Terza Parte > Cristo > La discesa di Cristo agli inferi > Se Cristo sia disceso anche nell'inferno dei dannati
Tertia pars
Quaestio 52
Articulus 2
[49201] IIIª q. 52 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Christus descenderit etiam ad Infernum damnatorum. Dicitur enim ex ore divinae sapientiae, Eccli. XXIV, penetrabo omnes inferiores partes terrae. Sed inter partes inferiores terrae computatur etiam Infernus damnatorum, secundum illud Psalmi, introibunt in inferiora terrae. Ergo Christus, qui est Dei sapientia, etiam usque ad Infernum damnatorum descendit.
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Terza parte
Questione 52
Articolo 2
[49201] IIIª q. 52 a. 2 arg. 1
SEMBRA che Cristo sia disceso anche nell'inferno dei dannati. Infatti:
1. L'Ecclesiastico mette sulla bocca della Sapienza divina queste parole: "Penetrerò tutte le parti inferiori della terra". Ma tra le parti inferiori della terra rientra anche l'inferno dei dannati, stando alle parole dei Salmi: "Entreranno nei luoghi inferiori della terra". Perciò Cristo, che è la Sapienza di Dio, discese fino all'inferno dei dannati.
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[49202] IIIª q. 52 a. 2 arg. 2 Praeterea, Act. II dicit Petrus quod Deus Christum suscitavit, solutis doloribus Inferni, iuxta quod impossibile erat teneri illum ab eo. Sed dolores non sunt in Inferno patrum, neque etiam in Inferno puerorum, qui non puniuntur poena sensus propter peccatum actuale, sed solum poena damni propter peccatum originale. Ergo Christus descendit in Infernum damnatorum, vel etiam in Purgatorium, ubi homines puniuntur poena sensus pro peccatis actualibus.
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[49202] IIIª q. 52 a. 2 arg. 2
2. S. Pietro ha affermato, che "Dio ha risuscitato Cristo, liberandolo dai dolori dell'inferno, perché non era possibile che vi fosse trattenuto". Ma nell'inferno dei Patriarchi non c'erano i dolori: e neppure c'erano nell'inferno dei bambini, i quali non sono puniti con la pena del senso per il peccato attuale, ma solo con la pena del danno per il peccato originale. Dunque Cristo discese all'inferno dei dannati, oppure in purgatorio, dove gli uomini sono puniti con la pena del senso per i peccati attuali.
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[49203] IIIª q. 52 a. 2 arg. 3 Praeterea, I Pet. III dicitur quod Christus his qui in carcere conclusi erant, spiritu veniens praedicavit, qui increduli fuerant aliquando, quod, sicut Athanasius dicit, in epistola ad Epictetum, intelligitur de descensu Christi ad Inferos. Dicit enim quod corpus Christi fuit in sepulcro positum, quando ipse perrexit praedicare his qui in custodia erant spiritibus, sicut dixit Petrus. Constat autem quod increduli erant in Inferno damnatorum. Ergo Christus ad Infernum damnatorum descendit.
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[49203] IIIª q. 52 a. 2 arg. 3
3. Nella sua prima lettera S. Pietro scrive, che "Cristo è venuto in spirito per predicare a quelli che erano in carcere, e che un tempo erano stati increduli"; parole che S. Atanasio riferisce alla discesa di Cristo all'inferno. Scrive infatti che "il corpo di Cristo fu posto nel sepolcro, quando egli andò a predicare agli spiriti che erano prigionieri, come dice S. Pietro". Ora, si sa che gli increduli si trovano nell'inferno dei dannati. Perciò Cristo discese nell'inferno dei dannati.
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[49204] IIIª q. 52 a. 2 arg. 4 Praeterea, Augustinus dicit, in epistola ad Evodium, si in illum Abrahae sinum Christum mortuum venisse sacra Scriptura dixisset non nominato Inferno eiusque doloribus, miror si quisquam eum ad Inferos descendisse asserere auderet. Sed quia evidentia testimonia et Infernum commemorant et dolores, nulla causa occurrit cur illo credatur venisse salvator, nisi ut ab eisdem doloribus salvos faceret. Sed locus dolorum est Infernus damnatorum. Ergo Christus in Infernum damnatorum descendit.
