PACE È
quella tranquillitas ordinis (tranquillità dell'ordine), una
disposizione armonica e pacifica, di cui gode la società quando tutto
funziona bene al suo interno e non paventa pericoli dall'esterno. Due sono
pertanto le principali espressioni della pace: internazionale e sociale. La
pace internazionale riguarda i rapporti dì uno Stato con gli altri, mentre la
pace sociale riguarda i rapporti tra le classi e gli individui di uno stesso
Stato (nazione). C'è però anche una terza forma di pace, la pace personale o
interiore, che è quella di cui uno gode dentro se stesso quando è in pace con
la propria coscienza e con Dio. Nel
pensiero antico si accenna alla pace trattando del suo opposto, la guerra, e
in generale quando si parla (Platone, gli Stoici, Plotino) della tranquillità
dell'animo e della concordia tra gli animi, quale condizione di una
repubblica ideale. Nel pensiero cristiano, dove la pace assume un valore
eminentemente morale e ha come ultimo fondamento Dio e l'unione con lui, il
tema viene approfondito soprattutto da Agostino e Tommaso. Agostino è, tra
l'altro, l'autore della più celebre definizione della pace: “Est
tranquillitas ordini “(De civ. cìv. Dei, XIX, 13, 1); uno stato dunque “in cui non vi è contraddizione
alcuna, nulla resiste e nulla vi è avverso” (Enarrat in ps. 84, 10).
Nella pace, spiega Agostino, è la perfezione; pertanto i pacifici, composti
tutti i moti del loro animo nel dominio della ragione, formano il regno di
Dio, “in cui tutte le case sono così ordinate che, quanto è nell'uomo più
importante ed eccellente senza che trovi riluttanza, comanda a quel che
rimane in noi e che abbiamo in comune con i bruti; e quel che eccelle
nell’uomo, ossia la mente e la ragione, a sua volta si sottomette a ciò che è
migliore: alla stessa Verità, cioè all'unigenito Figlio di Dio” (De sermone
Domini in monte 1, 9).
Secondo S. Tommaso la pace è un valore perseguito da tutte le
creature. Tutte le cose amano d'aver la pace verso se stesse e di essere
unite a se stesse, volendo che rimangano immobilmente e senza caduta le
proprie nature e tutto ciò che loro appartiene. È il desiderio della pace
derivato da Dio. Ogni cosa desidera e ama ciò che le è conforme, fugge ciò
che le è contrario; ogni cosa ama, perciò, la pace, ossia desidera di
giungere tranquillamente e senza impedimenti all'oggetto bramato. Ma la pace
è un valore fondamentale perseguito soprattutto dall'uomo, ed è essenziale
per la sua felicità. Nell’uomo la pace, essendo tranquillità dell'ordine,
registra tre livelli di attuazione, poiché in lui c'è un triplice ordine:
l'ordine dell'uomo verso se stesso, l'ordine dell'uomo verso Dio, l'ordine
dell'uomo verso il prossimo,. E così nell'uomo c'è una triplice pace: una
pace interiore veno se stesso con la calma dei suoi impulsi, una pace verso
il prossimo e una pace verso Dio con la totale sottomissione ai suoi voleri.
Senonché, osserva S. Tommaso, come l’uomo può desiderare un bene reale e un
bene apparente, così può esservi per l’uomo una pace reale e una pace
apparente. “Non può esservi vera pace che nel desiderio del vero bene; perché
qualsiasi male anche se da un certo punto di vista è bene e soddisfa così
l'appetito, ha molte carenze che lasciano l'appetito inquieto e turbato.
Perciò la vera pace non può trovarsi che nei buoni e nel bene. Mentre la pace
dei cattivi è una pace apparente e non vera. Nella Scrittura (Sap 14,
22) infatti si legge: "Essi pur vivendo in una grande guerra a motivo
della loro ignoranza, a tanti e così grandi mali danno il nome di pace” (II‑II,
q. 29, a. 2, ad 3). La pace, spiega S. Tommaso, implica due
cose: “Non essere turbati dall'esterno e l'acquietarsi del nostro desiderio
in una data cosa (haec duo importat pax: silicet ut neque ab exterioribus
perturbemur, et ut desideria nostra conquiescant in uno)” (I‑II. q. 70. a. 3).
Infatti non si dà pace chi, molestato da turbamenti esterni, non può godere del
bene amaTo. Ma neppure gode la pace quando il desiderio non viene interamente appagato a causa
dell'insufficienza del bene goduto: “Non
enim perfecte guudet de aliquo, cui non sufficit id de quo gaudet”. (ibìd.).
