Siamo dunque arrivati sul misterioso limitare della
vita, lì nel punto esatto di luogo e tempo dove essa sgorga e si compie il
miracolo dell’uomo. Siamo arrivati impreparati a tanta luminosità che ci
acceca quel microscopico primo grumo di cellule, l’embrione. Ed ora, feriti
dalla vista, in un solo colpo dovremo decidere se abbiamo il diritto di
agire, manipolare, sfruttare, perfino uccidere.
La sostanza del Referendum del 12 e13 giugno sta tutta nella nostra
postura di fronte a quell’evento. Non bisogna farsi
distrarre dalle successive implicazioni etiche, politiche, legislative, dal
brusio di sottofondo. Siamo noi di fronte al primo baluginare della vita
umana.
Se intendiamo l’ovulo fecondato dal seme vita umana in atto e dunque persona
dobbiamo difenderne la dignità. Se al contrario pensiamo che l’embrione sia
semplicemente un ammasso di cellule, un progetto, uomo solo in potenza,
allora ci è consentito meno riguardo.
Ma dove sta la soluzione del dilemma? La verità – teniamone conto – c’è. O in
un verso, o nell’altro, c’è. O l’embrione è essere umano e va tutelato, o non
è essere umano e può essere vilipeso. Non è data altra possibilità, anche dal
punto di vista logico il principio di non contraddizione ci sostiene (se “a”
è “a” non può essere “b”). La verità dunque c’è, s’impone e impone una norma
etica universale, indipendentemente dal nostro parere soggettivo su cosa sia
bene, o su cosa sia giusto fare, indipendentemente dalle nostre credenze
religiose, dalle nostre ideologie, indipendentemente dal nostro comportamento
soggettivo, pur sempre liberi di commettere perfino il male, di agire perfino
contro coscienza.
Orbene, che mezzi possediamo per conoscere la verità? L’intuizione e la
ragione. L’intuizione ci dice che retrocedendo nella storia di ogni singolo
uomo c’è un momento iniziale, non esiste un uomo infinito da sempre, esso si
dà solo nel tempo; la ragione, attraverso l’analisi scientifica, ci dice che
il momento iniziale è l’embrione, l’ovulo fecondato, cioè l’insieme di un ovocita e di uno spermatozoo, perché da esso e non prima
e non dopo, con la stessa identità e senza soluzione di continuità si arriva
all’uomo. Ha poco senso controbattere questa evidenza dicendo che non tutti
gli embrioni diverranno uomini (magari non si insedieranno nell’utero, magari
interverrà l’aborto...), basti sapere che tutti gli uomini sono stati
embrioni.
L’embrione persona
Riassumiamo per comodità: c’è una verità delle cose (o l’embrione è essere
umano, o non lo è), l’intuizione e la ragione ci dicono che l’embrione è lo
stadio iniziale dell’uomo.
Ma che tipo di tutela devo concedere a questo inizio d’uomo? Ovvio, la tutela
che concedo all’uomo adulto, perché in entrambi riconosco la persona umana.
Viceversa, appare arbitrario e pericoloso non riconoscere a entrambi
(embrione e uomo adulto) lo status di persona: si dovrebbe definire un tempo
in cui l’embrione diventa persona (ma non si vedono salti ontologici, cioè
inerenti all’essere, né biologici tra le prime cellule fecondate e l’adulto),
oppure bisognerebbe far discendere questo status da altre facoltà, per
esempio, la facoltà di pensare, di provare dolore, l’autoconsapevolezza.
Ma è palese che ciò non regge: la persona sussiste in modo lampante perfino
in assenza o sospensione di queste capacità (nell’infante, nell’uomo in coma,
in quello affetto da gravi malattie mentali, nell’handicappato) e quindi
dobbiamo per forza dedurre che lo status di persona promana da qualcosa
d’altro, cioè dall’essere uomo. E l’essere uomo, abbiamo visto sopra, è fin
dall’embrione.
Le virtù della Legge n. 40
Riassumiamo ancora una volta: c’è una verità delle cose (o l’embrione è
essere umano, o non lo è), l’intuizione e la ragione ci dicono che l’embrione
è essere umano e persona, il quale deve essere tutelato indipendentemente
dallo stadio in cui esso si trovi (embrione, feto, infante, adolescente,
adulto, malato...).
A questo punto vale la pena domandarsi se la Legge n. 40 del 19 febbraio 2004 sulla
“procreazione medicalmente assistita”, ora sottoposta a Referendum
abrogativo, assolve tale compito. In parte sì, pur rimanendo perfettibile
come tutte le leggi: essa infatti sancisce la pari dignità tra tutti i
soggetti coinvolti, compreso il concepito, e concede uguali diritti.
