ORDINE
Concetto filosofico che designa una relazione tra
varie cose di natura diversa. È “il termine
più frequentemente usato e al tempo stesso il più complicato del linguaggio tomista». (A. Krempel).
LA NOZIONE
Nel vocabolario
tomista troviamo molti sinonimi del
termine ordo: relatio, habitudo, respectus, comparatio, proporatio, intentio ecc. (IV Sent.,
d. 24, q. 1, a. 1, sol. 2, ad 4; De Pot., q. 7, a. 10; ibid., q.
7, a. 9, ad 7). L’ordine consiste essenzialmente in una relazione.
Pertanto esiste una stretta equiparazione tra i due concetti e, quindi, «dato che la relazione esistente nelle cose
consiste nell’ordine che va dalle une alle altre, vi
saranno tanti tipi di relazione quanti
sono i modi in cui una cosa si puo
ordinare a un’altra» (V Met., lect. 17). Altrove San Tommaso precisa che il concetto di
ordine comprende tre elementi: «La nozione di ordine include tre cose. In primo luogo il
binomio priorità e posteriorità: in tal senso si deve dire che vi è ordine tra diversi secondo tutti i modi in cui qualcosa si dice previo a qualcos’altro, per es. rispetto
al tempo, al luogo ecc. L’ordine
implica in secondo luogo la distinzione,
poiché non vi è ordine se non fra cose
distinte; ma questo più che significato e
presupposto nel concetto. In terzo luogo, ordine significa la stessa
ragione dell’ordine (ratio
ordinis) in virtù della quale esso
si contrae in una specie determinata: ordine secondo il luogo, secondo l’importanza, secondo l’origine, e similmente secondo
altri aspetti» (I Sent., d. 20, q. 1, a. 3, sol. 1). Poiché il terzo elemento (la ratio ordinis) non è elemento essenziale dell’ordine in quanto tale, bensì la materia specifica di un tipo particolare di ordine (locale, temporale, di dignità, sociale, politico ecc.), si deve arguire che i fattori essenziali dell’ordine sono due,
la distinzione e la subordinazione
(ossia la priorità e la
posteriorità). Implicitamente però la
nozione di ordine implica sempre anche un terzo coefficiente:
il riferimento a un principio: infatti
la subordinazione (di priorità e posteriorità) si dice sempre rispetto a un primo, che funge da principio: «L’anteriore e il posteriore si dicono tali rispetto a un principio. Dato che l’ordine include in sé in qualche modo il prima e il dopo, laddove vi
è un principio, vi sarà anche un ordine» (II-II,
q. 26, a.
1). Ordinare è dunque mettere in relazione il
molteplice con un unico principio
unificatore. Se ordo ad principium è identico in tutti
gli ordinati, si instaurano tra di essi
rapporti di somiglianza, in cui le
differenze sono soltanto materiali. Se invece l’ordine è di tipo proporzionale allora tra gli ordinati si instaura un
rapporto di analogia: sicché la ratio non si riprodurrà allo stesso
modo in essi, bensì in un senso analogico o proporzionale; nascono così le relazioni di priorità e posteriorità,
sia numeriche sia ge-rarchiche (X Met., lect. 4). L’ordine
secondo San Tommaso fa parte della natura stessa delle
cose e non è un artificio aggiunto dall’esterno
o un’invenzione più o meno capricciosa
della fantasia: «Nessuna cosa naturale,
né alcunché di ciò che naturalmente conviene alle cose può stare senza ordine,
poiché la causa dell’ordinamento è la natura. Osserviamo che in tutte le sue opere
la natura procede con ordine, da una cosa a un’altra (de uno in aliud); di
conseguenza ciò che non ha alcun ordine non
agisce se-condo natura, né si può
assumere come principio» (VIII Phys., lect. 6). Il disordine è antinaturale dal momento che contrasta con il modo di agire dei fenomeni naturali. «Il fatto che una cosa sia
disordinata non significa altro se non
che è estranea ai processi naturali (praeter naturam). Nelle
cose sensibili è ovvio che l’ordine ha le
sue radici nella natura propria delle cose, poiché è in virtu della natura che ogni cosa tende a un fine determinato. Tale inclinazione costituisce appunto l’ordine delle cose sensibili; al contrario diciamo che qualcosa agisce o si muove disordinatamente quando lo fa in contrasto con l’impulso della
propria natura» (In III De Caelo, lect. 6). Anche il
disordine morale o il disordine
tecnico sono antinaturali, in quanto l’agire dell’uomo trova nella natura il suo fondamento. «Il
peccato, l’errore, la negligenza dell’artista
nel suo lavoro si oppongono alla tendenza della natura» (ibid.). Pur non costituendo l’essere di una cosa, l’ordine le e così necessario che quando esce dall’ordine il suo
essere ne soffre e può venir meno.
