PERCHÈ NON SI POSSONO COMMERCIALIZZARE
GLI EMBRIONI?
Le
domande - vecchie talpe - hanno questo di bello: puoi condannarle, eluderle,
maledirle, zittirle, puoi convocarle in -Commissione
di vigilanza-, ma una volta formulate le domande girano per il mondo e lavorano
come un tarlo nelle teste. Stanno lì, inquietanti, in
attesa della risposta. L'altro giorno - per dire - mi ha chiamato Enrico
Mentana per chiedermi se andavo al Tg5 a dare -la
risposta- che l'on Melandri non aveva dato: non ho
potuto, non essendo a Roma. Ci provo ora.
Ma
occorre una premessa. Ieri, sull'Unità, Maurizio Mori ha fatto un altro
tentativo per esorcizzare la carica sovversiva della domanda: ha tentato di
dimostrare che era irrazionale. L'articolo era pacato
e civile (gliene sono grato). Ma non è riuscito nell'impresa, perché ruotava
attorno a un colossale errore scientifico che invalida
tutto il suo ragionamento. Un errore circa l'embrione.
Io
avevo ricordato che l'inizio della vita di un nuovo essere umano è
scientificamente accertato: è l'istante del concepimento, quando si ha
biologicamente un -nuovo arrivato- (come direbbe
Ebbene,
sostiene Mori che la stessa situazione di Dna unico e irripetibile
si dà già anche prima della fecondazione, ad esempio nel caso in cui si abbia
uno spermatozoo in una pipetta pronto per essere iniettato in un ovocita.
E'
un errore clamoroso. Un essere umano, per essere tale,
deve avere 46 (o, in certi casi, 47) cromosomi: l'embrione ce li ha, lo
spermatozoo no, ne ha solo 23. Inoltre quest'ultimo non ha affatto un Dna unico e irripetibile, come invece
possiede un embrione, ma ha solo metà del Dna del padre. In nessun modo dunque
si può paragonare uno spermatozoo a un embrione.
Peraltro un embrione (si definisce così fino
all'ottava settimana di vita) ha un cuore che batte, se gli viene toccata la
bocca si volta dall'altra parte, insomma il cosiddetto embrione è un essere
vivente. Lo dice la ragione (non il dogma cristiano) e lo dice la scienza. E
per la verità anche il diritto: dalla Raccomandazione 874 del Consiglio
d'Europa che difende -i diritti di ogni bambino alla
vita dal momento del concepimento- fino all'art 462 del Codice civile che
riconosce titolari - per esempio - del diritto all'eredità anche i figli
soltanto concepiti, in base al principio del diritto romano per cui "infans conceptus pro nato habetur, quoties de eius commodis agitur".
Ma
lo dice anche il buon senso, che parla dentro ciascuno
di noi. Tutti - e per prime le madri - sappiamo che già quel piccolissimo
essere che si chiama embrione e poi feto è una creatura umana. Che siano soprattutto i cattolici a dover difendere oggi la ragione
e la scienza non deve sorprendere. Già Chesterton
- che era, anche per la stazza, un Ferrara inglese d'inizio secolo - prevedeva
il destino della nostra generazione: "Tutto sarà negato, tutto diventerà
un credo", si negheranno "le pietre della strada; riaffermarle
diventerà un dogma religioso; fuochi verranno attizzati
per dimostrare che due più due fa quattro. Spade verranno
sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate".
Ebbene,
nel nostro piccolo abbiamo sguainato la spada proprio per dimostrare che due
più due fa quattro, che un embrione ha 46 cromosomi e uno spermatozoo solo 23. Che un embrione, se nessuno lo sopprime, per sua dote naturale si
sviluppa in essere umano, senza soluzione di continuità, mentre così non è per
nessun organo umano, per nessun materiale biologico e nessuno spermatozoo.
Nessuno di noi è mai stato un fegato, un polmone, uno spermatozoo o un capello
o un'unghia, mentre tutti noi siamo stati un embrione, il quale
è un essere umano nuovo, unico e irripetibile.
Voi
ritenete di no? Pensate che sia solo materiale biologico qualsiasi, come un
capello? E perché allora non si può commercializzare? Se è come un capello, perché non si può vendere e comprare
come un capello?
L'on Melandri ha risposto: perché è
inaccettabile "commerciare" in "organi umani". Ma l'embrione non è un "organo".
