Pio
XII
Humani
generis
Introduzione
I
dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale, per tutti gli
onesti, soprattutto dei sinceri e fedeli figli della Chiesa, sono sempre stati
origine e causa di fortissimo dolore, ma specialmente oggi, quando vediamo come
da ogni parte vengano offesi gli stessi principî della
cultura cristiana.
Veramente
non c'è da meravigliarsi, se fuori dell'ovile di Cristo sempre vi sono stati questi dissensi ed errori. Benché
la ragione umana, assolutamente parlando, con le sue forze e con la sua luce
naturale possa effettivamente arrivare alla conoscenza, vera e certa, di Dio
unico e personale, che con la sua Provvidenza sostiene e governa il mondo, e
anche alla conoscenza della legge naturale impressa dal Creatore nelle nostre
anime, tuttavia non pochi sono gli ostacoli che impediscono alla nostra ragione
di servirsi con efficacia e con frutto di questo suo naturale potere. Le verità
che riguardano Dio e le relazioni tra gli uomini e Dio trascendono del tutto
l'ordine delle cose sensibili; quando poi si fanno entrare nella pratica della
vita e la informano, allora richiedono sacrificio e abnegazione.
Nel
raggiungere tali verità, l'intelletto umano incontra ostacoli della fantasia,
sia per le cattive passioni provenienti dal peccato originale. Avviene che gli
uomini in queste cose volentieri si persuadono che sia falso, o almeno dubbio,
ciò che essi "non vogliono che sia vero". Per questi motivi si deve dire che
Anzi
la mente umana qualche volta può trovare difficoltà anche nel formarsi un
giudizio certo di credibilità circa la fede cattolica,
benché da Dio siano stati disposti tanti e mirabili segni esterni, per cui
anche con la sola luce naturale della ragione si può provare con certezza
l'origine divina della religione cristiana. L'uomo infatti,
sia perché guidato da pregiudizi, sia perché istigato da passioni e da cattiva
volontà, non solo può negare la chiara evidenza dei segni esterni, ma anche
resistere alle ispirazioni che Dio infonde nelle nostre anime.
Chiunque
osservi il mondo odierno, che è fuori dell'ovile di Cristo, facilmente potrà
vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni,
senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte
le cose il sistema
evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel
campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l'ipotesi monistica e
panteistica dell'universo
soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi
volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e
propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni
nozione di Dio.
Le
false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui
viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato
la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di
"esistenzialismo"
perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della
"esistenza" dei singoli individui.
Si
aggiunge a ciò un falso "storicismo"
che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di
qualsiasi verità e legge assoluta sia nel campo della filosofia, sia in quello
dei dogmi cristiani.
In
tanta confusione di opinioni, Ci reca un po' di
consolazione il vedere coloro che un tempo erano stati educati nei principî del
razionalismo, ritornare oggi, non di rado, alle sorgenti della verità rivelata,
e riconoscere e professare la parola di Dio, conservata nella Sacra Scrittura,
come fondamento della Teologia. Nello stesso tempo però reca dispiacere
il fatto che non pochi di essi, quanto più fermamente aderiscono alla
parola di Dio, tanto più sminuiscono il valore della ragione umana, e quanto
più volentieri innalzano l'autorità di Dio Rivelatore, tanto più aspramente
disprezzano il Magistero della Chiesa, istituito da Cristo Signore per
custodire e interpretare le verità rivelate da Dio. Questo disprezzo non solo è
in aperta contraddizione con
Ora
queste tendenze, che più o meno deviano dalla retta
strada, non possono essere ignorate o trascurate dai filosofi e dai teologi
cattolici, che hanno il grave compito di difendere le verità divine ed umane e
di farle penetrare nelle menti degli uomini. Anzi, essi devono conoscere bene
queste opinioni, sia perché le malattie non si possono curare se prima non sono
bene conosciute, sia perché qualche volta nelle stesse false affermazioni si
nasconde un po' di verità, sia infine, perché gli stessi errori spingono la
mente nostra a investigare e a scrutare con più
diligenza alcune verità sia filosofiche che teologiche.