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[49204] IIIª q. 52 a. 2 arg. 4
4. S. Agostino osserva: "Se la Sacra Scrittura avesse detto che Cristo da morto era venuto nel seno di Abramo, senza nominare l'inferno e i suoi dolori, mi stupirei che si osasse affermare che era disceso agli inferi. Ma poiché testimonianze evidenti nominano l'inferno e i suoi dolori, non c'è da credere che il Salvatore sia andato là per altro motivo, che per salvare le anime da quei dolori". Ma il luogo dei dolori è l'inferno dei dannati. Dunque Cristo discese nell'inferno dei dannati.
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[49205] IIIª q. 52 a. 2 arg. 5 Praeterea, sicut Augustinus dicit, in quodam sermone de passione, Christus ad Infernum descendens omnes iustos qui originali peccato adstricti tenebantur, absolvit. Sed inter illos erat etiam Iob, qui de seipso dicit, Iob XVII, in profundissima Inferni descendent omnia mea. Ergo Christus etiam usque ad profundissimum Inferni descendit.
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[49205] IIIª q. 52 a. 2 arg. 5
5. Altrove S. Agostino afferma che Cristo nel discendere all'inferno "prosciolse tutti i giusti che vi si trovavano prigionieri per il peccato originale". Ora, tra costoro c'era anche Giobbe, il quale aveva detto di se stesso: "Tutto ciò che mi appartiene scenderà nel più profondo dell'inferno". Quindi Cristo discese fino all'inferno più profondo.
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[49206] IIIª q. 52 a. 2 s. c. Sed contra est quod de Inferno damnatorum dicitur, Iob X, antequam vadam, et non revertar, ad terram tenebrosam et opertam mortis caligine, et cetera. Nulla autem est conventio lucis ad tenebras, ut dicitur II Cor. VI. Ergo Christus, qui est lux, ad illum Infernum damnatorum non descendit.
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[49206] IIIª q. 52 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Parlando dell'inferno dei dannati Giobbe diceva: "Prima che io vada, per non tornare, verso la terra tenebrosa e coperta di caligine di morte, ecc.". Ora, a detta di S. Paolo, non c'è nessun "commercio tra la luce e le tenebre". Perciò Cristo, che è la luce, non discese nell'inferno dei dannati.
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[49207] IIIª q. 52 a. 2 co. Respondeo dicendum quod dupliciter dicitur aliquid alicubi esse. Uno modo, per suum effectum. Et hoc modo Christus in quemlibet Infernum descendit, aliter tamen et aliter. Nam in Infernum damnatorum habuit hunc effectum quod, descendens ad Inferos, eos de sua incredulitate et malitia confutavit. Illis vero qui detinebantur in Purgatorio, spem gloriae consequendae dedit. Sanctis autem patribus, qui pro solo peccato originali detinebantur in Inferno, lumen aeternae gloriae infudit. Alio modo dicitur aliquid esse alicubi per suam essentiam. Et hoc modo anima Christi descendit solum ad locum Inferni in quo iusti detinebantur, ut quos ipse per gratiam interius visitabat secundum divinitatem, eos etiam secundum animam visitaret et loco. Sic autem in una parte Inferni existens, effectum suum aliqualiter ad omnes Inferni partes derivavit, sicut, in uno loco terrae passus, totum mundum sua passione liberavit.
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[49207] IIIª q. 52 a. 2 co.
RISPONDO: Uno può trovarsi in un luogo in due maniere. Primo mediante i suoi effetti. In tal modo si può dire che Cristo discese in ogni parte dell'inferno: però con effetti diversi. Infatti nell'inferno dei dannati egli produsse l'effetto di confondere la loro incredulità e la loro malizia. A coloro invece che si trovavano in purgatorio diede la speranza di raggiungere la gloria. Ai santi Patriarchi poi, che erano all'inferno solo per il peccato originale, infuse la luce della gloria eterna.
