MESSAGGIO
DI SUA SANTITÀ
GIOVANNI PAOLO II
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE
DELLA PACE
1° GENNAIO 2001
DIALOGO TRA LE CULTURE
PER UNA CIVILTA DELL'AMORE E DELLA PACE
1. All'inizio di un nuovo
millennio, più viva si fa la speranza che i rapporti tra gli uomini siano
sempre più ispirati all'ideale di una fraternità veramente universale. Senza la
condivisione di questo ideale, la pace non potrà essere assicurata in modo stabile.
Molti segnali inducono a pensare che questa convinzione stia emergendo con
maggior forza nella coscienza dell'umanità. Il valore della fraternità è
proclamato dalle grandi « carte » dei diritti umani; è manifestato
plasticamente da grandi istituzioni internazionali e, in particolare,
dall'Organizzazione delle Nazioni Unite; è infine esigito,
come mai prima d'ora, dal processo di globalizzazione
che unisce in modo crescente i destini dell'economia, della cultura e della
società. La stessa riflessione dei credenti, nelle diverse religioni, si fa più
incline a sottolineare che il rapporto con l'unico Dio, Padre comune di tutti
gli uomini, non può che favorire il sentirsi e il vivere da fratelli. Nella
rivelazione di Dio in Cristo, questo principio è espresso con estrema
radicalità: « Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » (1 Gv 4,8).
2. Al tempo stesso, però,
non ci si può nascondere che le luci appena evocate sono offuscate da vaste e
dense ombre. L'umanità comincia questo nuovo tratto della sua storia con ferite
ancora aperte, è provata in molte regioni da conflitti aspri e sanguinosi,
conosce la fatica di una più difficile solidarietà nei rapporti tra uomini di
differenti culture e civiltà, ormai sempre più vicine e inter-agenti sugli stessi
territori. Tutti sanno quanto sia difficile comporre le ragioni dei
contendenti, quando gli animi sono accesi ed esasperati a causa di odi antichi
e di gravi problemi che faticano a trovare soluzione. Ma non meno pericolosa
per il futuro della pace sarebbe l'incapacità di affrontare con saggezza i
problemi posti dal nuovo assetto che l'umanità, in molti Paesi, va assumendo, a
causa dell'accelerazione dei processi migratori e della convivenza inedita che
ne scaturisce tra persone di diverse culture e civiltà.
Sono naturalmente lontano
dal pensare che, su un problema come questo, si possano offrire soluzioni
facili, pronte per l'uso. E laboriosa già la sola lettura della situazione, che
appare in continuo movimento, così da sfuggire a schemi prefissati. A ciò si
aggiunge la difficoltà di coniugare principi e valori che, pur essendo
idealmente armonizzabili, possono manifestare in concreto elementi di tensione
che non facilitano la sintesi. Resta poi, alla radice, la fatica che segna
l'impegno etico di ogni essere umano costretto a fare i conti col proprio
egoismo e i propri limiti.
Ma proprio per questo
vedo l'utilità di una riflessione corale su questa problematica. A tale scopo
mi limito qui ad offrire alcuni principi orientativi, nell'ascolto di ciò che
lo Spirito di Dio dice alle Chiese (cfr Ap 2,7) e a tutta l'umanità, in questo
decisivo passaggio della sua storia.