Contrariamente a quanto sostengono in molti, non è una legge oscurantista:
nonostante posizioni più rigide che giudicano ogni procreazione artificiale
come ingiusta (perché essendo finalizzata solo a soddisfare il desiderio di
figli, fa dipendere il valore di un vita umana dal suo essere desiderata),
essa favorisce la soluzione dei problemi di sterilità nella coppia,
riconoscendo dignità al desiderio di paternità e maternità. Lo fa però
tenendo conto sempre del diritto dell’embrione, che è il soggetto più debole
dei tre.
La ratio della legge è dunque il riconoscimento del diritto alla vita e alla
salute dell’embrione in quanto persona umana. Come abbiamo visto sopra, cosa
difficile da misconoscere, se non contravvenendo all’intuizione e alla
ragione. Tutti i divieti imposti, di primo acchito stringenti oltremodo,
discendono da questo principio.
Ovvero: si può ricorrere alla procreazione artificiale solo in presenza di
sterilità o infertilità. Resta dunque esclusa l’ipotesi di creare embrioni
con finalità terapeutiche o sperimentali, sebbene la ricerca sia comunque
consentita con finalità terapeutiche volte alla salute e allo sviluppo
dell’embrione.
E’ vietata la produzione e la conservazione di embrioni con fini diversi
dalla procreazione, è vietata ovviamente la loro soppressione. Fermo restando
che se per gravi motivi di salute della madre l’embrione non può essere
impiantato è comunque consentita la conservazione.
È ovviamente vietata la creazione di embrioni sovrannumerari;
per cui tutti quelli prodotti, non più di 3 (un numero adeguato per ottenere
la procreazione) devono essere impiantati, cioè avere la ragionevole
possibilità di nascere.
È ovviamente vietata la clonazione e la fecondazione di un gamete umano con
gamete animale. È vietata anche la fecondazione eterologa,
cioè con apporto esterno alla coppia, poiché si riconosce la dignità del
concepito ad avere due genitori biologici certi.
I vizi del sì
A questo punto però vale la pena fare un ulteriore passo, e verificare
l’impatto degli interventi abrogativi del Referendum.
Se passasse il primo quesito, di fatto sarebbe permessa la sperimentazione
sugli embrioni e la loro conservazione senza finalità procreative, nonché la
clonazione per trasferimento di nucleo: lo scopo sarebbe quello di poter
effettuare ricerche sulle cellule staminali
embrionali, al fine di trovare terapie per curare malattie genetiche o
degenerative.
Col secondo quesito si permette anche a coppie non sterili di ricorrere alla
procreazione artificiale, in pratica con fini eugenetici (cioè ottenere un
figlio sano); non si fissa più un limite alla produzione di embrioni, che
possono essere anche non impiantati.
Col terzo quesito di fatto vengono aboliti i diritti del concepito, in
particolare il diritto alla vita, a favore dei diritti degli adulti
coinvolti.
Col quarto quesito si introduce la fecondazione eterologa, impedendo al bambino di conoscere il padre
biologico.
Morto Dio, l’Uomo assoluto
Un ultimo passaggio: quale ragionamento sta sotto le proposte referendarie?
Non certo la verità, seppur intuitiva e ragionevole, che l’embrione sia
persona umana, quindi tutelabile. Piuttosto l’idea che esso sia solo un
ammasso di cellule (ma non si capisce allora quando nel processo procreativo
acquisterebbe diritti e perché, forse solo alla nascita), un ammasso di
cellule a nostra completa disposizione. È lecito dunque creare embrioni,
sperimentarci sopra, sopprimerli, senza mai dar loro la dignità della vita,
oppure decidere quali di essi, in che modo, in che tempo dovranno arrivare
alla vita.
Da un lato rimpiccinisce un ammasso di poche
cellule senza alcun diritto, dall’altro si staglia l’uomo coi sui diritti e
desideri assoluti: alla procreazione, alla salute, alla ricerca slegata dalle
norme della natura. Un confronto impari. Eppure, in sostanza, queste le forze
in campo.
L’uomo si presume padrone dell’universo, metro, causa e fine di questo mondo.
Non esiste nulla di venerabile, null’altro che la materia, cioè il mondo
misurabile, e dunque la scienza ha il sacro dovere di intervenire in quanto,
per intrinseca concezione, è il mezzo migliore per esperire questo
misurabile. Non c’è Dio, non c’è nessun progetto oltre l’uomo, solo il meccanico
dispiegarsi della materia e un’intelligenza che la può, anzi la deve
dominare.
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