BENE (morale)
E’ il bene che l’uomo è chiamato a compiere
con le proprie azioni. Mentre il bene ontologico è “ il bene che si trova oggettivamente nelle cose e viene messo in atto da Dio o direttamente o tramite alcune
creature, il bene morale è il bene attuato dall’uomo stesso mediante il
proprio agire, e grazie al quale l’uomo stesso diviene moralmente buono. Nelle
creature prive di ragione la bontà ontologica è tutto;
nell’uomo invece la bontà ontologica è soltanto l’inizio, il presupposto del
bene morale. Gli esseri privi di ragione sono già buoni,
l’uomo, per contro, ha il privilegio di diventare buono (o cattivo)
mediante l’esercizio della libertà. di bene dell’uomo (bonum hominis) in senso pieno e assoluto va ricercato nella
buona operazione o nel giusto uso delle cose che egli possiede. Ora, noi
facciamo uso di tutte le cose per mezzo della volontà. Perciò si dice che un uomo è buono in base alla buona volontà con cui
fa buon uso delle cose che possiede (ex bona voluntate, qua homo bene utitur rebus habitis, dicitur homo bonus); mentre a causa della
cattiva volontà si dice cattivo
“ma1us” (I, q.
Oggetto della volontà è senz’altro
il bene, perché la volontà non può avere altro oggetto
all’infuori del bene; ma la volontà umana persegue il bene liberamente e perciò
può anche fallirne il raggiungimento. Infatti la volontà è un appetito
razionale. Ora ogni appetito ha per oggetto il bene
soltanto (appetitus
non est nisi boni). E
il motivo sta nel fatto che l’appetito consiste precisamente nella inclinazione dell’appetente verso un oggetto. Ma
nessun essere prova inclinazione verso cose a lui non
conformi e non convenienti. E siccome ogni cosa, in
quanto ente o sostanza, è un bene, è necessario che ogni sua inclinazione sia
orientata verso un bene (...). Ora, bisogna considerare che, derivando
ogni inclinazione da una data forma, l’appetito naturale dipende dalla forma
che si trova nella natura (cioè nell’essenza dell’ente stesso); mentre l’appetito
sensitivo e quello intellettivo o razionale, chiamato volontà, dipendono dalle
forme ricevute dalla percezione. Perciò come l’oggetto verso cui tende l’appetito naturale è il bene esistente nella
realtà, così l’oggetto verso cui tende l’appetito animale o quello volontario è
il bene conosciuto. E quindi, perché la volontà tenda
verso un oggetto, non è necessario che esso sia un vero bene, ma che sia conosciuto
sotto l’aspetto di bene (quod apprehendatur in ratione boni)” (I-II, q.
1. DIVISIONE
S. Tommaso presenta
molte divisioni del bene morale, ma due primeggiano su tutte le altre. La
prima ha come punto di riferimento l’uomo, ed è indubbiamente importante
perché il bene morale è per definizione bene dell’uomo. In rapporto all’uomo il
bene viene diviso ora in due specie: bene dell’anima o
bene spirituale e bene del corpo o bene materiale e temporale (cfr. II, q.
2. BONTA'
DELL’ATTO UMANO
Perché gli atti umani siano
moralmente buoni - contribuiscano cioè a rendere
buono l’uomo - non basta la bontà
ontologica dell’atto, perché ontologicamente
l’atto è sempre buono nella misura in cui partecipa all’essere;
e non basta neppure la bontà dell’oggetto cui l’atto
è diretto. Per la bontà morale questi due elementi non bastano; ne occorrono altri tre: il fine, i mezzi e le circostanze. Se viene a mancare anche uno solo di questi cinque coefficienti,
l’atto diventa cattivo: “Bonum ex
integra causa, malum ex quocuinque
defectu”, non si stanca di ripetere S. Tommaso (cfr. I-II, q.
(V. BENE ONTOLOGICO, BEATITUDINE, VIRTÙ, VIZIO,
ATTO UMANO)