Terza Parte > Cristo > Sottomissione di Cristo al Padre > Se si possa dire che Cristo è sottomesso al Padre
Tertia pars
Quaestio 20
Articulus 1
[47773] IIIª q. 20 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod non sit dicendum Christum esse subiectum patri. Omne enim quod subiicitur Deo patri, est creatura, quia, ut dicitur in libro de Ecclesiast. Dogmat., in Trinitate nihil est serviens neque subiectum. Sed non est simpliciter dicendum quod Christus sit creatura, ut supra dictum est. Ergo etiam non est simpliciter dicendum quod Christus sit Deo patri subiectus.
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Terza parte
Questione 20
Articolo 1
[47773] IIIª q. 20 a. 1 arg. 1
SEMBRA che non si possa dire che Cristo è sottomesso al Padre. Infatti:
1. Ogni cosa che è sottomessa a Dio Padre, è creatura; perché, come si legge nel De Ecclesiasticis Dogmatibus, "nella Trinità nessuno è servo né sottoposto". Ma non si può dire in senso assoluto che Cristo sia creatura, come si è visto precedentemente. Dunque non si può neppure dire in senso assoluto che Cristo sia sottomesso al Padre.
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[47774] IIIª q. 20 a. 1 arg. 2 Praeterea, ex hoc dicitur aliquid Deo subiectum, quod est eius dominio serviens. Sed humanae naturae in Christo non potest attribui servitus, dicit enim Damascenus, in III libro, sciendum quod neque servam ipsam, humanam scilicet naturam Christi, dicere possumus. Servitutis enim et dominationis nomen non naturae sunt cognitiones, sed eorum quae ad aliquid, quemadmodum paternitatis et filiationis. Ergo Christus secundum humanam naturam non est subiectus Deo patri.
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[47774] IIIª q. 20 a. 1 arg. 2
2. Sottomesso a Dio è ciò che serve al suo dominio. Ma non si può attribuire la servitù alla natura umana di Cristo: dice infatti il Damasceno che "non la possiamo chiamare serva" la natura umana di Cristo. "Perché i nomi di servitù e di dominio non indicano delle sostanze, ma delle relazioni, come la paternità e la filiazione". Dunque Cristo secondo la natura umana non è sottomesso a Dio Padre.
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[47775] IIIª q. 20 a. 1 arg. 3 Praeterea, I Cor. XV dicitur, cum autem subiecta fuerint illi omnia, tunc ipse filius subiectus erit illi qui sibi subiecit omnia. Sed, sicut dicitur Heb. II, nunc necdum videmus ei subiecta omnia. Ergo nondum ipse est subiectus patri, qui ei subiecit omnia.
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[47775] IIIª q. 20 a. 1 arg. 3
3. Scrive S. Paolo: "Quando avrà assoggettato a lui tutte le cose, allora anch'egli, il Figlio, si sottometterà a colui che gli ha sottomesso ogni cosa". Ma, come osserva lo stesso Apostolo, "al presente non vediamo ancora tutte le cose a lui sottomesse". Dunque non ancora egli stesso è sottomesso al Padre, che a lui tutto ha assoggettato.
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[47776] IIIª q. 20 a. 1 s. c. Sed contra est quod dicitur Ioan. XIV, pater maior me est. Et Augustinus dicit, in I de Trin., non immerito Scriptura utrumque dicit, aequalem patri filium; et patrem maiorem filio. Illud enim propter formam Dei, hoc autem propter formam servi, sine ulla confusione intelligitur. Sed minor est subiectus maiori. Ergo Christus, secundum formam servi, est patri subiectus.
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[47776] IIIª q. 20 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Cristo dichiara: "Il Padre è più grande di me". E S. Agostino osserva: "Non senza ragione la Scrittura dice tutte e due le cose: che il Figlio è uguale al Padre e che il Padre è più grande del Figlio. La prima cosa si spiega per la forma di Dio, la seconda per la forma di servo, senza alcuna confusione". Ma il più piccolo è sottomesso al più grande. Dunque Cristo secondo la forma di servo è sottomesso al Padre.
