II.
ANALISI GENERALE DELL’AMORE
7.
L’AMORE SPONSALE (22)
L’analisi generale
dell’amore ha un carattere soprattutto metafisico, benché ad ogni istante noi
si faccia riferimento ai suoi aspetti psicologici o etici. Questi diversi
aspetti dell’amore si compenetrano in modo tale che è impossibile esaminarne
uno senza far cenno agli altri. Fin qui abbiamo cercato di mettere in luce quel
che fa pane dell’essenza di ogni amore e che, in modo specifico, trova
espressione nell’amore tra l’uomo e la donna. In un soggetto individuale,
l’amore si forma passando attraverso l’attrazione, la concupiscenza e le
benevolenza. Tuttavia trova la propria pienezza non in un solo soggetto, bensì
in un rapporto tra soggetti, tra le persone. Di qui il problema dell’amicizia
che abbiamo appena analizzato parlando della simpatia e quello della
reciprocità che si ricollega all’amicizia. Il passaggio dall’"io" al
"noi" è per l’amore non meno essenziale del fatto di uscire dal
proprio "io", che si esprime nell’attrazione, nell’amore
di concupiscenza e nell’amore di benevolenza. L’amore, e soprattutto quello che
qui ci interessa, è non soltanto una tendenza, ma piuttosto un incontro, una
unione di persone. E' evidente che questo incontro e questa unione si
realizzano sulla base dell’attrazione, dell’amore di concupiscenza e di quello
di benevolenza sviluppantisi in soggetti individuali.
L’aspetto individuale non scompare nell’aspetto interpersonale, ma, at
contrario, questo è condizionato da quello. Ne risulta che l’amore è sempre una
specie di sintesi interpersonale di gusti, di desideri e di benevolenza.
L’amore sponsale
differisce da tutti gli altri aspetti e forme dell’amore che abbiamo analizzato.
Consiste nel dono della persona. La sua essenza è il dono di sé, del proprio
io". E una cosa diversa, e nello stesso tempo
qualche cosa di più dell’attrazione, della concupiscenza, e persino della
benevolenza. Tutti questi modi di uscire da sé stessi per andare verso un’altra
persona, avendo di mira il suo bene, non vanno così lontano come l’amore
sponsale. Donarsi "è più che voler bene", anche nel caso in cui
grazie a questa volontà, un altro "io" diventa in qualche modo il
"mio", come avviene nell’amicizia. Tanto dal punto di vista del
soggetto individuale quanto da quello dell’unione interpersonale creata
dall’amore, l’amore sponsale è nello stesso tempo qualche cosa di diverso e di
più di tutte le altre forme dell’amore. Fa nascere il dono reciproco delle
persone.
Questo problema
esige di essere approfondito. Prima di tutto si pone la questione di sapere se
una persona può donarsi ad un’altra, dal momento che abbiamo constatato che
ogni persona è, come essenza, inalienabile, alteri
incommunicabilis. E' quindi non soltanto padrona
di sé stessa (sui iuris),
ma non può alienarsi ne donarsi. La natura della persona si oppone al dono di
sé. Infatti, nell’ordine della natura, non si può parlare di dono di una
persona ad un’altra, soprattutto nel senso fisico della parola. Ciò che vi è di
personale in noi è al di sopra di ogni forma di dono, qualunque essa sia, e al
di sopra di una appropriazione in senso fisico. La persona non può, come una
cosa, essere proprietà di altri. Di conseguenza, è altrettanto escluso che si
possa trattare la persona come un oggetto di godimento utilitaristico, come
abbiamo visto. Ma ciò che non è possibile, né conforme alla regola,
nell’ordine della natura e in senso fisico, può aver luogo nell’ordine
dell’amore e in senso morale. Qui una persona può donarsi ad un’altra, all’uomo
o a Dio, e grazie a questo dono viene a crearsi una for-ma d’amore particolare,
che chiameremo amore sponsale (23).
Questo fatto prova
il dinamismo particolare della persona e delle leggi tipiche che governano
l’esistenza e lo sviluppo. Cristo l’ha espresso in questa frase, che può
sembrare paradossale: "Chi avrà trovato la sua vita la perderà, e chi avrà
perduto la vita a causa mia la troverà" (Mt 10,39).
Effettivamente, c’è
un profondo paradosso nel problema dell’amore sponsale, paradosso non soltanto
verbale, ma intrinsecamente reale; le parole dell’Evangelo esprimono una realtà
particolare e contengono una verità che si manifesta nella vita dell’uomo.
