Conferenza Episcopale
Italiana
EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL
VANGELO
Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano
per il decennio 2010-2020
PRESENTAZIONE
Gli Orientamenti pastorali per
il decennio 2010-2020 intendono offrire alcune linee di fondo per una crescita
concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione. In essa noi Vescovi riconosciamo una sfida
culturale e un segno dei tempi, ma prima ancora una dimensione costitutiva e
permanente della nostra missione di rendere Dio presente in questo mondo e di
far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo
amore e della sua verità, in una vita nuova caratterizzata da tutto ciò che è
bello, buono e vero. È questo un tema a cui più volte ci ha richiamato Papa
Benedetto XVI, il cui magistero costituisce il riferimento sicuro per il nostro
cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale.
La scelta di dedicare un’attenzione specifica al campo educativo affonda le
radici nel IV Convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Verona nell’ottobre
2006, con il suo messaggio di speranza fondato sul “sì” di Dio all’uomo
attraverso suo Figlio, morto e risorto perché noi avessimo la vita. Educare
alla vita buona del Vangelo significa, infatti, in primo luogo farci
discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a un’umanità
nuova e piena. Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro
che si aprono a lui e accolgono la compagnia dei fratelli per fare esperienza
della bellezza del Vangelo. La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia
bimillenaria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione.
Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità
e quindi seminare cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella nostra azione, che
non abbia una significativa valenza educativa. La scelta dell’Episcopato
italiano per questo decennio è segno di una premura che nasce dalla paternità
spirituale di cui siamo rivestiti per grazia e che condividiamo in primo luogo
con i sacerdoti. Siamo ben consapevoli, inoltre, delle energie profuse con
tanta generosità nel campo dell’educazione da consacrati e laici, che
testimoniano la passione educativa di Dio in ogni campo dell’esistenza umana. A
ciascuno consegniamo con fiducia questi orientamenti, con l’auspicio che le
nostre comunità, parte viva del tessuto sociale del Paese, divengano sempre più
luoghi fecondi di educazione integrale. Maria, che accompagnò la crescita di
Gesù in sapienza, età e grazia, ci aiuti a testimoniare la vicinanza amorosa
della Chiesa a ogni persona, grazie al Vangelo, fermento di crescita e seme di felicità
vera.
Roma, 4 ottobre 2010
Festa di San Francesco d’Assisi,
Patrono d’Italia
Angelo Card. Bagnasco
Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana
INTRODUZIONE
Alla scuola di Cristo,
maestro e pedagogo
1. Nel corso dei secoli Dio ha
educato il suo popolo, trasformando l’avvicendarsi delle stagioni dell’uomo in
una storia di salvezza: «Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di
ululati solitari." Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del
suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi
nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui
solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero» (Dt 32,10-12).
Di questa storia noi ci sentiamo partecipi.
La guida di Dio, in tutta la sua
forza e tenerezza, si è fatta pienamente e definitivamente visibile in Gesù di
Nazaret. Clemente Alessandrino, un autore del II secolo, gli attribuì il titolo
di “pedagogo”: è Lui il maestro e il redentore dell’umanità, il pastore le cui
orme guidano al cielo. Clemente individua nella Chiesa, sposa e madre del
maestro, la “scuola” dove Gesù insegna, e conclude con questa esortazione: «O
allievi della divina pedagogia!" Orsù, completiamo la bellezza del volto
della Chiesa e corriamo, noi piccoli, verso la Madre buona; diventando
ascoltatori del Logos, glorifichiamo il divino piano provvidenziale, grazie al
quale l’uomo viene sia educato dalla pedagogia divina che santificato in quanto
bambino di Dio: è cittadino dei cieli, mentre viene educato sulla terra; riceve
lassù per Padre colui che in terra impara a conoscere.». Mentre risuonano in
noi le parole del Vangelo – «uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti
fratelli» (Mt 23,8) – vorremmo poter dire con Sant’Agostino: «Parliamo a
voi come a condiscepoli alla stessa scuola del Signore… Sotto questo Maestro,
la cui cattedra è il cielo – è per mezzo delle sue Scritture che dobbiamo
essere formati – fate dunque attenzione a quelle poche cose che vi dirò».
All’educazione, dunque,
intendiamo dedicare questo decennio.
Un rinnovato impegno
ecclesiale
2. Da sempre la Chiesa riserva peculiare attenzione all’educazione.
La nostra scelta intende, in particolare, riproporre e approfondire
l’insegnamento del Concilio Vaticano II: «La santa madre Chiesa,
nell’adempimento del mandato ricevuto dal suo divin Fondatore, che è quello di
annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e di edificare tutto in
Cristo, ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella
terrena, in quanto connessa con la vocazione sopran-naturale; essa perciò ha un
suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’ed-ucazione».
Molti passi del recente cammino
della Chiesa in Italia hanno trovato convergenza sul tema educativo. Il
decennio appena concluso è stato illuminato dall’esperienza spirituale del Grande
Giubileo del 2000, che incoraggiava a “prendere il largo”, come fecero un
giorno gli Apostoli, rispondendo all’invito del Signore (cfr Lc 5,4). La
coincidenza del Giubileo con l’inizio del nuovo millennio ha aiutato a
collocare con ancora maggiore chiarezza il mistero di Cristo nel grande orizzonte
della storia della salvezza. Il cristianesimo, infatti, è religione calata
nella storia. Lo scri-veva Giovanni Paolo II, spiegando che
l’incarnazione del Figlio nel grembo di Maria, culminata nella Pasqua e nel
dono dello Spirito, «costituisce il cuore pulsante del tempo, l’ora misteriosa
in cui il Regno di Dio si è fatto vicino (cfr Mc 1,15), anzi ha messo
radici, come seme destinato a diventare un grande albero (cfr Mc 4,30-32),
nella nostra storia».
Frutto di questa consapevolezza
sono stati gli Orientamenti pastorali pubblicati nel 2001, Comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia5. A essi seguì nel 2004 la Nota
pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia6, dove
l’attenzione si rivolgeva in modo speciale a queste comunità, perché in esse
trova concretezza la vocazione della Chiesa a essere segno della fecondità del
Vangelo nel territorio.
Al centro del decennio, si è
situato il IV Convegno ecclesiale nazionale, tenuto a Verona nell’ot-tobre
3. Alla luce di questa esperienza, sono state focalizzate
alcune scelte di fondo: il primato di Dio nella vita e nell’azione delle
nostre Chiese, la testimonianza quale forma dell’esistenza cristiana e l’impegno
in una pastorale che, convergendo sull’unità della persona, sia in grado di
«rinnovarsi nel segno della speranza integrale, dell’attenzione alla vita,
dell’unità tra le diverse vocazioni, le molte-plici soggettività ecclesiali, le
dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana»9. Al
tempo stesso ha incontrato un consenso crescente l’opzione di declinare la
testimonianza nel mondo secondo gli ambiti fondamentali dell’esistenza umana,
cercando nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per comporre le parole con le
quali ripresentare al mondo l’amore infinito di Dio10.
In tal modo si è fatta strada la
consapevolezza che è proprio l’educazione la sfida che ci attende nei prossimi
anni: «ci è chiesto un investimento educativo capace di rinnovare gli itinerari
formativi, per renderli più adatti al tempo presente e significativi per la
vita delle persone, con una nuova attenzione per gli adulti»1.
Il Santo Padre ci incoraggia in
questa direzione, mettendo in evidenza l’urgenza di dedicarsi alla formazione
delle nuove generazioni. Egli riconosce che l’educare, se mai è stato facile,
oggi assume caratteristiche più ardue; siamo di fronte a «una grande ‘emergenza
educativa’, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i
nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e
di dare un senso alla propria vita».
4. Queste ragioni ci inducono a impegnarci nel decennio
pastorale 2010-
In qualità di pastori, posti a
servizio delle comunità che ci sono affidate, proponiamo le nostre riflessioni
sull’educazione a partire dall’incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo, del
quale quotidianamente sperimentiamo la forza sanante e liberante. A noi sta a
cuore la proposta esplicita e integrale della fede, posta al centro della
missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore. Questa fede vogliamo
annunciare, senza alcuna imposizione, testimoniando con gioia la bellezza del
dono ricevuto, consapevoli che porta frutto solo quando è accolto nella
libertà. Il Vangelo fa emergere in ognuno le domande più urgenti e profonde,
permette di comprenderne l’importanza, di dare un ordine ai problemi e di
collocarli nell’orizzonte della vita sociale.
Una speranza affidabile,
anima dell’educazione
5. Tra i compiti affidati dal Maestro alla Chiesa c’è la cura
del bene delle persone, nella prospettiva di un umanesimo integrale e
trascendente. Ciò comporta la specifica responsabilità di educare al gusto
dell’autentica bellezza della vita, sia nell’orizzonte proprio della fede, che
matura nel dono pasquale della vita nuova, sia come prospettiva pedagogica e
culturale, aperta alle donne e agli uomini di qualsiasi religione e cultura, ai
non credenti, agli agnostici e a quanti cercano Dio. Chi educa è sollecito
verso una persona concreta, se ne fa carico con amore e premura costante, perché
sboccino, nella libertà, tutte le sue potenzialità. Educare comporta la
preoccupazione che siano formate in ciascuno l’intelligenza, la volontà e la
capacità di amare, perché ogni individuo abbia il coraggio di decisioni
definitive14. Riecheggia in queste parole l’insegnamento del Concilio Vaticano
II: «Ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana
integrale, in cui eccellono i valori dell' intelligenza, della volontà, della
coscienza e della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono
stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.». Non ignoriamo, certo, le
difficoltà che l’educazione si trova oggi a fronteggiare. Fra queste, spicca lo
scetticismo riguardo alla sua stessa possibilità, sicché i progetti educativi
diventano programmi a breve termine, mentre una corrente fredda scuote gli
spazi classici della famiglia e della scuola. Noi stessi ne siamo turbati e
sentiamo l’esigenza impellente di ribadire il valore dell’educazione proprio a
partire da questi suoi luoghi fondamentali.
Come pastori della Chiesa il
nostro pensiero va pure a tutte le altre resistenze, provocate dal peccato che
distoglie e indebolisce la volontà dell’uomo e lo induce ad azioni malvagie16.
Cogliamo in tutta la loro gravità le parole del Papa, quando avverte che «oggi
la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche
noi, come gli antichi pagani, uomini ‘senza speranza e senza Dio in questo
mondo’, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio
da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa:
alla radice della crisi dell’educazione c’è, infatti, una crisi di fiducia
nella vita».
«Anima dell’educazione, come
dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile». La sua sorgente è
Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce una grande speranza per l’uomo,
per la sua vita, per la sua capacità di amare. In questo noi individuiamo il
contributo specifico che dalla visione cristiana giunge all’educazione, perché
«dall’essere ‘di’ Gesù deriva il profilo di un cri-stiano capace di offrire
speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mettere con
umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di una
promessa che supera ogni attesa umana».
Mentre, dunque, avvertiamo le
difficoltà nel processo di trasmissione dei valori alle giovani genera-zioni e
di formazione permanente degli adulti, conserviamo la speranza, sapendo di
essere chiamati a sostenere un compito arduo ed entusiasmante: riconoscere nei
segni dei tempi le tracce dell’azione dello Spirito, che apre orizzonti
impensati, suggerisce e mette a disposizione strumenti nuovi per rilanciare con
coraggio il servizio educativo.
6. Ci rivolgiamo anzitutto alle nostre comunità, cui
intendiamo offrire le linee pastorali che emer-gono dalla scelta
dell’educazione come attenzione portante di questo decennio e che si intrecciano
con tutto l’agire della Chiesa. Confidiamo in tal modo di offrire una proposta significativa
per ogni persona a cui sta a cuore il futuro dell’umanità e delle nuove
generazioni. A partire dalle linee guida contenute in questo documento, negli
anni a venire saranno indicati ulteriori approfondimenti e sviluppi su aspetti
specifici, connessi con il tema dell’educazione. Fin da ora chiediamo alle
comunità cristiane di procedere alla verifica degli itinerari formativi
esistenti e al consolidamento delle buone pratiche educative in atto. Invitiamo
specialmente i presbiteri e quanti condividono con loro il servizio e la responsabilità
educativa ad accogliere con cuore aperto questi orientamenti: essi non
intendono aggiungere cosa a cosa, ma stimolano a esplicitare le potenzialità
educative già presenti, aprendosi con coraggio alla fantasia dello Spirito e al
soffio della missione. Solo un’edu-cazione che aiuti a penetrare il senso della
realtà, valorizzandone tutte le dimensioni, consente di immettervi germi di risurrezione
capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la
frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società. Con umiltà
e con vivo senso dei nostri limiti, ma pure con evangelica parresía e
confidenza nel tesoro che il Signore ha posto nelle nostre mani, ci esortiamo a
vicenda a metterci a servizio del Vangelo per l’educazione integrale di quanti
vorranno accogliere il dono che abbiamo ricevuto e che offriamo a tutti.
