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ESORTAZIONE APOSTOLICA
DEL SANTO PADRE AI VESCOVI INTRODUZIONE Annuncio di gioia per
l'Europa 1. È un tema che anch'io,
riprendendo con i miei fratelli Vescovi le parole della Prima Lettera di san
Pietro, voglio proclamare a tutti i cristiani d'Europa all'inizio del
terzo millennio. « Non vi sgomentate, [...] né vi turbate, ma adorate il
Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi
domandi ragione della speranza che è in voi » (3, 14-15).(1) Quest'annuncio è
continuamente risuonato lungo il Grande Giubileo del Duemila, con cui il
Sinodo, celebrato nella sua immediata vigilia, è stato in stretta relazione,
quasi porta aperta su di esso.(2) Il Giubileo è stato « un unico,
ininterrotto canto di lode alla Trinità », un autentico « cammino di
riconciliazione » e un « segno di genuina speranza per quanti guardano a
Cristo e alla sua Chiesa ».(3) Lasciandoci in eredità la gioia
dell'incontro vivificante con Cristo, che « è lo stesso, ieri, oggi e
sempre » (Eb 13, 8), ci ha riproposto il Signore Gesù come unico e
indefettibile fondamento della speranza vera. Un secondo Sinodo per
l'Europa L'Assemblea sinodale non
poteva fare a meno di riprendere, verificare e sviluppare quanto emerso nel
Sinodo precedente dedicato all'Europa e che si era celebrato nel 1991,
all'indomani della caduta dei muri, intorno al tema « Per essere
testimoni di Cristo che ci ha liberato ». Da quella Prima Assemblea Speciale
era emersa l'urgenza e la necessità della « nuova
evangelizzazione », nella consapevolezza che « l'Europa non deve
oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana:
occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro
nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo ».(6) A nove anni di distanza, la
convinzione che « è compito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli
uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo » (7) si è ripresentata con la sua forza
stimolante. Il tema scelto per la nuova Assemblea sinodale riproponeva,
secondo l'angolatura della speranza, la medesima sfida. Si trattava, quindi,
di proclamare questo annuncio di speranza a un'Europa che sembrava averla
smarrita.(8) L'esperienza del Sinodo Ne è emersa la volontà di
recepire l'appello che lo Spirito rivolge alle Chiese in Europa per
impegnarle di fronte alle nuove sfide.(11) Con uno sguardo pieno di amore, i
partecipanti all'incontro sinodale non hanno temuto di osservare la realtà
attuale del Continente, rilevandone luci ed ombre. Chiara è risultata la
consapevolezza che la situazione è segnata da gravi incertezze a livello
culturale, antropologico, etico e spirituale. Altrettanto nitidamente si è
andata affermando una crescente volontà di penetrare in questa situazione e
di interpretarla per vedere i compiti che attendono 4. Vivendo l'esperienza sinodale
con discernimento evangelico, è andata sempre più maturando la consapevolezza
dell'unità che, senza rinnegare le differenze derivanti dalle vicende
storiche, collega le varie parti dell'Europa. È un'unità che,
affondando le sue radici nella comune ispirazione cristiana, sa comporre le
diverse tradizioni culturali e che chiede, a livello sociale come a livello
ecclesiale, un continuo cammino di conoscenza reciproca aperta ad una
maggiore condivisione dei valori di ciascuno. Lungo il Sinodo, man mano si
è resa evidente una forte tensione verso la speranza. Pur facendo proprie
le analisi della complessità che caratterizza il Continente, i Padri sinodali
hanno colto come l'urgenza forse più grande che lo attraversa, a Est come ad
Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare
senso alla vita e alla storia e camminare insieme. Tutte le riflessioni del
Sinodo sono state orientate a rispondere a questo bisogno a partire dal mistero
di Cristo e dal mistero trinitario. Il Sinodo ha voluto riproporre la
figura di Gesù vivente nella sua Chiesa, rivelatore del Dio Amore che è
comunione delle tre Persone divine. L'icona dell'Apocalisse 5. Con la presente
Esortazione post-sinodale, sono lieto di poter condividere con « Chi ha orecchi,
ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » (Ap 2, 7).
Nell'annunciare all'Europa il Vangelo della speranza, terrò come guida il libro
dell'Apocalisse, « rivelazione profetica » che dischiude alla
comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono (cfr
Ap 1, 1). L'Apocalisse ci pone di fronte a una parola rivolta alle
comunità cristiane, affinché sappiano interpretare e vivere il loro
inserimento nella storia, con i suoi interrogativi e le sue tribolazioni,
alla luce della vittoria definitiva dell'Agnello immolato e risorto. Nel
contempo, siamo di fronte a una parola che impegna a vivere abbandonando la
ricorrente tentazione di costruire la città degli uomini a prescindere da Dio
o contro di lui. Quando, infatti, ciò si verificasse, sarebbe la stessa
convivenza umana a conoscere, prima o poi, una irrimediabile sconfitta. L'Apocalisse contiene un
incoraggiamento rivolto ai credenti: al di là di ogni apparenza, e anche se
non se ne vedono ancora gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed
è definitiva. Ne segue l'orientamento a porsi di fronte alle vicende umane
con un atteggiamento di fondamentale fiducia, che sgorga dalla fede nel
Risorto, presente ed operante nella storia. CAPITOLO PRIMO GESÙ CRISTO È NOSTRA
SPERANZA « Non temere! Io sono
il Primo e l'Ultimo Il Risorto sta sempre
con noi I. Sfide e segni di
speranza L'offuscamento della
speranza 7. Questa parola è rivolta
oggi anche alle Chiese in Europa, spesso tentate da un offuscamento
della speranza. Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che
gli sono proprie, appare come una stagione di smarrimento. Tanti uomini e
donne sembrano disorientati, incerti, senza speranza e non pochi cristiani
condividono questi stati d'animo. Numerosi sono i segnali preoccupanti che,
all'inizio del terzo millennio, agitano l'orizzonte del Continente europeo,
il quale, « pur nel pieno possesso di immensi segni di fede e testimonianza e
nel quadro di una convivenza indubbiamente più libera e più unita, sente
tutto il logoramento che la storia antica e recente ha prodotto nelle fibre
più profonde dei suoi popoli, generando spesso delusione ».(14) Tra i tanti aspetti,
ampiamente richiamati anche in occasione del Sinodo,(15) vorrei ricordare lo smarrimento della
memoria e dell'eredità cristiane, accompagnato da una sorta di
agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei
danno l'impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi
che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non
meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all'Europa
escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima
cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli
nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo. Nel Continente europeo non
mancano certo i prestigiosi simboli della presenza cristiana, ma con
l'affermarsi lento e progressivo del secolarismo, essi rischiano di diventare
puro vestigio del passato. Molti non riescono più ad integrare il messaggio
evangelico nell'esperienza quotidiana; cresce la difficoltà di vivere la
propria fede in Gesù in un contesto sociale e culturale in cui il progetto di
vita cristiano viene continuamente sfidato e minacciato; in non pochi ambiti
pubblici è più facile dirsi agnostici che credenti; si ha l'impressione che
il non credere vada da sé mentre il credere abbia bisogno di una
legittimazione sociale né ovvia né scontata. Si assiste a una diffusa frammentazione
dell'esistenza; prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le
divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di
cose, l'odierna situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi
familiari e del venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare
o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti
razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l'egocentrismo che chiude su di
sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una
cura spasmodica per i propri interessi e privilegi. Agli occhi di molti, la
globalizzazione in corso, invece di indirizzare verso una più grande unità
del genere umano, rischia di seguire una logica che emargina i più deboli e
accresce il numero dei poveri della terra. Connesso con il diffondersi
dell'individualismo, si nota un crescente affievolirsi della solidarietà
inter-personale: mentre le istituzioni di assistenza svolgono un lavoro