Se
i nostri cultori di filosofia e di teologia da queste dottrine, esaminate con
cautela, cercassero solo di cogliere i detti frutti, non vi sarebbe motivo
perché il Magistero della Chiesa avesse a
interloquire. Ma, benché Noi sappiamo bene che gli
insegnanti e i dotti cattolici in genere si guardano da tali errori, è noto però
che non mancano nemmeno oggi, come ai tempi apostolici, coloro che, amanti più
del conveniente delle novità e timorosi di essere ritenuti ignoranti delle
scoperte fatte dalla scienza in quest'epoca di
progresso, cercano di sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e perciò
sono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalle verità Rivelate e di
trarre in errore anche gli altri.
Si
nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con
l'apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che
regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e
spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con
cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti; essi abbracciano perciò una
specie di "irenismo"
che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di
ricacciare, con unità di forze, l'irrompente ateismo, ma anche di conciliare le
opposte posizioni nel campo stesso dogmatico.
E
come un tempo vi furono coloro che si domandavano se l'apologetica tradizionale
della Chiesa costituisse più un ostacolo che un aiuto
per guadagnare le anime a Cristo, cosi oggi non mancano coloro che osano
arrivare fino al punto di proporre seriamente la questione, se la teologia e il
suo metodo, come sono in uso nelle scuole con l'approvazione dell'autorità
ecclesiastica, non solo debbano essere perfezionate, ma anche completamente
riformate, affinché si possa propagare con più efficacia il regno di Cristo in
tutto il mondo, fra gli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinione
religiosa.
Se
essi non avessero altro intento che quello di rendere, con qualche innovazione,
la scienza ecclesiastica e il suo metodo più adatti alle odierne condizioni e
necessità, non ci sarebbe quasi motivo di temere; ma alcuni, infuocati da un
imprudente "irenismo",
sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell'unità fraterna, quanto si
fonda sulle leggi e sui principi stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da
Lui fondate, o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell'integrità della
fede, crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma
soltanto nella comune rovina.
Queste
opinioni, provenienti da deplorevole desiderio di novità o anche da lodevoli
motivi, non sempre vengono proposte con la medesima
gradazione, con la medesima chiarezza o con i medesimi termini, né sempre i
sostenitori di esse sono pienamente d'accordo fra loro; ciò che viene oggi
insegnato da qualcuno più copertamente con alcune
cautele e distinzioni, domani da altri, più audaci, viene proposto
pubblicamente e senza limitazioni, con scandalo di molti, specialmente del
giovane clero, e con detrimento dell'autorità ecclesiastica. Se
di solito si usa più cautela nelle pubblicazioni stampate, di questi argomenti
si tratta con maggiore libertà negli opuscoli distribuiti in privato, nelle
lezioni dattilografate e nelle adunanze. Queste opinioni non vengono
divulgate solo fra i membri del clero secolare e regolare, nei seminari e negli
istituti religiosi, ma anche fra i laici, specialmente fra quelli che si
dedicano all'educazione e all'istruzione della gioventù.
I
Per
quanto riguarda
E
perciò taluni, più audaci, sostengono che ciò possa, anzi debba farsi, perché i
misteri della fede, essi affermano, non possono mai esprimersi con concetti
adeguatamente veri, ma solo con concetti approssimativi e sempre mutevoli, con
i quali la verità viene in un certo qual modo manifestata,
ma necessariamente anche deformata. Perciò ritengono
non assurdo, ma del tutto necessario che la teologia, in conformità ai vari
sistemi filosofici di cui essa nel corso dei tempi si serve come strumenti,
sostituisca nuovi concetti agli antichi; cosicché in modi diversi, e sotto
certi aspetti anche opposti, ma come essi dicono equivalenti, esponga al modo
umano le medesime verità divine. Aggiungono poi che la storia dei dogmi
consiste nell'esporre le varie forme di cui si è rivestita successivamente
la verità rivelata, secondo le diverse dottrine e le diverse opinioni che sono
sorte nel corso dei secoli.