Capitolo 1 –
Educare in un mondo che cambia
È tempo di discernimento
7. L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al
momento e al contesto in cui essa si trova a vivere, alle dinamiche culturali
di cui è parte e che vuole contribuire a orientare. Il “mondo che cambia” è ben
più di uno scenario in cui la comunità cristiana si muove: con le sue urgenze e
le sue opportunità, provoca la fede e la responsabilità dei credenti. È il
Signore che, domandandoci di valutare il tempo, ci chiede di
interpretare ciò che avviene in profondità nel mondo d’oggi, di cogliere le
domande e i desideri dell’uomo: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito
dite:‘Arriva la pioggia’, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite:‘Farà
caldo’, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del
cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi
stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,54-57).
«Bisogna, infatti, conoscere e
comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo
carattere spesso drammatico», ci ha ricordato il Concilio Vaticano II,
indicando pure il metodo: «Per svolgere questo compito, è dovere permanente
della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del
Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai
perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e
sulle loro relazioni reciproche»20. Tutto il popolo di Dio, dunque, con l’aiuto dello
Spirito, ha il compito di esaminare ogni cosa e di tenere ciò che è buono (cfr 1Ts
5,21), riconoscendo i segni e i tempi dell’azione creatrice dello Spirito.
Compiendo tale discernimento, la Chiesa si pone accanto a ogni uomo,
condividendone gioie e speranze, tristezze e angosce e diventando così solidale
con la storia del genere umano.
Mentre sperimentiamo le
difficoltà in cui si dibatte l’opera educativa in una società spesso incapace
di assicurare riferimenti affidabili, nutriamo una grande fiducia, sapendo che
il tempo dell’e-ducazione non è finito. Perciò vogliamo metterci alla ricerca
di risposte adeguate e non ci sco-raggiamo, sapendo di poter contare su una “riserva
escatologica” alla quale quotidianamente attingere: la speranza che non delude
(cfr Rm 5,5). Così sostenuti, vogliamo prendere coscienza, insieme a
tutti gli educatori, di alcuni aspetti problematici della cultura contemporanea
– come la tendenza a ridurre il bene all’utile, la verità a razionalità
empirica, la bellezza a godimento effimero – cercando di riconoscere anche le
domande inespresse e le potenzialità nascoste, e di far leva sulle risorse
offerte dalla cultura stessa.
8. Un segno dei tempi è senza dubbio costituito
dall’accresciuta sensibilità per la libertà in tutti gli ambiti
dell’esistenza: il desiderio di libertà rappresenta un terreno d’incontro tra
l’anelito dell’uomo e il messaggio cristiano. Nell’educazione, la libertà è il
presupposto indispensabile per la crescita della persona. Essa, infatti, non è
un semplice punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimo
dell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore. «L’uomo può volgersi al
bene soltanto nella libertà. I nostri contemporanei stimano grandemente e
perseguono con ardore tale libertà, e a ragione… La dignità dell’uomo richiede
che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere… L’uomo perviene a tale
dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine
mediante la scelta libera del bene»21. Questa ricerca diffusa di
libertà e di amore rimanda a valori a partire dai quali è possibile proporre un
percorso educativo, capace di offrire un’esperienza integrale della fede e
della vita cristiana. Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare
al bisogno di significato e di felicità delle persone. Il messaggio cristiano
pone l’accento sulla forza e sulla pienezza di gioia donate dalla fede, che
sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e attesa umani. Il compito
dell’educatore cristiano è diffondere la buona notizia che il Vangelo può
trasformare il cuore dell’uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza.
Siamo nel mondo con la consapevolezza di essere portatori di una visione della
persona che, esaltandone la verità, la bontà e la bellezza, è davvero
alternativa al sentire comune.
Nei nodi della cultura
contemporanea
9. Considerando le trasformazioni avvenute nella società,
alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modo
particolare sul processo educativo: l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi
della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale
in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le
generazioni, la separazione tra intelligenza e affettività. Si tratta di nodi
critici che vanno compresi e affrontati senza paura, accettando la sfida di trasformarli in
altrettante opportunità educative.
Le persone fanno sempre più
fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il
disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio
insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato
dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di
sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò si riflette
anche nello smarrimento del significato autentico dell’educare e della sua
insopprimibile necessità. Il mito dell’uomo “che si fa da sé” finisce con il
separare la persona dalle proprie radici e dagli altri, rendendola alla fine poco amante anche di se
stessa e della vita.
Le cause di questo disagio sono
molteplici – culturali, sociali ed economiche – ma al fondo di tutto si può
scorgere la negazione della vocazione trascendente dell’uomo e di quella
relazione fondante che dà senso a tutte le altre: «Senza Dio l’uomo non sa dove
andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia».Siamo così condotti
alle radici dell’“emergenza educativa”, il cui punto cruciale sta nel superamento
di quella falsa idea di autonomia che induce l’uomo a concepirsi come un “io” completo
in se stesso, laddove, invece, egli diventa “io” nella relazione con il “tu” e
con il “noi”.
Tale distorsione è stata
magistralmente illustrata dal Santo Padre: «Una radice essenziale consiste – mi
sembra – in un falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe
svilupparsi solo da se stesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali
potrebbero assistere il suo autosviluppo, ma non entrare in questo sviluppo. In
realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo
dall’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal‘tu’ e dal‘noi’, è creato per il
dialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il‘tu’
e con il‘noi’ apre l’‘io’ a se stesso. Perciò la cosiddetta educazione antiautoritaria
non è educazione ma rinuncia all’educazione: così non viene dato quanto noi
siamo debitori di dare agli altri, cioè questo ‘tu’ e ‘noi’ nel quale si apre l’‘io’
a se stesso».
10. Oggi la formazione dell’identità personale avviene
in un contesto plurale, caratterizzato da diversi soggetti di riferimento: non
solo la famiglia, la scuola, il lavoro, la comunità ecclesiale, ma anche
ambienti meno definiti e tuttavia influenti, quali la comunicazione
multimediale e le occasioni del tempo libero. La molteplicità dei riferimenti
valoriali, la globalizzazione delle proposte e degli stili di vita, la mobilità
dei popoli, gli scenari resi possibili dallo sviluppo tecnologico costituiscono
elementi nuovi e rilevanti, che segnano il venir meno di un modo quasi
automatico di prospettare modelli di identità e inaugurano dinamiche inedite.
La cultura globale, mentre sembra annullare le distanze, finisce con il
polarizzare le differenze, producendo nuove solitudini e nuove forme di
esclusione sociale.
Anche i rapporti con culture ed
esperienze religiose diverse, resi più intensi dall’aumento dei flussi
migratori e dalla facilità delle comunicazioni, possono costituire una risorsa
feconda, da valorizzare senza indulgere a irenismi e semplificazioni o cedere a
eccessivi timori e diffidenze. Queste condi-zioni, in cui si colloca oggi il
percorso formativo, se comportano maggiore fatica e rischi inediti rispetto al
passato, accrescono lo spazio di libertà della persona nelle proprie decisioni
e fanno appello alla sua responsabilità. Ciò è di fondamentale importanza anche
per la scelta religiosa, perché al centro della relazione dell’uomo con Dio c’è
la libertà.
In una società caratterizzata
dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consu-mo, il
compito più urgente diventa, dunque, educare a scelte responsabili. Per questo,
sin dai primi anni di vita, l’educazione non può pensare di essere neutrale,
illudendosi di non condizionare la libertà del soggetto. Il proprio
comportamento e stile di vita – lo si voglia o no – rappresentano, di fatto,
una proposta di valori o disvalori. È ingiusto non trasmettere agli altri ciò
che costituisce il senso profondo della propria esistenza. Un simile
travisamento restringerebbe l’educazione nei confini angusti del sentire
individuale e distruggerebbe ogni possibile profilo pedagogico. Di fronte agli
educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si
presenta, pertanto, la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli
ampiamente divulgati e di superarne l’incon-sistenza, promuovendo la capacità
di pensare e l’esercizio critico della ragione.
12. L’educazione è strutturalmente legata ai rapporti tra le
generazioni, anzitutto all’interno della famiglia, quindi nelle relazioni
sociali. Molte delle difficoltà sperimentate oggi nell’ambito educa-tivo sono
riconducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondi
separati ed estranei. Il dialogo richiede invece una significativa presenza
reciproca e la disponibilità di tempo.
All’impoverimento e alla
frammentazione delle relazioni, si aggiunge il modo con cui avviene la
trasmissione da una generazione all’altra. I giovani si trovano spesso a
confronto con figure adulte demotivate e poco autorevoli, incapaci di
testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione. A soffrirne di
più è la famiglia, primo luogo dell’educazione, lasciata sola a fronteggiare
compiti enormi nella formazione della persona, senza un contesto favorevole e adeguato
sostegno culturale, sociale ed economico. Lo sforzo grava soprattutto sulle
donne, alle quali la cura della vita è affidata in modo del tutto speciale. La
famiglia, tuttavia, resta la comunità in cui si colloca la radice più intima e
più potente della generazione alla vita, alla fede e all’amore.
13. La formazione integrale è resa particolarmente difficile dalla
separazione tra le dimensioni cost-itutive della persona, in special
modo la razionalità e l’affettività, la corporeità e la spiritualità. La mentalità odierna, segnata dalla
dissociazione fra il mondo della conoscenza e quello delle emo-zioni, tende a
relegare gli affetti e le relazioni in un orizzonte privo di riferimenti
significativi e dominato dall’impulso momentaneo. Si avverte, amplificato dai
processi della comunicazione, il peso eccessivo dato alla dimensione
emozionale, la sollecitazione continua dei sensi, il prevalere dell’eccitazione
sull’esigenza della riflessione e della comprensione.
Questa separazione tra le
dimensioni della persona ha inevitabili ripercussioni anche sui modelli
educativi, per cui educare equivale a fornire informazioni funzionali, abilità
tecniche, competenze professionali. Non raramente, si arriva a ridurre
l’educazione a un processo di socializzazione che induce a conformarsi agli
stereotipi culturali dominanti. Il modello della spontaneità porta ad
assolutizzare emozioni e pulsioni: tutto ciò che “piace” e si può ottenere
diventa buono. Chi educa rinuncia così a trasmettere valori e a promuovere l’apprendimento
delle virtù; ogni proposta direttiva viene considerata autoritaria.
Già Paolo VI, indicando alcune
linee fondamentali di quella che egli chiamava «l’arte sovrana di educare»,
osservava: «Se l’educatore fermasse la sua fatica soltanto ad un paziente, meticoloso,
e, se volete, scientifico rilievo dell’ambiente, in cui oggi il ragazzo svolge
la sua vita, fa la sua espe-rienza e plasma la sua personalità, non farebbe
opera completa... L’educatore non è un osservatore passivo dei fenomeni della
vita giovanile; deve essere un amico, un maestro, un allenatore, un medico, un
padre, a cui non tanto interessa notare il comportamento del suo pupillo in determinate
circostanze, quanto preservarlo da inutili offese e allenarlo a capire, a
volere, a godere, a sublimare la sua esperienza». Benedetto XVI, a sua volta,
spiega che l’educazione non può risolversi in una didattica, in un insieme di
tecniche e nemmeno nella trasmissione di principi; il suo scopo è, piuttosto,
quello di «formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto
con il mondo, forti di una memoria significativa che non è solo occasionale ma,
accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella
Rivelazione, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienza che,
mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pensiero, gli
affetti e il giudizio».
Una vera relazione educativa
richiede l’armonia e la reciproca fecondazione tra sfera razionale e mondo
affettivo, intelligenza e sensibilità, mente, cuore e spirito. La persona viene
così orientata verso il senso globale di se stessa e della realtà, nonché verso
l’esperienza liberante della continua ricerca della verità, dell’adesione al
bene e della contemplazione della bellezza.
Dall’accoglienza
all’integrazione
All’accoglienza deve seguire la
capacità di gestire la compresenza di culture, credenze ed espressioni
religiose diverse. Purtroppo si registrano forme di intolleranza e di
conflitto, che talora sfociano anche in manifestazioni violente. L’opera
educativa deve tener conto di questa situazione e aiutare a superare paure,
pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il dialogo e la collaborazione.
Particolare attenzione va riservata al numero crescente di minori, nati in
Italia, figli di stranieri. L’acquisizione di uno spirito critico e l’apertura
al dialogo, accompagnati da una maggiore consapevolezza e testimonianza della
propria identità storica, culturale e religiosa, contribuiscono a far crescere
personalità solide, allo stesso tempo disponibili all’accoglienza e capaci di
favorire processi di integrazione.
La comunità cristiana educa a
riconoscere in ogni straniero una persona dotata di dignità invio-labile,
portatrice di una propria spiritualità e di un’umanità fatta di sogni, speranze
e progetti. Molti di coloro che giungono da lontano sono fratelli nella stessa
fede: come tali la Chiesa li accoglie, condividendo con loro anche l’annuncio e
la testimonianza del Vangelo. L’approccio educativo al fenomeno
dell’immigrazione può essere la chiave che spalanca la porta a un futuro ricco
di risorse e spiritualmente fecondo.