lodevole, si osserva un venir meno del senso della solidarietà, di modo che,
anche se non mancano del necessario materiale, molte persone si sentono più
sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di sostegno affettivo. 9. Alla radice dello
smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere
un'antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha
portato a considerare l'uomo come « il centro assoluto della realtà,
facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che
non è l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver dimenticato Dio ha portato
ad abbandonare l'uomo », per cui « non c'è da stupirsi se in questo
contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del
nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e
morale, del pragmatismo e finanche dell'edonismo cinico nella configurazione
della vita quotidiana ».(16) La cultura europea dà l'impressione
di una « apostasia silenziosa » da parte dell'uomo sazio che vive
come se Dio non esistesse. In tale orizzonte, prendono
corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di presentare la cultura
europea a prescindere dall'apporto del cristianesimo che ha segnato il suo
sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all'emergere
di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle
caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la
dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più
diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo
morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità
dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del
venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme
preoccupanti di ciò che si può chiamare una « cultura di morte ».(17) L'insopprimibile
nostalgia della speranza 10. Ma, come hanno
sottolineato i Padri sinodali, « l'uomo non può vivere senza speranza:
la sua vita sarebbe votata all'insignificanza e diventerebbe
insopportabile ».(18) Spesso chi ha bisogno di speranza crede
di poter trovar pace in realtà effimere e fragili. E così la speranza,
ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene
identificata, ad esempio, nel paradiso promesso dalla scienza e dalla tecnica,
o in forme varie di messianismo, nella felicità di natura edonistica
procurata dal consumismo o quella immaginaria e artificiale prodotta dalle
sostanze stupefacenti, in alcune forme di millenarismo, nel fascino delle
filosofie orientali, nella ricerca di forme di spiritualità esoteriche, nelle
diverse correnti del New Age.(19) Tutto questo, però, si rivela
profondamente illusorio e incapace di soddisfare quella sete di felicità che
il cuore dell'uomo continua ad avvertire dentro di sé. Permangono così e si
acuiscono i segni preoccupanti del venir meno della speranza, che talvolta si
manifestano anche attraverso forme di aggressività e di violenza.(20) Segni di speranza 11. Nessun essere umano può
vivere senza prospettive di futuro. Tanto meno Tra questi segni vanno
annoverati il recupero della libertà della Chiesa nell'Est europeo, con le
nuove possibilità per l'azione pastorale ad essa dischiuse; il concentrarsi
della Chiesa sulla sua missione spirituale e il suo impegno a vivere il
primato dell'evangelizzazione anche nei rapporti con la realtà sociale e
politica; l'accresciuta presa di coscienza della missione propria di tutti i
battezzati, nella varietà e complementarietà dei doni e dei compiti;
l'aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della
comunità cristiana. Una comunità di popoli 12. Guardando all'Europa come
comunità civile, non mancano segnali che aprono alla speranza: in
essi, pur tra le contraddizioni della storia, con uno sguardo di fede
possiamo cogliere la presenza dello Spirito di Dio che rinnova la faccia
della terra. Così li hanno descritti i Padri sinodali a conclusione dei loro
lavori: « Constatiamo con gioia la crescente apertura dei popoli,
gli uni verso gli altri, la riconciliazione tra nazioni per lungo
tempo ostili e nemiche, l'allargamento progressivo del processo
unitario ai Paesi dell'Est europeo. Riconoscimenti, collaborazioni e
scambi di ogni ordine sono in sviluppo, così che, a poco a poco, si crea
una cultura, anzi una coscienza europea, che speriamo possa far
crescere, specialmente presso i giovani, il sentimento della fraternità e la
volontà della condivisione. Registriamo come positivo il fatto che tutto
questo processo si svolga secondo metodi democratici, in modo pacifico
e in uno spirito di libertà, che rispetta e valorizza le legittime
diversità, suscitando e sostenendo il processo di unificazione dell'Europa.
Salutiamo con soddisfazione ciò che è stato fatto per precisare le condizioni
e le modalità del rispetto dei diritti umani. Nel contesto, infine,
della legittima unità economica e politica in Europa, mentre registriamo i
segni della speranza offerti dalla considerazione data al diritto e
alla qualità della vita, ci auguriamo vivamente che, in una fedeltà
creativa alla tradizione umanistica e cristiana del nostro Continente, sia
garantito il primato dei valori etici e spirituali ».(21) I martiri e i testimoni
della fede 13. Ma intendo attirare
l'attenzione in particolare su alcuni segni emersi nella vita propriamente
ecclesiale. Innanzitutto, con i Padri sinodali, voglio riproporre a tutti,
perché non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai
tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell'ultimo secolo,
all'Est come all'Ovest. Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in
situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del
sangue. Questi testimoni, in
particolare quanti tra di loro hanno affrontato la prova del martirio, sono
un segno eloquente e grandioso, che ci è chiesto di contemplare e imitare.
Essi ci attestano la vitalità della Chiesa; ci appaiono come una luce per Ancora più radicalmente, essi
ci dicono che il martirio è la suprema incarnazione del Vangelo della
speranza: « I martiri, infatti, annunciano questo Vangelo e lo
testimoniano con la loro vita fino all'effusione del sangue, perché sono
certi di non poter vivere senza Cristo e sono pronti a morire per lui nella
convinzione che Gesù è il Signore e il Salvatore dell'uomo e che, quindi,
solo in lui l'uomo trova la pienezza vera della vita. In tal modo, secondo
l'ammonimento dell'apostolo Pietro, si mostrano pronti a rendere ragione
della speranza che è in loro (cfr La santità di molti 14. Frutto della conversione
operata dal Vangelo è la santità di tanti uomini e donne del nostro
tempo. Non solo di quanti sono stati proclamati ufficialmente tali dalla
Chiesa, ma anche di coloro che, con semplicità e nella quotidianità
dell'esistenza, hanno dato testimonianza della loro fedeltà a Cristo. Come
non pensare agli innumerevoli figli della Chiesa che, lungo la storia del
Continente europeo, hanno vissuto una santità generosa ed autentica nel nascondimento
della vita familiare, professionale e sociale? « Tutti costoro, come
“pietre vive” aderenti a Cristo “pietra angolare”, hanno costruito l'Europa
come edificio spirituale e morale, lasciando ai posteri l'eredità più
preziosa. Il Signore Gesù lo aveva promesso: “Chi crede in me, compirà le
opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (Gv
14, 12). I Santi sono la prova vivente del compiersi di questa promessa, e
incoraggiano a credere che ciò è possibile anche nelle ore più difficili
della storia ».(24) La parrocchia e i
movimenti ecclesiali 15. Il Vangelo continua a
portare i suoi frutti nelle comunità parrocchiali, tra le persone consacrate,
nelle associazioni di laici, nei gruppi di preghiera e di apostolato, in
diverse comunità giovanili, come pure attraverso la presenza e la diffusione
di nuovi movimenti e realtà ecclesiali. In ciascuno di essi, infatti, il
medesimo Spirito sa suscitare rinnovata dedizione al Vangelo, generosa
disponibilità al servizio, vita cristiana segnata da radicalismo evangelico e
da slancio missionario. Ancora oggi in Europa, nei
Paesi post-comunisti come in Occidente, la parrocchia, pur bisognosa
di costante rinnovamento,(25) continua a conservare e ad esercitare
una sua missione indispensabile e di grande attualità in ambito pastorale ed
ecclesiale. Essa rimane in grado di offrire ai fedeli lo spazio per un reale
esercizio della vita cristiana, come pure di essere luogo di autentica
umanizzazione e socializzazione sia in un contesto di dispersione e anonimato
proprio delle grandi città moderne, sia in zone rurali con poca popolazione.(26) 16. Nello stesso tempo, con i
Padri sinodali, mentre esprimo la mia grande stima per la presenza e l'azione
