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Se la penitenza possa rimettere un peccato, senza rimettere gli altri
Tertia pars
Quaestio 86
Articulus 3
[51367] IIIª q. 86 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod possit per poenitentiam unum peccatum sine alio remitti. Dicitur enim Amos IV, plui super unam civitatem, et super alteram non plui, pars una compluta est, et pars super quam non plui, aruit. Quod exponens Gregorius, super Ezech., dicit, cum ille qui proximum odit ab aliis vitiis se corrigit, una et eadem civitas ex parte compluitur, et ex parte arida manet, quia sunt qui, cum quaedam vitia resecant, in aliis graviter perdurant. Ergo potest unum peccatum per poenitentiam remitti sine alio.
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Terza parte
Questione 86
Articolo 3
[51367] IIIª q. 86 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la penitenza possa rimettere un peccato, senza rimettere gli altri. Infatti:
1. In Amos Dio si esprime in questi termini: "Sopra una città ho fatto piovere e sopra un'altra no, in una parte ha piovuto e nella parte dove non ha piovuto vi fu la siccità". E S. Gregorio, spiegando la frase, afferma: "Quando chi odia il prossimo si corregge dagli altri vizi, è come un'identica città che in una parte riceve la pioggia, e nell'altra rimane all'asciutto: poiché ci sono alcuni che la troncano con certi vizi, mentre si ostinano in altri". Dunque è possibile che la penitenza rimetta un peccato, senza rimettere gli altri.
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[51368] IIIª q. 86 a. 3 arg. 2 Praeterea, Ambrosius dicit, super beati immaculati, prima consolatio est, quia non obliviscitur misereri Deus, secunda per punitionem, ubi, et si fides desit, poena satisfacit et relevat. Potest ergo aliquis relevari ab aliquo peccato manente peccato infidelitatis.
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[51368] IIIª q. 86 a. 3 arg. 2
2. S. Ambrogio scrive nel suo commento al salmo, Beati immaculati in via: "La prima consolazione sta nel fatto che Dio non tralascia di usare misericordia; la seconda sta nella punizione, nella quale, anche se manca la fede, la pena serve a soddisfare e a risollevare". Dunque uno può essere liberato da un peccato, pur restando nel peccato d'incredulità.
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[51369] IIIª q. 86 a. 3 arg. 3 Praeterea, eorum quae non necesse est esse simul, unum potest auferri sine alio. Sed peccata, ut in secunda parte habitum est, non sunt connexa, et ita unum eorum potest esse sine alio. Ergo unum eorum potest remitti sine alio per poenitentiam.
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[51369] IIIª q. 86 a. 3 arg. 3
3. Quando più cose non hanno la necessità di stare insieme, si può togliere l'una senza togliere l'altra. Ora, i peccati, come abbiamo spiegato nella Seconda Parte, non sono connessi così da non poter l'uno fare a meno dell'altro. Perciò la penitenza può rimetterne uno senza rimettere gli altri.
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[51370] IIIª q. 86 a. 3 arg. 4 Praeterea, peccata sunt debita quae nobis relaxari petimus cum dicimus in oratione dominica, dimitte nobis debita nostra. Sed homo quandoque dimittit debitum unum sine alio. Ergo etiam Deus per poenitentiam dimittit unum peccatum sine alio.
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[51370] IIIª q. 86 a. 3 arg. 4
4. I peccati sono dei debiti, di cui nel Pater noster chiediamo il condono: "Rimetti a noi i nostri debiti". Ma l'uomo talora rimette un debito senza rimettere gli altri. Quindi anche Dio può rimettere per la penitenza un peccato senza rimettere gli altri.
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[51371] IIIª q. 86 a. 3 arg. 5 Praeterea, per dilectionem Dei relaxantur hominibus peccata, secundum illud Ierem. XXXI, in caritate perpetua dilexi te, ideo attraxi te miserans. Sed nihil prohibet quin Deus diligat hominem quantum ad unum, et sit ei offensus quantum ad aliud, sicut peccatorem diligit quantum ad naturam, odit autem quantum ad culpam. Ergo videtur possibile quod Deus per poenitentiam remittat unum peccatum sine alio.