L'uomo e le sue
differenti culture
4. Considerando l'intera
vicenda dell'umanità, si resta sempre meravigliati di fronte alle
manifestazioni complesse e variegate delle culture umane. Ciascuna di esse si
diversifica dall'altra per lo specifico itinerario storico che la distingue, e
per i conseguenti tratti caratteristici che la rendono unica, originale e organica
nella propria struttura. La cultura è espressione qualificata dell'uomo e
della sua vicenda storica, a livello sia individuale che collettivo. Egli,
infatti, è spinto incessantemente dall'intelligenza e dalla volontà a «
coltivare i beni e i valori della natura »,(1) componendo in sintesi culturali
sempre più alte e sistematiche le fondamentali conoscenze che concernono tutti
gli aspetti della vita e, in particolare, quelle che attengono alla sua
convivenza sociale e politica, alla sicurezza ed allo sviluppo economico,
all'elaborazione di quei valori e significati esistenziali, soprattutto di
natura religiosa, che consentono alla sua vicenda individuale e comunitaria di
svolgersi secondo modalità autenticamente umane.(2)
5. Le culture sono sempre
caratterizzate da alcuni elementi stabili e duraturi e da altri dinamici e
contingenti. Ad un primo sguardo, la considerazione di una cultura fa cogliere
soprattutto gli aspetti caratteristici, che la differenziano dalla cultura
dell'osservatore, assicurandole un tipico volto, nel quale convergono elementi
della più diversa natura. Nella maggior parte dei casi, le culture si
sviluppano su territori determinati, in cui elementi geografici, storici ed
etnici si intrecciano in modo originale e irripetibile. Questa « tipicità » di
ciascuna cultura si riflette, in modo più o meno rilevante, nelle persone che
ne sono portatrici, in un dinamismo continuo di influssi subiti dai singoli
soggetti umani e di contributi che questi, secondo le loro capacità e il loro
genio, danno alla loro cultura. In ogni caso, essere uomo significa
necessariamente esistere in una determinata cultura. Ciascuna persona è
segnata dalla cultura che respira attraverso la famiglia e i gruppi umani con i
quali entra in relazione, attraverso i percorsi educativi e le più diverse
influenze ambientali, attraverso la stessa relazione fondamentale che ha con il
territorio in cui vive. In tutto questo non c'è alcun determinismo, ma una
costante dialettica tra la forza dei condizionamenti e il dinamismo della
libertà. Formazione umana e appartenenza culturale.
7. Se perciò è
importante, da un lato, saper apprezzare i valori della propria cultura,
dall'altro occorre avere consapevolezza che ogni cultura, essendo un prodotto
tipicamente umano e storicamente condizionato, implica necessariamente anche
dei limiti. Perché il senso di appartenenza culturale non si trasformi in
chiusura, un antidoto efficace è la conoscenza serena, non condizionata da
pregiudizi negativi, delle altre culture. Del resto, ad un'analisi attenta e
rigorosa, le culture mostrano molto spesso, al di sotto delle loro modulazioni
più esterne, significativi elementi comuni. Ciò è visibile anche nella
successione storica di culture e civiltà.
Le diversità culturali
vanno perciò comprese nella fondamentale prospettiva dell'unità del genere
umano, dato storico e ontologico primario, alla luce del quale è possibile
cogliere il significato profondo delle stesse diversità. In verità, soltanto la
visione contestuale sia degli elementi di unità che delle diversità rende
possibile la comprensione e l'interpretazione della piena verità di ogni
cultura umana.(6)
Diversità di
culture e reciproco rispetto
8. Nel passato le
diversità tra le culture sono state spesso fonte di incomprensioni tra i popoli
e motivo di conflitti e guerre. Ma ancor oggi, purtroppo, in diverse parti del
mondo, assistiamo, con crescente apprensione, al polemico affermarsi di
alcune identità culturali contro altre culture. Questo fenomeno può, alla
lunga, sfociare in tensioni e scontri disastrosi, e quanto meno rende penosa la
condizione di talune minoranze etniche e culturali, che si trovano a vivere nel
contesto di maggioranze culturalmente diverse, inclini ad atteggiamenti e
comportamenti ostili e razzisti.
Di fronte a questo
scenario, ogni uomo di buona volontà non può non interrogarsi circa gli orientamenti
etici fondamentali che caratterizzano l'esperienza culturale di una determinata
comunità. Le culture, infatti, come l'uomo che ne è l'autore, sono attraversate
dal « mistero di iniquità » operante nella storia umana (cfr
2 Ts 2,7) ed hanno bisogno anch'esse di
purificazione e di salvezza. L'autenticità di ogni cultura umana, il valore
dell'ethos che essa veicola, ossia la solidità del suo orientamento
morale, si possono in qualche modo misurare dal suo essere per l'uomo e per la
promozione della sua dignità ad ogni livello ed in ogni contesto.