delle diverse associazioni e organizzazioni apostoliche e, in particolare,
dell'Azione Cattolica, desidero rilevare il contributo proprio che, in
comunione con le altre realtà ecclesiali, e mai in via isolata, possono
offrire i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Questi
ultimi, infatti, « aiutano i cristiani a vivere più radicalmente secondo il
Vangelo; sono culla di diverse vocazioni e generano nuove forme di
consacrazione; promuovono soprattutto la vocazione dei laici e la portano a
esprimersi nei diversi ambiti della vita; favoriscono la santità del popolo;
possono essere annuncio ed esortazione per coloro che diversamente non
incontrano Il cammino ecumenico 17. Ringraziamo il Signore
per il grande e confortante segno di speranza costituito dai progressi che
ha saputo realizzare il cammino ecumenico nella prospettiva della verità,
della carità e della riconciliazione. Si tratta di uno dei grandi doni dello
Spirito Santo per un Continente, come quello europeo, che ha dato origine
alle gravi divisioni tra i cristiani nel secondo millennio, e che soffre
ancora molto per le conseguenze di esse. Ricordo con commozione alcuni
momenti di grande intensità sperimentati durante i lavori sinodali e
l'unanime convinzione, espressa anche dai Delegati Fraterni, che tale cammino
– nonostante i problemi che ancora permangono e quelli nuovi che vanno
nascendo – non può essere interrotto, ma deve continuare con rinnovato
ardore, con più profonda determinazione e con l'umile disponibilità di tutti
al perdono reciproco. Volentieri faccio mie alcune espressioni dei Padri
sinodali, poiché « il progresso nel dialogo ecumenico, che ha il suo
fondamento più profondo nello stesso Verbo di Dio, rappresenta un segno di
grande speranza per II. Ritornare a Cristo, Confessare la nostra
fede 18. Dall'Assemblea sinodale è
emersa, chiara e appassionata, la certezza che Sulla base di questa
confessione di fede sgorga dal nostro cuore e dalle nostre labbra « una
gioiosa confessione di speranza: tu, o Signore, risorto e vivo, sei la
speranza sempre nuova della Chiesa e dell'umanità; tu sei l'unica e vera
speranza dell'uomo e della storia; tu sei “tra noi la speranza della gloria”
(Col 1, 27) già in questa nostra vita e oltre la morte. In te e con
te, noi possiamo raggiungere la verità, la nostra esistenza ha un senso, la
comunione è possibile, la diversità può diventare ricchezza, la potenza del
Regno è all'opera nella storia e aiuta l'edificazione della città dell'uomo,
la carità dà valore perenne agli sforzi dell'umanità, il dolore può diventare
salvifico, la vita vincerà la morte, il creato parteciperà della gloria dei
figli di Dio ».(32) Gesù Cristo nostra
speranza 19. Gesù Cristo è la nostra
speranza perché Lui, il Verbo eterno di Dio che da sempre è nel seno del
Padre (cfr Gv 1, 18), ci ha amati a tal punto da assumere in tutto,
eccetto il peccato, la nostra natura umana diventando partecipe della nostra
vita, per salvarci. La confessione di questa verità è al cuore stesso della
nostra fede. La perdita della verità su Gesù Cristo o una sua incomprensione
impediscono di penetrare nello stesso mistero dell'amore di Dio e della
comunione trinitaria.(33) Gesù Cristo è la nostra
speranza perché Egli rivela il mistero della Trinità. Questo è il
centro della fede cristiana, che può offrire ancora un grande apporto, come
sinora ha fatto, all'edificazione di strutture che, ispirandosi ai grandi
valori evangelici o confrontandosi con essi, promuovano la vita, la storia e
la cultura dei diversi popoli del Continente. Sono molteplici le radici
ideali che hanno contribuito con la loro linfa al riconoscimento del valore
della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della
vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell'importanza
dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come
pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione della
solidarietà e del bene comune, al riconoscimento della dignità del lavoro.
Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e
al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo
spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici,
germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico.
Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente
trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle,
di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto che non può essere
ignorato; al contrario, nel processo della costruzione della « casa
comune europea », occorre riconoscere che questo edificio si deve
poggiare anche su valori che trovano nella tradizione cristiana la loro piena
epifania. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti. 20. Le Chiese particolari in
Europa non sono delle semplici entità o organizzazioni private. In realtà,
esse operano con una specifica dimensione istituzionale che merita di essere
giuridicamente valorizzata, nel pieno rispetto dei giusti ordinamenti civili.
Nel riflettere su se stesse, le comunità cristiane devono riscoprirsi quale
dono con cui Dio arricchisce i popoli che vivono nel Continente. Questo è
l'annuncio gioioso che esse sono chiamate a portare ad ogni persona.
Nell'approfondire la propria dimensione missionaria, esse devono attestare
costantemente che Gesù Cristo « è il mediatore unico e costitutivo di
salvezza per l'intera umanità: solo in lui l'umanità, la storia e il
cosmo trovano il loro significato definitivamente positivo e si realizzano
totalmente; egli ha in se stesso, nel suo evento e nella sua persona, le
ragioni definitive della salvezza; egli non è solo un mediatore di salvezza,
ma è la fonte stessa della salvezza ».(36) Nel contesto dell'attuale
pluralismo etico e religioso che va sempre più caratterizzando l'Europa, c'è
bisogno, quindi, di confessare e riproporre la verità su Cristo come unico
Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del mondo. Pertanto – come
ho fatto al termine dell'Assemblea sinodale –, con tutta 21. Per i credenti, Gesù
Cristo è la speranza di ogni persona perché dona la vita eterna. Egli
è « il Verbo della vita » (1 Gv 1, 1), venuto nel mondo perché
gli uomini « abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza » (Gv 10,
10). Egli ci mostra così come il vero senso della vita dell'uomo non rimane
racchiuso nell'orizzonte mondano, ma si spalanca sull'eternità. Missione di
ogni Chiesa particolare in Europa è di tener conto della sete di verità di
ogni persona e del bisogno di valori autentici che animino i popoli del
Continente. Con rinnovata energia, essa deve riproporre la novità che la
anima. Si tratta di porre in atto un'articolata azione culturale e
missionaria, mostrando con azioni e argomentazioni convincenti come la nuova
Europa abbia bisogno di ritrovare le proprie radici ultime. In tale contesto,
quanti si ispirano ai valori evangelici hanno una funzione essenziale da
svolgere, che appartiene al solido fondamento sul quale edificare una
convivenza più umana e più pacifica perché rispettosa di tutti e di ciascuno. È necessario che le Chiese
particolari in Europa sappiano restituire alla speranza la sua originaria
componente escatologica.(38) La vera speranza cristiana, infatti, è
teologale ed escatologica, fondata sul Risorto, che verrà di nuovo come
Redentore e Giudice e che ci chiama alla risurrezione e al premio eterno. Gesù Cristo vivente
nella Chiesa 22. Ritornando a Cristo, i
popoli europei potranno ritrovare quella speranza che sola offre pienezza di
senso alla vita. Anche oggi lo possono incontrare, perché Gesù è presente,
vive e opera nella sua Chiesa: Egli è nella Chiesa e Con gli occhi della fede
siamo abilitati a vedere la misteriosa presenza di Gesù nei diversi segni che
ci ha lasciato. Egli è presente innanzitutto nella Sacra Scrittura, che in
ogni sua parte parla di Lui (cfr Lc 24, 27.44-47). Tuttavia in modo
veramente unico Egli è presente sotto le specie eucaristiche. Questa
« presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non
siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di
essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente ».(40) Nell'Eucaristia, infatti, « è
contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo
e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e,
quindi, il Cristo tutto intero ».(41) « Davvero l'Eucaristia è
mysterium fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere
accolto solo nella fede ».(42) Pure reale è la presenza di Gesù
nelle altre azioni liturgiche della Chiesa che, in suo nome, essa celebra.