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[51371] IIIª q. 86 a. 3 arg. 5
5. I peccati vengono perdonati agli uomini per l'amore che Dio ha verso di loro, secondo le parole di Geremia: "Ti ho amato con un amore eterno, ed è per questo che ti ho attirato con misericordia". Ora, niente impedisce che Dio ami un uomo per una data cosa restando adirato con lui per un'altra: nel peccatore p. es., egli ama la natura e odia la colpa. Perciò è possibile che per la penitenza Dio rimetta un peccato, senza rimettere gli altri.
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[51372] IIIª q. 86 a. 3 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de poenitentia, sunt plures quos poenitet peccasse, sed non omnino, reservantes sibi quaedam in quibus delectentur, non animadvertentes dominum simul mutum et surdum a Daemonio liberasse, per hoc docens nos nunquam nisi de omnibus sanari.
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[51372] IIIª q. 86 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: "Ci sono alcuni che si pentono di aver peccato, però non completamente, perché si riservano delle colpe di cui godono, senza notare che il Signore liberò dal demonio uno che era insieme sordo e muto, per insegnarci che noi non saremo affatto guariti se non lo saremo da tutti i peccati".
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[51373] IIIª q. 86 a. 3 co. Respondeo dicendum quod impossibile est per poenitentiam unum peccatum sine alio remitti. Primo quidem, quia peccatum remittitur inquantum tollitur Dei offensa per gratiam, unde in secunda parte habitum est quod nullum peccatum potest remitti sine gratia. Omne autem peccatum mortale contrariatur gratiae, et excludit eam. Unde impossibile est quod unum peccatum sine alio remittatur. Secundo quia, sicut ostensum est, peccatum mortale non potest sine vera poenitentia remitti, ad quam pertinet deserere peccatum inquantum est contra Deum. Quod quidem est commune omnibus peccatis mortalibus. Ubi autem eadem ratio est et idem effectus. Unde non potest esse vere poenitens qui de uno peccato poenitet et non de alio. Si enim displiceret ei illud peccatum quia est contra Deum super omnia dilectum, quod requiritur ad rationem verae poenitentiae, sequeretur quod de omnibus peccatis poeniteret. Unde sequitur quod impossibile sit unum peccatum remitti sine alio. Tertio, quia hoc esset contra perfectionem misericordiae Dei, cuius perfecta sunt opera, ut dicitur Deut. XXXII. Unde cuius miseretur, totaliter miseretur. Et hoc est quod Augustinus dicit, in libro de poenitentia, quaedam impietas infidelitatis est ab illo qui iustus et iustitia est, dimidiam sperare veniam.
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[51373] IIIª q. 86 a. 3 co.
RISPONDO: È impossibile che con la penitenza venga rimesso un peccato, senza che vengano rimessi anche gli altri. Primo, perché un peccato viene rimesso in quanto l'offesa di Dio viene eliminata dalla grazia: infatti nella Seconda Parte abbiamo spiegato che nessun peccato può essere rimesso senza la grazia. Ma ogni peccato mortale è contrario alla grazia e incompatibile con essa. Quindi è impossibile che un peccato venga rimesso, senza che lo siano anche gli altri.
Secondo, perché il peccato mortale, come abbiamo notato sopra, non può essere rimesso che mediante una vera penitenza, la quale implica l'abbandono del peccato quale offesa di Dio. E questo è un aspetto comune a tutti i peccati mortali. Ma l'identica causa produce il medesimo effetto. Quindi uno non può pentirsi veramente di un peccato, senza pentirsi degli altri. Perché se egli si pente di un peccato in quanto è contro Dio amato sopra ogni cosa, il che è richiesto dalla nozione di vera penitenza, ne segue che egli si pentirà di tutti i peccati. Perciò è impossibile che venga rimesso un peccato, senza la remissione degli altri.
Terzo, perché ciò sarebbe incompatibile con la perfezione della misericordia di Dio, "le cui opere sono perfette", come dice il Deuteronomio. Se dunque egli perdona, perdona totalmente. Di qui le parole di S. Agostino: "Sperare un perdono dimezzato da quel giusto che è la stessa giustizia, è un peccato d'incredulità".
