscontra anche nella vita umana: poiché la perfezione è nella giovinezza, e un uomo ha uno stato tanto più perfetto, sia prima che dopo, quanto più si avvicina alla giovinezza.
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