9. Se tanto preoccupante
è il radicalizzarsi delle identità culturali che si
rendono impermeabili ad ogni benefico influsso esterno, non è però meno
rischiosa la supina omologazione delle culture, o di alcuni loro
rilevanti aspetti, a modelli culturali del mondo occidentale che, ormai
disancorati dal retroterra cristiano, sono ispirati ad una concezione
secolarizzata e praticamente atea della vita e a forme di radicale
individualismo. Si tratta di un fenomeno di vaste proporzioni, sostenuto da
potenti campagne mass-mediali, tese a veicolare stili di vita, progetti sociali
ed economici e, in definitiva, una complessiva visione della realtà, che erode
dall'interno assetti culturali diversi e civiltà nobilissime. A motivo della
loro spiccata connotazione scientifica e tecnica, i modelli culturali
dell'Occidente appaiono fascinosi ed attraenti, ma rivelano, purtroppo, con
sempre maggiore evidenza, un progressivo impoverimento umanistico, spirituale e
morale. La cultura che li genera è segnata dalla drammatica pretesa di voler
realizzare il bene dell'uomo facendo a meno di Dio, Bene sommo. Ma «la creatura
— ha ammonito il Concilio Vaticano II — senza il Creatore svanisce! ».(7) Una
cultura che rifiuta di riferirsi a Dio perde la propria anima e si disorienta
divenendo cultura di morte, come testimoniano i tragici eventi del secolo XX e
come stanno a dimostrare gli esiti nichilistici
attualmente presenti in rilevanti ambiti del mondo occidentale.
Il dialogo tra le
culture
10. Analogamente a quanto
avviene per la persona, che si realizza attraverso l'apertura accogliente
all'altro e il generoso dono di sé, anche le culture, elaborate dagli uomini e
a servizio degli uomini, vanno modellate coi dinamismi tipici del dialogo e
della comunione, sulla base dell'originaria e fondamentale unità della famiglia
umana, uscita dalle mani di Dio che « creò da uno solo tutte le nazioni degli
uomini » (At 17,26).
In questa chiave, il dialogo
tra le culture, tema del presente Messaggio per
Il dialogo porta a
riconoscere la ricchezza della diversità e dispone gli animi alla reciproca
accettazione, nella prospettiva di un'autentica collaborazione, rispondente
all'originaria vocazione all'unità dell'intera famiglia umana. Come tale, il
dialogo è strumento eminente per realizzare la civiltà dell'amore e della
pace, che il mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, ha indicato come
l'ideale a cui ispirare la vita culturale, sociale, politica ed economica del
nostro tempo. All'inizio del terzo millennio è urgente riproporre la via del
dialogo ad un mondo percorso da troppi conflitti e violenze, talvolta sfiduciato
e incapace di scrutare gli orizzonti della speranza e della pace.
Potenzialità e
rischi della comunicazione globale
11. Il dialogo tra le
culture appare oggi particolarmente necessario, se si considera l'impatto
delle nuove tecnologie della comunicazione sulla vita delle persone e dei
popoli. Siamo nell'era della comunicazione globale, che sta plasmando la
società secondo nuovi modelli culturali, più o meno estranei ai modelli del
passato. L'informazione accurata e aggiornata è, almeno in linea di principio,
praticamente accessibile a chiunque, in qualsiasi parte del mondo.
Il libero flusso delle
immagini e delle parole su scala mondiale sta trasformando non solo le
relazioni tra i popoli a livello politico ed economico, ma la stessa
comprensione del mondo. Questo fenomeno offre molteplici potenzialità un tempo
insperate, ma presenta anche alcuni aspetti negativi e pericolosi. Il fatto che
un ristretto numero di Paesi detenga il monopolio delle « industrie »
culturali, distribuendone i prodotti in ogni angolo della terra ad un pubblico
sempre crescente, può costituire un potente fattore d'erosione delle
specificità culturali. Sono prodotti che contengono e trasmettono sistemi
impliciti di valore e pertanto possono provocare effetti di espropriazione e di
perdita di identità nei recettori.