Tra queste si annoverano i Sacramenti, azioni di Cristo, che Egli compie per
mezzo degli uomini.(43) Gesù è presente nel mondo
anche mediante altri verissimi modi, specialmente nei suoi discepoli che,
fedeli al duplice mandato della carità, adorano Dio in spirito e verità (cfr
Gv 4, 24) e testimoniano con la vita l'amore fraterno che li distingue
come seguaci del Signore (cfr Mt 25, 31-46; Gv 13, 35; 15,
1-17).(44) CAPITOLO SECONDO IL VANGELO DELLA SPERANZA « Svegliati e
rinvigorisci ciò che rimane I. Il Signore chiama alla
conversione Gesù si rivolge oggi
alle nostre Chiese 23. « Così parla Colui
che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette
candelabri d'oro [...], il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla
vita [...], il Figlio di Dio » (Ap 2, 1.8.18). È Gesù stesso
che parla alla sua Chiesa. Il suo messaggio è rivolto a tutte le
singole Chiese particolari e riguarda la loro vita interna, a volte
contrassegnata dalla presenza di concezioni e mentalità incompatibili con la
tradizione evangelica, spesso attraversata da diverse forme di persecuzione
e, ancora più pericolosamente, insidiata da sintomi preoccupanti di
mondanizzazione, di perdita della fede primitiva, di compromesso con la
logica del mondo. Non di rado le comunità non hanno più l'amore di un tempo
(cfr Ap 2, 4). Si osserva come le nostre
comunità ecclesiali siano alle prese con debolezze, fatiche,
contraddizioni. Anch'esse hanno bisogno di riascoltare la voce dello Sposo,
che le invita alla conversione, le sprona all'ardimento di cose nuove e le
chiama a impegnarsi nella grande opera della « nuova
evangelizzazione ». In tal modo Gesù Cristo
chiama le nostre Chiese in Europa alla conversione ed esse, con il loro
Signore e in forza della sua presenza, diventano apportatrici di speranza per
l'umanità. L'azione del Vangelo
lungo la storia Memore di tutto ciò, Per realizzare un vero
volto di Chiesa 27. Nonostante a volte, come
nell'episodio evangelico della tempesta sedata (cfr Mc 4, 35-41; Lc
8, 22-25), possa sembrare che Cristo dorma e lasci la sua barca in balia
delle onde agitate, alla Chiesa in Europa è chiesto di coltivare la
certezza che il Signore, attraverso il dono del suo Spirito, è sempre
presente e operante in essa e nella storia dell'umanità. Egli prolunga
nel tempo la sua missione, costituendo In un contesto nel quale è
facile la tentazione dell'attivismo anche a livello pastorale, ai cristiani
in Europa è chiesto di continuare ad essere reale trasparenza del Risorto,
vivendo in intima comunione con lui. C'è bisogno di comunità che,
contemplando e imitando 28. Di fronte alle ricorrenti
spinte alla divisione e alla contrapposizione, le diverse Chiese particolari
in Europa, forti anche del legame con il Successore di Pietro, devono
impegnarsi ad essere vero luogo e strumento di comunione dell'intero
popolo di Dio nella fede e nell'amore.(50) Coltivino, perciò, un clima di
carità fraterna, vissuta con radicalità evangelica nel nome di Gesù e nel suo
amore; sviluppino un contesto di rapporti amichevoli, di comunicazione, di
corresponsabilità, di partecipazione, di coscienza missionaria, di attenzione
e di servizio; siano animate da atteggiamenti di stima, di accoglienza e di
correzione vicendevoli (cfr Rm 12, 10; 15, 7-14), oltre che di
servizio e sostegno reciproci (cfr Gal 5, 13; 6, 2), di perdono
scambievole (cfr Col 3, 13) e di edificazione gli uni degli altri (cfr
1 Ts 5, 11); si adoperino per realizzare una pastorale che,
valorizzando tutte le legittime diversità, promuova anche una cordiale
collaborazione tra tutti i fedeli e le loro aggregazioni; rilancino gli
organismi di partecipazione quali preziosi strumenti di comunione per una
concorde azione missionaria, suscitando la presenza di operatori pastorali
adeguatamente preparati e qualificati. In tal modo, le stesse Chiese, animate
dalla comunione che è manifestazione dell'amore di Dio, fondamento e ragione
della speranza che non delude (cfr Rm 5, 5), saranno riflesso più
splendente della Trinità, nonché segno che interpella e invita a credere (cfr
Gv 17, 21). 29. Perché la comunione nella
Chiesa possa essere vissuta in modo più pieno, occorre valorizzare la
varietà dei carismi e delle vocazioni, che convergono sempre più verso
l'unità e la possono arricchire (cfr 1 Cor 12). In quest'ottica, è
anche necessario, da una parte, che i nuovi movimenti e le nuove comunità
ecclesiali, « abbandonando ogni tentazione di rivendicare diritti di
primogenitura e ogni incomprensione vicendevole », progrediscano nel cammino
di una più autentica comunione tra di loro e con tutte le altre realtà
ecclesiali, e « vivano con amore in piena obbedienza ai Vescovi »; d'altra
parte, è pure necessario che i Vescovi, « manifestando loro quella paternità
e quell'amore che sono propri dei pastori »,(51) sappiano riconoscere, valorizzare e
coordinare i loro carismi e la loro presenza per l'edificazione dell'unica
Chiesa. Grazie, infatti, alla
crescita della collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali sotto la guida
amorevole dei pastori, Per poter rispondere
all'appello del Vangelo alla conversione, « è necessario fare tutti
insieme un umile e coraggioso esame di coscienza per riconoscere le
nostre paure e i nostri errori, per confessare con sincerità le nostre
lentezze, omissioni, infedeltà, colpe ».(52) Lungi dall'assecondare
atteggiamenti rinunciatari di scoraggiamento, l'evangelico riconoscimento
delle proprie colpe non potrà che suscitare nella comunità l'esperienza che
vive il singolo battezzato: la gioia di una profonda liberazione e la grazia
di un nuovo inizio, che consente di proseguire con maggiore vigore nel
cammino dell'evangelizzazione. Per progredire verso l'unità
dei cristiani 30. Il Vangelo della
speranza, infine, è forza e appello alla conversione anche in campo
ecumenico. Nella certezza che l'unità dei cristiani corrisponda al
comando del Signore « perché tutti siano una cosa sola » (cfr Gv
17, 11), e che essa si presenti oggi come una necessità per una maggiore
credibilità nell'evangelizzazione e come contributo all'unità dell'Europa, è
necessario che tutte le Chiese e Comunità ecclesiali « siano aiutate e
invitate a interpretare il cammino ecumenico come un “andare insieme” verso
Cristo » (53) e verso l'unità visibile da lui
voluta, così che l'unità nella diversità rifulga nella Chiesa come dono dello
Spirito Santo, artefice di comunione. Perché ciò si realizzi
occorre da parte di tutti un paziente e costante impegno, animato da genuina
speranza e, al tempo stesso, da sobrio realismo, orientato alla «
valorizzazione di ciò che già ci unisce, alla sincera stima reciproca,
all'eliminazione dei pregiudizi, alla conoscenza e all'amore
vicendevoli ».(54) In questa linea, l'adoperarsi per
l'unità, se vuole poggiarsi su solide fondamenta, non può non comprendere la
ricerca appassionata della verità, attraverso un dialogo e un confronto che,
mentre riconoscono i risultati finora raggiunti, li sappiano valorizzare come
stimolo per un ulteriore cammino nel superamento delle divergenze che ancora
dividono i cristiani. 31. Bisogna continuare con
determinazione il dialogo, senza arrendersi di fronte a difficoltà e
fatiche: esso sia condotto « sotto diversi aspetti (dottrinale,
spirituale e pratico) seguendo la logica dello scambio dei doni, che lo
Spirito suscita in ogni Chiesa ed educando le comunità e i fedeli,
soprattutto i giovani, a vivere momenti di incontro e a fare dell'ecumenismo
rettamente inteso una dimensione ordinaria della vita e dell'azione
ecclesiale ».(55) Questo dialogo costituisce
una delle preoccupazioni principali della Chiesa, soprattutto in questa
Europa, che nello scorso millennio ha visto nascere troppe divisioni tra i
cristiani, ed è oggi incamminata verso una sua maggiore unità. Non possiamo
fermarci in questo cammino, né possiamo tornare indietro! Dobbiamo
continuarlo e viverlo con fiducia, perché la stima reciproca, la ricerca
della verità, la collaborazione nella carità e, soprattutto, l'ecumenismo
della santità, con l'aiuto di Dio, non potranno non portare i loro frutti. 32. Nonostante le inevitabili
difficoltà, invito tutti a riconoscere e valorizzare, con amore e fraternità,
il contributo che le Chiese Cattoliche Orientali, con la loro stessa
presenza, la ricchezza della loro tradizione, la testimonianza della loro
« unità nella diversità », l'inculturazione da esse realizzata
nell'annuncio del Vangelo, la diversità dei loro riti, possono offrire per
una più reale edificazione dell'unità.(56) Nello stesso tempo, voglio
rassicurare ancora una volta i pastori, i fratelli e le sorelle delle Chiese
ortodosse che la nuova evangelizzazione non va confusa in nessun modo con il
proselitismo, fermo restando il dovere del rispetto della verità, della
libertà e della dignità di ogni persona. II. 33. Servire il Vangelo della
speranza mediante una carità che evangelizza è impegno e responsabilità di
tutti. Qualunque sia, infatti, il carisma e il ministero di ciascuno, la
carità è la via maestra indicata a tutti e che tutti possono percorrere: è la
via che l'intera comunità ecclesiale è chiamata a percorrere sulle orme del
suo Maestro. L'impegno dei ministri
ordinati 34. I sacerdoti sono chiamati
in virtù del loro ministero, a celebrare, insegnare e servire in un modo
speciale il Vangelo della speranza. In forza del sacramento dell'Ordine che
li configura a Cristo Capo e Pastore, i Vescovi ed i sacerdoti devono
conformare tutta la loro vita e la loro azione a Gesù; mediante la
predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la guida della
comunità cristiana, essi rendono presente il mistero di Cristo e, attraverso
lo stesso esercizio del loro ministero, « sono chiamati a prolungare la
presenza di Cristo, unico e sommo Pastore, attualizzando il suo stile di vita
e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato ».(57) Inseriti “nel” mondo ma non
“del” mondo (cfr Gv 17, 15-16), nell'attuale situazione culturale e
spirituale del Continente europeo, sono chiamati ad essere segno di
contraddizione e di speranza per una società malata di orizzontalismo e
bisognosa di aprirsi al Trascendente. Stimato in tutta 36. Non possiamo ignorare che
oggi l'esercizio del sacro ministero incontra non poche difficoltà dovute sia
alla cultura diffusa, sia alla diminuzione numerica dei presbiteri stessi con
la crescita del carico pastorale e la stanchezza che questa può comportare.
