HUMANAE VITAE
Paolo PP. VI
Roma, 25-07-1968
1. Il gravissimo dovere di trasmettere
la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori
di Dio creatore, è sempre stato per essi fonte di grandi gioie, le quali,
tuttavia, sono talvolta accompagnate da non poche difficoltà e angustie. In
tutti i tempi l’adempimento di questo dovere ha posto alla coscienza dei
coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della società, si sono prodotti
mutamenti tali da far sorgere nuove questioni, che
I. ASPETTI NUOVI
DEL PROBLEMA E COMPETENZA DEL MAGISTERO
2. I cambiamenti
avvenuti sono infatti di grande importanza e di vario genere. Si tratta
anzitutto del rapido sviluppo demografico, per il quale molti manifestano il
timore che la popolazione mondiale cresca più rapidamente delle risorse a
disposizione, con crescente angustia di tante famiglie e di popoli in via di sviluppo.
Per questo è grande la tentazione delle autorità di opporre a tale pericolo
misure radicali. Inoltre, non solo le condizioni di lavoro e di alloggio, ma
anche le accresciute esigenze, sia nel campo economico che in quello della
educazione della gioventù, rendono spesso oggi difficile il sostentamento
conveniente di un numero elevato di figli. Si assiste anche a un mutamento,
oltre che nel modo di considerare la persona della donna e il suo posto nella
società, anche nel valore da attribuire all’amore coniugale nel matrimonio, e
nell’apprezzamento da dare al significato degli atti coniugali in relazione con
questo amore. Infine, questo soprattutto si deve considerare, che l’uomo ha
compiuto progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle
forze della natura, così che si sforza di estendere questo dominio al suo
stesso essere globale; al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e
perfino alle leggi che regolano la trasmissione della vita.
3. Tale stato di cose
fa sorgere nuove domande. Se, date le condizioni della vita odierna e dato il
significato che le relazioni coniugali hanno per l’armonia tra gli sposi e per
la loro mutua fedeltà, non sia forse indicata una revisione delle norme etiche
finora vigenti, soprattutto se si considera che esse non possono essere
osservate senza sacrifici talvolta eroici. Ancora: se estendendo a questo campo
l’applicazione del cosiddetto " principio di totalità ", non si possa
ammettere che l’intenzione di una fecondità meno esuberante, ma più razionalizzata,
trasforma l’intervento materialmente sterilizzante in una lecita e saggia
regolazione della natalità. Se non si possa ammettere cioè che la finalità
procreativa appartenga all’insieme della vita coniugale, piuttosto che ai suoi
singoli atti. Si chiede anche se, dato l’accresciuto senso di responsabilità
dell’uomo moderno, non sia venuto per lui il momento di affidare alla sua
ragione e alla sua volontà, più che ai ritmi biologici del suo organismo, il
compito di trasmettere la vita.
4. Tali questioni
esigevano dal magistero della Chiesa una nuova approfondita riflessione sui
principi della dottrina morale del matrimonio: dottrina fondata sulla legge
naturale illuminata e arricchita dalla rivelazione divina. Nessun fedele vorrà
negare che al magistero della Chiesa spetti di interpretare anche la legge
morale naturale. È infatti incontestabile, come hanno più volte dichiarato i
nostri predecessori, che Gesù Cristo, comunicando a Pietro e agli apostoli la
sua divina autorità e inviandoli a insegnare a tutte le genti i suoi
comandamenti, li costituiva custodi e interpreti autentici di tutta la legge
morale, non solo cioè della legge evangelica, ma anche di quella naturale.
Infatti anche la legge naturale è espressione della volontà di Dio, l’adempimento
fedele di essa è parimenti necessario alla salvezza eterna degli uomini.
Conformemente a questa sua missione,
5. La coscienza della
medesima missione ci indusse a confermare e allargare la commissione di studio
che il nostro predecessore Giovanni XXIII, di v.m., aveva costituito nel marzo
del 1963. Questa commissione, che comprendeva, oltre a parecchi studiosi delle
varie discipline pertinenti, anche coppie di sposi, non solo aveva per scopo di
raccogliere pareri sulle nuove questioni riguardanti la vita coniugale, e in
particolare una retta regolazione della natalità, ma anche di fornire gli
elementi di informazione opportuni, perché il magistero della Chiesa potesse
dare una risposta adeguata all’attesa non soltanto dei fedeli, ma dell’opinione
pubblica mondiale. I lavori di questi esperti, nonché i giudizi e i consigli
successivi di un buon numero dei nostri fratelli nell’episcopato, o
spontaneamente inviati o da noi richiesti, ci hanno permesso di meglio misurare
tutti gli aspetti del complesso argomento. Pertanto di gran cuore esprimiamo a
tutti la nostra vivissima gratitudine.