La sfida delle
migrazioni
12. Lo stile e la cultura
del dialogo sono particolarmente significativi rispetto alla complessa
problematica delle migrazioni, rilevante fenomeno sociale del nostro tempo.
L'esodo di grandi masse da una regione all'altra del pianeta, che costituisce
sovente una drammatica odissea umana per quanti vi sono coinvolti, ha come
conseguenza la mescolanza di tradizioni e di usi differenti, con ripercussioni
notevoli nei Paesi di origine ed in quelli di arrivo. L'accoglienza riservata
ai migranti da parte dei Paesi che li ricevono e la loro capacità di integrarsi
nel nuovo ambiente umano rappresentano altrettanti metri di valutazione della
qualità del dialogo tra le differenti culture.
In realtà, sul tema
dell'integrazione culturale, tanto dibattuto al giorno d'oggi, non è facile
individuare assetti e ordinamenti che garantiscano, in modo equilibrato ed
equo, i diritti e i doveri tanto di chi accoglie quanto di chi viene accolto.
Storicamente, i processi migratori sono avvenuti nei modi più diversi e con
esiti disparati. Sono molte le civiltà che si sono sviluppate e arricchite
proprio per gli apporti dati dall'immigrazione. In altri casi, le diversità
culturali di autoctoni e immigrati non si sono integrate, ma hanno mostrato la
capacità di convivere, attraverso una prassi di rispetto reciproco delle
persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi. Purtroppo
persistono anche situazioni in cui le difficoltà dell'incontro tra le diverse
culture non si sono mai risolte e le tensioni sono diventate cause di periodici
conflitti.
Rispetto delle culture
e « fisionomia culturale » del territorio
14. Più difficile è
determinare dove arrivi il diritto degli immigrati al riconoscimento giuridico
pubblico di loro specifiche espressioni culturali, che non facilmente si
compongano con i costumi della maggioranza dei cittadini. La soluzione di
questo problema, nel quadro di una sostanziale apertura, è legata alla
concreta valutazione del bene comune in un dato momento storico e in una
data situazione territoriale e sociale. Molto dipende dall'affermarsi negli
animi di una cultura dell'accoglienza che, senza cedere all'indifferentismo
circa i valori, sappia mettere insieme le ragioni dell'identità e quelle del
dialogo.
D'altra parte, come poc'anzi ho rilevato, non si può sottovalutare l'importanza
che la cultura caratteristica di un territorio possiede per la crescita
equilibrata, specie nell'età evolutiva più delicata, di coloro che vi
appartengono fin dalla nascita. Da questo punto di vista, può ritenersi un
orientamento plausibile quello di garantire a un determinato territorio un
certo « equilibrio culturale », in rapporto alla cultura che lo ha
prevalentemente segnato; un equilibrio che, pur nell'apertura alle minoranze e
nel rispetto dei loro diritti fondamentali, consenta la permanenza e lo
sviluppo di una determinata « fisionomia culturale », ossia di quel patrimonio
fondamentale di lingua, tradizioni e valori che si legano generalmente
all'esperienza della nazione e al senso della « patria ».
15. E evidente però che
questa esigenza di « equilibrio », rispetto alla « fisionomia culturale » di un
territorio, non può essere soddisfatta con puri strumenti legislativi, giacché
questi non avrebbero efficacia se privi di fondamento nell'ethos della
popolazione, e sarebbero oltre tutto naturalmente destinati a cambiare, quando
una cultura perdesse di fatto la capacità di animare un popolo e un territorio,
diventando una semplice eredità custodita in musei o monumenti artistici e
letterari.
