Articolo 8: IL
PECCATO
V. La proliferazione del peccato
[1865] Il peccato trascina al
peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano
inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta
valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a
rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.
[1866] I vizi possono essere
catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere
collegati ai peccati capitali che
l’esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san
Gregorio Magno . Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri
vizi. Sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità,
la pigrizia o accidia.
[1867] La tradizione catechistica
ricorda pure che esistono «peccati che gridano verso il cielo».
Gridano verso il cielo: il sangue di Abele;
il peccato dei Sodomiti; il
lamento del popolo oppresso in Egitto;
il lamento del forestiero, della vedova e dell’orfano; l’ingiustizia verso il salariato .
[1868] Il peccato è un atto
personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli
altri, quando vi cooperiamo:-
prendendovi parte direttamente e volontariamente;
comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
proteggendo coloro che commettono il male.
[1869] Così
il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di
loro la concupiscenza, la violenza e l’ingiustizia. I peccati sono all’origine
di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla Bontà divina. Le
«strutture di peccato» sono l’espressione e l’effetto dei peccati personali.
Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso
analogico esse costituiscono un «peccato sociale» .