Dotata del suo fascino e posta in
essere dal Creatore mediante la libera cooperazione dei genitori –
pro creatori – nell’atto più misterioso e coinvolgente del
loro amore coniugale ogni persona è variazione del primo uomo nella
versione maschile o femminile. Ciascuna persona e ciascuna coppia ripete la
stessa storia sempre uguale a se stessa e sempre capace di prestarsi ad una
lettura del tutto unica e nuova. Una accanto
all’altro Eva e Adamo inventano ogni volta il
loro gioco come bambini sotto gli occhi compiaciuti del Padre.
Accesa all’esistenza in una forma sempre
riconoscibile e precaria - la vita umana è attiva solo nel momento presente
– la persona è donata a se stessa. La donazione a sé
totalmente gratuita le conferisce la condizione di unicità
tutta da realizzare. A ciascuno è assegnato un nome misterioso - la
chiave della conoscenza di sé - che potrà essere svelato
progressivamente durante la sua realizzazione nella
libertà e nell’amore. Il destino di ogni
persona pertanto non è scritto nelle stelle, ma nella libertà.
Ognuno è chiamato ad essere artefice della fioritura e della maturazione
del suo nome.
La libertà si attua nella conoscenza.
L’amore è il desiderio che trascina la persona a conoscere, ad
esigere di più da se stessa là dove incontra difficoltà e
ad affinarsi quando la realtà si presenta sublime. Pare non sia posto limite alla dilatazione del cuore.
Se dunque desidero conoscere in modo adeguato la
persona a cui mi rivolgo e che mi parla conviene che
impari a distinguerla. Esprimerò il rispetto dovuto in attenzione e in
ascolto sereno liberato dall’urgenza di trovare le parole della risposta.
E’ facile cadere nella tentazione di affidare alla risposta il compito di
ostentare la propria superiorità. Non imparerò niente se non mi
sarò imposto di non giudicare.
L’unicità e la solitudine del mio
interlocutore a cui presto attenzione chiamano con
chiarezza la mia unicità e la mia solitudine. Mi conviene scuotermi
dalla sonnolenza e dalla presunzione. Il risveglio è tonificante e
piacevole quanto la luce di una mattina fresca e frizzante. Imparando
l’umiltà e la diligenza dell’ascolto metto
a suo agio colui che mi parla e lo aiuto a liberarsi dalla fatica di studiare
le parole per apparire ai miei occhi quello che non è. Poiché non
ho modo di sperimentare la soggettività di
alcuno potrò dire di ogni persona: “e’ un altro me
stesso”, vale a dire: “ il mio interlocutore è da solo a
conoscersi come soggetto esattamente come io sono da solo nel mio
intimo”. Di solito la capacità di attenzione
alla persona porta a distinguere con una certa facilità quanto esce
dalla sua bocca di autentico da quanto è artefatto e quindi ipocrita. (Hypocrités = attore).
Vedo in atto in ciascuno
quello che nel bene e nel male potrei essere io. Così conosco me stesso, vedo l’ampiezza delle mie
potenzialità, cosa potrei essere nel male e
quanto mi conviene di audacia nel bene. L’attenzione diligente,
rispettosa e aliena da ogni tentazione di giudizio – ogni
persona è imprevedibile e capace di rigenerarsi - appare quindi cosa
molto gratificante. Non ho crediti con nessuno, sono debitore verso chiunque mi
rivolge la parola, ascolta quanto gli dico o anche solo passa nel cono di luce
della mia capacità di vedere.
Come l’apprendimento della forma esige
castità e la possibilità di avvertire la presenza domanda
distacco, così la conoscenza della persona chiede umiltà che si
esprime soprattutto nel non giudicare. La felicità che potrò
sperimentare mi colloca al di sopra del timore di
essere giudicato. Colui che è felice non
è giudicato. ( Tommaso d’Aquino).