In realtà, una cultura,
nella misura in cui è veramente vitale, non ha motivo di temere di essere
sopraffatta, mentre nessuna legge potrebbe tenerla in vita quando fosse morta
negli animi. Nella prospettiva poi del dialogo tra le culture, non si può
impedire all'uno di proporre all'altro i valori in cui crede, purché ciò
avvenga in modo rispettoso della libertà e della coscienza delle persone. « La
verità non si impone che in forza della verità stessa, la quale penetra nelle
menti soavemente e insieme con vigore ».(8)
La consapevolezza
dei valori comuni
16. Il dialogo tra le
culture, strumento privilegiato per la civiltà dell'amore, poggia sulla
consapevolezza che vi sono valori comuni ad ogni cultura, perché
radicati nella natura della persona. In tali valori l'umanità esprime i suoi
tratti più veri e qualificanti. Lasciandosi alle spalle riserve ideologiche ed
egoismi di parte, occorre coltivare negli animi la consapevolezza di questi
valori, per alimentare quell'humus culturale
di natura universale che rende possibile lo sviluppo fecondo di un dialogo
costruttivo. Anche le differenti religioni possono e devono portare un
contributo decisivo in questo senso. L'esperienza da me tante volte compiuta
nell'incontro con rappresentanti di altre religioni — ricordo in particolare
l'incontro di Assisi del 1986 e quello in Piazza san Pietro del 1999 — mi
conferma nella fiducia che dalla reciproca apertura degli aderenti alle diverse
religioni grandi benefici possono derivare alla causa della pace e del bene
comune dell'umanità.
Il valore della
solidarietà
17. Di fronte alle
crescenti disuguaglianze presenti nel mondo, il primo valore di cui
promuovere una consapevolezza sempre più diffusa è certamente quello della solidarietà.
Ogni società si regge sulla base del rapporto originario delle persone tra
loro, modulato in cerchi relazionali sempre più ampi — dalla famiglia agli
altri gruppi sociali intermedi — fino a quello dell'intera società civile e
della comunità statale. A loro volta gli Stati non possono fare a meno di entrare
in rapporto tra loro: la presente situazione di interdipendenza planetaria
aiuta a meglio percepire la comunanza di destino dell'intera famiglia umana,
favorendo in tutte le persone pensose la stima per la virtù della solidarietà.
A tale proposito, occorre
tuttavia rilevare che la crescente interdipendenza ha contribuito a mettere in
luce molteplici disparità, come lo squilibrio tra Paesi ricchi e Paesi poveri;
la frattura sociale, all'interno di ciascun Paese, tra chi vive nell'opulenza e
chi è leso nella sua dignità, perché manca anche del necessario; il degrado
ambientale e umano, provocato ed accelerato dall'uso irresponsabile delle
risorse naturali. Tali disuguaglianze e sperequazioni sociali sono andate in
alcuni casi aumentando, fino a portare i Paesi più poveri ad una inarrestabile
deriva.
Al cuore di un'autentica
cultura della solidarietà si pone, pertanto, la promozione della giustizia. Non
si tratta solo di dare il superfluo a chi è nel bisogno, ma di « aiutare interi
popoli, che ne sono esclusi o emarginati, a entrare nel circuito dello sviluppo
economico e umano. Ciò sarà possibile non solo attingendo al superfluo, che il
nostro mondo produce in abbondanza, ma soprattutto cambiando gli stili di vita,
i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che
oggi reggono le società ».(9)
Il valore della
pace
18. La cultura della
solidarietà è strettamente collegata con il valore della pace, obiettivo
primario di ogni società e della convivenza nazionale e internazionale. Nel
cammino verso una migliore intesa tra i popoli, tuttavia, numerose sono ancora
le sfide che il mondo deve affrontare: esse mettono tutti di fronte a scelte
improcrastinabili. La preoccupante crescita degli armamenti, mentre stenta a
consolidarsi l'impegno per la non proliferazione delle armi nucleari, rischia
di alimentare e di diffondere una cultura della competizione e della
conflittualità, che non coinvolge soltanto gli Stati, ma anche entità non
istituzionali, come gruppi paramilitari e organizzazioni terroristiche.