Così, in ragione della sua natura, ogni persona è incomunicabile e
inalienabile. Nell’ordine delta natura, essa è orientata verso il proprio
perfezionamento, tende alla pienezza del proprio essere che è sempre un io
concreto. Abbiamo già constatato come questo perfezionamento si realizzi grazie
nell’amore, parallelamente ad esso. Ora l’amore più completo si esprime
precisamente nel dono di sé, nel fatto di donare in tutta proprietà questo io
inalienabile e incomunicabile. Il paradosso qui è duplice e procede in due
sensi: in primo luogo, che si possa uscire dal proprio
"io" e, secondariamente, che facendolo non lo si distrugga né lo si
svaluti, ma al contrario lo si sviluppi ed arricchisca evidentemente in senso
extrafisico, morale. L’Evangelo lo sottolinea molto nettamente: "Chi avrà
perduto, troverà", "chi avrà trovato, perderà". Noi ritroviamo qui quindi non soltanto la norma personalistica stessa, ma
anche delle direttive molto precise ed ardite, che ampliano questa norma in
diversi sensi. Il mondo delle persone ha le proprie leggi di esistenza e di
sviluppo.
Il dono di sé, in
quanto forma d’amore, scaturisce dall’essenza della persona in una chiara
visione dei valori e nella disponibilità della volontà a impegnarsi
precisamente in questo modo. L’amore sponsale non può in alcun caso essere
frammentario o fortuito nella vita interiore delta persona. Costituisce sempre
una cristallizzazione particolare dell' "io" umano totale, che,
grazie a questo amore, è deciso a disporre in tal modo di sé. Nel dono di sé,
noi troviamo quindi una prova lampante del possesso di sé. Le manifestazioni di
questo amore appaiono molto diverse. Senza parlare della dedizione della madre
per il figlio, non si potrebbe forse ritrovare questo dono di sé, del proprio "io",
nell’atteggiamento del medico nei confronti del malato, per esempio, in quello
dell’insegnante che si dedica con devozione alla formazione del proprio
discepolo o anche in quella del sacerdote, che con analoga dedizione, si dona
all’anima che gli è affidata. Militanti o apostoli si donano alla causa di
persone che non conoscono personalmente e che servono servendo la società. Non
è facile distinguere in quale misura intervenga qui l’amore di dedizione,
perché in tutti questi casi possono semplicemente agire un’onesta benevolenza e
una sincera amicizia per gli altri. Per esempio, per seguire con dedizione la
vocazione del medico, dell’insegnante o del sacerdote, basta voler bene a
quelli verso i quali si assume l’impegno. Ma anche nel caso in cui il nostro
atteggiamento assume il carattere di dono di sé e si confermi quindi come
amore, sarebbe fuori luogo definirlo amore sponsale.
Il concetto
dell’amore sponsale implica il dono di una persona individuale ad un’altra
persona scelta. Per questo noi usiamo in certi casi questo termine, anche se si
tratta di definire il rapporto dell’uomo con Dio (vi ritorneremo più avanti
nel capitolo IV). A maggior ragione è perfettamente giustificato parlarne a
proposito del matrimonio. L’amore dell’uomo e della donna conduce nel
matrimonio a! dono reciproco di sé. Dal punto di vista personale, è un dono di
sé fatto a un’altra persona; dal punto di vista interpersonale, è un dono
reciproco. Non bisogna paragonare (e di conseguenza confondere) il dono di sé,
di cui stiamo parlando ora, col "dono" nel senso puramente
psicologico, e meno ancora con l’"abbandono" nel senso puramente
fisico. D’altra parte, e soltanto la donna, o per lo meno soprattutto la donna,
che sente la propria partecipazione al matrimonio come un "abbandono"; l’uomo la vive in modo
diverso, di modo che, psicologicamente, c’è per lui una certa correlazione tra
l’ "abbandono" e il "possesso”. Ma il punto di vista psicologico
qui non è l’unico. Infatti, spingendoci fino in fondo nell’analisi oggettiva, quindi
ontologica, dell’atto coniugale, arriviamo a constatare che in questo rapporto
deve necessariamente intervenire il dono di sé da parte dell’uomo, sentito in
modo diverso da come lo sente la donna, ma tuttavia reale. In caso contrario,
l’uomo rischia di trattare la donna come un oggetto, anzi un oggetto di godimento.