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[47777] IIIª q. 20 a. 1 co. Respondeo dicendum quod cuilibet habenti aliquam naturam conveniunt ea quae sunt propria illius naturae. Natura autem humana ex sui conditione habet triplicem subiectionem ad Deum. Unam quidem secundum gradum bonitatis, prout scilicet natura divina est ipsa essentia bonitatis, ut patet per Dionysium, I cap. de Div. Nom.; natura autem creata habet quandam participationem divinae bonitatis, quasi radiis illius bonitatis subiecta. Secundo, humana natura subiicitur Deo quantum ad Dei potestatem, prout scilicet humana natura, sicut et quaelibet creatura, subiacet operationi divinae dispositionis. Tertio modo, specialiter humana natura Deo subiicitur per proprium suum actum, inquantum scilicet propria voluntate obedit mandatis eius. Et hanc triplicem subiectionem ad patrem Christus de seipso confitetur. Primam quidem, Matth. XIX, quid me interrogas de bono? Unus est bonus Deus. Ubi Hieronymus dicit quod, quia eum magistrum vocaverat bonum, et non Deum vel Dei filium confessus erat, dixit quamvis sanctum hominem in comparatione Dei non esse bonum. Per quod dedit intelligere quod ipse, secundum humanam naturam, non pertingebat ad gradum bonitatis divinae. Et quia in his quae non mole magna sunt, idem est esse maius quod melius, ut Augustinus dicit, in VI de Trin.; ex hac ratione pater dicitur maior Christo secundum humanam naturam. Secunda autem subiectio Christo attribuitur, inquantum omnia quae circa humanitatem Christi acta sunt, divina dispositione gesta creduntur. Unde dicit Dionysius, IV cap. Cael. Hier., quod Christus subiicitur Dei patris ordinationibus. Et haec est subiectio servitutis, secundum quod omnis creatura Deo servit, eius ordinationi subiecta, secundum illud Sap. XVI, creatura tibi factori deserviens. Et secundum hoc etiam filius Dei, Philipp. II, dicitur formam servi accipiens. Tertiam etiam subiectionem attribuit sibi ipsi, Ioan. VIII, dicens, quae placita sunt ei, facio semper. Et haec est subiectio obedientiae. Unde dicitur Philipp. II quod factus est obediens patri usque ad mortem.
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[47777] IIIª q. 20 a. 1 co.
RISPONDO: A chiunque possiede una natura si possono attribuire le proprietà di essa. Ma la natura umana ha per se stessa una triplice sottomissione a Dio. Una secondo il grado di bontà: per il fatto che la natura divina è l'essenza stessa della bontà, come risulta da Dionigi, mentre la natura creata ha una partecipazione della bontà divina, quasi soggetto su cui s'irradia quella bontà. - Secondo, la natura umana è sottomessa a Dio per il potere che questi esercita su di essa, perché la natura umana come ogni creatura è sottoposta alle disposizioni della provvidenza divina. - Terzo, la natura umana è sottomessa a Dio in modo speciale per sua propria iniziativa, in quanto cioè con la sua volontà obbedisce alle leggi divine.
Cristo ha espressamente riconosciuto questa triplice sottomissione al Padre. La prima, dicendo: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono: Dio". E S. Girolamo commenta: "Perché l'aveva chiamato maestro buono e non l'aveva riconosciuto come Dio o come Figlio di Dio, ha replicato che l'uomo per quanto santo non è buono a confronto di Dio". Con questo faceva capire che egli secondo la sua natura umana rimaneva al di sotto della bontà divina. E poiché "nelle cose che non hanno quantità, l'essere più grande s'identifica con l'essere migliore", come scrive S. Agostino, per questa ragione il Padre viene detto "maggiore di Cristo" secondo la natura umana.
La seconda sottomissione si riconosce a Cristo in quanto la provvidenza divina ha disposto tutti gli avvenimenti relativi alla sua umanità. Per questo Dionigi afferma che Cristo "è sottoposto alle disposizioni di Dio Padre". Questa è la sottomissione della servitù, e "ogni creatura serve Dio", sottoposta com'è ai suoi ordini, secondo le parole della Sapienza: "La creatura è soggetta a te suo Creatore". E in tal senso sta scritto che il Figlio stesso di Dio "ha preso la forma di servo".