Di conseguenza, sono ancora più degni di stima, di gratitudine
e di vicinanza i sacerdoti che con ammirevole dedizione e fedeltà
vivono il ministero loro affidato.(63) A loro, riprendendo le parole
scritte dai Padri sinodali, intendo dire anch'io, con fiducia e gratitudine,
il mio incoraggiamento: « Non perdetevi d'animo e non lasciatevi
sopraffare dalla stanchezza; in piena comunione con noi Vescovi, in gioiosa
fraternità con gli altri presbiteri, in cordiale corresponsabilità con i
consacrati e tutti i fedeli laici, continuate la vostra opera preziosa e insostituibile ».(64) Con i presbiteri, desidero
ricordare anche i diaconi, che partecipano, seppure in grado diverso,
dello stesso sacramento dell'Ordine. Mandati al servizio della comunione
ecclesiale, essi esercitano, sotto la guida del Vescovo e con il suo
presbiterio, la “diaconia” della liturgia, della parola e della carità.(65) In questo modo loro proprio sono a
servizio del Vangelo della speranza. La testimonianza dei
consacrati 37. Particolarmente eloquente
è la testimonianza delle persone consacrate. A tale proposito, va
anzitutto riconosciuto il ruolo fondamentale avuto dal monachesimo e dalla
vita consacrata nell'evangelizzazione dell'Europa e nella costruzione della
sua identità cristiana.(66) Tale ruolo oggi non deve venir meno, in
un momento nel quale è urgente una « nuova evangelizzazione » del
Continente e nel quale l'edificazione di strutture e legami più complessi lo
pongono di fronte a una svolta delicata. L'Europa ha sempre bisogno della
santità, della profezia, dell'attività di evangelizzazione e di servizio delle
persone consacrate. Va messo pure in risalto il contributo specifico che gli
Istituti secolari e le Società di vita apostolica possono offrire mediante la
loro aspirazione a trasformare il mondo dall'interno attraverso la potenza
delle beatitudini. La cura delle vocazioni 39. Dato che l'impegno dei
ministri ordinati e dei consacrati è determinante, non si può tacere la
carenza inquietante di seminaristi e di aspiranti alla vita religiosa,
soprattutto nell'Europa occidentale. Questa situazione richiede l'impegno di
tutti per un'adeguata pastorale delle vocazioni. Solo « quando ai
giovani viene presentata la persona di Gesù Cristo in tutta la sua pienezza,
si accende in loro una speranza che li spinge a lasciare tutto per seguirlo,
rispondendo alla sua chiamata, e per darne testimonianza ai loro
coetanei ».(68) La cura delle vocazioni è, quindi, un
problema vitale per il futuro della fede cristiana in Europa e, di riflesso,
per il progresso spirituale degli stessi popoli che l'abitano; è passaggio
obbligato per una Chiesa che voglia annunciare, celebrare e servire il
Vangelo della speranza.(69) 40. Per sviluppare una
necessaria pastorale vocazionale, è opportuno spiegare ai fedeli la fede
della Chiesa circa la natura e la dignità del sacerdozio ministeriale;
incoraggiare le famiglie a vivere come vere « chiese domestiche »,
perché in esse le varie vocazioni possano essere percepite, accolte e
accompagnate; realizzare un'azione pastorale che aiuti, soprattutto i
giovani, a fare scelte di una vita radicata in Cristo e totalmente dedicata
alla Chiesa.(70) Nella certezza che lo Spirito
Santo è all'opera anche oggi, e che i segnali di questa presenza non mancano,
si tratta anzitutto di portare l'annuncio vocazionale nei solchi della
pastorale ordinaria. Perciò è necessario « ravvivare, soprattutto
nei giovani, una profonda nostalgia di Dio, creando così il contesto adatto
allo scaturire di generose risposte vocazionali »; è urgente che un
grande movimento di preghiera attraversi le Comunità ecclesiali del
continente europeo, poiché « le mutate condizioni storiche e culturali
esigono che la pastorale delle vocazioni sia percepita come uno degli
obiettivi primari dell'intera Comunità cristiana ».(71) Ed è indispensabile che gli stessi
sacerdoti vivano e operino coerentemente con la loro vera identità
sacramentale. Se infatti l'immagine che loro danno di se stessi fosse opaca o
languida, come potrebbero attirare i giovani ad imitarli? La missione dei laici 41. Irrinunciabile è
l'apporto dei fedeli laici alla vita ecclesiale: è infatti
insostituibile il posto che essi hanno nell'annunciare e servire il Vangelo
della speranza, poiché « per mezzo loro Di simili figure laicali
l'Europa di ieri e di oggi conosce presenze significative ed esempi
luminosi. Come hanno sottolineato i Padri sinodali, vanno ricordati con
gratitudine, tra gli altri, uomini e donne che hanno testimoniato e
testimoniano Cristo e il suo Vangelo con il servizio alla vita pubblica e
alle responsabilità che questa comporta. È di capitale importanza
« suscitare e sostenere specifiche vocazioni a servizio del bene comune:
persone che, sull'esempio e con lo stile di quanti sono stati chiamati “padri
dell'Europa”, sappiano essere artefici della società europea del domani,
fondandola sulle basi solide dello spirito ».(73) Uguale apprezzamento va
all'opera resa da laiche e laici cristiani, spesso nel nascondimento della
vita ordinaria, attraverso umili servizi capaci di annunciare la misericordia
di Dio a quanti versano nella povertà; dobbiamo essere loro grati per
l'audace testimonianza di carità e di perdono, valori che evangelizzano i
vasti orizzonti della politica, della realtà sociale, dell'economia, della
cultura, dell'ecologia, della vita internazionale, della famiglia,
dell'educazione, delle professioni, del lavoro e della sofferenza.(74) Per questo servono itinerari
pedagogici che rendano idonei i fedeli laici ad impegnare la fede nelle
realtà temporali. Tali percorsi, basati su seri tirocini di vita ecclesiale,
in particolare sullo studio della dottrina sociale, devono essere in grado di
fornire loro non soltanto dottrina e stimoli, ma anche adeguate linee di
spiritualità che animino l'impegno vissuto come autentica via di santità. Il ruolo della donna 42. Alla luce delle ricchissime
testimonianze del passato, 43. Perché ciò possa
verificarsi, tuttavia, è necessario che, anzitutto nella Chiesa, venga
promossa la dignità della donna, poiché identica è la dignità della donna e
dell'uomo, ambedue creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,
27) e ricolmati ciascuno di doni propri e particolari. È auspicabile, come è stato
sottolineato nel Sinodo, che, per favorire la piena partecipazione della
donna alla vita e alla missione della Chiesa, le sue doti vengano
maggiormente valorizzate, anche mediante l'assunzione delle funzioni
ecclesiali riservate dal diritto ai laici. Va pure adeguatamente valorizzata
la missione della donna come sposa e madre e la sua dedizione alla vita
familiare.(76) CAPITOLO TERZO ANNUNCIARE « Prendi il libro
aperto [...] e divoralo » I. Proclamare il mistero
di Cristo La rivelazione dà senso
alla storia 44. La visione
dell'Apocalisse ci parla di « un libro a forma di rotolo, scritto sul
lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli », tenuto
« nella mano destra di Colui che era assiso sul trono » (Ap
5, 1). Questo testo contiene il piano creatore e salvifico di Dio, il suo
progetto dettagliato su tutta la realtà, sulle persone, sulle cose, sugli
avvenimenti. Nessun essere creato, terrestre o celeste, è in grado di «
aprire il libro e di leggerlo » (Ap 5, 3), ossia di comprenderne
il contenuto. Nella confusione delle vicende umane, nessuno sa dire la
direzione e il senso ultimo delle cose. Solo Gesù Cristo entra in
possesso del volume sigillato (cfr Ap 5, 6-7); solo Lui è « degno
di prendere il libro e di aprirne i sigilli » (Ap 5, 9). Solo