6. Le conclusioni
alle quali era pervenuta la commissione non potevano tuttavia essere da noi
considerate come certe e definitive, né dispensarci da un personale esame di
tanto grave questione; anche perché non si era giunti, in seno alla commissione,
alla piena concordanza di giudizi circa le norme morali da proporre, e
soprattutto perché erano emersi alcuni criteri di soluzioni, che si
distaccavano dalla dottrina morale sul matrimonio proposta con costante
fermezza dal magistero della Chiesa. Perciò, avendo attentissimamente vagliato
la documentazione a noi offerta, dopo mature riflessioni e assidue preghiere,
intendiamo ora, in virtù del mandato da Cristo a noi affidato, dare la nostra
risposta a queste gravi questioni.
II. PRINCIPI
DOTTRINALI
Una visione globale dell’uomo
7. Il problema della
natalità, come ogni altro problema riguardante la vita umana, va considerato,
al di là delle prospettive parziali - siano di ordine biologico o psicologico,
demografico o sociologico - nella luce di una visione integrale dell’uomo e
della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed
eterna. E poiché, nel tentativo di giustificare i metodi artificiali di
controllo delle nascite, da molti si è fatto appello alle esigenze, sia
dell’amore coniugale, sia di una paternità responsabile, conviene chiarire e
precisare accuratamente la vera concezione di queste due grandi realtà della
vita matrimoniale, richiamandoci principalmente a quanto è stato esposto
recentemente a questo riguardo, con somma autorità, dal concilio Vaticano II,
nella costituzione pastorale Gaudium et spes.
L’amore coniugale
8. L’amore coniugale
rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando è considerato nella sua
sorgente suprema, Dio, che è "Amore", che è il Padre " da cui
ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome ". Il matrimonio non
è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze
naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore
per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca
donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla
comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per
collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i
battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della
grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della Chiesa.
Le caratteristiche dell’amore
coniugale
La paternità responsabile
10. Perciò l’amore coniugale
richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di
paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che
va anch’essa esattamente compresa. Essa deve considerarsi sotto diversi aspetti
legittimi e tra loro collegati. In rapporto ai processi biologici, paternità
responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni:
l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che
riguardano la persona umana. In rapporto alle tendenze dell’istinto e delle
passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la
ragione e la volontà devono esercitare su di esse. In rapporto alle condizioni
fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita,
sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia
numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della
legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una
nuova nascita. Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più
profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di
cui la retta coscienza è vera interprete. L’esercizio responsabile della
paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio,
verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia
dei valori. Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di
procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto
autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro
agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del
matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della
Chiesa.
Rispettare
la natura e la finalità dell’atto matrimoniale
11. Questi atti, con
i quali gli sposi si uniscono in casta intimità e per mezzo dei quali si
trasmette la vita umana, sono, come ha ricordato il recente concilio, "
onesti e degni ", e non cessano di essere legittimi se, per cause mai
dipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono
ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come l’esperienza
attesta, non da ogni incontro coniugale segue una nuova vita. Dio ha sapientemente
disposto leggi e ritmi naturali di fecondità che già di per sé distanziano il
susseguirsi delle nascite. Ma, richiamando gli uomini all’osservanza delle
norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina,
Inscindibili due aspetti: unione e
procreazione
12. Tale dottrina,
più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa,
tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il
significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto
coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti
alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso
dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali,
unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di
mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla
paternità. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in
grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.
Fedeltà al disegno di Dio
13. Giustamente
infatti si avverte che un atto coniugale imposto al coniuge senza nessun
riguardo alle sue condizioni ed ai suoi giusti desideri non è un vero atto di
amore e nega pertanto un’esigenza del retto ordine morale nei rapporti tra gli
sposi. Così, chi ben riflette dovrà anche riconoscere che un atto di amore
reciproco, che pregiudichi la disponibilità a trasmettere la vita che Dio
creatore di tutte le cose secondo particolari leggi vi ha immesso, è in
contraddizione sia con il disegno divino, a norma del quale è costituito il
coniugio, sia con il volere dell’Autore della vita umana. Usare di questo dono
divino distruggendo, anche soltanto parzialmente, il suo significato e la sua
finalità è contraddire alla natura dell’uomo come a quella della donna e del loro
più intimo rapporto, e perciò è contraddire anche al piano di Dio e alla sua
santa volontà. Usufruire invece del dono dell’amore coniugale rispettando le
leggi del processo generativo, significa riconoscersi non arbitri delle
sorgenti della vita umana, ma piuttosto ministri del disegno stabilito dal
creatore. Infatti, come sul suo corpo in generale l’uomo non ha un dominio
illimitato, così non lo ha, con particolare ragione, sulle sue facoltà
generative in quanto tali, a motivo della loro ordinazione intrinseca a
suscitare la vita, di cui Dio è principio. " La vita umana è sacra,
ricordava Giovanni XXIII; fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione
creatrice di Dio ".