Da
quanto abbiamo detto è chiaro che queste tendenze non
solo conducono al relativismo
dogmatico, ma di fatto già lo contengono; questo relativismo e poi fin
troppo favorito dal disprezzo verso la dottrina tradizionale e verso i termini
con cui essa si esprime. Tutti sanno che le espressioni di tali concetti, usate
sia nelle scuole sia dal Magistero della Chiesa, possono venir
migliorate e perfezionate; è inoltre noto che
Per
tali ragioni, è massima imprudenza il trascurare o respingere o privare del
loro valore i concetti e le espressioni che da persone di non comune ingegno e
santità, sotto la vigilanza del sacro Magistero e non senza illuminazione e
guida dello Spirito Santo, sono state più volte con lavoro secolare trovate e
perfezionate per esprimere sempre più accuratamente le verità della fede, e
sostituirvi nozioni ipotetiche ed espressioni fluttuanti e vaghe della nuova
filosofia, le quali, a somiglianza dell'erba dei campi, oggi vi sono e domani
seccano; a questo modo si rende lo stesso dogma simile
a una canna agitata dal vento. Il disprezzo delle parole e delle nozioni usate
dai teologi scolastici, di per sé conduce all'indebolimento della teologia
speculativa, che essi ritengono priva di una vera certezza in quanto si fonda
sulle ragioni teologiche.
Purtroppo
questi amatori delle novità facilmente passano dal disprezzo della teologia
scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa che ha dato, con
la sua autorità, una cosi notevole approvazione a
quella teologia. Questo Magistero viene da costoro fatto apparire come un
impedimento al progresso e un ostacolo per la scienza; da alcuni acattolici poi
viene considerato come un freno, ormai ingiusto, con
cui alcuni teologi più colti verrebbero trattenuti dal rinnovare la loro
scienza. E benché questo sacro Magistero debba essere per qualsiasi teologo, in
materia di fede e di costumi, la norma prossima e universale di verità (in
quanto ad esso Cristo Signore ha affidato il deposito
della fede - cioè
Quanto
viene esposto nelle Encicliche dei Sommi Pontefici
circa il carattere e la costituzione della Chiesa, viene da certuni, di
proposito e abitualmente, trascurato con lo scopo di far prevalere un concetto
vago che essi dicono preso dagli antichi Padri, specialmente greci. I Pontefici infatti - essi vanno dicendo - non intendono dare un
giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi
necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si
devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero.
Queste
affermazioni vengono fatte forse con eleganza di
stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è
vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni
che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama;
però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di
libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse.
Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non
richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi
esercitano il potere del loro Magistero Supremo.
Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui
valgono poi le parole: "Chi
ascolta voi, ascolta me" (Luc. X, 16); e
per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle
Encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica. Se poi i Sommi Pontefici nei loro atti emanano di proposito
una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale
questione, secondo l'intenzione e la volontà degli stessi Pontefici, non può
più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi.
È
vero pure che i teologi devono sempre ritornare alle fonti della Rivelazione
divina: è infatti loro compito indicare come gli
insegnamenti del vivo Magistero "si
trovino sia esplicitamente sia implicitamente" nella Sacra
Scrittura o nella divina tradizione. Inoltre si aggiunga che ambedue le fonti
della Rivelazione contengono tali e tanti tesori di verità da non potersi mai,
di fatto, esaurire. Le scienze sacre con lo studio delle sacre
fonti ringiovaniscono sempre; al contrario, diventa sterile, come sappiamo
dall’esperienza, la speculazione che trascura la ricerca del sacro deposito. Ma
per questo motivo la teologia, anche quella positiva,
non può essere equiparata ad una scienza solamente storica. Dio insieme a
queste sacre fonti ha dato alla sua Chiesa il vivo Magistero, anche per
illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel deposito della fede
soltanto oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha mai dato questo deposito, per
l'autentica interpretazione, né ai singoli fedeli, né agli stessi teologi, ma
solo al Magistero della Chiesa. Se poi
II
Ritorniamo
ora alle teorie nuove, di cui abbiamo parlato prima: da alcuni vengono proposte o istillate nella mente diverse opinioni
che sminuiscono l'autorità divina della Sacra Scrittura. Con audacia alcuni
pervertono il senso delle parole del Concilio Vaticano con cui si definisce che
Dio è l’Autore della Sacra Scrittura, e rinnovano la
sentenza, già più volte condannata, secondo cui l'inerranza
della Sacra Scrittura si estenderebbe soltanto a ciò che riguarda Dio stesso o
la religione e la morale.