Secondo, si può dire che uno è in un dato luogo col proprio essere. E in tal modo l'anima di Cristo discese in quella parte dell'inferno in cui erano detenuti i giusti: poiché volle visitare localmente con la propria anima, coloro che visitava interiormente mediante la grazia con la propria divinità. E così portandosi in una sola parte dell'inferno irradiò in qualche modo la sua azione in tutte le parti di esso; come soffrendo la sua passione in un solo luogo della terra, liberò con essa tutto il mondo.
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[49208] IIIª q. 52 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Christus, qui est Dei sapientia, penetravit omnes inferiores partes terrae, non localiter, secundum animam omnes circumeundo; sed effectum suae potentiae aliqualiter ad omnes extendendo. Ita tamen quod solos iustos illuminavit, sequitur enim, et illuminabo omnes sperantes in domino.
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[49208] IIIª q. 52 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Cristo, che è la Sapienza di Dio, "ha penetrato tutte le parti inferiori della terra", non già percorrendole tutte localmente con la sua anima; bensì estendendo a tutte in qualche modo gli effetti della sua potenza. Tuttavia egli non ha illuminato che i giusti; poiché nel passo citato seguono le parole: "E illuminerò tutti quelli che sperano nel Signore".
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[49209] IIIª q. 52 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod duplex est dolor. Unus de passione poenae, quam patiuntur homines pro peccato actuali, secundum illud Psalmi, dolores Inferni circumdederunt me. Alius autem dolor est de dilatione speratae gloriae, secundum illud Proverb. XIII, spes quae differtur, affligit animam. Quem quidem dolorem etiam patiebantur sancti patres in Inferno. Ad quod significandum Augustinus, in sermone de passione, dicit quod lacrymabili obsecratione Christum orabant. Utrosque autem dolores Christus solvit ad Infernum descendens, aliter tamen et aliter. Nam dolores poenarum solvit praeservando ab eis, sicut medicus dicitur solvere morbum a quo praeservat per medicinam. Dolores autem causatos ex dilatione gloriae actualiter solvit, gloriam praebendo.
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[49209] IIIª q. 52 a. 2 ad 2
2. Esistono due specie di dolore. Il primo è dovuto alla sofferenza della pena, subita dagli uomini per il peccato attuale; ad essa si riferiscono le parole del Salmista: "I dolori dell'inferno mi hanno circondato". - Il secondo è il dolore derivante dalla dilazione della gloria sperata, secondo l'allusione dei Proverbi: "La speranza differita affligge l'anima". Codesto dolore era sofferto nell'inferno anche dai santi Patriarchi. E S. Agostino accennando ad esso afferma, che "pregavano Cristo supplicandolo con lacrime".
Ebbene, Cristo col discendere agli inferi mise fine a entrambe le specie di dolore: però in maniera diversa. Infatti pose fine ai dolori dei castighi preservando da essi: come di un medico può dirsi che mette fine a una malattia preservando da essa con l'opportuna medicina. E mise fine sull'istante ai dolori causati dalla dilazione della gloria, donando la gloria.
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[49210] IIIª q. 52 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod illud quod ibi dicit Petrus, a quibusdam refertur ad descensum Christi ad Inferos, sic exponentes verbum illud, his qui in carcere conclusi erant, idest in Inferno, spiritu, idest secundum animam, Christus veniens praedicavit, qui increduli fuerant aliquando. Unde et Damascenus dicit, in III libro, quod, sicut his qui in terra sunt evangelizavit, ita et his qui in Inferno, non quidem ut incredulos ad fidem converteret, sed ut eorum infidelitatem confutaret. Quia et ipsa praedicatio nihil aliud intelligi potest quam manifestatio divinitatis eius, quae manifestata est infernalibus per virtuosum descensum Christi ad Inferos. Augustinus tamen melius exponit, in epistola ad Evodium, ut referatur, non ad descensum Christi ad Inferos, sed ad operationem divinitatis eius, quam exercuit a principio mundi. Ut sit sensus quod his qui in carcere conclusi erant, viventes scilicet in corpore mortali, quod est quasi quidam carcer animae, spiritu suae divinitatis veniens praedicavit, per internas inspirationes, et etiam exteriores admonitiones per ora iustorum, his, inquam, praedicavit qui increduli fuerant aliquando, Noe scilicet praedicanti, quando expectabant Dei patientiam, per quam differebatur poena diluvii. Unde subdit, in diebus Noe, cum fabricaretur arca.