Vie illecite per la regolazione
della natalità
Liceità dei mezzi terapeutici
15.
Liceità del ricorso ai periodi
infecondi
Gravi conseguenze dei metodi di
regolazione artificiale della natalità
17. Gli uomini retti
potranno ancora meglio convincersi della fondatezza della dottrina della Chiesa
in questo campo, se vorranno riflettere alle conseguenze dei metodi di
regolazione artificiale delle nascite. Considerino, prima di tutto, quale via
larga e facile aprirebbero così alla infedeltà coniugale ed all’abbassamento
generale della moralità. Non ci vuole molta esperienza per conoscere la
debolezza umana e per comprendere che gli uomini - i giovani specialmente, così
vulnerabili su questo punto - hanno bisogno d’incoraggiamento a essere fedeli
alla legge morale e non si deve loro offrire qualche facile mezzo per eluderne
l’osservanza. Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle
pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza
più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come
semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna,
rispettata e amata. Si rifletta anche all’arma pericolosa che si verrebbe a
mettere così tra le mani di autorità pubbliche, incuranti delle esigenze
morali. Chi potrà rimproverare a un governo di applicare alla soluzione dei
problemi della collettività ciò che fosse riconosciuto lecito ai coniugi per la
soluzione di un problema familiare? Chi impedirà ai governanti di favorire e
persino di imporre ai loro popoli, ogni qualvolta lo ritenessero necessario, il
metodo di contraccezione da essi giudicato più efficace? In tal modo gli
uomini, volendo evitare le difficoltà individuali, familiari o sociali che
s’incontrano nell’osservanza della legge divina, arriverebbero a lasciare in
balia dell’intervento delle autorità pubbliche il settore più personale e più
riservato della intimità coniugale. Pertanto, se non si vuole esporre
all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono
necessariamente riconoscere limiti invalicabili alla possibilità di dominio
dell’uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun uomo, sia
privato, sia rivestito di autorità, è lecito infrangere. E tali limiti non possono
essere determinati che dal rispetto dovuto all’integrità del corpo umano e
delle sue funzioni naturali secondo i principi sopra ricordati e secondo la
retta intelligenza del principio di totalità, illustrato dal nostro
Predecessore Pio XII.
18. Si può prevedere
che questo insegnamento non sarà forse da tutti facilmente accolto: troppe sono
le voci, amplificate dai moderni mezzi di propaganda, che contrastano con
quella della Chiesa. A dir vero, questa non si meraviglia di essere fatta, a
somiglianza del suo divin fondatore, " segno di contraddizione ", ma
non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale,
sia naturale, che evangelica. Di essa
III. DIRETTIVE
PASTORALI
19. La nostra parola
non sarebbe espressione adeguata del pensiero e delle sollecitudini della
Chiesa, madre e maestra di tutte le genti, se, dopo aver richiamato gli uomini
alla osservanza e al rispetto della legge divina riguardante il matrimonio, non
li confortasse nella vita di una onesta regolazione della natalità, pur in
mezzo alle difficili condizioni che oggi travagliano le famiglie e i popoli.
Possibilità della osservanza della
legge divina
20. La dottrina della
Chiesa sulla regolazione della natalità, che promulga la legge divina, apparirà
facilmente a molti di difficile o addirittura impossibile attuazione. E
certamente, come tutte le realtà grandi e benefiche, essa richiede serio
impegno e molti sforzi, individuali, familiari e sociali. Anzi, non sarebbe
attuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la buona volontà degli
uomini. Ma a chi ben riflette non potrà non apparire che tali sforzi sono nobilitanti
per l’uomo e benefici per la comunità umana.
Padronanza di sé
21. Una retta e
onesta pratica di regolazione della natalità richiede anzitutto dagli sposi che
acquistino e posseggano solide convinzioni circa i veri valori della vita e
della famiglia, e che tendano ad acquistare una perfetta padronanza di sé. Il
dominio dell’istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone
indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita
coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l’osservanza della
continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi,
ben lungi al nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto
valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i
coniugi sviluppano integralmente la loro personalità, arricchendosi di valori
spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e
agevola la soluzione degli altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro
coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, e
approfondisce il loro senso di responsabilità nel compimento dei loro doveri. I
genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed
efficace per l’educazione dei figli; la fanciullezza e la gioventù crescono
nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno ed armonico delle
loro facoltà spirituali e sensibili.