Se perciò il matrimonio deve rispondere alle esigenze della norma
personalistica, bisogna che in esso si realizzi il dono di sé, l’amore sponsale
reciproco. Secondo il principio della reciprocità, in esso vengono ad incontrarsi
due doni di sé, quello dell’uomo e quello della donna, doni che, dal punto di
vista psicologico, hanno una forma diversa, ma che dal punto di vista
ontologico sono reali e compongono insieme il dono di sé reciproco. Da ciò
deriva un dovere particolare per l’uomo, che deve far accompagnane la sua
"conquista" e il suo "possesso" della donna da un atteggiamento
valido consistente nel donarsi altrettanto.
E' quindi evidente che nel matrimonio,
questo dono di sé non può avere un significato unicamente sessuale. Non
trovando la propria giustificazione nel dono della persona, porterebbe
fatalmente a quelle forme di utilitarismo che abbiamo cercato di analizzare
nel primo capitolo. Bisogna sottolineare questo fatto, perché esiste una
tendenza più o meno pronunciata a interpretare questo "dono di sé" in
un senso puramente sessuale, o sessuale e psicologico. Ora, qui è
indispensabile un’interpretazione personalistica. Per questo la morale, in cui
il comandamento dell’amore svolge la parte principale, si adatta molto bene al
fatto di ridurre il matrimonio all’amore sponsale, o più esattamente, per
adottare il punto di vista dell’educazione, al fatto di far risultare il
matrimonio da questa forma d’amore. Di qui derivano anche altre conseguenze,
che esamineremo nel capitolo IV (prima parte), giustificando la monogamia. Il
dono di sé, quale la donna fa all’uomo nel matrimonio, esclude, moralmente
parlando, che lui o lei possano donarsi nello stesso tempo e nello stesso modo
ad altre persone. L’elemento sessuale ha una funzione particolare nella formazione
dell’amore sponsale. I rapporti sessuali fanno si che quest’amore,
limitandosi a una sola coppia, acquisti un’intensità specifica. Ed è soltanto
così limitato che può dilatarsi tanto più largamente verso nuove persone, che
sono il frutto naturale dell’amore coniugale dell’uomo e della donna.
La nozione
dell’amore sponsale è importante per determinare le norme di tutta la morale
sessuale. Nell’ordine oggettivo, esiste certamente tra il sesso e la persona un
legame tutto particolare, al quale, nell’ordine della coscienza, corrisponde il
sentimento del diritto al possesso del proprio "io" (analizzeremo
questo problema nel capitolo III, "Metafisica del pudore"). Di
conseguenza, non si può parlare di un abbandono sessuale che non abbia il
significato di un dono della persona e non rientri, in un modo o nell’altro,
nell’orbita delle esigenze che noi abbiamo il diritto di porre all’amore
sponsale. Queste esigenze derivano dalla norma personalistica. L’amore
sponsale, benché differisca come essenza da tutte le altre forme d’amore
precedentemente analizzate, può formarsi solo in rapporto ad esse. E'
soprattutto indispensabile che sia strettamente legato alla benevolenza e
all’amicizia. Privo di un simile legame, l’amore può cadere in un vuoto molto
pericoloso, e le persone implicate resterebbero allora disorientate di fronte
ai fatti interni ed esterni che avrebbero imprudentemente lasciato insorgere in loro e tra loro.
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22. Il significato di questo termine è
spiegato più avanti, soprattutto a p. 86 ss.
23. "Esso si realizza, secondo gli insegnamenti di Cristo, in
un modo donandosi completamente a Dio stesso, e in un altro, nel
matrimonio, attraverso il reciproco donarsi delle persone umane...
Nello stesso tempo però bisogna sottolineare che sebbene il Dio come Creatore
possiede dominium altum (la legge
suprema nei confronti di tutto il creato e anche nei confronti dell’uomo, quale
persona), quel donarsi senza limiti “all’adorato Dio” (LG 44) che si esprime nella vocazione sacerdotale, rimane,
per la volontà di Cristo stesso, a libera scelta dell’uomo con l’aiuto della
grazia" (Significato dell’amore sponsale, in Annali filosofici, 22, 1974
fascicolo 2, p. 171).
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Da AMORE E RESPONSABILITA'
Karol Wojtyla
Ed. Marietti, Genova,
1996