Il mondo si trova tuttora
alle prese con le conseguenze di guerre passate e presenti, con le tragedie
provocate dall'uso delle mine anti-uomo e dal ricorso alle orribili armi
chimiche e biologiche. E che dire del permanente rischio di conflitti tra
nazioni, di guerre civili all'interno di vari Stati e di una violenza diffusa,
che le organizzazioni internazionali e i governi nazionali si rivelano quasi
impotenti a fronteggiare? Dinanzi a simili minacce, tutti devono sentire il
dovere morale di operare scelte concrete e tempestive, per promuovere la causa
della pace e della comprensione tra gli uomini.
Il valore della
vita
19. Un autentico dialogo
tra le culture, oltre al sentimento del rispetto reciproco, non può non
alimentare una viva sensibilità per il valore della vita. La vita umana
non può essere vista come oggetto di cui disporre arbitrariamente, ma come la
realtà più sacra e intangibile che sia presente sulla scena del mondo. Non ci
può essere pace quando viene meno la salvaguardia di questo fondamentale bene. Non
si può invocare la pace e disprezzare la vita. Il nostro tempo conosce
luminosi esempi di generosità e di dedizione a servizio della vita, ma anche il
triste scenario di centinaia di milioni di uomini consegnati dalla crudeltà o
dall'indifferenza ad un destino doloroso e brutale. Si tratta di una tragica
spirale di morte che comprende omicidi, suicidi, aborti, eutanasia, come pure
le pratiche di mutilazione, le torture fisiche e psicologiche, le forme di
coercizione ingiusta, l'imprigionamento arbitrario, il ricorso tutt'altro che necessario alla pena di morte, le
deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, la compra-vendita di donne e
bambini. A tale lista vanno aggiunte irresponsabili pratiche di ingegneria
genetica, quali la clonazione e l'utilizzo di embrioni umani per la ricerca, a
cui si vuole dare una giustificazione con un illegittimo riferimento alla
libertà, al progresso della cultura, alla promozione dello sviluppo umano.
Quando i soggetti più
fragili e indifesi della società subiscono tali atrocità, la stessa nozione di
famiglia umana, basata sui valori della persona, della fiducia e del reciproco
rispetto e aiuto, viene ad essere gravemente intaccata. Una civiltà basata
sull'amore e sulla pace deve opporsi a queste sperimentazioni indegne
dell'uomo.
Il valore
dell'educazione
20. Per costruire la
civiltà dell'amore, il dialogo tra le culture deve tendere al superamento di
ogni egoismo etnocentrico per coniugare l'attenzione
alla propria identità con la comprensione degli altri ed il rispetto della
diversità. Si rivela fondamentale, a questo riguardo, la responsabilità
dell'educazione. Essa deve trasmettere ai soggetti consapevolezza delle
proprie radici e fornire punti di riferimento che consentano di definire la
propria personale collocazione nel mondo. Deve al tempo stesso impegnarsi ad
insegnare il rispetto per le altre culture. Occorre guardare oltre l'esperienza
individuale immediata e accettare le differenze, scoprendo la ricchezza della
storia degli altri e dei loro valori.
La conoscenza delle altre
culture, compiuta con il dovuto senso critico e con solidi punti di riferimento
etico, conduce ad una maggiore consapevolezza dei valori e dei limiti insiti
nella propria e rivela, al tempo stesso, l'esistenza di un'eredità comune a
tutto il genere umano. Proprio in virtù di questo allargamento di orizzonti, l'educazione
ha una particolare funzione nella costruzione di un mondo più solidale e
pacifico. Essa può contribuire all'affermazione di quell'umanesimo
integrale, aperto alla dimensione etica e religiosa, che sa attribuire la
dovuta importanza alla conoscenza e alla stima delle culture e dei valori
spirituali delle varie civiltà.