Anzi
falsamente parlano di un senso umano della Bibbia, sotto il quale sarebbe
nascosto il senso divino, che è, come essi dichiarano,
il solo infallibile. Nell'interpretazione della Sacra
Scrittura essi non vogliono tener conto dell'analogia della fede e della
tradizione della Chiesa; in modo che la dottrina dei Santi Padri e del
Magistero dovrebbe essere misurata con quella della Sacra Scrittura, spiegata,
però, dagli esegeti in modo puramente umano; e non piuttosto
Inoltre
il senso letterale della Sacra Scrittura e la sua spiegazione elaborata, sotto
la vigilanza della Chiesa, da tali e tanti esegeti, dovrebbe, secondo le loro
false opinioni, cedere il posto ad una nuova esegesi, chiamata simbolica e
spirituale; secondo quest’esegesi i libri del Vecchio
Testamento, che oggi nella Chiesa sono una fonte chiusa e nascosta, verrebbero finalmente aperti a tutti. In questo modo - essi
affermano - svaniscono tutte le difficoltà alle quali vanno incontro soltanto
coloro che si attengono al senso letterale delle Scritture.
Tutti
vedono quanto tutte queste opinioni si allontanino dai
principi e dalle norme ermeneutiche giustamente stabilite dai Nostri
Predecessori di felice memoria: da Leone XIII nell'Enciclica "Providentissimus Deus", da Benedetto XV
nell'Enciclica "Spiritus Paraclitus",
come pure da Noi stessi nell'Enciclica "Divino afflante Spiritu".
Non
deve recare meraviglia che tali novità in quasi tutte le parti della teologia abbiano prodotto i loro velenosi frutti. Si
mette in dubbio che la ragione umana, senza l'aiuto della divina Rivelazione e
della grazia, possa dimostrare con argomenti dedotti dalle cose create,
l'esistenza di un Dio personale; si afferma che il mondo non ha avuto inizio e
che la creazione del mondo è necessaria, perché procede dalla necessaria liberalità
del divino amore; così pure si afferma che Dio non ha prescienza eterna ed
infallibile delle libere azioni dell'uomo: tutte opinioni contrarie alle
dichiarazioni del Concilio Vaticano (Cfr. Conc. Vat. Cost. "De
fide cath.", cap. 1: De Deo rerum omnium creatore).
Da
alcuni poi si mette in discussione se gli angeli siano persone; se vi sia una
differenza essenziale fra la materia e lo spirito. Altri snaturano il concetto
della gratuità dell'ordine sovrannaturale, quando sostengono che Dio non può
creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica.
Né basta; poiché, messe da parte le definizioni del Concilio di Trento, viene distrutto il vero concetto di peccato originale e
insieme quello di peccato in genere, in quanto offesa di Dio, come pure quello
di soddisfazione data per noi da Cristo. Né mancano coloro
che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto
fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da
ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ad un simbolismo, per cui
le specie consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza di
Cristo e della sua intima unione nel Corpo mistico con i membri fedeli.
Certuni
non si ritengono legati alla dottrina che Noi abbiamo esposta
in una Nostra Enciclica e che è fondata sulle fonti della Rivelazione, secondo
cui il Corpo mistico di Cristo e
È
noto che questi errori, ed altri del genere, serpeggiano in mezzo ad alcuni Nostri figli, tratti in inganno da uno zelo imprudente o da
una scienza di falso conio; e a questi figli sono costretti a ripetere, con
animo addolorato, verità notissime ed errori manifesti, indicando loro con
ansietà i pericoli dell'errore.
III
Tutti
sanno quanto
Ma
questo compito potrà essere assolto convenientemente e con sicurezza, se la
ragione sarà debitamente coltivata: se cioè essa verrà
nutrita di quella sana filosofia che è come un patrimonio ereditato dalle
precedenti età cristiane e che possiede una più alta autorità, perché lo stesso
Magistero della Chiesa ha messo al confronto con la verità rivelata i suoi
principî e le sue principali asserzioni, messe in luce e fissate lentamente
attraverso i tempi da uomini di grande ingegno. Questa stessa filosofia,
confermata e comunemente ammessa dalla Chiesa, difende il genuino valore della
cognizione umana, gli incrollabili principî della
metafisica cioè di ragion sufficiente, di causalità e di finalità ed infine
sostiene che si può raggiungere la verità certa ed immutabile.