Gesù, infatti, è in grado di rivelare e attuare il progetto di Dio
racchiuso in esso. Lasciato a se stesso, lo sforzo dell'uomo non è in
grado di dare un senso alla storia e alle sue vicende: la vita rimane senza
speranza. Solo il Figlio di Dio è in grado di dissipare le tenebre e di
indicare la strada. Il volume aperto viene
consegnato a Giovanni e, tramite lui,
alla Chiesa intera. Giovanni è invitato a prendere il libro e a
divorarlo: « Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo, che sta
ritto sul mare e sulla terra [...] Prendilo e divoralo » (Ap 10,
8-9). Solo dopo averlo assimilato in profondità, potrà comunicarlo
adeguatamente agli altri, ai quali è mandato con l'ordine di
« profetizzare ancora su molti popoli, nazioni e re » (Ap
10, 11). Necessità e urgenza
dell'annuncio 45. Il Vangelo della
speranza, consegnato alla Chiesa e da lei assimilato, chiede di essere ogni
giorno annunciato e testimoniato. È questa la vocazione propria della Chiesa
in tutti i tempi e in tutti i luoghi. È questa anche la missione della Chiesa
oggi in Europa. « Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione
propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per
evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del
dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio
del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua
gloriosa risurrezione ».(77) Chiesa in Europa, la « nuova evangelizzazione » è il compito che ti
attende! Sappi ritrovare l'entusiasmo dell'annuncio. Senti rivolta a te,
oggi, in questo inizio del terzo millennio, l'implorazione già risuonata agli
albori del primo millennio, allorché apparve in visione a Paolo un macedone
che lo supplicava: « Passa in Macedonia e aiutaci! » (At 16, 9). Anche
se inespressa o addirittura repressa, è questa l'invocazione più profonda e
più vera che sgorga dal cuore degli europei di oggi, assetati di una speranza
che non delude. A te questa speranza è stata data in dono perché tu la
ridonassi con gioia in ogni tempo e ad ogni latitudine. L'annuncio di Gesù,
che è il Vangelo della speranza, sia quindi il tuo vanto e la tua
ragion d'essere. Continua con rinnovato ardore nello stesso spirito
missionario che, lungo questi venti secoli e incominciando dalla predicazione
degli apostoli Pietro e Paolo, ha animato tanti Santi e Sante, autentici
evangelizzatori del continente europeo. Primo annuncio e
annuncio rinnovato 47. Ovunque, poi, c'è
bisogno di un rinnovato annuncio anche per chi è già battezzato. Tanti
europei contemporanei pensano di sapere che cos'è il cristianesimo, ma non lo
conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni
fondamentali della fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se
Cristo non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, specialmente
attraverso le pratiche di culto, ma ad essi non corrisponde una reale
accoglienza del contenuto della fede e un'adesione alla persona di Gesù. Alle
grandi certezze della fede è subentrato in molti un sentimento religioso vago
e poco impegnativo; si diffondono varie forme di agnosticismo e di ateismo
pratico che concorrono ad aggravare il divario tra la fede e la vita; diversi
si sono lasciati contagiare dallo spirito di un umanesimo immanentista che ne
ha indebolito la fede, portandoli sovente purtroppo ad abbandonarla
completamente; si assiste a una sorta di interpretazione secolaristica della
fede cristiana che la erode ed alla quale si collega una profonda crisi della
coscienza e della pratica morale cristiana.(80) I grandi valori che hanno
ampiamente ispirato la cultura europea sono stati separati dal Vangelo,
perdendo così la loro anima più profonda e lasciando spazio a non poche
deviazioni. « Il Figlio dell'uomo,
quando verrà, troverà la fede sulla terra? » (Lc 18, 8). La troverà su
queste terre della nostra Europa di antica tradizione cristiana? È un
interrogativo aperto che indica con lucidità la profondità e drammaticità di
una delle sfide più serie che le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare.
Si può dire – come è stato sottolineato nel Sinodo – che tale sfida consiste
spesso non tanto nel battezzare i nuovi convertiti, ma nel condurre i
battezzati a convertirsi a Cristo e al suo Vangelo: (81) nelle nostre comunità occorre
preoccuparsi seriamente di portare il Vangelo della speranza a quanti sono
lontani dalla fede o si sono allontanati dalla pratica cristiana. Fedeltà all'unico
messaggio 48. Per poter annunciare il
Vangelo della speranza, è necessaria una solida fedeltà allo stesso
Vangelo. La predicazione della Chiesa, quindi, in tutte le sue
forme, deve essere sempre più incentrata sulla persona di Gesù e deve
sempre più orientare a Lui. Occorre vigilare perché Egli sia presentato
nella sua integralità: non solo come modello etico, ma innanzitutto come
il Figlio di Dio, l'unico e necessario Salvatore di tutti, che vive e opera
nella sua Chiesa. Perché la speranza sia vera e indistruttibile, la «
predicazione integra, chiara e rinnovata di Gesù Cristo risorto, della
Risurrezione e della Vita eterna » (82) dovrà costituire una priorità
nell'azione pastorale dei prossimi anni. Se identico in ogni tempo è
il Vangelo da annunciare, diversi sono i modi con cui tale annuncio può
essere realizzato. Ciascuno, quindi, è invitato a “proclamare” Gesù e la
fede in Lui in ogni circostanza; “attrarre” altri alla fede, attuando modi di
vita personale, familiare, professionale e comunitaria che rispecchino il
Vangelo; “irradiare” intorno a sé gioia, amore e speranza, perché molti,
vedendo le nostre opere buone, rendano gloria al Padre che è nei cieli (cfr
Mt 5, 16), così da venire “contagiati” e conquistati; divenire “lievito”
che trasforma e anima dal di dentro ogni espressione culturale.(83) Con la testimonianza
della vita L'uomo contemporaneo
« ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i
maestri lo fa perché sono testimoni ».(87) Decisivi sono, quindi, la presenza
e i segni della santità: essa è prerequisito essenziale per un'autentica
evangelizzazione, capace di ridare speranza. Occorrono testimonianze
forti, personali e comunitarie, di vita nuova in Cristo. Non basta, infatti,
che la verità e la grazia siano offerte mediante la proclamazione della
Parola e la celebrazione dei Sacramenti; è necessario che siano accolte e
vissute in ogni circostanza concreta, nel modo di essere dei cristiani e
delle comunità ecclesiali. Questa è una delle scommesse più grandi che
attendono Formare a una fede
adulta 50. « L'odierna situazione
culturale e religiosa dell'Europa esige la presenza di cattolici adulti nella
fede e di comunità cristiane missionarie che testimonino la carità di Dio a
tutti gli uomini ».(88) L'annuncio del Vangelo della
speranza comporta, quindi, che si abbia a promuovere il passaggio da
una fede sostenuta da consuetudine sociale, pur apprezzabile, a una fede
più personale e adulta, illuminata e convinta. I cristiani sono, quindi,
chiamati ad avere una fede che consenta loro di confrontarsi criticamente con
l'attuale cultura resistendo alle sue seduzioni; d'incidere efficacemente
sugli ambiti culturali, economici, sociali e politici; di manifestare che la
comunione tra i membri della Chiesa cattolica e con gli altri cristiani è più
forte di ogni legame etnico; di trasmettere con gioia la fede alle nuove
generazioni; di costruire una cultura cristiana capace di evangelizzare la
cultura più ampia in cui viviamo.(89) 51. Oltre ad adoperarsi
perché il ministero della Parola, la celebrazione della liturgia e