Il perdono e la
riconciliazione
21. Durante il Grande
Giubileo, a duemila anni dalla nascita di Gesù,
Lo sguardo dei credenti
si ferma a contemplare l'icona del Crocifisso. Poco prima di morire Gesù
esclama: « Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34). Il malfattore crocifisso alla sua
destra, udendo queste supreme parole del Redentore morente, si apre alla grazia
della conversione, accoglie il Vangelo del perdono e ottiene la promessa della
beatitudine eterna. L'esempio di Cristo ci rende certi che si possono realmente
abbattere i tanti muri che bloccano la comunicazione e il dialogo tra gli
uomini. Lo sguardo al Crocifisso ci infonde la fiducia che il perdono e la riconciliazione
possono diventare prassi normale della vita quotidiana e di ogni cultura e,
pertanto, concreta opportunità per costruire la pace e il futuro dell'umanità.
Ricordando la
significativa esperienza giubilare della purificazione della memoria, desidero
rivolgere ai cristiani un appello particolare, affinché diventino testimoni e
missionari di perdono e di riconciliazione, affrettando, nell'operosa
invocazione al Dio della pace, la realizzazione della splendida profezia di
Isaia, che può essere estesa a tutti i popoli della terra: « In quel giorno ci
sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria: l'Assiro andrà in Egitto e l'Egiziano in Assiria:
gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri.
In quel giorno Israele, il terzo con l'Egitto e l'Assiria,
sarà una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli
eserciti: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro
opera delle mie mani e Israele mia eredità" » (Is
19,23-25).
Un appello ai
giovani
22. Desidero concludere
questo Messaggio di pace con uno speciale appello a voi, giovani del mondo
intero, che siete il futuro dell'umanità e le pietre vive per costruire la
civiltà dell'amore. Conservo nel cuore il ricordo degli incontri ricchi di
commozione e di speranza che con voi ho avuto durante la recente Giornata
Mondiale della Gioventù a Roma. La vostra adesione è stata gioiosa, convinta e
promettente. Nella vostra energia e vitalità e nel vostro amore per Cristo ho
intravisto un avvenire più sereno e umano per il mondo.
Nel sentirvi vicini,
avvertivo dentro di me un sentimento profondo di gratitudine al Signore, che mi
faceva la grazia di contemplare, attraverso il variopinto mosaico delle vostre
differenti lingue, culture, costumi e mentalità, il miracolo dell'universalità
della Chiesa, del suo essere cattolica, della sua unità. Attraverso di voi
ho visto il mirabile comporsi delle diversità nell'unità della stessa
fede, della stessa speranza, della stessa carità, come espressione eloquentissima della stupenda realtà della Chiesa, segno e
strumento di Cristo per la salvezza del mondo e per l'unità del genere
umano.(10) Il Vangelo vi chiama a ricostruire quell'originaria
unità della famiglia umana, che ha la sua fonte in Dio Padre e Figlio e Spirito
Santo.
Carissimi giovani di ogni
lingua e cultura, vi aspetta un compito alto ed esaltante: essere uomini
e donne capaci di solidarietà, di pace e di amore alla vita, nel rispetto di
tutti. Siate artefici d'una nuova umanità, dove fratelli e sorelle, membri
tutti d'una medesima famiglia, possano vivere finalmente nella pace!
Dal Vaticano, 8
dicembre 2000.
(1) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 53.
(2) Cfr Giovanni Paolo II,
Discorso alle Nazioni Unite, 15 ottobre 1995.
(3) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 75.
(4) Cfr
ibid., n. 22.
(5) Ibid., n. 10.
(6) Cfr Giovanni Paolo II,
Discorso all'U.N.E.S.C.O., 2 giugno 1980, n. 6.
(7) Cost. past. Gaudium et spes, 36.
(8) Conc. Ecum.
Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 1.
(9) Giovanni Paolo II, Lettera enc.
Centesimus annus, 58.
(10) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.