Creare un ambiente favorevole alla
castità
22. Noi vogliamo in
questa occasione richiamare l’attenzione degli educatori e di quanti assolvono
compiti di responsabilità in ordine al bene comune dell’umana convivenza, sulla
necessità di creare un clima favorevole all’educazione della castità, cioè al
trionfo della sana libertà sulla licenza, mediante il rispetto dell’ordine
morale. Tutto ciò che nei moderni mezzi di comunicazione sociale porta alle
eccitazioni dei sensi, alla sfrenatezza dei costumi, come pure ogni forma di
pornografia o di spettacoli licenziosi, deve suscitare la franca e unanime
reazione di tutte le persone sollecite del progresso della civiltà e della
difesa dei beni supremi dello spirito umano. Invano si cercherebbe di
giustificare queste depravazioni con pretese esigenze artistiche scientifiche o
di trarre argomento dalla libertà lasciata in questo settore da parte delle
pubbliche autorità.
Appello ai pubblici poteri
23. Ai governanti,
che sono i principali responsabili del bene comune e tanto possono per la
salvaguardia del costume morale, noi diciamo: non lascino che si degradi la moralità
dei loro popoli; non accettino che si introducano in modo legale in quella
cellula fondamentale dello stato, che è la famiglia, pratiche contrarie alla
legge naturale e divina. Altra è la via mediante la quale i pubblici poteri
possono e devono contribuire alla soluzione del problema demografico: è la via
di una provvida politica familiare, di una saggia educazione dei popoli,
rispettosa della legge morale e della libertà dei cittadini. Siamo ben
consapevoli delle gravi difficoltà in cui versano i pubblici poteri a questo
riguardo, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Alle loro legittime
preoccupazioni abbiamo consacrato la nostra enciclica Populorum progressio. Ma,
con il nostro predecessore Giovanni XXIII, ripetiamo: " Queste difficoltà
non vanno superate facendo ricorso a metodi e a mezzi che sono indegni
dell’uomo e che trovano la loro spiegazione soltanto in una concezione
prettamente materialistica dell’uomo stesso e della sua vita. La vera soluzione
si trova soltanto nello sviluppo economico e nel progresso sociale, che
rispettano e promuovono i veri valori umani individuali e sociali ". Né si
potrebbe senza grave ingiustizia rendere la divina Provvidenza responsabile di
ciò che dipendesse invece da minore saggezza di governo, da un senso insufficiente
della giustizia sociale, da egoistico accaparramento o ancora da biasimevole
indolenza nell’affrontare gli sforzi e i sacrifici necessari per assicurare la
elevazione del livello di vita di un popolo e di tutti i suoi figli. Che tutti
i poteri responsabili - come certuni già fanno così lodevolmente - ravvivino
generosamente i loro sforzi. E non cessi di estendersi l’aiuto vicendevole tra
tutti i membri della grande famiglia umana: è un campo quasi illimitato che si
apre così all’attività delle grandi organizzazioni internazionali.
Agli uomini di scienza
24. Vogliamo ora
esprimere il nostro incoraggiamento agli uomini di scienza, i quali "
possono dare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e
alla pace delle coscienze, se, unendo i loro studi, cercheranno di chiarire più
a fondo le diverse condizioni che favoriscono una onesta regolazione della
procreazione umana ". È in particolare auspicabile che, secondo l’augurio
formulato da Pio XII, la scienza medica riesca a dare una base sufficientemente
sicura ad una regolazione delle nascite, fondata sull’osservanza dei ritmi
naturali. Così gli uomini di scienza, e in modo speciale gli scienziati
cattolici, contribuiranno a dimostrare con i fatti che, come
Agli sposi cristiani
25. E ora la nostra
parola si rivolge più direttamente ai nostri figli, particolarmente a quelli
che Dio chiama a servirlo nel matrimonio.
Apostolato tra i focolari
26. Tra i frutti che
maturano da un generoso sforzo di fedeltà alla legge divina, uno dei più
preziosi è che i coniugi stessi non di rado provano il desiderio di comunicare
ad altri la loro esperienza. Viene così a inserirsi nel vasto quadro della
vocazione dei laici una nuova e notevolissima forma dell’apostolato del simile
da parte del simile: sono gli sposi stessi che si fanno apostoli e guide di
altri sposi. Questa è senz’altro tra tante forme di apostolato una di quelle
che oggi appaiono più opportune.