Per la crescita integrale
della persona
Per tali ragioni la Chiesa non
smette di credere nella persona umana: «il primo contributo che possiamo
offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella
sua ragione e nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo
ottimismo, ma ci proviene da quella ‘speranza affidabile’ (Spe salvi, 1)
che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo». Impegnandosi
nell’educazione, la Chiesa si pone in fecondo rapporto con la cultura e le scienze,
suscitando responsabilità e passione e valorizzando tutto ciò che incontra di
buono e di vero. La fede, infatti, è radice di pienezza umana, amica della
libertà, dell’intelligenza e dell’amore. Caratterizzata dalla fiducia nella
ragione, l’educazione cristiana contribuisce alla crescita del corpo sociale e
si offre come patrimonio per tutti, finalizzato al perseguimento del bene
comune. Le virtù umane e quelle cristiane, infatti, non appartengono ad ambiti
separati. Gli atteggiamenti virtuosi della vita crescono insieme,
contribuiscono a far maturare la persona e a svilupparne la libertà,
determinano la sua capacità di abitare la terra, di lavorare, gioire e amare,
ne assecondano l’anelito a raggiungere la somiglianza con il sommo bene, che è
Dio Amore.
Capitolo 2 –
Gesù, il Maestro
16. Di fronte ai nodi che oggi caratterizzano la sfida
educativa, ci mettiamo ancora una volta alla scuola di Gesù. Lo facciamo con
grande fiducia, sapendo che egli è il «Maestro buono» (Mc 10,17), che ha
parlato e ha agito, mostrando nella vita il suo insegnamento. Nel gesto della
lavanda dei piedi dei suoi discepoli, nell’ora in cui li amò sino alla fine,
egli si presenta ancora come colui che ci educa con la sua stessa vita (cfr Gv
13,14). Gesù è per noi non “un” maestro, ma “il” Maestro. La sua autorità,
grazie alla presenza dinamica dello Spirito, raggiunge il cuore e ci forma inte-riormente,
aiutandoci a gestire, nei modi e nelle forme più idonee, anche i problemi
educativi. «Si mise a insegnare loro molte cose»
17. «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe
compassione di loro, perché erano come pe-core che non hanno pastore, e
si mise ad insegnare loro molte cose… E ordinò loro di farli sedere tutti, a
gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i
cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione,
spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro» (Mc
6,34.39-41). Questa pagina del Vangelo secondo Marco è un testo ricco di
risonanze anticotestamentarie35: ci mostra Gesù nell’atteggiamento del pastore che raccoglie
le sue pecore e se ne prende cura mediante l’insegnamento e, con una prodigiosa
frazione del pane, sfama cinquemila persone.
La folla segue Gesù mossa dalla
speranza di ricevere qualcosa di decisivo. Pur provenendo da città e situazioni
diverse, appare animata da un desiderio comune. Gesù stesso si fa interprete delle
attese profonde dei presenti. Lo sguardo che rivolge loro non è distaccato ma, partecipe,
perché non scorge una folla anonima, bensì persone, di cui coglie il bisogno
inespresso. Gesù vede in loro «pecore che non hanno pastore»: è una metafora
che rivela la situazione di un popolo che soffre per la mancanza di una guida
autorevole o è disorientato da maestri inaffidabili. Lo smarrimento della folla
suscita in Gesù una “compassione”, che non è un’emozione superficiale, ma è lo
stesso sentire con cui Dio, nella vicenda dell’esodo, ha ascoltato il gemito
del suo popolo e se ne è preso cura, con vigore e tenerezza. Il bisogno delle
persone interpella costantemente Gesù, che risponde ogni volta manifestando
l’amore compassionevole del Padre.
18. La prima azione di Gesù è l’insegnamento: «si mise a
insegnare loro molte cose». Potrebbe sorgere spontanea la domanda se non fosse
stato più opportuno provvedere subito al nutrimento di tanta gente. Gesù, però,
è cosciente di essere anzitutto il Maestro: per questo, con l’autorevolezza che
viene dal Padre, comincia con l’indicare le vie della vita autentica. Egli
rivela il mondo nuovo voluto da Dio e chiama a esserne parte, sollecitando
ciascuno a cooperare alla sua edificazione nella pace. Il popolo che egli pasce
è invitato ad ascoltare la sua parola, che conduce e fa riposare su pascoli
erbosi (cfr Sal 23,2). Gesù non smetterà di insegnare, parlando al
cuore, neppure di fronte all’incomprensione della folla e dei suoi stessi
discepoli. Il dono della parola si
completa in quello del pane: «spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché
li distribuissero». L’ascolto della parola costituisce la premessa
indispensabile della condivisione. Si vede già, in filigrana, la prassi
eucaristica della comunità cristiana. Nello stesso tempo, Gesù si prende cura dei
bisogni concreti delle persone, preoccupandosi che tutti abbiano da mangiare.
Nel gesto della moltiplicazione
dei pani e dei pesci è condensata la vita intera di Gesù che si dona per amore,
per dare pienezza di vita. Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: «prendete» «mangiate.».
L’insegnamento del Maestro trova compimento nel dono della sua esistenza: Gesù
è la parola che illumina e il pane che nutre, è l’amore che educa e forma al
dono della propria vita: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37).
Dio educa il suo popolo
19. Non mancano, certo, nel Vangelo altri episodi in cui Gesù
mostra il suo volto di educatore. Anche nel racconto dei due discepoli di
Emmaus, ad esempio, Gesù è il Maestro che apre la mente dei discepoli e scalda
loro il cuore spiegando «in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc
24,27). Nella prima moltiplicazione
dei pani, però, Gesù è presentato come il pastore del tempo ultimo, il
depositario della premura di Dio per il suo popolo. Alla luce di Cristo,
compimento di tutta la rivelazione, possiamo leggere nella storia della
salvezza il progetto di Dio che educa il suo popolo. Ripercorriamone le tappe
fondamentali. L’esodo dall’Egitto è il tempo della formazione d’Israele,
perché, accogliendo e mettendo in pratica i comandamenti di Dio, diventi il
popolo dell’alleanza (cfr Dt 8,1). Il cammino nel deserto ha un
carattere esemplare: le crisi, la fame e la sete, sono descritte come atti
educativi, «per sapere quello che avevi nel cuore… per farti capire che l’uomo
non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del
Signore» (Dt 8,2-3). L’esortazione divina crea la consapevolezza
interiore: «Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio,
così il Signore, tuo Dio, corregge te» (Dt 8,5).
Anche nell’annuncio dei profeti
la storia è intesa come un cammino educativo, segnato da conflitti e
riconciliazioni, perdite e ritrovamenti, tensioni e incontri. Come negli
scritti sapienziali, Dio è presentato attraverso le figure del padre, della
madre e del maestro. L’immagine paterna è proposta dal profeta Osea. Il Signore
ama e perciò chiama il suo figlio, Israele: gli insegna a camminare, lo prende
in braccio e lo cura, lo attrae a sé con legami di bontà e vincoli d’amore, lo
solleva alla guancia e si china per nutrirlo, mettendo in conto anche i fallimenti
(cfr Os 11,3-4). Isaia, a sua volta, propone un’immagine materna di
toccante tenerezza: «Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle
ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati» (Is 66,12-13). Nel libro del Siracide,
infine, Dio appare come educatore attraverso la mediazione degli uomini,
specialmente nella relazione fra maestro e discepolo. Il maestro si sente padre
del discepolo, che chiama «figlio mio»; gli si presenta anzitutto come
innamorato della sapienza e gli si propone come modello (cfr Sir 24,30-34),
esortandolo a seguirlo con zelo e a frequentarlo ogni giorno, fino a consumare
la soglia della sua casa (cfr Sir 51,23-27). Nell’opera d’insegnamento
egli genera il giovane discepolo, aiutandolo a diventare adulto, capace di
giudicare e di scegliere. Nella storia della salvezza, dunque, si manifestano
la guida provvidenziale di Dio e la sua pedagogia misericordiosa, che
raggiungono la pienezza in Gesù Cristo; in lui trovano compimento e risplendono
la legge e i profeti (cfr Mc 9,2-10). «È Lui il Maestro alla cui scuola
riscoprire il compito educativo come un’altissima vocazione alla quale ogni
fedele, con diverse modalità, è chiamato».
Gesù Cristo è la via, che
conduce ciascuno alla piena realizzazione di sé secondo il disegno di Dio. È la
verità, che rivela l’uomo a se stesso e ne guida il cammino di crescita
nella libertà. È la vita, perché in lui ogni uomo trova il senso ultimo
del suo esistere e del suo operare: la piena comunione di amore con Dio
nell’eternità. Prima di ritornare al Padre, Gesù promette ai suoi discepoli il
dono dello Spirito Santo, attraverso il quale continuerà la sua opera
educativa. Lo Spirito di verità è mandato per aiutare coloro che lo riceveranno
a comprendere e interiorizzare tutto quello che Gesù ha detto e insegnato e per
parlare delle cose future (cfr Gv 16,13). La Chiesa discepola, madre
e maestra
20. La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù Cristo
nella storia. Anche nel suo compito educativo, come in tutto ciò che essa è e
opera, attinge da Cristo e ne diventa discepola, seguendone le orme,
grazie al dono dello Spirito Santo. Gli Atti degli Apostoli descrivono in forma
tipica la vita della Chiesa appena nata e la sua crescita nella fede: «Erano
perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare
il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa
in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti,
secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel
tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e
semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (At
2,42-47). Ascolto assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e
comunione nella carità sono, dunque, le dimensioni costitutive della vita
ecclesiale; esse hanno un’intrinseca forza educativa, poiché mediante il loro continuo
esercizio il credente è progressivamente conformato a Cristo. Mentre testimonia
la fede in letizia e semplicità, la comunità diviene capace di condividere i
beni materiali e spirituali. Già così il compito educativo si mostra quale
«esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa».
21. La Chiesa educa in quanto madre, grembo accogliente,
comunità di credenti in cui si è generati come figli di Dio e si fa
l’esperienza del suo amore. A lei si rivolgeva Sant’Agostino: «Oh Chiesa
cattolica, oh madre dei cristiani nel senso più vero… tu educhi ed ammaestri
tutti: i fanciulli con tenerezza infantile, i giovani con forza, i vecchi con
serenità, ciascuno secondo l’età, secondo le sue capacità non solo corporee ma
anche psichiche. Chi debba essere educato, ammonito o condannato, tu lo insegni
a tutti con solerzia, mostrando che non si deve dare tutto a tutti, ma a tutti amore
e a nessuno ingiustizia.». Avendo il compito di servire la ricerca della
verità, la Chiesa è anche maestra. Essa «per obbedire al divino mandato:‘Istruite
tutte le genti’ (Mt 28,19), è tenuta ad operare instancabilmente ‘affinché
la parola di Dio corra e sia glorificata’ (2Ts 3,1)... Per volontà di
Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità e sua missione è di annunziare e
di insegnare autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di
dichiarare e di confermare autoritativamente i principi dell'ordine morale che
scaturiscono dalla stessa natura umana».
Formare alla vita secondo lo
Spirito
22. La Chiesa promuove nei suoi figli anzitutto un’autentica
vita spirituale, cioè un’esistenza secondo lo Spirito (cfr Gal 5,25).
Essa non è frutto di uno sforzo volontaristico, ma è un cammino attraverso il
quale il Maestro interiore apre la mente e il cuore alla comprensione del
mistero di Dio e dell’uomo: lo Spirito che «il Padre manderà nel mio nome vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).
Lo Spirito forma il cristiano
secondo i sentimenti di Cristo, guida alla verità tutta intera, illumina le
menti, infonde l’amore nei cuori, fortifica i corpi deboli, apre alla
conoscenza del Padre e del Figlio, e dà «a tutti dolcezza nel consentire e nel
credere alla verità.». La formazione spirituale tende a farci assimilare quanto
ci è stato rivelato in Cristo, affinché la nostra esistenza possa corrispondere
ogni giorno di più al suo dono: «Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi
trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà
di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). L’azione
dello Spirito plasma la vita in questa prospettiva: «Il culto gradito a Dio
diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza in cui
ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con
Cristo e come offerta a Dio». Rinati nel battesimo per mezzo dello Spirito
Santo, possiamo camminare in una vita nuova, liberi dalla schiavitù del peccato
e resi capaci di amare Dio e i fratelli con lo stesso amore di Cristo: «camminate
secondo lo Spirito – ci esorta San Paolo – e non sarete portati a soddisfare il
desiderio della carne. La carne, infatti, ha desideri contrari allo Spirito e
lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda,
sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal 5,16-17).