E poiché queste due condizioni non sono mai pienamente
realizzabili in questo mondo, ne consegue che all'uomo, sia individualmente
sia socialmente, non sarà mai consentito di raggiungere in questa vita la
pace perfetta (II‑II, q. 29, a. 2, ad 4). La
pace più che una conquista dell'uomo è un dono: dono di Dio e dono dì Gesù
Cristo. Anzitutto
la pace è dono di Dio: “Dio, la prima causa che unisce pacificamente le
creature, fa partecipi della divina pace gli Angeli, dando a ciascuno una
propria intelligenza, unendoli fra di loro con un ordine e facendoli
ascendere fino a congiungersi con le cose divine che sono collocate sopra
ogni mente (...). Dio dimostra l'effetto della sua pace in tutto l'universo,
con un complesso armonico, ordinato e indissolubile di tutte le cose. Nulla
c'è di così infimo che non partecipi dì qualche dono divino: nulla che da
questa partecipazione non abbia un'amicizia connaturale verso le altre
creature e non sia ordinato a Dio come a ultimo fine. A tutto si estende la
divina pace, perché a tutto si dà con la sua somiglianza, secondo la
proprietà di ciascuna cosa: ma a tutto sta sopra nell'abbondanza della sua
pacifica fecondità perché in Dio c'è più virtù a dar pace che non nelle cose
a riceverla. L'emanazione pertanto della pace da Dio è superiore a ogni
capacità recettiva delle cose, rimane immobile in se stessa e
sovreminentemente unita tutta a tutta se stessa, perché Dio è semplicemente
ed essenzialmente uno” (In Div. Nom., c. 11, lect. 2). In
secondo luogo la pace è dono dì Gesù Cristo, “principe della pace”. “Dio
nella sua bontà diffuse la pace nel mondo per mezzo di Gesù Cristo. Questi è
la pace, per cui liberi dal peccato, imparammo dalla dottrina e dall'esempio
di Gesù e dall'interna ispirazione dello Spirito Santo a non più far guerra
contro noi, peccando e mettendoci in contrasto con i santi Angeli. Per mezzo
di questa pace, noi operiamo secondo la nostra capacità insieme con i santi
Angeli, le cose di Dio: e ciò secondo la provvidenza e la grazia di Gesù che
opera tutto in tutti e che fa quella ineffabile pace che fu predestinata
dall'eternità. Per mezzo di questa pace noi siamo riconciliati a Cristo nello
Spirito Santo, che è Spirito d'amore e di pace, per lo stesso Cristo: e nello
stesso Cristo siamo insieme riconciliati a Dio padre” (In Ioan., c. 14, lect 7). Tre
cose fanno la pace nella vita presente: il disprezzo delle ricchezze
materiali, l'assoggettamento della concupiscenza, la contemplazione della
divina sapienza. Tre cose fanno la pace nella vita futura: la ricchezza dei
beni eterni, la sicurezza da ogni male e la stabilità. Tutto questo viene
promesso da Cristo ai suoi seguaci. “L'una e l'altra pace ci promette il
Signore. Ci promette la prima dicendo: "Vi lascio la pace, e ce la
lascia in questo mondo, affinché vinciamo il nemico e ci amiamo
scambievolmente. E’ come il testamento che Gesù ha prescritto di mantenere
(...). Il Signore ci promette la seconda pace dicendo: "Do a voi la pace,
cioè nel futuro” (ìbid.). Da
ultimo S. Tommaso precisa che la pace non è una virtù bensì il frutto più
squisito della regina dì tutte le virtù, la carità: “Siccome la pace viene
causata dalla carità in forza della stessa sua natura di amore di Dio e del
prossimo, non c'è fuori della carità un'altra virtù di cui la pace sia l'atto
peculiare» (II‑II, q. 29, a. 4).”Quindi
la pace è enumerata tra le beatitudini, che sono gli atti delle virtù
perfette. Ed è ricordata tra i frutti: in quanto è un bene finale,
accompagnato da spirituale dolcezza” (II‑II, q. 29, a. 4. ad 1). (vedi: CARITA’) _____________________________________________________ Battista
Mondin. Dizionario
enciclopedico del pensiero di S. Tommaso D'Aquino, Edizioni Studio
Domenicano, Bologna. ______________________________________________________ |