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[51374] IIIª q. 86 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod verbum illud Gregorii non est intelligendum quantum ad remissionem culpae, sed quantum ad cessationem ab actu, quia interdum ille qui plura peccata consuevit committere, deserit unum, non tamen aliud. Quod quidem fit auxilio divino, quod tamen non pertingit usque ad remissionem culpae.
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[51374] IIIª q. 86 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quelle parole di S. Gregorio non si riferiscono alla remissione della colpa, ma alla cessazione dal peccato: poiché capita che uno, il quale è abituato a commettere molti peccati, ne abbandoni uno, senza omettere gli altri. E anche questo si fa con l'aiuto di Dio, aiuto che però non arriva fino alla remissione della colpa.
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[51375] IIIª q. 86 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod in verbo illo Ambrosii fides non potest accipi qua creditur in Christum, quia, ut Augustinus dicit, super illud Ioan. XV, si non venissem et locutus eis non fuissem, peccatum non haberent, scilicet infidelitatis, hoc enim est peccatum quo tenentur cuncta peccata. Sed accipitur fides pro conscientia, quia interdum per poenas quas quis patienter sustinet, consequitur remissionem peccati cuius conscientiam non habet.
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[51375] IIIª q. 86 a. 3 ad 2
2. In quel testo di S. Ambrogio "la fede" non è la virtù per cui crediamo in Cristo: poiché, come insegna S. Agostino spiegando le parole di Cristo, "Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero contratto il peccato", cioè il peccato d'incredulità: "Questo infatti è il peccato che regge tutti i peccati". Ma "fede" sta qui al posto di coscienza: poiché capita che uno consegua la remissione dei peccati, di cui non ha coscienza, mediante le pene che pazientemente sopporta.
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[51376] IIIª q. 86 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod peccata, quamvis non sint connexa quantum ad conversionem ad bonum commutabile, sunt tamen connexa quantum ad aversionem a bono incommutabili, in qua conveniunt omnia peccata mortalia. Et ex hac parte habent rationem offensae, quam oportet per poenitentiam tolli.
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[51376] IIIª q. 86 a. 3 ad 3
3. Sebbene i peccati non siano commessi in quanto si volgono al bene commutabile, sono però commessi in quanto distolgono dal bene incommutabile. Aspetto questo che è comune a tutti i peccati mortali. Ma è sotto tale aspetto che essi sono un'offesa, la quale va eliminata dalla penitenza.
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[51377] IIIª q. 86 a. 3 ad 4 Ad quartum dicendum quod debitum exterioris rei, puta pecuniae, non contrariatur amicitiae, ex qua debitum remittitur. Et ideo potest unum dimitti sine alio. Sed debitum culpae contrariatur amicitiae. Et ideo una culpa vel offensa non remittitur sine altera. Ridiculum etiam videretur quod aliquis ab homine veniam peteret de una offensa et non de alia.
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[51377] IIIª q. 86 a. 3 ad 4
4. Il debito di beni esterni, p. es., di danaro, non è incompatibile con l'amicizia, la quale spinge a condonarlo. Ecco perché è possibile condonare un debito senza condonarne un altro. Ma il debito di colpa è incompatibile con l'amicizia. Perciò una colpa, o un'offesa non si può rimettere senza rimettere le altre. Sarebbe addirittura ridicolo che uno anche a un uomo chiedesse il perdono di un'offesa senza chiederlo per le altre.
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[51378] IIIª q. 86 a. 3 ad 5 Ad quintum dicendum quod dilectio qua Deus diligit hominis naturam, non ordinatur ad bonum gloriae, a qua impeditur homo per quodlibet mortale peccatum. Sed dilectio gratiae, per quam fit remissio peccati mortalis, ordinat hominem ad vitam aeternam, secundum illud Rom. VI, gratia Dei vita aeterna. Unde non est similis ratio.
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[51378] IIIª q. 86 a. 3 ad 5
5. L'amore, col quale Dio ama la natura di un uomo, non è ordinato al bene della gloria, da cui l'uomo viene distolto con qualsiasi peccato mortale. Invece l'amore (soprannaturale) della grazia, da cui deriva la remissione del peccato mortale, ordina l'uomo alla vita eterna, secondo l'espressione paolina: "Grazia di Dio è la vita eterna". Dunque il paragone non regge.
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