I santi rivelano con la loro
vita l’azione potente dello Spirito che li ha rivestiti dei suoi doni e li ha
resi forti nella fede e nell’amore. Ogni cristiano è chiamato a seguirne
l’esempio, cogliendo il frutto dello Spirito, che è «amore, gioia, pace,
magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Promuovere un’autentica vita spirituale risponde alla richiesta, oggi diffusa,
di accompagnamento personale. Si tratta di un compito delicato e importante,
che richiede profonda esperienza di Dio e intensa vita interiore. In questa
luce, devono essere attentamente vagliati i segni di risveglio religioso
presenti nella società: essi possono rivelare l’azione dello Spirito e la
ricerca di un senso che dia unità all’esistenza.
23. L’accoglienza del dono dello Spirito porta ad abbracciare
tutta la vita come vocazione. Nel nostro tempo, è facile all’uomo
ritenersi l’unico artefice del proprio destino e pertanto concepirsi «senza
vocazione»43. Per questo è importante che nelle nostre comunità
ciascuno impari a riconoscere la vita come dono di Dio e ad accoglierla secondo
il suo disegno d’amore. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, Gesù Cristo,
manifestandoci il mistero del Padre e del suo amore, ha rivelato anche l’uomo a
se stesso, rendendogli nota la sua altissima vocazione, che è
essenzialmente chiamata alla santità, ossia alla perfezione dell’amore. La
nostra azione educativa deve «riproporre a tutti con convinzione questa ‘misura
alta’ della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità
ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione»46. La
Chiesa attinge alla sua grande tradizione spirituale, proponendo ai fedeli
cammini di santità, con un’adeguata direzione spirituale, necessaria al
discernimento della chiamata.
24. Lo Spirito del Signore Gesù suscita e alimenta le
molteplici dimensioni dell’azione educativa. Ne richiamiamo alcune in
dettaglio.
La dimensione missionaria.
«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea
e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). È lo Spirito a
formare la Chiesa per la missione, la testimonianza e l’annuncio. Grazie alla sua
forza, la Chiesa diventa segno e strumento della comunione di tutti gli uomini
tra loro e con Dio, manifesta l’amore fraterno da cui ciascuno può riconoscere
i discepoli del Signore (cfr Gv 13,35) e proclama in ogni lingua le
grandi opere di Dio tra i popoli (cfr At 2,9-11).
La dimensione ecumenica e
dialogica.
Lo Spirito è principio di unità:
«un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete
stati chiamati, quella della vostra vocazione» (Ef 4,4). Egli unisce
intimamente in Cristo tutti i battezzati, suscitando in loro il desiderio della
comunione visibile; ispira l’incontro tra le diverse confessioni cristiane,
perché convergano verso l’unità voluta dal Signore; incoraggia il dialogo con i
credenti di altre religioni e con ogni uomo di buona volontà.
La dimensione caritativa e
sociale.
Il punto culminante della
formazione secondo lo Spirito è l’amore: «Se parlassi le lingue degli uomini e
degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come
cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i
misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare
le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13,1-2).
Con la sua opera educativa la Chiesa intende essere testimone dell’amore di Dio
nell’offerta di se stessa; nell’accoglienza del povero e del bisognoso;
nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa
coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo,
in particolare di chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di
tutte le creature e nella salvaguardia del creato. La dimensione
escatologica. L’educazione cristiana orienta la persona verso la pienezza della
vita eterna. È lo Spirito che «attesta che siamo figli di Dio. E se siamo
figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo
parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,16-17).
Ciò non allontana dall’impegno nelle realtà terrene, ma preserva dal cadere
nell’idolatria di se stessi, delle cose e del mondo47. La
persona umana, infatti, «è un’unità di anima e corpo, nata dall’amore creatore
di Dio e destinata a vivere eternamente. L’essere umano si sviluppa quando
cresce nello spirito, quando la sua anima conosce se stessa e le verità che Dio
vi ha germinalmente impresso, quando dialoga con se stesso e il suo Creatore.
Capitolo 3 –
Educare, cammino di relazione e di fiducia
Un desiderio che trova
risposta
A questo punto, è lui a volgersi
indietro e a prendere l’iniziativa del dialogo con una domanda, che è la prima
parola che l’evangelista pone sulle labbra del Signore. «Che cosa cercate?» (1,38):
suscitare e riconoscere un desiderio. La domanda di Gesù è una prima
chiamata che incoraggia a interrogarsi sul significato autentico della propria
ricerca. È la domanda che Gesù rivolge a chiunque desideri stabilire un
rapporto con lui: è una “pro-vocazione” a chiarire a se stessi cosa si stia
cercando davvero nella vita, a discernere ciò di cui si sente la mancanza, a
scoprire cosa stia realmente a cuore. Dalla domanda traspare l’atteggiamento
educativo di Gesù: egli è il Maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di
più autentico abita nel cuore, facendone emergere il desiderio inespresso. In
risposta, i due discepoli gli domandano a loro volta: «Maestro, dove dimori?».
Mostrano di essere affascinati
dalla persona di Gesù, interessati a lui e alla bellezza della sua proposta di
vita. Prende avvio, così, una relazione profonda e stabile con Gesù, racchiusa
nel verbo “dimorare”. «Venite e vedrete» (1,39): il coraggio della
proposta. Dopo una successione di domande, giunge la proposta. Gesù rivolge
un invito esplicito («venite»), a cui associa una promessa («vedrete»). Ci
mostra, così, che per stabilire un rapporto educativo occorre un incontro che
susciti una relazione personale: non si tratta di trasmettere nozioni astratte,
ma di offrire un’esperienza da condividere. I due discepoli si rivolgono a Gesù
chiamandolo Rabbì, cioè maestro: è un chiaro segnale della loro
intenzione di entrare in relazione con qualcuno che possa guidarli e faccia
fiorire la vita. «Rimasero con lui» (1,39): accettare la sfida. Accettando
l’invito di Gesù, i discepoli si mettono in gioco decidendo d’investire tutto
se stessi nella sua proposta.
Dall’esempio di Gesù apprendiamo
che la relazione educativa esige pazienza, gradualità, reciprocità distesa nel
tempo. Non è fatta di esperienze occasionali e di gratificazioni istantanee. Ha
bisogno di stabilità, progettualità coraggiosa, impegno duraturo. «Signore,
da chi andremo?» (6,68): per-severare nell’impresa. L’itinerario
educativo dei discepoli di Gesù ci conduce a Cafarnao (cfr 6,1-71). Dopo aver
ascoltato le sue parole esigenti, molti si erano scoraggiati e non erano più
disposti a seguirlo. Il loro abbandono suscita la reazione di Gesù, che pone ai
Dodici una domanda sferzante: «Volete andarvene anche voi?» (6, 67). I discepoli
misurano così il prezzo della scelta. La relazione con Gesù non può continuare
per inerzia. Ha, invece, bisogno di una rinnovata decisione, come dichiara
pubblicamente Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e
noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (6, 68-69). Egli
solo ha parole che rendono la vita degna di essere vissuta. «Signore, tu
lavi i piedi a me?» (13,6):
accettare di essere amato. Nel Cenacolo, prima della festa di Pasqua, la relazione di
Gesù con i discepoli vive un nuovo e decisivo passaggio quando questi apre il
suo animo compiendo il gesto della lavanda dei piedi (cfr 13,2-20).
L’evangelista prepara il lettore al sorprendente racconto con un’espressione
che ricapitola tutta la vita di Gesù: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li amò fino alla fine» (13,1).
La lavanda dei piedi è un gesto
rivoluzionario che rovescia i rapporti abituali tra maestro e discepoli, tra
padrone e servi. Il rifiuto di Pietro di farsi lavare i piedi lascia intuire
l’incom-prensione del discepolo davanti a un’iniziativa così sconvolgente e
lontana dalle sue aspettative. Pietro fa fatica ad accettare di essere in
debito: è arduo lasciarsi amare, credere in un Dio che si propone non come
padrone, ma come servitore della vita. È difficile ricevere un dono con animo
libero: nell’atto di essere “lavato” da Cristo, Pietro intuisce di dovergli
tutto. «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (13,34):
vivere la relazione nell’amore. Prima di congedarsi dai suoi, Gesù
consegna loro il suo testamento. Tra le sue parole spicca il comandamento
dell’amore fraterno (cfr 13,34-35; 15,9-11).
L’amore è il compimento della relazione,
il fine di tutto il cammino. Il rapporto tra maestro e discepolo non ha niente
a che vedere con la dipendenza servile: si esprime nella libertà del dono. Tre
sono le sue caratteristiche: l’estrema dedizione («Nessuno ha un amore più
grande di questo: dare la sua vita per i propri amici»: 15,13); la familiarità
confidente («tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi»:
15,15); la scelta libera e gratuita («Non voi avete scelto me, ma io ho scelto
voi»: 15,16). Il frutto di questa esperienza è la missione che Gesù affida ai
suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete
amore gli uni per gli altri» (13,35; cfr 15,12-17).
Un incontro che genera un
cammino
26. «Cristiani si diventa, non si nasce»49. Questo
notissimo detto di Tertulliano sottolinea la necessità della dimensione
propriamente educativa nella vita cristiana. Si tratta di un itinerario condiviso,
in cui educatori ed educandi intrecciano un’esperienza umana e spirituale
profonda e coinvolgente. Educare richiede un impegno nel tempo, che non può
ridursi a interventi puramente funzionali e frammentari; esige un rapporto
personale di fedeltà tra soggetti attivi, che sono pro-tagonisti della
relazione educativa, prendono posizione e mettono in gioco la propria libertà. Essa
si forma, cresce e matura solo nell’incontro con un’altra libertà; si verifica
solo nelle relazioni personali e trova il suo fine adeguato nella loro maturazione.
27. Esiste un nesso stretto tra educare e generare: la
relazione educativa s’innesta nell’atto generativo e nell’esperienza di essere
figli50. L’uomo non si dà la vita, ma la riceve. Allo stesso modo,
il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti. Si inizia da
una relazione accogliente, in cui si è generati alla vita affettiva,
relazionale e intellettuale. Il legame che si instaura all’interno della
famiglia sin dalla nascita lascia un’impronta indelebile. L’apporto di padre e
madre, nella loro complementarità, ha un influsso decisivo nella vita dei
figli. Spetta ai genitori assicurare loro la cura e l’affetto, l’orizzonte di
senso e l’orientamento nel mondo. Oggi viene enfatizzata la dimensione materna,
mentre appare più debole e marginale la figura paterna. In realtà, è
determinante la responsabilità educativa di entrambi. È proprio la differenza e
la reciprocità tra il padre e la madre a creare lo spazio fecondo per la
crescita piena del figlio. Ciò è vero perfino quando i genitori vivono
situazioni di crisi e di separazione. Il ruolo dei genitori e della famiglia
incide anche sulla rappresentazione e sull’esperienza di Dio. Il loro compito
di educare alla fede si inserisce nella capacità generativa della comunità cristiana,
volto concreto della Chiesa madre. Pure in questo ambito, si tratta di avviare
un processo che dal battesimo si sviluppi in un percorso di iniziazione che
accompagni, nutra e porti a maturazione.
28. La risposta al dono della vita si attua nel corso
dell’esistenza. L’immagine del cammino ci fa comprendere che
l’educazione è un processo di crescita che richiede pazienza. Progredire verso
la maturità impegna la persona in una formazione permanente, caratterizzata da
alcuni elementi chiave: il tempo, il coraggio, la meta. L’educazione, costruita
essenzialmente sul rapporto educatore ed educando, non è priva di rischi e può
sperimentare crisi e fallimenti: richiede quindi il coraggio della
perseveranza. Entrambi sono chiamati a mettersi in gioco, a correggere e a lasciarsi
correggere, a modificare e a rivedere le proprie scelte, a vincere la
tentazione di dominare l’altro. Il processo educativo è efficace quando due
persone si incontrano e si coinvolgono profondamente, quando il rapporto è
instaurato e mantenuto in un clima di gratuità oltre la logica della
funzionalità, rifuggendo dall’autoritarismo che soffoca la libertà e dal
permissivismo che rende insignificante la relazione. È importante sottolineare
che ogni itinerario educativo richiede che sia sempre condivisa la meta verso
cui procedere.
Al centro dell’esperienza
cristiana c’è l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo, che non si
annullano a vicenda. La libertà dell’uomo, infatti, viene continuamente educata
dall’incontro con Dio, che pone la vita dei suoi figli in un orizzonte nuovo: «Abbiamo
creduto all’amore di Dio – così il cristiano può esprimere la scelta
fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una
decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una
Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva»51. La
meta del cammino consiste nella perfezione dell’amore. Il Maestro ci esorta:
«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
Nell’itinerario verso la vita piena, Gesù ci invita a seguirlo sulla via delle
beatitudini, strada di gioiosa pienezza, e sul sentiero della croce, supremo
atto d’amore consumato sino alla fine (cfr Gv 19,30; 13,1).