Cristo attribuisce a se stesso anche la terza sottomissione, dicendo: "Io faccio sempre quello che è di suo gradimento". E questa è la sottomissione dell'obbedienza. Per cui si dice, che "egli si è fatto obbediente al Padre fino alla morte".
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[47778] IIIª q. 20 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut non est simpliciter intelligendum quod Christus sit creatura, sed solum secundum humanam naturam, sive apponatur ei determinatio sive non, ut supra dictum est; ita etiam non est simpliciter intelligendum quod Christus sit subiectus patri, sed solum secundum humanam naturam, etiam si haec determinatio non apponatur. Quam tamen convenientius est apponere, ad evitandum errorem Arii, qui posuit filium minorem patre.
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[47778] IIIª q. 20 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come non si può dire senza restrizioni che Cristo è creatura, ma soltanto secondo la natura umana, e questa restrizione va sottintesa, come abbiamo visto, anche se non è espressa, così non si può dire in senso assoluto che Cristo sia soggetto al Padre, ma solo secondo la natura umana, anche se la restrizione non si fa esplicitamente. Però è meglio esprimerla, per evitare l'errore di Ario, il quale riteneva il Figlio inferiore al Padre.
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[47779] IIIª q. 20 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod relatio servitutis et dominii fundatur super actione et passione, inquantum scilicet servi est moveri a domino secundum imperium. Agere autem non attribuitur naturae sicut agenti, sed personae, actus enim suppositorum sunt et singularium, secundum philosophum. Attribuitur tamen actio naturae sicut ei secundum quam persona vel hypostasis agit. Et ideo, quamvis non proprie dicatur quod natura sit domina vel serva, potest tamen proprie dici quod aliqua hypostasis vel persona sit domina vel serva secundum hanc vel illam naturam. Et secundum hoc, nihil prohibet Christum dicere patri subiectum, vel servum, secundum humanam naturam.
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[47779] IIIª q. 20 a. 1 ad 2
2. La relazione di servitù e di dominio si basa sull'azione e sulla passione, perché è proprio del servo muoversi per comando del padrone. Ora, l'operare non si attribuisce alla natura come soggetto agente, ma alla persona, perché "le azioni sono proprie dei suppositi e degli individui", come insegna il Filosofo. Nondimeno l'operare si attribuisce alla natura come principio secondo il quale la persona o ipostasi agisce. Perciò, sebbene non sia esatto dire che la natura è signora o serva, tuttavia si dice con proprietà di linguaggio che un'ipostasi, o persona, è signora o serva secondo una determinata natura. In tal senso niente impedisce di affermare che Cristo è soggetto al Padre o suo servo secondo la natura umana.
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[47780] IIIª q. 20 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod, sicut Augustinus dicit, in I de Trin., tunc Christus tradet regnum Deo et patri, quando iustos, in quibus nunc regnat per fidem, perducturus est ad speciem, ut scilicet videant ipsam essentiam communem patri et filio. Et tunc totaliter erit patri subiectus non solum in se, sed etiam in membris suis, per plenam participationem divinae bonitatis. Tunc etiam omnia erunt plene ei subiecta per finalem impletionem suae voluntatis de eis. Licet etiam modo sint omnia ei subiecta quantum ad potestatem, secundum illud Matth. ult., data est mihi omnis potestas in caelo et in terra, et cetera.
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[47780] IIIª q. 20 a. 1 ad 3
3. Come intende S. Agostino, "Cristo riconsegnerà il regno al suo Dio e Padre, quando i giusti, nei quali adesso regna con la fede, raggiungeranno per lui la visione", ossia vedranno la stessa essenza divina comune al Padre e al Figlio. Allora egli sarà totalmente soggetto al Padre, perché lo sarà non solo in se stesso ma anche nelle sue membra, ammesse alla partecipazione piena della bontà divina. Allora le cose stesse nella loro totalità gli saranno soggette per il compimento finale della sua volontà in esse. Sebbene anche adesso tutte le cose siano soggette al suo potere, secondo la sua affermazione: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra".
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