Ai medici e al personale sanitario
27. Abbiamo in
altissima stima i medici e i membri del personale sanitario ai quali,
nell’esercizio della loro professione, più di ogni interesse umano, stanno a
cuore le superiori esigenze della loro vocazione cristiana. Perseverino dunque
nel promuovere in ogni occasione le soluzioni, ispirate alla fede e alla retta
ragione, e si sforzino di suscitarne la convinzione e il rispetto nel loro
ambiente Considerino poi anche come proprio dovere professionale quello
d’acquistare tutta la scienza necessaria in questo delicato settore, al fine di
poter dare agli sposi che li consultano i saggi consigli e le sane direttive,
che questi da loro a buon diritto aspettano.
Ai sacerdoti
28. Diletti figli
sacerdoti, che per vocazione siete i consiglieri e le guide spirituali delle
singole persone e delle famiglie, ci rivolgiamo ora a voi con fiducia. Il
vostro primo compito - specialmente per quelli che insegnano la teologia morale
- è di esporre senza ambiguità l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio.
Siate i primi a dare, nell’esercizio del vostro ministero, l’esempio di un
leale ossequio, interno ed esterno, al magistero della Chiesa. Tale ossequio,
ben lo sapete, obbliga non solo per le ragioni addotte, quanto piuttosto a
motivo del lume dello Spirito santo, del quale sono particolarmente dotati i
pastori della Chiesa per illustrare la verità. Sapete anche che è di somma
importanza, per la pace delle coscienze e per l’unità del popolo cristiano,
che, nel campo della morale come in quello del dogma, tutti si attengano al
magistero della Chiesa e parlino uno stesso linguaggio. Perciò con tutto il
nostro animo vi rinnoviamo l’accorato appello del grande apostolo Paolo: "
Vi scongiuro, fratelli, per il nome di nostro signore Gesù Cristo, abbiate tutti
uno stesso sentimento, non vi siano tra voi divisioni, ma siate tutti uniti
nello stesso spirito e nello stesso pensiero ".
29. Non sminuire in
nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le
anime. Ma ciò deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bontà di cui il
Redentore stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per
giudicare, ma per salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma paziente
e misericordioso verso i peccatori. Nelle loro difficoltà, i coniugi ritrovino
sempre nella parola e nel cuore del sacerdote l’eco della voce e dell’amore del
Redentore. Parlate poi con fiducia, diletti figli, ben convinti che lo Spirito
santo di Dio, mentre assiste il magistero nel proporre la dottrina, illumina
internamente i cuori dei fedeli, invitandoli a dare il loro assenso. Insegnate
agli sposi la necessaria via della preghiera, e istruiteli convenientemente,
affinché ricorrano spesso e con grande fede ai sacramenti dell’eucaristia e
della penitenza, e perché mai si scoraggino a motivo della loro debolezza.
Ai vescovi
30. Cari e venerabili
fratelli nell’episcopato, con i quali condividiamo più da vicino la
sollecitudine del bene spirituale del popolo di Dio, a voi va il nostro
pensiero riverente e affettuoso al termine di questa enciclica. A tutti
rivolgiamo un pressante invito. A capo dei vostri sacerdoti, cooperatori del
sacro ministero, e dei vostri fedeli, lavorate con ardore e senza sosta alla
salvaguardia e alla santità del matrimonio, perché sia sempre più vissuto in
tutta la sua pienezza umana e cristiana. Considerate questa missione come una
delle vostre più urgenti responsabilità nel tempo presente. Essa comporta, come
sapete, un’azione pastorale concertata in tutti i campi della attività umana,
economica, culturale e sociale: solo infatti un miglioramento simultaneo in
questi vari settori permetterà di rendere non solo tollerabile, ma più facile
gioconda la vita dei genitori e dei figli in seno alle famiglie, più fraterna e
pacifica la convivenza nell’umana società, nella rigorosa fedeltà al disegno di
Dio sul mondo.
APPELLO FINALE
31. Venerati
fratelli, dilettissimi figli, e voi tutti, uomini di buona volontà, grande è
l’opera di educazione, di progresso e di amore alla quale vi chiamiamo, basati
sulla fermissima dottrina della Chiesa, di cui il successore di Pietro è, con i
suoi fratelli nell’episcopato cattolico, fedele depositario e interprete. Opera
grande in verità, ne abbiamo l’intima convinzione, per il mondo come per
Dato a Roma, presso San Pietro, nella festa di san Giacomo apostolo, 25
luglio dell’anno 1968, sesto del nostro pontificato.
PAOLO PP. VI