Con la credibilità del
testimone
29. Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove
generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la
dovuta preparazione e con senso di responsabilità. L’educatore è un testimone
della verità, della bellezza e del bene, cosciente che la propria umanità è
insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca. Educa chi
è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal
desiderio di trasmetterla. La passione educativa è una vocazione, che si
manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo attraverso un’esperienza
maturata alla scuola di altri maestri. Nessun testo e nessuna teoria, per
quanto illuminanti, potranno sostituire l’apprendistato sul campo. L’educatore
compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua persona. Essa
rende efficace l’esercizio dell’autorità; è frutto di esperienza e di
competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della vita e con il
coinvolgimento personale. Educare è un lavoro complesso e delicato, che non può
essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà. Il senso di
responsabilità si esplica nella serietà con cui si svolge il proprio servizio.
Senza regole di comportamento, fatte valere giorno per giorno anche nelle
piccole cose, e senza educazione della libertà non si forma la coscienza, non
si allena ad affrontare le prove della vita, non si irrobustisce il carattere. Infine,
l’educatore si impegna a servire nella gratuità, ricor-dando che «Dio ama chi
dona con gioia» (2Cor 9,7). Nessuno è padrone di ciò che ha ricevuto, ma
ne è custode e amministratore, chiamato a edificare un mondo migliore, più
umano e più ospitale. Ciò vale pure per i genitori, chiamati non soltanto a
dare la vita, ma anche ad aiutare i figli a intraprendere la loro personale avventura.
Passione per l’educazione
30. Quanti accettano la scommessa dell’educazione possono
talvolta sentirsi disorientati. Viviamo, infatti, in un contesto problematico,
che induce a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso
della verità e del bene e, in ultima analisi, della bontà della vita. Ciò indebolisce
l’impegno a «trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di
certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire
la propria vita»52. Tali difficoltà, però, non sono insuperabili; «sono
piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e
prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna».
Illuminati dalla fede nel nostro Maestro e incoraggiati dal suo esempio, noi
abbiamo invece buone ragioni per ritenere di essere alle soglie di un tempo
opportuno per nuovi inizi. Occorre, però, ravvivare il coraggio, anzi la
passione per l’educare. È necessario formare gli educatori, motivandoli a
livello personale e sociale, e riscoprire il significato e le condizioni
dell’impegno educativo. Infatti, «a differenza di quanto avviene in campo
tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono som-marsi a quelli del
passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non
esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre
nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo,
e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non
possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati
attraverso una, spesso sofferta, scelta personale.».
Una relazione che si
trasforma nel tempo
31. La credibilità dell’educatore è sottoposta alla sfida del
tempo, viene costantemente messa alla prova e deve essere continuamente
riconquistata. La relazione educativa si sviluppa lungo tutto il corso
dell’esistenza umana e subisce trasformazioni specifiche nelle diverse fasi. Le
età della vita sono profondamente mutate: oggi è venuto meno quel clima di
relazioni che agevolava, con gradualità e rispetto del mondo interiore, il
passaggio alle età successive. Si parla dei grandi. La sete di conoscenza e di
relazioni amicali caratterizza i ragazzi, che accolgono l’azione educativa
quando essa è volta non solo al sapere, ma anche al fare e alla valorizzazione
delle loro capacità. L’esperienza cattura il loro interesse e li rende
protagonisti: è riscontrabile quando sono coinvolti come gruppo in servizi
verso gli altri. Il processo educativo è fortemente legato alla sfera affettiva,
per cui è rilevante la qualità del rapporto che l’educatore riesce a stabilire
con ciascuno. Per crescere serenamente il ragazzo ha bisogno di ambienti ricchi
di umanità e positività. Gli adolescenti percorrono le tappe della
crescita con stati d’animo che oscillano tra l’entusiasmo e lo scoraggiamento.
Soffrono per l’insicurezza che accompagna la loro età, cercano l’amicizia,
godono nello stare insieme ai coetanei e avvertono il desiderio di rendersi
autonomi dagli adulti e in specie dalla famiglia di origine. In questa fase,
hanno bisogno di educatori pazienti e disponibili, che li aiutino a riordinare
il loro mondo interiore e gli insegnamenti ricevuti, secondo una progressiva
scelta di libertà e responsabilità. Nella vita di relazione e nell’azione
maturano la loro coscienza morale e il senso della vita come dono. Un tratto
centrale della crescita, che oggi per 52 Lettera
alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione vari aspetti assume caratteri problematici, è quello dello
sviluppo affettivo e sessuale: va affrontato serenamente, ma anche con la
massima cura, perché incide profondamente sull’armonia della persona.
32. Ai giovani vogliamo dedicare un’attenzione
particolare. Molti di loro manifestano un profondo disagio di fronte a una vita
priva di valori e di ideali. Tutto diventa provvisorio e sempre revocabile. Ciò
causa sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica oppure omologazione
al gruppo, paura del futuro e può condurre a un esercizio sfrenato della
libertà. A fronte di tali situazioni, è presente nei giovani una grande sete di
significato, di verità e di amore. Da questa domanda, che talvolta rimane
inespressa, può muovere il processo educativo. Nei modi e nei tempi opportuni,
diversi e misteriosi per ciascuno, essi possono scoprire che solo Dio placa
fino in fondo questa sete. Benedetto XVI, dopo aver riconosciuto quanto
nell’odierno contesto culturale sia difficile per un giovane vivere da
cristiano, aggiunge: «Mi sembra che questo sia il punto fondamentale nella nostra
cura pastorale per i giovani: attirare l’attenzione sulla scelta di Dio, che è
la vita. Sul fatto che Dio c’è. E c’è in modo molto concreto. E insegnare l’amicizia
con Gesù Cristo». Questo cammino, con le sue esigenze radicali, deve tendere
all’incontro con Gesù mediante il riconoscimento della sua identità di Figlio
di Dio e Salvatore; l’appartenenza consapevole alla Chiesa; la conoscenza
amorevole e orante della Sacra Scrittura; la partecipazione attiva all’Eucaristia;
l’accoglienza delle esigenze morali della sequela; l’impegno di fraternità
verso tutti gli uomini; la testimonianza della fede sino al dono sincero di sé.
Particolarmente importanti
risultano per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali,
nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito
sociale e nei territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per
quello che fanno, ma soprattutto per quello che sono. Spesso tali esperienze si
rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così
da poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti dell’esistenza
cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie
forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella
professione, nella cultura e nella politica56. Occorre tenere presenti, poi,
alcuni nodi esistenziali propri dell’età giovanile: pensiamo ai problemi
connessi a una visione corretta della relazione tra i sessi, alla precarietà
negli affetti, alla devianza, alle difficoltà legate al corso degli studi,
all’ingresso nel mondo del lavoro e al ricambio generazionale. La comunità
cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, li conosce e li stima; propone
loro un cammino di crescita significativo. I loro educatori devono essere
ricchi di umanità, maestri, testimoni e compagni di strada, disposti a
incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, a ridestare le domande sul senso della
vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul serio la proposta cristiana,
facendone esperienza nella comunità. I giovani sono una risorsa preziosa per il
rinnovamento della Chiesa e della società. Resi protagonisti del proprio cammino,
orientati e guidati a un esercizio corresponsabile della libertà, possono
davvero sospingere la storia verso un futuro di speranza. Negli ambiti della
vita quotidiana
33. L’opera educativa si gioca sempre all’interno delle
relazioni fondamentali dell’esistenza; è efficace nella misura in cui incontra
la persona, nell’insieme delle sue esperienze. Come è emerso dal Convegno
ecclesiale di Verona, gli ambiti della vita affettiva, del lavoro e della
festa, della fragilità umana, della tradizione e della cittadinanza
rappresentano un’articolazione molto utile per rileggere l’impegno educativo,
al quale offrono stimoli e obiettivi. Si mostra così la rilevanza antropologica
dell’educazione cristiana e si favorisce una considerazione unitaria della
persona nell’azione pastorale. Attraverso questa multiforme attenzione educativa,
potrà «emergere soprattutto quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio ha detto
all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra
intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia
nel mondo»57. In questo modo, la comunità dei credenti testimonia
l’amore profondo della Chiesa per l’uomo e per il suo futuro e l’atteggiamento
di servizio che la anima.
Una storia di santità
34. Nell’opera educativa della Chiesa emerge con evidenza il
ruolo primario della testimonianza, perché l’uomo contemporaneo ascolta più
volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa perché sono
anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annunciano e vivono58. Nella
storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli opere e istituzioni
formative – scuole, università, centri di formazione professionale, oratori –
promosse da diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni
laicali. Molte sono le figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno
fatto dell’impegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative
singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità e sono
un prezioso contributo al bene della società. L’azione di questi grandi
educatori si fonda sulla convinzione che occorra «illuminare la mente per
irrobustire il cuore» e sull’intima percezione che «l’educazione è cosa del
cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa
alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave»59.
Nell’opera dei grandi testimoni
dell’educazione cristiana, secondo la genialità e la creatività di ciascuno,
troviamo i tratti fondamentali dell' azione educativa: l’autorevolezza
dell’educatore, la centralità della relazione personale, l’educazione come atto
di amore, una visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di
senso dei giovani, la formazione integrale della persona, la corresponsabilità
per la costruzione del bene comune. Insieme a tali figure, dobbiamo ricordare
il segno lasciato da tanti educatori che, in ogni stato di vita, con la loro
testimonianza umile e quotidiana, hanno inciso in modo profondo sulla nostra maturazione.
Mentre va riconosciuto e apprezzato il lavoro stra-ordinario di numerosi insegnanti,
animatori e catechisti, si avverte il bisogno di suscitare e sostenere una
nuova generazione di cristiani che si dedichi all’opera educativa, capace di
assumere come scelta di vita la passione per i ragazzi e per i giovani,
disposta ad ascoltarli, accoglierli e accompagnarli, a far loro proposte
esigenti anche in contrasto con la mentalità corrente. Particolare importanza
assume la formazione dei seminaristi, dei diaconi e dei presbiteri al ruolo di
educatori. La vicinanza quotidiana dei sacerdoti alle famiglie li rende per
eccellenza i formatori dei formatori e le guide spirituali che, nella comunità,
sostengono il cammino della fede di ogni battezzato.
Capitolo 4 –
La Chiesa, comunità educante
«Un solo corpo e un solo
spirito»
35. Nell’unico corpo di Cristo, che è la Chiesa, ogni
battezzato ha ricevuto da Dio una personale chiamata per l’edificazione e la
crescita della comunità: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la
speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione... Ed
egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri
ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare
i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo»
(Ef 4,4.11-12). Nella Chiesa unità non significa uniformità ma,
comunione di ricchezze personali. Proprio esprimendo nella loro diversità
l’abbondanza dei doni di Gesù risorto, i vari carismi concorrono alla vita e
alla crescita del corpo ecclesiale e convergono nel rico-noscimento della
signoria di Cristo: «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della
conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la
misura della pienezza di Cristo… agendo secondo verità nella carità, cerchiamo
di crescere in ogni cosa, tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (Ef 4,13.15).
Dall’unità in Cristo scaturisce
l’impegno a vivere questo dono nei diversi ambiti della vita, a cominciare
dalla famiglia: tra coniugi (cfr Ef 5,21-33) e tra genitori e figli:
«Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto… E voi,
padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e
negli insegnamenti del Signore» (Ef 6,1.4). Anche nella vita sociale i cristiani
sono chiamati a manifestare questo spirito di comunione e di unità (cfr Ef 6,5-9).
La complessità dell’azione educativa sollecita i cristiani ad adoperarsi in
ogni modo affinché si realizzi «un’alleanza educativa tra tutti coloro che
hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed
ecclesiale»60. Fede, cultura ed educazione interagiscono, ponendo in
rapporto dinamico e costruttivo le varie dimensioni della vita. La separazione
e la reciproca estraneità dei cammini formativi, sia all’interno della comunità
cristiana sia in rapporto alle istituzioni civili, indebolisce l’efficacia
dell’azione educativa fino a renderla sterile. Se si vuole che essa ottenga il suo
scopo, è necessario che tutti i soggetti coinvolti operino armonicamente verso
lo stesso fine. Per questo occorre elaborare e condividere un progetto
educativo che definisca obiettivi, contenuti e metodi su cui lavorare.
Il primato educativo della
famiglia
36. Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta
la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un
dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e
primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e ina-lienabile,
nel senso che non può essere delegato né surrogato. Educare in famiglia è oggi
un’arte davvero difficile. Molti genitori soffrono, infatti, un senso di
solitudine, di inadeguatezza e, addi-rittura, d’impotenza. Si tratta di un
isolamento anzitutto sociale, perché la società privilegia gli individui e non
considera la famiglia come sua cellula fondamentale. Padri e madri faticano a
proporre con passione ragioni profonde per vivere e, soprattutto, a dire dei
“no” con l’autorevolezza necessaria. Il legame con i figli rischia di oscillare
tra la scarsa cura e atteggiamenti possessivi che tendono a soffocarne la
creatività e a perpetuarne la dipendenza62. Occorre ritrovare la virtù
della fortezza nell’assumere e sostenere decisioni fondamentali, pur nella
consapevolezza che altri soggetti dispongono di mezzi potenti, in grado di esercitare
un’influenza penetrante. La famiglia, a un tempo, è forte e fragile. La sua
debolezza non deriva solo da motivi interni alla vita della coppia e al
rapporto tra genitori e figli. Molto più pesanti sono i condizionamenti esterni:
il sostegno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte del
grave problema demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavorativo con
la vita familiare, a prendersi cura dei soggetti più deboli, a costruire
rapporti sereni in condizioni abitative e urbanistiche sfavorevoli. A ciò si
aggiunga il numero crescente delle convivenze di fatto, delle separazioni
coniugali e dei divorzi, come pure gli ostacoli di un quadro economico, fiscale
e sociale che disincentiva la procreazione.
