II.
ANALISI GENERALE DELL’AMORE
4. AMORE COME "BENEVOLENZA"
Bisogna sottolineare qui che
l’amore è la realizzazione più completa delle possibilità dell’uomo. E l’attualizzazione
massima della potenzialità intrinseca della persona. Questa trova nell’amore
la più grande pienezza del proprio essere, della
propria esistenza oggettiva. L’amore è l’atto che realizza nel modo più
completo l’esistenza della persona. E evidente che per
essere cosI, bisogná che l’amore sia autentico. Che
cosa significa esattamente questa espressione?
L’amore è autentico quando realizza la propria
essenza, cioè si orienta verso un bene autentico, e in modo conforme alla
natura di questo bene. Bisogna applicare questa definizione anche all’amore tra
l’uomo e la donna. Anche in questo campo, l’amore vero
perfeziona l’essere della persona e ne sviluppa l’esistenza. L’amore falso
porta a risultati opposti: è quello che si orienta verso un bene apparente o,
nella maggior parte dei casi, verso un bene vero ma in un modo non corrispondente
alla natura di quel bene. Di questo genere è spesso l’amore tra l’uomo e la
donna, falso nei principi, oppure, malgrado dei
principi apparentemente giusti, falso nelle diverse manifestazioni, nella sua
realizzazione. Ora l’amore falso è un cattivo amore.
L’amore dell’uomo e della donna che non andasse al di là del desiderio sensuale sarebbe anch’esso cattivo, o
per lo meno incompleto, perché l’amore di concupiscenza non esaurisce
l’essenziale dell’amore tra persone. Non basta desiderare la persona come un
bene per sé, bisogna inoltre, e soprattutto volere il bene di
lei. Questo orientamento della volontà e dei sentimenti, altruista per
eccellenza, viene chiamato da san Tommaso amor benevolentiae
o benevolentia
soltanto. L’amore di una persona per un’altra deve essere benevolente per essere vero, altrimenti non sarà amore ma soltanto
egoismo. Nella sua natura, non soltanto non c’è incompatibilità tra la
concupiscenza e la benevolenza, ma tra loro c’è addirittura un legame. Quando
si desidera qualcuno come un bene per sé, bisogna volere che la persona
desiderata sia effettivamente un bene, affinché possa essere realmente un bene
per colui che la desidera. Così appare
evidente il legame tra la concupiscenza e la benevolenza.
Tuttavia la benevolenza in sé non si riduce
a questo rapporto di voleri: l’uomo vuole che la donna sia un bene pin completo
possibile, affinché sia sempre più un bene per lui, e viceversa. La benevolenza si
stacca da ogni interesse di cui certi elementi sono ancora percettibili
nell’amore di concupiscenza. La benevolenza è il disinteresse in amore; non: "io ti desidero come un bene", ma:
"io desidero il tuo bene", "io desidero ciò che è un bene per
te". Una persona
benevolente desidera questo senza pensare a sé stessa,
senza tener conto di sé. Per questo l’amore di benevolenza è amore di un senso molto più assoluto dell’amore di concupiscenza, l’amore più
puro. Attraverso la benevolenza noi ci avviciniamo al massimo
a ciò che costituisce l’"essenza pura" dell’amore. E' l’amore che
perfeziona al massimo il suo soggetto e che riesce a realizzare nel modo più
perfetto tanto l’esistenza del soggetto quanto quella della persona verso la quale è orientato.
L’amore dell’uomo e
della donna non può non essere un amore di concupiscenza,
ma deve tendere a diventare una profonda benevolenza. Bisogna
che tenda a questo in ogni momento, e in tutte le manifestazioni della vita
comune. Questo deve verificarsi soprattutto nella vita coniugale in cui
si manifesta con la massima evidenza non soltanto l’amore di concupiscenza, ma
anche Ia concupiscenza stessa. In questo consiste la ricchezza particolare dell’amore coniugale, ma nello stesso tempo
anche la sua specifica difficoltà. Non bisogna nasconderselo né passarlo sotto
silenzio. Il vero amore di benevolenza può andare di pan
passo con l’amore di concupiscenza, oppure con la concupiscenza stessa, purché
questa non arrivi a dominare tutto ciò che l’amore dell’uomo e della donna
contiene in più, e non ne diventi l’unico contenuto e senso.
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Da AMORE E RESPONSABILITA'
Karol Wojtyla
Ed. Marietti, Genova, 1996