l'esercizio della carità siano orientati all'edificazione e al sostegno di
una fede matura e personale, è necessario che le comunità cristiane si attivino
per proporre una catechesi adatta ai diversi itinerari spirituali dei
fedeli nelle diverse età e condizioni di vita, prevedendo anche adeguate
forme di accompagnamento spirituale e di riscoperta del proprio Battesimo.(90) Fondamentale punto di riferimento
in tale impegno sarà, ovviamente, il Catechismo della Chiesa Cattolica. In particolare,
riconoscendone l'innegabile priorità nell'azione pastorale, occorre
coltivare e, nel caso, rilanciare il ministero della catechesi come
educazione e sviluppo della fede di ogni persona, così che il seme deposto
dallo Spirito Santo e trasmesso con il Battesimo cresca e giunga a
maturazione. In costante riferimento alla Parola di Dio, custodita nella
Sacra Scrittura, proclamata nella liturgia e interpretata dalla Tradizione
della Chiesa, una catechesi organica e sistematica costituisce, senza ombra
di dubbio, uno strumento essenziale e primario per formare i cristiani a una
fede adulta.(91) 52. Va pure sottolineato,
nella medesima linea, il compito importante della teologia. Esiste,
infatti, un legame intrinseco e inseparabile tra l'evangelizzazione e la
riflessione teologica, poiché quest'ultima, quale scienza con un proprio
statuto e una propria metodologia, vive della fede della Chiesa ed è al
servizio della sua missione.(92) Nasce dalla fede ed è chiamata a
interpretarla, conservando il suo legame irrinunciabile con la comunità
cristiana in tutte le sue articolazioni; a servizio della crescita spirituale
di tutti i fedeli,(93) essa li introduce alla comprensione
approfondita del messaggio di Cristo. Nello svolgimento della missione
di annunciare il Vangelo della speranza, II. Testimoniare
nell'unità e nel dialogo In comunione tra le
Chiese particolari 53. La forza dell'annuncio
del Vangelo della speranza sarà maggiormente efficace, se sarà legata alla
testimonianza di una profonda unità e comunione nella Chiesa. Le singole
Chiese particolari non possono essere sole ad affrontare la sfida che le
attende. C'è bisogno di un'autentica collaborazione tra tutte le Chiese
particolari del Continente, che sia espressione della loro essenziale
comunione; collaborazione che viene sollecitata anche dalla nuova realtà
europea.(95) In questo quadro va collocato il
contributo degli organismi ecclesiali continentali, a iniziare dal
Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Esso è un efficace
strumento per ricercare insieme vie idonee per evangelizzare l'Europa.(96) Mediante lo « scambio dei
doni » tra le diverse Chiese particolari, si mettono in comune le
esperienze e le riflessioni dell'Europa dell'Ovest e dell'Est, del Nord e del
Sud, condividendo comuni orientamenti pastorali; esso perciò rappresenta
sempre più un'espressione significativa del sentimento collegiale tra i
Vescovi del Continente, per annunciare insieme, con audacia e fedeltà, il
nome di Gesù Cristo, unica fonte di speranza per tutti in Europa. Insieme con tutti i
cristiani 54. Nello stesso tempo,
appare imperativo irrinunciabile il dovere di una fraterna e convinta
collaborazione ecumenica. La sorte
dell'evangelizzazione è strettamente unita alla testimonianza di unità che
tutti i discepoli di Cristo sapranno dare: « Tutti i cristiani sono chiamati
a svolgere questa missione a seconda della loro vocazione. Il compito
dell'evangelizzazione comprende il procedere l'uno verso l'altro e il
procedere insieme dei Cristiani, che deve partire dall'interno;
evangelizzazione e unità, evangelizzazione ed ecumenismo sono
indissolubilmente legati tra di loro ».(97) Faccio, perciò, nuovamente mie le
parole scritte da Paolo VI al Patriarca ecumenico Athenagoras I: « Possa
lo Spirito Santo guidarci sulla via della riconciliazione, affinché l'unità
delle nostre Chiese diventi un segno sempre più luminoso di speranza e di
conforto per l'umanità tutta ».(98) In dialogo con le altre
religioni 55. Come per tutto l'impegno
della « nuova evangelizzazione », anche in ordine all'annuncio del
Vangelo della speranza è necessario che si abbia a instaurare un profondo e
intelligente dialogo interreligioso, in particolare con l'Ebraismo e
con l'Islam. « Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento
reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes,
anzi ha speciali legami con essa e ne è un'espressione ».(99) Nell'esercitarsi in questo dialogo
non si tratta di lasciarsi catturare da una « mentalità indifferentista,
largamente diffusa, purtroppo, anche tra cristiani, spesso radicata in
visioni teologiche non corrette e improntata ad un relativismo religioso che
porta a ritenere che “una religione vale l'altra” ».(100) 56. Si tratta piuttosto di
prendere più viva coscienza del rapporto che lega È, quindi, necessario
favorire il dialogo con l'ebraismo, sapendo che esso è di fondamentale
importanza per l'autocoscienza cristiana e per il superamento delle divisioni
tra le Chiese, e operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni
reciproche. Ciò comporta che ogni comunità ecclesiale abbia ad esercitarsi,
per quanto le circostanze lo permetteranno, nel dialogo e nella
collaborazione con i credenti della religione ebraica. Tale esercizio
implica, tra l'altro, che « si faccia memoria della parte che i figli della
Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un
atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio,
favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli
di Israele ».(102) Sarà peraltro doveroso, in tale
contesto, ricordare anche i non pochi cristiani che, a costo a volte della
vita, hanno aiutato e salvato, soprattutto in periodi di persecuzione, questi
loro « fratelli maggiori ». 57. Si tratta pure di
lasciarsi stimolare a una migliore conoscenza delle altre religioni, per
poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che aderiscono ad esse
e vivono nell'Europa di oggi. In particolare, è importante un corretto
rapporto con l'Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella
coscienza dei Vescovi europei, « deve essere condotto con prudenza, con
chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel
progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli ».(103) È necessario, tra l'altro, avere coscienza
del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici
cristiane, e il pensiero musulmano.(104) A questo riguardo, è
necessario preparare adeguatamente i cristiani che vivono a quotidiano
contatto con i musulmani a conoscere in modo obiettivo l'Islam e a sapersi
confrontare con esso; tale preparazione deve riguardare, in particolare, i
seminaristi, i presbiteri e tutti gli operatori pastorali. È peraltro
comprensibile che In questo ambito, « si
comprende la sorpresa e il sentimento di frustrazione dei cristiani che
accolgono, per esempio in Europa, dei credenti di altre religioni dando loro
la possibilità di esercitare il loro culto, e che si vedono interdire
l'esercizio del culto cristiano » (106) nei Paesi in cui questi credenti
maggioritari hanno fatto della loro religione l'unica ammessa e promossa. La
persona umana ha diritto alla libertà religiosa e tutti, in ogni parte del
mondo, « devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di
gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana ».(107) III. Evangelizzare la vita
sociale Evangelizzazione della
cultura Anche oggi, ricordando la
fecondità culturale del cristianesimo lungo la storia dell'Europa, occorre
mostrare l'approccio evangelico, teorico e pratico, alla realtà e all'uomo.