Non si possono trascurare, tra i
fattori destabilizzanti, il diffondersi di stili di vita che rifuggono dalla
creazione di legami affettivi stabili e i tentativi di equiparare alla famiglia
forme di convivenza tra persone dello stesso sesso. Nonostante questi aspetti,
l’istituzione familiare mantiene la sua missione e la responsabilità primaria
per la trasmissione dei valori e della fede. Se è vero che la famiglia non è la
sola agenzia educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti,
dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e
che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori
nel loro ruolo di educatori, promuovendone la competenza mediante corsi di formazione,
incontri, gruppi di confronto e di mutuo sostegno.
37. L’educazione alla fede avviene nel contesto di
un’esperienza concreta e condivisa. Il figlio vive all’interno di una rete di
relazioni educanti che fin dall’inizio ne segna la personalità futura. Anche
l’immagine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata
dall’esperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita. Di qui l’importanza
che i genitori si interroghino sul loro compito educativo in ordine alla fede:
«come viviamo la fede in famiglia?»; «quale esperienza cristiana sperimentano i
nostri figli?»; «come li educhiamo alla preghiera?». Esemplare punto di
riferimento resta la famiglia di Nazaret, dove Gesù «cresceva in sapienza, età
e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Ogni famiglia è
soggetto di educazione e di testimonianza umana e cristiana e come tale va valorizzata,
all’interno della capacità di generare alla fede propria della Chiesa. A essa
sacerdoti, catechisti e animatori devono riferirsi, per una stretta
collaborazione e in spirito di servizio. L’impegno della comunità, in
particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per
offrire alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli
altri educatori, promuovere il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso
esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della
crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore
casto e responsabile63.
Una particolare attenzione dovrà
essere offerta, inoltre, ai genitori rimasti soli, per sostenerli nel loro
compito. La preparazione al matrimonio deve assumere i tratti di un itinerario
di riscoperta della fede e di inserimento nella vita della comunità ecclesiale64. Il
tempo del fidanzamento può essere valorizzato come un’occasione unica per
introdurli alla bellezza del Vangelo, che essi possono percepire in modo più
profondo perché la sperimentano nella ricerca di una relazione d’amore. È quindi
auspicabile che nelle comunità parrocchiali incontrino coppie mature da cui
essere incoraggiate e sostenute nel passo decisivo. La cura delle giovani
coppie è altrettanto importante: si tratta di custodire le fasi iniziali della
vita coniugale, di farsi loro compagni e di porre le basi di un cammino di
formazione che duri per tutta la vita.
38. La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista
attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità. Deve
crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento
del matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere segno dell’amore di Dio che
si prende cura di ogni suo figlio. Corroborate da specifici itinerari di
spiritualità, le famiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare
«famiglia di famiglie»66. Gruppi di sposi possono costituire modelli di riferimento
anche per le coppie in difficoltà, oltre che aprirsi al servizio verso i
fidanzati e i genitori che chiedono il battesimo per i figli, verso le famiglie
segnate da gravi difficoltà, disabilità e sofferenze. Si sente il bisogno di
coppie cristiane che affrontino i temi sociali e politici che toccano l’istituto
familiare, i figli e gli anziani. Sostenere adeguatamente la famiglia, con
scelte politiche ed economiche appropriate, attente in particolare ai nuclei
numerosi, diventa un servizio all’intera collettività.
Nel cantiere dell’educazione
cristiana
39. Ogni Chiesa particolare dispone di un potenziale educativo straordinario,
grazie alla sua capillare presenza nel territorio. In quanto luogo d’incontro
con il Signore Gesù e di comunione tra fratelli, la comunità cristiana alimenta
un’autentica relazione con Dio; favorisce la formazione della coscienza adulta;
propone esperienze di libera e cordiale appartenenza, di servizio e di
promozione sociale, di aggregazione e di festa. La parrocchia, in
particolare, vicina al vissuto delle persone e agli ambienti di vita, rappresenta
la comunità educante più completa in ordine alla fede. Mediante
l’evangelizzazione e la catechesi, la liturgia e la preghiera, la vita di
comunione nella carità, essa offre gli elementi essenziali del cammino del
credente verso la pienezza della vita in Cristo.
La catechesi, primo atto
educativo della Chiesa nell’ambito della sua missione evangelizzatrice,
accompagna la crescita del cristiano dall’infanzia all’età adulta e ha come sua
specifica finalità «non solo di trasmettere i contenuti della fede, ma di
educare la ‘mentalità di fede’, di iniziare alla vita ecclesiale, di
integrare fede e vita»67. Per questo la catechesi sostiene in modo continuativo la
vita dei cristiani e in particolare gli adulti, perché siano educatori e
testimoni per le nuove generazioni.
La liturgia è scuola
permanente di formazione attorno al Signore risorto, «luogo educativo e rivelativo»68 in cui
la fede prende forma e viene trasmessa. Nella celebrazione liturgica il
cristiano impara a «gustare com’è buono il Signore» (Sal 34,9; cfr 1Pt
2,3), passando dal nutrimento del latte al cibo solido (cfr Eb 5,12-14),
«fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13). Tra
le numerose azioni svolte dalla parrocchia, «nessuna è tanto vitale o formativa
della comunità quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della
sua Eucaristia».
La carità educa il cuore
dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimonia
la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli
ultimi, impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato,
nello straniero e nel carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità
cristiana è pronta ad accogliere e valorizzare ogni persona, anche quelle che
vivono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno incentivate proposte
educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle
persone, mediante l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che
operano in questo ambito, anche a fianco dei missionari.
40. Esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di fede è
l’iniziazione cristiana, che «non è quindi una delle tante attività
della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio
della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa
come madre». Essa ha gradualmente assunto un’ispirazione catecumenale, che
conduce le persone a una progressiva consapevolezza della fede, mediante
itinerari differenziati di catechesi e di esperienza di vita cristiana. La
celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, seguita da un’adeguata mistagogia,
rappresenta il compimento di questo cammino verso la piena maturità cristiana. In
un ambiente spesso indifferente se non addirittura ostile al messaggio del
Vangelo, la Chiesa riscopre il linguaggio originario dell’annuncio, che ha in
sé due caratteristiche educative straordinarie: la dimensione del dono e
l’appello alla conversione continua.
Il primo annuncio della fede
rappresenta l’anima di ogni azione pastorale. Anche l’iniziazione cristiana
deve basarsi su questa evangelizzazione iniziale, da mantenere viva negli
itinerari di catechesi, proponendo relazioni capaci di coinvolgere le famiglie
e integrate nell’esperienza dell’anno liturgico. Il primo annuncio è rivolto in
modo privilegiato agli adulti e ai giovani, soprattutto in particolari momenti
di vita come la preparazione al matrimonio, l’attesa dei figli, il catecumenato
per gli adulti.
La parrocchia, crocevia delle
istanze educative
41. Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le
vie per instaurare rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che
è presente nel cuore di ogni uomo72. Oggi si impone la ricerca di
nuovi linguaggi, non autoreferenziali e arricchiti dalle acquisizioni di quanti
operano nell’ambito della comunicazione, della cultura e dell’arte73. Per
questo è necessario educare a una fede più motivata, capace di dialogare anche
con chi si avvicina alla Chiesa solo occasionalmente, con i credenti di altre
religioni e con i non credenti. In tale prospettiva, il progetto culturale orientato
in senso cristiano stimola in ciascun battezzato e in ogni comunità
l’approfondimento di una fede consapevole, che abbia piena cittadinanza nel
nostro tempo, così da contribuire anche alla crescita della società. La parrocchia – Chiesa che vive tra le case
degli uomini – continua a essere il luogo fondamentale per la comunicazione del
Vangelo e la formazione della coscienza credente; rappresenta nel territorio il
riferimento immediato per l’educazione e la vita cristiana a un livello accessibile
a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse generazioni;
dialoga con le istituzioni locali e costruisce alleanze educative per servire
l’uomo. Essa è animata dal contributo di educatori, animatori e catechisti,
autentici testimoni di gratuità, accoglienza e servizio. La formazione di tali
figure costituisce un impegno prioritario per la comunità parrocchiale, attenta
a curarne, insieme alla crescita umana e spirituale, la competenza teologica,
culturale e pedagogica. Questo obiettivo resterà disatteso se non si riuscirà a
dar vita a una “pastorale integrata” secondo modalità adatte ai territori e
alle circostanze, come già avviene in talune sperimentazioni avviate a livello
diocesano
42. Un ambito in cui tale approccio ha permesso di compiere
passi significativi è quello dei giovani e dei ragazzi. La necessità di
rispondere alle loro esigenze porta a superare i confini parrocchiali e ad
allacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale dinamica incide anche
su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è
l’oratorio. Esso accom-pagna nella crescita umana e spirituale le nuove
generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità
educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la
passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori
in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e
vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza
quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio.
43. Nelle diocesi e nelle parrocchie sono attive tante
aggregazioni ecclesiali: associazioni e movimenti, gruppi e confraternite. Si
tratta di esperienze significative per l’azione educativa, che richiedono di
essere sostenute e coordinate. In esse i fedeli di ogni età e condizione
sperimentano la ricchezza di autentiche relazioni fraterne; si formano
all’ascolto della Parola e al discernimento comunitario; maturano la capacità
di testimoniare con efficacia il Vangelo nella società. Tra queste realtà,
occupa un posto specifico e singolare l’Azione Cattolica, che da sempre coltiva
uno stretto legame con i pastori della Chiesa, assumendo come proprio il
programma pastorale della Chiesa locale e costituendo per i soci una scuola di
formazione cristiana. Le figure di grandi laici che ne hanno segnato la storia
sono un richiamo alla vocazione alla santità, meta di ogni battezzato.
44. La pietà popolare costituisce anche ai giorni nostri
una dimensione rilevante della vita ecclesiale e può diventare veicolo
educativo di valori della tradizione cristiana, riscoperti nel loro significato
più autentico. Purificata da eventuali eccessi e da elementi estranei e rinnovata
nei contenuti e nelle forme, permette di raggiungere con l’annuncio tante
persone che altrimenti resterebbero ai margini della vita ecclesiale. In essa
devono risaltare la parola di Dio, la predicazione e la catechesi, la preghiera
e i sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione e, non ultimo, l’impegno
per la carità verso i poveri.
45. Un ruolo educativo particolare è riservato nella Chiesa
alla vita consacrata. Prima ancora che per attività specifiche, essa
rappresenta una risorsa educativa all’interno del popolo di Dio per la sua
indole escatologica76. In quanto caratterizzata da una speciale configurazione a
Cristo casto, povero e obbediente, costituisce una testimonianza fondamentale
per tutte le altre forme di vita cristiana, indicando la meta ultima della
storia in quella speranza che sola può animare ogni autentico processo
educativo. Gli istituti di vita consacrata, poiché hanno per lo più una
presenza che va oltre la singola diocesi e spesso sono composti anche da membri
provenienti da altri Paesi, possono favorire la comunione tra le diverse Chiese
particolari e la loro apertura alla mondialità. Una particolare attenzione va
riservata a quegli istituti che per carisma specifico si dedicano espressamente
a compiti educativi: «questo è uno dei doni più preziosi che le persone
consacrate possono offrire anche oggi alla gioventù, facendola oggetto di un
servizio pedagogico ricco di amore»77. È importante, al fine di
valorizzarne la presenza sul territorio, percorrere vie di più stretta collaborazione
e intesa con le Chiese locali. Anche quando difficoltà vocazionali impongono
agli istituti la scelta sofferta di concentrare attività e servizi, è bene che
ogni decisione in merito tenga conto di un dialogo previo e di una valutazione
comune con la Chiesa locale interessata.