In
questa filosofia vi sono certamente parecchie cose che non riguardano la fede e
i costumi, né direttamente né indirettamente, e che perciò
Se
si considera bene quanto sopra è stato esposto, facilmente apparirà chiaro il
motivo per cui
Perciò
è quanto mai da deplorarsi che oggi la filosofia confermata ed ammessa dalla
Chiesa sia oggetto di disprezzo da parte di certuni,
talché essi con imprudenza la dichiarano antiquata per la forma e
razionalistica per il processo di pensiero. Vanno dicendo
che questa nostra filosofia difende erroneamente l'opinione che si possa dare
una metafisica vera in modo assoluto; mentre al contrario essi sostengono che
le verità, specialmente quelle trascendenti, non possono venire espresse più
convenientemente che per mezzo di dottrine disparate che si completano tra
loro, benché siano in certo modo l'una all'altra opposte. Perciò la filosofia
scolastica con la sua lucida esposizione e soluzione delle questioni, con la
sua accurata determinazione dei concetti e le sue chiare distinzioni, può essere utile - essi concedono - come preparazione allo
studio della teologia scolastica, molto bene adattata alla mentalità degli
uomini medievali; ma non può darci - aggiungono - un metodo ed un indirizzo
filosofico che risponda alle necessità della nostra cultura moderna. Oppongono,
inoltre, che la filosofia perenne non è che la
filosofia delle essenze immutabili, mentre la mentalità moderna deve
interessarsi della "esistenza"
dei singoli individui e della vita sempre in divenire.
Però,
mentre disprezzano questa filosofia, esaltano le altre, sia antiche che recenti, sia di popoli orientali che di quelli
occidentali, in modo che sembrano voler insinuare che tutte le filosofie o
opinioni, con l'aggiunta - se necessario - di qualche correzione o di qualche
complemento, si possono conciliare con il dogma cattolico. Ma nessun cattolico
può mettere in dubbio quanto tutto ciò sia falso,
specialmente quando si tratti di sistemi come l'immanentismo, l'idealismo,
il materialismo, sia storico che dialettico, o anche come l'esistenzialismo, quando esso professa l'ateismo o quando nega il
valore del ragionamento nel campo della metafisica.
Infine
alla filosofia delle nostre scuole essi fanno questo rimprovero: che essa nel
processo del pensiero bada solo all'intelletto e trascura la funzione della
volontà e del sentimento. Ciò non corrisponde a verità. La filosofia cristiana
non ha mai negato l'utilità e l'efficacia che hanno le buone disposizioni di
tutta l'anima per conoscere ed abbracciare le verità religiose e morali; anzi,
ha sempre insegnato che la mancanza di tali disposizioni può essere la causa per cui l'intelletto, sotto l'influsso delle passioni e
della cattiva volontà, venga cosi oscurato da non poter rettamente vedere. Di
più, il Dottor Comune ritiene che l'intelletto possa in qualche modo percepire
i beni di grado superiore dell'ordine morale sia naturale che
soprannaturale, in quanto esso esperimenta nell'ultimo una certa "connaturalità" sia essa naturale, sia frutto della
grazia, con i medesimi beni (Cfr. S. Thom., Summa Theol.
IIa IIæ, quæst. I, art. 4 ad 3; et quæst. 45, art.
Non
c'è da meravigliarsi che con queste nuove opinioni siano messe in pericolo le
due scienze filosofiche che, per natura loro, sono strettamente collegate con
gli insegnamenti della fede, cioè la teodicea e l'etica; essi ritengono che la funzione di
queste non sia quella di dimostrare con certezza qualche verità riguardante Dio
o altro ente trascendente, ma piuttosto quella di mostrare come siano
perfettamente coerenti con le necessità della vita le verità
che la fede insegna riguardo a Dio, Essere personale, e ai suoi precetti, e che
perciò devono essere accettate da tutti per evitare la disperazione e per
ottener l'eterna salvezza. Tutte queste affermazioni e opinioni sono
apertamente contrarie ai documenti dei Nostri Predecessori Leone XIII e Pio X,
e sono inconciliabili con i decreti del Concilio Vaticano.
Sarebbe
veramente inutile deplorare queste aberrazioni, se tutti, anche nel campo
filosofico, fossero ossequienti con la debita venerazione verso il Magistero
della Chiesa, che per istituzione divina ha la missione non
solo di custodire e interpretare il deposito della Rivelazione, ma anche
di vigilare sulle stesse scienze filosofiche perché i dogmi cattolici non
abbiano a ricevere alcun danno da opinioni non rette.