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[49210] IIIª q. 52 a. 2 ad 3
3. Alcuni riferiscono alla discesa di Cristo all'inferno quelle parole di S. Pietro, dando loro questo significato: "A coloro che erano chiusi in carcere", cioè nell'inferno, "e che un tempo erano stati increduli, Cristo venne a predicare in spirito", cioè con la sua anima. Infatti il Damasceno scrive, che "come evangelizzò quelli che erano sulla terra, così fece con quelli che erano nell'inferno": non già per convertirli alla fede, ma "per confondere la loro incredulità". Poiché in codesta predicazione non si può vedere altro che la manifestazione della divinità di Cristo, mediante la sua irresistibile discesa agli inferi manifestata agli esseri infernali.
Tuttavia S. Agostino ne dà un'esegesi migliore: riferendo le parole suddette non alla discesa di Cristo agli inferi, bensì agli interventi della sua divinità fin dal principio del mondo. E allora si ha questo senso, che egli "venne a predicare" con interne ispirazioni e con le esterne ammonizioni dei giusti, "a coloro che erano in carcere", che cioè vivevano in un corpo mortale, il quale è come il carcere dell'anima, "con lo spirito" della sua divinità: "a coloro", dico, "egli ha predicato che erano stati increduli un tempo", cioè alla predicazione di Noè, vale a dire "quando essi facevano assegnamento sulla pazienza di Dio", che differiva il castigo del diluvio. Infatti nel testo si aggiunge: "Ai giorni di Noè, quando si costruiva l'arca".
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[49211] IIIª q. 52 a. 2 ad 4 Ad quartum dicendum quod sinus Abrahae potest secundum duo considerari. Uno modo, secundum quietem quae ibi erat a poena sensibili. Et quantum ad hoc non competit ei nec nomen Inferni, nec sunt ibi aliqui dolores. Alio modo potest considerari quantum ad privationem gloriae speratae. Et secundum hoc habet rationem Inferni et doloris. Et ideo nunc dicitur sinus Abrahae illa requies beatorum, non tamen dicitur Infernus, nec dicuntur nunc in sinu Abrahae esse dolores.
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[49211] IIIª q. 52 a. 2 ad 4
4. Il "seno di Abramo" si può considerare sotto due aspetti. Primo, per l'esenzione che vi si godeva dalla pena del senso. E sotto tale aspetto ad esso non si addiceva il nome d'inferno, né vi si riscontravano dei dolori. Secondo, si può considerare quale privazione della gloria sperata. E da questo lato esso presentava l'aspetto d'inferno e di dolore. Ecco perché adesso per seno di Abramo s'intende la sede dei beati: ma non può chiamarsi inferno, né si ammettono dolori nel seno di Abramo.
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[49212] IIIª q. 52 a. 2 ad 5 Ad quintum dicendum quod, sicut Gregorius ibidem dicit, ipsa superiora loca Inferni profundissimum Infernum vocat. Si enim, quantum ad celsitudinem caeli, aer iste caliginosus Infernus est; quantum ad eiusdem aeris altitudinem, terra, quae inferius iacet, et Infernus intelligi, et profundum potest. Quantum vero ad eiusdem terrae altitudinem, illa loca Inferni quae superiora sunt aliis receptaculis Inferni, hoc modo Inferni profundissimi appellatione significantur.
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[49212] IIIª q. 52 a. 2 ad 5
5. A detta di S. Gregorio, Giobbe chiama "profondissimo inferno" anche le parti meno profonde di esso. Confrontata infatti con l'altezza del cielo anche la nostra atmosfera è un inferno tenebroso; e a confronto con l'altezza della nostra atmosfera la terra sottostante può essere chiamata un inferno e un luogo profondo. E confrontata all'altezza stessa della terra le parti superiori dell'inferno possono essere designate con le parole "il più profondo dell'inferno".
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