La scuola e l’università
46. La scuola si trova oggi ad affrontare una sfida
molto complessa, che riguarda la sua stessa identità e i suoi obiettivi. Essa,
infatti, ha il compito di trasmettere il patrimonio culturale elaborato nel
passato, aiutare a leggere il presente, far acquisire le competenze per
costruire il futuro, concorrere, mediante lo studio e la formazione di una
coscienza critica, alla formazione del cittadino e alla crescita del senso del
bene comune. La forte domanda di conoscenze e di capacità professionali e i
rapidi cambiamenti economici e produttivi inducono spesso a promuovere un sistema
efficiente più nel dare istruzioni sul “come fare” che sul senso delle scelte
di vita e sul “chi essere”. Di conseguenza, anche il docente tende a essere
considerato non tanto un maestro di cultura e di vita, quanto un trasmettitore
di nozioni e di competenze e un facilitatore dell’apprendimento; tutt’al più,
un divulgatore di comportamenti socialmente accettabili. Consapevole di ciò, la
comunità cristiana vuole intensificare la collaborazione permanente con le
istituzioni scolastiche attraverso i cristiani che vi operano, le associazioni
di genitori, studenti e docenti, i movimenti ecclesiali, i collegi e i convitti,
mettendo in atto un’adeguata ed efficace pastorale della scuola e
dell’educazione.
Occorre investire, con l’apporto
delle diverse componenti del mondo scolastico, ecclesiale e civile, in una
scuola che promuova, anzitutto, una cultura umanistica e sapienziale,
abilitando gli studenti ad affrontare le sfide del nostro tempo. In
particolare, essa deve abilitare all’ingresso competente nel mondo del lavoro e
delle professioni, all’uso sapiente dei nuovi linguaggi, alla cittadinanza e ai
valori che la sorreggono: la solidarietà, la gratuità, la legalità e il
rispetto delle diversità. Così la scuola mantiene aperto il dialogo con gli
altri soggetti educativi – in primo luogo la famiglia – con i quali è chiamata
a perseguire obiettivi convergenti. Il carattere pubblico non ne pregiudica
l’apertura alla trascendenza e non impone una neutralità rispetto a quei valori
morali che sono alla base di ogni autentica formazione della persona e della
realizzazione del bene comune. In questa prospettiva, è determinante la formazione
degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personale amministrativo e
ausiliario, chiamati a essere capaci di ascolto delle esperienze che ogni
alunno porta con sé, accostandosi a lui con umiltà, rispetto e disponibilità.
47. Al raggiungimento di questi obiettivi può dare un
qualificato contributo il docente di religione cattolica, che insegna
una disciplina curriculare inserita a pieno titolo nelle finalità della scuola
e promuove un proficuo dialogo con i colleghi, rappresentando – in quanto
figura competente e qualificata – una forma di servizio della comunità
ecclesiale all’istituzione scolastica. L’insegnamento della religione cattolica
permette agli alunni di affrontare le questioni inerenti il senso della vita e
il valore della persona, alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana. Lo
studio delle fonti e delle forme storiche del cattolicesimo è parte integrante
della conoscenza del patrimonio storico, culturale e sociale del popolo
italiano e delle radici cristiane della cultura europea. Infatti, «la
dimensione religiosa... è intrinseca al fatto culturale, concorre alla
formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in
sapienza di vita». Per questo motivo «la scuola e la società si arricchiscono
di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto
significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere
nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico,
ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e
proiettarsi consapevolmente verso il futuro».
48. La scuola cattolica e i centri di formazione
professionale d’ispirazione cristiana fanno parte a pieno titolo del
sistema nazionale di istruzione e formazione. Nel rispetto delle norme comuni a
tutte le scuole, essi hanno il compito di sviluppare una proposta pedagogica e
culturale di qualità, radicata nei valori educativi ispirati al Vangelo. Il
principio dell’uguaglianza tra le famiglie di fronte alla scuola impone non
solo interventi di sostegno alla scuola cattolica, ma il pieno riconoscimento,
anche sotto il profilo economico, dell’opportunità di scelta tra la scuola
statale e quella paritaria. La scuola cattolica potrà essere così sempre più
accessibile a tutti, in particolare a quanti versano in situazioni difficili e
disagiate. Il confronto e la collaborazione a pari titolo tra istituti
pubblici, statali e non statali, possono contribuire efficacemente a rendere
più agile e dinamico l’intero sistema scolastico, per rispondere meglio
all’attuale domanda formativa. La scuola cattolica costituisce una grande
risorsa per il Paese. In quanto parte integrante della missione ecclesiale,
essa va promossa e sostenuta nelle diocesi e nelle parrocchie, superando forme
di estraneità o di indifferenza e contribuendo a costruire e valorizzare il suo
progetto educativo. In quanto scuola paritaria, e perciò riconosciuta nel suo
carattere di servizio pubblico, essa rende effettivamente possibile la scelta
educativa delle famiglie, offrendo un ricco patrimonio culturale a servizio
delle nuove generazioni.
49. L’università svolge un ruolo determinante per la
formazione delle nuove generazioni, garantendo una preparazione che consente di
orientarsi nella complessità culturale odierna. Il mondo universitario ha il
compito di promuovere competenze che abbraccino l’ampiezza dei problemi,
attente alle esigenze di senso e alle implicazioni etiche degli studi e delle
ricerche nei diversi campi del sapere. «Tale capacità – scriveva il Beato John
H. Newman – è il risultato di una formazione scientifica della mente; è una
facoltà acquisita di giudizio, chiarezza di visione, sagacia, sapienza,
ampiezza filosofica della mente e auto-controllo e serenità intellettuali». «Che
cosa è l’università? Qual è il suo compito? … Penso si possa dire che la vera,
intima origine dell’università stia nella brama di conoscenza che è propria
dell’uomo. Egli vuole sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole
verità»82. L’università rappresenta pertanto un luogo di incontro e
di dialogo tra studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo, che
condividono un ambiente ricco di risorse per l’intera società. Il raccordo tra
l’università e la Chiesa locale è promosso attraverso la pastorale
universitaria, pienamente inserita nell’impegno di evangelizzazione della
cultura e di formazione dei giovani. Va valorizzato il particolare contributo reso
dai cristiani: con il «servizio del pensiero, essi tramandano alle giovani
generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da due millenni di
esperienza umanistica e cristiana». In dialogo con le istituzioni universitarie
statali, un ruolo peculiare spetta alle Facoltà teologiche e agli Istituti
superiori di scienze religiose presenti su tutto il territorio nazionale, all’Università
Cattolica del Sacro Cuore e alla LUMSA. Essi mirano alla formazione
integrale della persona, suscitando la ricerca del bello, del buono, del vero e
dell’uno; a far maturare competenze per una comprensione viva del messaggio
cristiano e a renderne ragione nel contesto culturale odierno; «a promuovere
una nuova sintesi umanistica, un sapere che sia sapienza capace di orientare
l’uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, un sapere
illuminato dalla fede».
La responsabilità educativa
della società
50. La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita
quello di tutti perché la società diventi sempre più terreno favorevole
all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei
valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza
dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della
festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace,
alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle
tecnologie. Ciò richiede il coinvolgimento non solo dei genitori e degli
insegnanti, ma anche degli uomini politici, degli imprenditori, degli artisti,
degli sportivi, degli esperti della comunicazione e dello spettacolo. La
società nella sua globalità, infatti, costituisce un ambiente vitale dal forte impatto
educativo; essa veicola una serie di riferimenti fondamentali che condizionano
in bene o in male la formazione dell’identità, incidendo profondamente sulla
mentalità e sulle scelte di ciascuno. Inoltre, i vari ambienti di vita e di
relazione – non ultimi quelli del divertimento, del tempo libero e del turismo
– esercitano un’influenza talvolta maggiore di quella dei luoghi tradizionali, come
la famiglia e la scuola. Essi offrono perciò preziose opportunità perché non
manchi, in tutti gli spazi sociali, una proposta educativa integrale.
La comunicazione nella
cultura digitale
51. La comunità cristiana guarda con particolare attenzione al
mondo della comunicazione come a una dimensione dotata di una rilevanza
imponente per l’educazione. La tecnologia digitale, superando la distanza
spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la possibilità di informarsi,
di partecipare e di condividere, anche se rischia di far perdere il senso di
prossimità e di rendere più superficiali i rapporti. La crescita vorticosa e la
diffusione planetaria di questi mezzi, favorite dal rapido sviluppo delle
tecnologie digitali, in molti casi acuiscono il divario tra le persone, i
gruppi sociali e i popoli. Soprattutto, non cresce di pari passo la
consapevolezza delle implicazioni sociali, etiche e culturali che accompagnano
il diffondersi di questo nuovo contesto esistenziale. Agendo sul mondo vitale,
i processi mediatici arrivano a dare forma alla realtà stessa. Essi intervengono
in modo incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento
delle potenzialità umane. Dall’influsso più o meno consapevole che esercitano,
dipende in buona misura la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo.
Essi vanno considerati positivamente, senza pregiudizi, come delle risorse, pur
richiedendo uno sguardo critico e un uso sapiente e responsabile. Il loro ruolo
nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie
educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico.
Un obiettivo da raggiungere,
dunque, sarà anzitutto quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei
loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso. Il
modo di usarli è il fattore che decide quale valenza morale possano avere. Su
questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzione educativa, al fine di
sviluppare la capacità di valutarne il messaggio e gli influssi, nella consapevolezza
della conside-revole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi
dispongono. Un particolare impegno deve essere posto nel tutelare l’infanzia,
anche con concreti ed efficaci interventi legislativi. Pure in questo campo,
l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà
importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e
costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane
dirette. Inoltre, si rivela indispensabile l’apporto dei mezzi della
comunicazione promossi dalla comunità cristiana (tv, radio, giornali, siti internet,
sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti
dalle realtà ecclesiali. Un ruolo importante potrà essere svolto dagli
animatori della comunicazione e della cultura, che si stanno diffondendo nelle
nostre comunità, secondo le indicazioni contenute nel Direttorio sulle
comunicazioni sociali. L’impegno educativo sul versante della nuova cultura
mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la
missione della Chiesa.
Capitolo 5 –
Indicazioni per la progettazione pastorale
52. Le indicazioni che seguono intendono suggerire alcune linee
di fondo, perché ogni Chiesa particolare possa progettare il proprio cammino
pastorale in sintonia con gli orientamenti nazionali. La condivisione di queste
prospettive, accolte e sviluppate a livello locale, favorirà l’azione concorde
delle comunità ecclesiali, chiamate ad assumere consapevolmente la responsabilità
educativa nell’orizzonte culturale e sociale.
Esigenze fondamentali
53. Alla base del nostro cammino, sta la necessità di prendere
coscienza delle caratteristiche e dell’urgenza della questione educativa.
L’educazione, infatti, se è compito di sempre, si presenta ogni volta con
aspetti di novità. Per questo non può risolversi in semplici ripetizioni, ma
deve anzitutto prestare la giusta attenzione alla qualità e alle dinamiche
della vita sociale. Oggi è necessario curare in particolare relazioni aperte
all’ascolto, al riconoscimento, alla stabilità dei legami e alla gratuità. Ciò
significa: - cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di
ogni uomo, orientandole alla ricerca della verità e alla testimonianza della
carità; - porre al centro della proposta educativa il dono come compimento
della maturazione della persona; - far emergere la forza educativa della fede
verso la pienezza della relazione con Cristo nella comunione ecclesiale. L’intera
vita ecclesiale ha una forte valenza educativa. La comunità cristiana, a
partire dalle parrocchie, deve avvertire l’urgenza di stare accanto ai genitori
per offrire loro con disponibilità e competenza proposte educative valide. In
particolare, l’azione pastorale andrà ac-compagnata da una costante opera di
discernimento, realisticamente calibrato sull’esistente, ma volto a mettere in
luce le risorse e le esperienze positive su cui far leva. Nell’ottica della
corre-sponsabilità educativa della comunità ecclesiale, andrà condotta un’attenta
verifica delle scelte pastorali sinora compiute:
- A livello nazionale, sarà
opportuno valutare gli effetti dei progetti educativi e gli strumenti elaborati
dalla Conferenza Episcopale nei vari ambiti pastorali. Avendo particolare
attenzione all’impostazione emersa dal Convegno ecclesiale di Verona, occorrerà
considerare quanto essa abbia favorito lo sviluppo di una pastorale integrata e
missionaria. A tale verifica potranno offrire un valido contributo anche le
Conferenze Episcopali Regionali.
- A livello locale, si tratta di
considerare con realismo i punti di debolezza e di sofferenza presenti nei
diversi contesti educativi, come pure le esperienze positive in atto. In
particolare, si suggerisce un esame attento sia dei cammini di formazione dei
catechisti, degli operatori pastorali e degli insegnanti di religione
cattolica, sia dei percorsi educativi delle associazioni e dei movimenti. È
evidente che la valutazione dell’impegno educativo per un suo rilancio
progettuale può essere attuata solo in riferimento all’integralità e alla
centralità del soggetto umano. Alla base della progettazione pastorale vi è la
visione cristiana della persona: l’idea di educazione che da essa proviene
possiede una sua specifica originalità, anche se è aperta a diversi apporti e
si pone in dialogo con tutti, in particolare con le scienze umane. Appare
urgente valorizzare la dimensione trascendente dell’educazione, per la
formazione di persone aperte a Dio e capaci di dedicarsi al bene della
comunità.