2. DIO, PRINCIPIO
PRIMO DELL’ORDINE DELL’UNIVERSO
Nell’universo
regna un ordine meraviglioso, e poiché l’ordine dice sempre
relazione a un principio, l’ordine dell’universo
non può avere come principio primo altri che Dio. Questo ,
è il nucleo della quinta via (v. DIO). San Tommaso spiega
che Dio ha stabilito l’ordine dell’universo per la sua gloria.
Creando le cose per far rifulgere in esse la
sua gloria Dio non poteva crearle
tutte eguali, perché soltanto moltiplicandole
e differenziandole poteva offrire un
quadro più vasto e più ricco della propria perfezione. «La diversità
delle cose proviene pertanto dall’intenzione
principale della Causa prima» (C.G., 11, c. 44). Dio fa sempre le sue opere badando alla visione d’insieme. «Ciò che Dio ha soprattutto a cuore nelle cose
create è l’ordine dell’universo» (C.G., III, c. 64). Poiché è la cosa
maggiormente voluta dal Creatore, nella sua mente divina deve preesistere l’idea
dell’ordine completo, il disegno dettagliato dell’opera completa. «L’ordine dell’universo è scientemente ricercato da Dio. Esso non esiste per accidens, in base a
una successione di agenti secondi: così alcuni pretenderebbero
che Dio abbia creato dapprima una sola creatura, questa una seconda, e
così via fino all’apparizione della moltitudine delle cose. Secondo tale opinione, Dio non avrebbe altra idea se non quella della prima
creatura. Ma se l’ordine
dell’universo è per se creato
da lui, è necessario che Dio abbia un’Idea dell’ordine dell’universo»
(I, q. 15, a.
2). L’ordine cosmico deve essere per Dio quasi la più
conosciuta e la più amata delle cose.
La più conosciuta, perché «se Dio conosce
altre cose al di fuori di se stesso,
conoscerà soprattutto ciò che è ottimo,
cioé l’ordine universale, cui si ordinano tutti i beni
particolari del
mondo» (C.G., I, c. 71). La più amata, perché
«Dio ancor più ama il bene dell’universalità
dei suoi effetti che non qualche bene
particolare, poiché in esso e più
raffigurata la sua bontà» (C.G., 1, e. 85). Il male è
essenzialmente disordine (v. MALE), perciò Dio non può averlo
direttamente voluto. Tuttavia Dio non lo esclude dal suo disegno ma lo fa
rientrare in un ordine
ontologico superiore. Per questo San Tommaso afferma, con
Sant’Agostino, che «un universo nel quale non vi fosse alcun
male, non avrebbe tanta bontà quanta ne ha l’universo realmente
esistente, perché non vi sarebbero in esso tante nature buone
quante in questo, nel quale esistono nature buone cui il male
non si può unire, e altre cui il male si unisce; ed è
meglio che esistano entrambi i tipi di nature piuttosto che uno solo» (I Sent., d.
44, q. 1, a.
2, ad 5). L’universo costituisce una grande
totalità dinamica comprendente tutti gli ordini particolari, coi loro
princìpi propri disposti in scala gerarchica.
«Tutte le creature compongono l’ordine universale come una totalità integrata
dalle sue parti. Se vogliamo assegnare il fine di un tutto e delle
sue parti, troviamo in primo luogo che le singole parti sono
in funzione dei loro atti propri, come l’occhio è per vedere; in secondo
luogo la parte meno nobile è in funzione della più nobile, come il senso è per l’intelletto e il polmone per il cuore; in terzo luogo, tutte le parti sono in funzione della totalità (...). Inoltre,
tutto l’uomo si orienta verso un fine estrinseco, come è il godimento di Dio» (I, q. 65, a. 2). Se estendiamo questo modello al cosmo, risulta che «ogni creatura è in funzione del proprio atto e della propria
perfezione. Secondo: le creature meno nobili sono in funzione delle più nobili, come le creature inferiori all’uomo sono per l’uomo. Inoltre ciascuna creatura è in funzione della perfezione
dell’universo. Infine, la totalità dell’universo
con tutte le sue parti è ordinata a Dio come a suo fine» (ibid.). Ogni sezione
dell’universo ha il suo valore intrinseco, pre-scindendo
dal fatto che sia ordinato a realtà superiori; ma nel suo insieme l’universo
tutt’intero ha un unico traguardo, Dio.
(V. GERARCHIA,
ANALOGIA, PROPORZIONE, DIO, MALE)