I
casi sono due: o è una nuova creatura umana o è solo materiale biologico come
un capello e i capelli si possono vendere. Del resto,
anche se erroneamente lo volessimo considerare un organo, ebbene gli organi - per esempio un rene - si può regalare: perché
dunque non si possono regalare embrioni e anche feti a destra e a manca? Perché
si può sopprimere un feto, ma - una volta soppresso -
non si può usare, con la placenta, per esempio, per fabbricare creme
cosmetiche?
Perché
questa idea ci blocca e magari ci fa inorridire? O
forse ciò che fa orrore è la parola "commercializzare"? In questo
caso la situazione sarebbe questa: per sopprimere un embrione o un feto non si
porrebbe alcun problema etico - secondo la mentalità dominante - ma per
venderlo e comprarlo sì. Che filosofia morale è
questa? E' lecito chiedere che venga esplicitata,
spiegata?
Forse
è una morale il cui imperativo categorico è la demonizzazione
del commercio, un'etica in cui il Male metafisico è l'attività economica? Mi
viene in mente l'editoriale del Foglio dell'11
dicembre: il progressista condanna il darwinismo sociale, ma non quello
naturale che "seleziona il robusto a scapito del fragile", il
progressista odia il far west e invoca le regole, ma solo se si parla di Tv,
non di fabbriche di bambini; il progressista demonizza la tecnica se vogliono
manipolare i pomodori, ma si sottomette alla sua onnipotenza se
"fabbrica" esseri umani.
Che
filosofia è questa? Lo chiedo con sincero interesse. Mi parrebbe onestà
intellettuale dichiarare la propria visione della vita e dell'etica da parte di
chi legifera su vita e morte, procreazione e aborto. Perché no? Quale timore si ha? Traendo tutte le conseguenze,
a quali autori si finirebbe in braccio? René Girard scrive da tempo che il vero "profeta" del
nostro tempo è Nietzsche, l'unico che abbia avuto il
coraggio di esplicitare la sua contrapposizione neopagana al cristianesimo:"L'individuo fu tenuto dal cristianesimo così
importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare, ma
la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani" (Frammenti postumi
1888-1889, pp. 257-258).
Ma
questa strana cultura dominante vorrebbe usare l'eredità cristiana (la
sensibilità per le vittime, i diritti dell'uomo) non dichiarando però che il
suo orizzonte si contrappone radicalmente al cristianesimo. Del Noce riteneva
che l'esito finale dell'illuminismo fosse De Sade, la
"Filosofia nel boudoir". Io non lo so, ma vorrei capire. Si può negare che esista una natura umana,
con i suoi diritti inalienabili. Ma poi sarebbe bene non contraddirsi come ha
fatto Capezzone a Excalibur, negando che esistano dei "diritti
dell'uomo" in relazione al concepito, ma poi proclamando il dovere
dell'Occidente di far osservare quegli stessi diritti nei regimi tirannici,
esportando la democrazia.
Rivendico
il diritto/dovere di porre queste domande e mi chiedo se non aveva
ragione Augusto Del Noce: "è emerso nelle nostre società un fenomeno
nuovo: il divieto di fare domande, come consapevole, deliberata e sapientemente
elaborata ostruzione della ragione". Porre queste domande in televisione
fa scattare il meccanismo della censura (ma non del disinteresse perché poi su
Rai 2 i programmi di intrattenimento non fanno uno
share superiore a Excalibur).
Parlare
di queste cose in tv è da pazzi? E perché? Dobbiamo
vedere solo comici che sputazzano sciocchezze sul
solito politico? Noi - nelle sole quattro puntate che siamo riusciti a fare dal
13 novembre ("sospesi" da due partite) - abbiamo proposto
l'intervista (esclusiva) al cardinal Ratzinger su
Islam, cristianesimo e scontri di civiltà, abbiamo portato Giampaolo Pansa a parlare del suo libro nel "triangolo
rosso", abbiamo documentato la catastrofe umanitaria in corso in Africa e
abbiamo posto questioni pesanti come queste. Anche
alla Melandri. Ci è toccato
l'ira e il disprezzo dei potenti, ma ne siamo fieri. Quella a cui partecipa Excalibur è una rivoluzione culturale, non un pranzo di
gala.
Viva
la ragione!
Antonio Socci
(C) Il Foglio
17.12.2003