Obiettivi e scelte prioritarie
54. La lettura della prassi educativa, alla luce dei
cambiamenti culturali, stimola nuove scelte di progettazione, riferite ad
alcuni ambiti privilegiati.
a.’iniziazione cristiana
L’iniziazione cristiana mette in
luce la forza formatrice dei sacramenti per la vita cristiana, realizza l’unità
e l’integrazione fra annuncio, celebrazione e carità, e favorisce alleanze
educative. Occorre confrontare le esperienze di iniziazione cristiana di
bambini e adulti nelle Chiese locali, al fine di promuovere la responsabilità
primaria della comunità cristiana, le forme del primo annuncio, gli itinerari
di preparazione al battesimo e la conseguente mistagogia per i fanciulli, i
ragazzi e i giovani, il coinvolgimento della famiglia, la centralità del giorno
del Signore e dell’Eucaristia, l’attenzione alle persone disabili, la catechesi
degli adulti quale impegno di formazione permanente87. In
questo decennio sarà opportuno discernere, valutare e promuovere una serie di
criteri che dalle sperimentazioni in atto possano delineare il processo di
rinnovamento della catechesi, soprattutto nell’ambito dell’iniziazione
cristiana. È necessario, inoltre, un aggiornamento degli strumenti
catechistici, tenendo conto del mutato contesto culturale e dei nuovi linguaggi
della comunicazione.
b. Percorsi di vita buona
Ogni ambito del vissuto umano è
interpellato dalla sfida educativa. Dobbiamo domandarci come le indicazioni
maturate nel Convegno ecclesiale di Verona siano state recepite e attuate in ordine
al rinnovamento dell’azione ecclesiale e alla formazione dei laici, chiamati a
coniugare una matura spiritualità e il senso di appartenenza ecclesiale con un
amore appassionato per la città degli uomini e la capacità di rendere ragione
della propria speranza nelle vicende del nostro tempo.
- Tra i processi di
accompagnamento alla costruzione dell’identità personale, merita particolare
rilievo l’educazione alla vita affettiva, a partire dai più piccoli. È
importante che a loro in modo speciale sia annunciato «il Vangelo della vita
buona, bella e beata che i cristiani possono vivere sulle tracce del Signore
Gesù»89. È urgente accompagnare i giovani nella scoperta della
loro vocazione con una proposta che sappia presentare e motivare la bellezza
dell’insegnamento evangelico sull’amore e sulla sessualità umana, contrastando
il diffuso analfabetismo affettivo90. Particolare cura richiede la
formazione al matrimonio cristiano e alla vita familiare. Il rinnovamento di
tali itinerari è necessario per renderli cammini efficaci di fede e di
esperienza spirituale91. Questo percorso dovrà continuare anche mediante gruppi di
sposi e di spiritualità familiare, animati da coppie preparate e testimoni di
unità e fedeltà nell’amore.
- La capacità di vivere il
lavoro e la festa come compimento della vocazione personale appartiene agli
obiettivi dell’educazione cristiana. È importante impegnarsi perché ogni
persona possa vivere «un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare
le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale»92,
prendendosi cura degli altri nella fatica del lavoro e nella gioia della festa,
rendendo possibile la condivisione solidale con chi soffre, è solo o nel
bisogno. Oltre a promuovere una visione autentica e umanizzante di questi
ambiti fondamentali dell’esistenza, la comunità cristiana è chiamata a
valorizzare le potenzialità educative dell’associazionismo legato alle
professioni, al tempo libero, allo sport e al turismo.
- L’esperienza della fragilità
umana si manifesta in tanti modi e in tutte le età, ed è essa stessa, in
certo modo, una “scuola” da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di
ciascuno. Per queste ragioni il tema della fragilità entra a pieno titolo nella
dinamica del rapporto educativo, nella formazione e nella ricerca del senso,
nelle relazioni di aiuto e di accompagnamento. Pur nella particolarità di tali
situazioni, che non si lasciano rinchiudere in schemi e programmi, non possono mancare
nelle proposte formative la contemplazione della croce di Gesù, il confronto
con le domande suscitate dalla sofferenza e dal dolore, l’esperienza
dell’accompagnamento delle persone nei passaggi più difficili, la testimonianza
della prossimità, così da costruire un vero e proprio cammino di educazione
alla speranza.
- La Chiesa esiste per
comunicare: è essa stessa tradizione vivente, trasmissione incessante del
Vangelo ricevuto, nei modi culturalmente più fecondi e rilevanti, affinché ogni
uomo possa incontrare il Risorto, che è via, verità e vita. Nel suo nucleo essenziale,
la tradizione è trasmissione di una cultura – fatta di atteggiamenti,
comportamenti, costumi di vita, idee, conoscenze, espressioni artistiche,
religiose e politiche – e di un patrimonio spirituale all’interno del quale crescono
e si formano le persone nel volgere delle generazioni. Nell’ampio ventaglio di
forme in cui la Chiesa attua questa responsabilità, un aspetto particolarmente
importante è l’educazione alla comunicazione, mediante la conoscenza, la
fruizione critica e la gestione dei media. Anche questa nuova frontiera passa
attraverso le vie ordinarie della pastorale delle parrocchie, delle
associazioni e delle comunità religiose, avvalendosi di apposite iniziative di
formazione. Mentre resta necessario investire risorse adeguate – di persone e
mezzi – in questo ambito, occorre sostenere l’impegno di quanti operano da
cristiani nell’universo della comunicazione.
- Avvertiamo infine la necessità
di educare alla cittadinanza responsabile. L’attuale dinamica sociale
appare segnata da una forte tendenza individualistica che svaluta la dimensione
sociale, fino a ridurla a una costrizione necessaria e a un prezzo da pagare
per ottenere un risultato vantaggioso per il proprio interesse. Nella visione
cristiana l’uomo non si realizza da solo ma, grazie alla collaborazione con gli
altri e ricercando il bene comune. Per questo appare necessaria una seria
educazione alla socialità e alla cittadinanza, mediante un’ampia diffusione dei
principi della dottrina sociale della Chiesa, anche rilanciando le scuole di
formazione all’impegno sociale e politico. Una cura particolare andrà riservata
al servizio civile e alle esperienze di volontariato in Italia e all’estero. Si
dovrà sostenere la crescita di una nuova generazione di laici cristiani, capaci
di impegnarsi a livello politico con competenza e rigore morale.
c. Alcuni luoghi
significativi
Nell’ottica di una decisa
scommessa per l’educazione e della ricerca di sinergie e alleanze educative,
un’attenzione specifica andrà rivolta ad alcune esperienze peculiari.
- La reciprocità tra famiglia, comunità ecclesiale e società.
Questi luoghi emblematici dell’educazione
devono stabilire una feconda alleanza per valorizzare gli organismi deputati
alla partecipazione; promuovere il dialo-go, l’incontro e la collaborazione tra
i diversi educatori; attivare e sostenere iniziative di formazione su progetti
condivisi. In questa alleanza va riconosciuto e sostenuto il primato educativo
della famiglia. Nell’ambito parrocchiale, inoltre, è necessario attivare la
conoscenza e la collaborazione tra catechisti, insegnanti – in particolare di
religione cattolica – e animatori di oratori, associazioni e gruppi. La scuola
e il territorio, con le sue molteplici esperienze e forme aggregative
(palestre, scuole di calcio e di danza, laboratori musicali, associazioni di volontariato…),
rappresentano luoghi decisivi per realizzare queste concrete modalità di
alleanza educativa.
- La promozione di nuove
figure educative.
Occorre promuovere una diffusa
responsabilità del laicato, perché germini la sensibilità ad assumere compiti
educativi nella Chiesa e nella società. In relazione ad ambiti pastorali
specifici dovranno svilupparsi figure quali laici missionari che portino il
primo annuncio del Vangelo nelle case e tra gli immigrati; accompagnatori dei
genitori che chiedono per i figli il battesimo o i sacramenti dell’iniziazione;
catechisti per il catecumenato dei giovani e degli adulti; formatori degli
educatori e dei docenti; evangelizzatori di strada, nel mondo della devianza,
del carcere e delle varie forme di povertà.
- La formazione teologica.
Per questi obiettivi, un
particolare contributo è richiesto alle Facoltà teologiche, ai Seminari,
agli Istituti superiori di scienze religiose, alle scuole di
formazione teologica. Si potrà così contare su educatori e operatori
pastorali qualificati per un’educazione attenta alle persone, rispondente alle
domande poste alla fede dalla cultura e in grado di rendere ragione della
speranza in Cristo nei diversi ambienti di vita.
55. Consideriamo urgente puntare nel corso del decennio su
alcune priorità, al fine di dare impulso e forza al compito educativo delle
nostre comunità.
- La cura della formazione
permanente degli adulti e delle famiglie.
Questa scelta qualificante, già
presente negli orientamenti pastorali dei decenni passati, merita ulteriore
sviluppo, accoglienza e diffusione nelle parrocchie e nelle altre realtà
ecclesiali. Un’attenzione particolare andrà riservata alla prima fase dell’età
adulta, quando si assumono nuove responsabilità nel campo del lavoro, della
famiglia e della società.
- Il rilancio della vocazione
educativa degli istituti di vita consacrata, delle associazioni e dei movimenti
ecclesiali.
Si tratta di riproporre la
tradizione educativa di realtà che hanno dato molto alla formazione di
sacerdoti, religiosi e laici. Bisogna perciò che le parrocchie e gli altri soggetti
ecclesiali sviluppino una pastorale integrata e missionaria, in particolare
negli ambiti di frontiera dell’educazione.
- La promozione di un ampio dibattito
e di un proficuo confronto sulla questione educativa
anche nella società civile, al
fine di favorire convergenze e un rinnovato impegno da parte di tutte le istituzioni
e i soggetti interessati.
Affidati
alla guida materna di Maria
56. Il volto di un popolo si plasma in famiglia. È qui che “i
suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare
in quanto sono amati gratuitamente, imparano il rispetto di ogni altra persona
in quanto sono rispettati, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne
ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione”. Soprattutto
grazie alla donna è possibile riscoprire i valori che rendono umana la società:
ella “conserva l’intuizione profonda che il meglio della sua vita è fatto di
attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua
protezione”. Maria, donna esemplare, porge alla Chiesa lo specchio in cui essa
è invitata a riconoscere la propria identità, gli affetti del cuore, gli
atteggiamenti e i gesti che Dio attende da lei. Con questa disponibilità, ci
poniamo sotto lo sguardo della Madre di Dio, perché ci guidi nel cammino
dell’educazione.
Maria, Vergine del silenzio, non
permettere che davanti alle sfide di questo tempo la nostra esistenza sia
soffocata dalla rassegnazione o dall’impotenza.
Aiutaci a custodire
l’attitudine all’ascolto, grembo nel quale la parola diventa feconda e ci fa
comprendere che nulla è impossibile a Dio.
Maria, Donna premurosa, destaci
dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi. Donaci la passione che
ci educa a cogliere il mistero dell’altro e ci pone a servizio della sua
crescita.
Liberaci dall’attivismo
sterile, perché il nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro.
Maria, Madre dolorosa, che dopo
aver conosciuto l’infinita umiltà di Dio nel Bambino di Betlemme, hai provato
il dolore straziante di stringerne tra le braccia il corpo martoriato, insegnaci
a non disertare i luoghi del dolore; rendici capaci di attendere con speranza
quell’aurora pasquale che asciuga le lacrime di chi è nella prova.
Maria, Amante della vita, preserva
le nuove generazioni dalla tristezza e dal disimpegno. Rendile per tutti noi
sentinelle di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre, ci si fida e
ci si dona.
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INDICE
Presentazione
Introduzione
(1-6)
Alla scuola di Cristo,
maestro e pedagogo
Un rinnovato impegno
ecclesiale
Una speranza affidabile,
anima dell’educazione
Capitolo 1 –
Educare in un mondo che cambia (7-15)
È tempo di discernimento
Nei nodi della cultura
contemporanea
Dall’accoglienza
all’integrazione
Per la crescita integrale
della persona
Capitolo 2 –
Gesù, il Maestro (16-24)
«Si mise a insegnare loro
molte cose»
Dio educa il suo popolo
La Chiesa discepola, madre e
maestra
Formare alla vita secondo lo
Spirito
Capitolo 3 –
Educare, cammino di relazione e di fiducia (25-34)
Un desiderio che trova
risposta
Un incontro che genera un
cammino
Con la credibilità del
testimone
Passione per l’educazione
Una relazione che si
trasforma nel tempo
Negli ambiti della vita
quotidiana
Una storia di santità
Capitolo 4 –
La Chiesa, comunità educante (35-51)
«Un solo corpo e un solo
spirito»
Il primato educativo della
famiglia
Nel cantiere dell’educazione
cristiana
La parrocchia, crocevia delle
istanze educative
La scuola e l’università
La responsabilità educativa
della società
La comunicazione nella
cultura digitale
Capitolo 5 –
Indicazioni per la progettazione pastorale (52-55)
Esigenze fondamentali
Obiettivi e scelte
prioritarie
Affidati
alla guida materna di Maria (56)