IV
Rimane
ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede
cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione
cattolica tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza
dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma
bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche
modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella
Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali
ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non
possono ammettersi in alcun modo.
Per
queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità
dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di
discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i
campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche
sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente
(la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create
immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le
ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole
e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la
necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a
sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di
interpretare autenticamente
Però
quando si tratta dell'altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della
Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono
abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano
che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri
uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come
da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l'insieme di
molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si
possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del
Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da
un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che,
trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio
(cfr.
Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess.
V, can. 1-4).
V
Come
nelle scienze biologiche ed antropologiche, cosi pure
in quelle storiche vi sono coloro che audacemente oltrepassano i limiti e le
cautele stabilite dalla Chiesa. In modo particolare si deve deplorare un certo
sistema di interpretazione troppo libera dei libri
storici del Vecchio Testamento; i fautori di questo sistema, per difendere le
loro idee, a torto si riferiscono alla Lettera che non molto tempo fa è stata
inviata all'arcivescovo di Parigi dalla Pontificia Commissione per gli Studi
Biblici (16 gennaio 1948; A. A. S., vol. XL, pp. 45-48).
Questa
Lettera infatti fa notare che gli undici primi capitoli
del Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico
usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo,
tuttavia appartengono al genere storico in un vero senso, che però deve essere
maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli - fa
ancora notare
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da
narrazioni popolari (il che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare
che hanno fatto questo con l'aiuto dell'ispirazione divina, che nella scelta e
nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore. Quindi le narrazioni popolari
inserite nelle Sacre Scritture non possono affatto
essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto
più di un'accesa fantasia che di quell'amore alla
verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri, anche del
Vecchio Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi son palesemente superiori agli antichi scrittori profani.
Veramente
Noi sappiamo che la maggioranza dei dottori cattolici, dei cui studi raccolgono
i frutti gli Atenei, i Seminari e i Collegi dei religiosi, sono lontani da
quegli errori che apertamente o di nascosto oggi vengono
divulgati, sia per smania di novità, sia anche per una non moderata intenzione
di apostolato. Ma sappiamo anche che queste nuove
opinioni possono fai presa tra le persone imprudenti; quindi preferiamo porvi
rimedio sugli inizi, piuttosto che somministrare la medicina quando la malattia
è ormai invecchiata.
Per
questo motivo, dopo matura riflessione e considerazione, per non venir meno al
Nostro sacro dovere, ordiniamo ai Vescovi e ai Superiori Generali degli Ordini
e Congregazioni religiose, onerata in maniera gravissima la loro coscienza, di
curare con ogni diligenza che opinioni di tal genere non siano sostenute nelle
scuole o nelle adunanze e conferenze, né con scritti di qualsiasi genere e
nemmeno insegnate, in qualsivoglia maniera, ai chierici o ai fedeli.
Gli
insegnanti degli Istituti ecclesiastici sappiano che essi non possono
esercitare con tranquilla coscienza l'ufficio di insegnare che è stato loro
affidato, se non accettano religiosamente le norme che abbiamo stabilite e non le osservano esattamente nell'insegnamento
delle loro materie. Quella doverosa venerazione ed obbedienza che nel loro
assiduo lavoro devono professare verso il Magistero della Chiesa
le infondano anche nella mente e nell'anima dei loro scolari.
Conclusione
Cerchiamo
con ogni sforzo e con passione di concorrere al progresso delle scienze che
insegnano; ma si guardino anche dall'oltrepassare i confini da Noi stabiliti
per la difesa della fede e della dottrina cattolica. Alle nuove questioni, che
la cultura moderna e il progresso hanno fatto diventare di attualità,
diano l'apporto delle loro accuratissime ricerche, ma con la conveniente
prudenza e cautela; infine, non abbiano a credere, per un falso "irenismo", che si possa ottenere
un felice ritorno nel seno della Chiesa dei dissidenti e degli erranti, se non
si insegna a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza
alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione.
Fondati
su questa speranza, che sarà aumentata dalla vostra pastorale solerzia, come
auspicio dei celesti doni e segno della Nostra paterna benevolenza, impartiamo
di gran cuore a voi tutti singolarmente, come al clero e al popolo vostri,
l'apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il giorno 22 del mese di Agosto dell'anno 1950, XII
del Nostro Pontificato.