Considerando, inoltre, la grande rilevanza delle scienze e delle
realizzazioni tecnologiche nella cultura e nella società dell'Europa, 59. Nel cammino
dell'evangelizzazione della cultura si inserisce l'importante servizio svolto
dalle scuole cattoliche. Occorrerà operare perché venga riconosciuta
un'effettiva libertà di educazione e la parità giuridica tra le scuole
statali e quelle non statali. Queste ultime sono talvolta l'unico mezzo per
proporre la tradizione cristiana a quanti ne sono lontani. Esorto i fedeli
impegnati nel mondo della scuola a perseverare nella loro missione,
portando la luce di Cristo Salvatore nelle loro specifiche attività
educative, scientifiche ed accademiche.(109) In particolare, va valorizzato il
contributo dei cristiani che conducono la ricerca e insegnano nelle
Università: con il « servizio del pensiero », essi tramandano
alle giovani generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da
due millenni di esperienza umanistica e cristiana. Convinto dell'importanza
delle istituzioni accademiche, chiedo pure che nelle diverse Chiese
particolari venga promossa una adeguata pastorale universitaria,
favorendo in tal modo ciò che risponde alle attuali necessità culturali.(110) 60. Né si può dimenticare il
contributo positivo offerto dalla valorizzazione dei beni culturali della
Chiesa. Essi possono rappresentare, infatti, un fattore peculiare nel
suscitare nuovamente un umanesimo di ispirazione cristiana. Grazie a una loro
adeguata conservazione e intelligente utilizzo, essi, in quanto testimonianza
viva della fede professata lungo i secoli, possono costituire un valido
strumento per la nuova evangelizzazione e la catechesi, e invitare a
riscoprire il senso del mistero. Nello stesso tempo, vanno
promosse nuove espressioni artistiche della fede, attraverso un
assiduo dialogo con i cultori dell'arte.(111) L'educazione dei
giovani alla fede 61. Incoraggio poi Ad ogni occasione che veda la
partecipazione di molti giovani, non è difficile scorgere la presenza in essi
di atteggiamenti diversificati. Si constata il desiderio di vivere insieme
per uscire dall'isolamento, la sete più o meno avvertita di assoluto; si vede
in loro una fede segreta che chiede di purificarsi e di voler seguire il
Signore; si percepisce la decisione di continuare il cammino già intrapreso e
l'esigenza di condividere la fede. In questo cammino, sono da
promuovere occasioni di incontro tra i giovani, così da favorire un clima di
ascolto vicendevole e di preghiera. Non bisogna avere paura di essere
esigenti con loro in ciò che concerne la loro crescita spirituale. Va loro
indicata la via della santità, stimolandoli a fare scelte impegnative nella
sequela di Gesù, in ciò confortati da un'intensa vita sacramentale. Così essi
potranno resistere alle seduzioni di una cultura che spesso propone loro
soltanto valori effimeri o addirittura contrari al Vangelo, e diventare essi
stessi capaci di mostrare una mentalità cristiana in tutti gli ambiti
dell'esistenza, compresi quelli del divertimento e dello svago.(113) Ho ancora vivi negli occhi
i volti gioiosi di tanti giovani, vera speranza della Chiesa e del mondo,
segno eloquente dello Spirito che non si stanca di suscitare nuove energie.
Li ho incontrati sia nel mio pellegrinare nei vari Paesi sia nelle
indimenticabili Giornate Mondiali della Gioventù.(114) L'attenzione ai mass
media 63. Data la rilevanza degli
strumenti della comunicazione sociale, Nello stesso tempo, si tratta
di inserirsi nei processi della comunicazione sociale, per renderla più
rispettosa della verità dell'informazione e della dignità della persona
umana. A tale proposito, invito i cattolici a partecipare all'elaborazione di
un codice deontologico per quanti operano nell'ambito della comunicazione
sociale, lasciandosi guidare dai criteri che i competenti organismi della
Santa Sede hanno recentemente indicato (115) e che i Vescovi in Sinodo avevano
così elencato: « Rispetto della dignità della persona umana, dei suoi
diritti, compreso il diritto alla privacy; servizio alla verità, alla
giustizia e ai valori umani, culturali e spirituali; stima delle diverse
culture evitando che si disperdano nella massa, tutela dei gruppi minoritari
e dei più deboli; ricerca del bene comune, al di sopra degli interessi
particolari o del predominio di criteri soltanto economici ».(116) La missione ad gentes 64. Un annuncio di Gesù
Cristo e del suo Vangelo che si limitasse al solo contesto europeo tradirebbe
sintomi di una preoccupante mancanza di speranza. L'opera di evangelizzazione
è animata da vera speranza cristiana quando si apre agli orizzonti
universali, che portano ad offrire a tutti gratuitamente quanto, a propria
volta, si è ricevuto in dono. La missione ad gentes diventa così
espressione di una Chiesa plasmata dal Vangelo della speranza, che
continuamente si rinnova e si ringiovanisce. Questa è stata lungo i secoli la
consapevolezza della Chiesa in Europa: innumerevoli schiere di missionari e
di missionarie, andando incontro ad altri popoli e ad altre civiltà, hanno
annunciato il Vangelo di Gesù Cristo alle genti di tutto il mondo. Lo stesso ardore
missionario deve animare Il Vangelo: libro per
l'Europa di oggi e di sempre 65. Attraversando Chiesa in Europa, entra
nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo! Venga accolta da ogni fedele l'esortazione conciliare
« ad apprendere “la sublime conoscenza di Cristo” (Fil 3, 8) con
la frequente lettura delle divine Scritture. “L'ignoranza delle Scritture,
infatti, è ignoranza di Cristo” ».(118) Continui ad essere Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal
Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr Ap
10, 8). Divoriamolo (cfr Ap 10, 9), perché diventi vita della
nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci
darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10, 9-10). Saremo ricolmi
di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che
incontriamo sul nostro cammino. CAPITOLO QUARTO CELEBRARE « A Colui che siede
sul trono e all'Agnello lode, Una comunità orante 66. Il Vangelo della
speranza, annuncio della verità che rende liberi (cfr Gv 8, 32),
deve essere celebrato. Di fronte all'Agnello dell'Apocalisse inizia una
solenne liturgia di lode e di adorazione: « A Colui che siede sul trono e
all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli » (Ap
5, 13). La stessa visione, che rivela Dio e il senso della storia, avviene
« nel giorno del Signore » (Ap 1, 10), il giorno della
risurrezione rivissuto dall'assemblea domenicale. Anche a te, Chiesa di Dio
che vivi in Europa, è chiesto di essere comunità che prega, celebrando il
tuo Signore con i Sacramenti, la liturgia e l'intera esistenza. Nella
preghiera, riscoprirai la presenza vivificante del Signore. Così, radicando
in lui ogni tua azione, potrai riproporre agli Europei l'incontro con lui
stesso, vera speranza che sola sa soddisfare pienamente l'anelito a Dio,
nascosto nelle diverse forme di ricerca religiosa che riaffiorano nell'Europa
contemporanea. I. Riscoprire la liturgia Il senso religioso
nell'Europa di oggi 67. Nonostante vaste aree di
scristianizzazione nel Continente europeo, esistono segnali che
contribuiscono a tratteggiare il volto di una Chiesa che, credendo,
annuncia, celebra e serve il suo Signore. Non mancano infatti, esempi di
autentici cristiani che vivono momenti di silenzio contemplativo, partecipano
fedelmente a iniziative spirituali, vivono il Vangelo nella loro esistenza
quotidiana e lo testimoniano nei diversi ambiti del loro impegno. Si possono
scorgere, inoltre, manifestazioni di una « santità di popolo », che
mostrano come anche nell'Europa attuale non sia impossibile vivere il Vangelo
a livello personale e in un'autentica esperienza comunitaria. 68. Insieme a molti esempi di
fede genuina esiste in Europa anche una religiosità vaga e, a volte,
fuorviante. I suoi segni sono spesso generici e superficiali, quando non
addirittura contrastanti nelle persone stesse da cui scaturiscono. Sono
manifesti fenomeni di fuga nello spiritualismo, di sincretismo religioso ed
esoterico, di ricerca di eventi straordinari ad ogni costo, fino a giungere a
scelte devianti, come l'adesione a sette pericolose o ad esperienze
pseudoreligiose. Il desiderio diffuso di
nutrimento spirituale va accolto con comprensione e purificato. All'uomo
che si accorge, seppure confusamente, di non poter vivere solo di pane, è
necessario che Una Chiesa che celebra 69. Nel contesto della
società odierna, spesso chiusa alla trascendenza, soffocata da comportamenti
consumistici, facile preda di antiche e nuove idolatrie e, nel contempo,
assetata di qualcosa che vada oltre l'immediato, il compito che attende Per questo, a te, Chiesa
che vivi in Europa, rivolgo un pressante invito: sii una Chiesa che
prega, loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, lo esalta con fede
lieta. Riscopri il senso del mistero: vivilo con umile gratitudine; attestalo
con gioia convinta e contagiosa. Celebra la salvezza di Cristo:
accoglila come dono che ti fa suo sacramento, fa' della tua vita il vero
culto spirituale gradito a Dio (cfr Rm 12, 1). Il senso del mistero 70. Alcuni sintomi rivelano
un affievolimento del senso del mistero nelle stesse celebrazioni liturgiche,
che ad esso dovrebbero introdurre. È, quindi, urgente che nella Chiesa si
ravvivi l'autentico senso della liturgia. Questa, come è stato ricordato
dai Padri sinodali,(119) è strumento di santificazione; è
celebrazione della fede della Chiesa; è mezzo di trasmissione della fede. Con
71. Nelle celebrazioni
occorre rimettere al centro Gesù, per lasciarci illuminare e guidare
da lui. Possiamo trovare qui una delle risposte più forti che le nostre
Comunità sono chiamate a dare ad una religiosità vaga e inconsistente. La
liturgia della Chiesa non ha come scopo il placare i desideri e le paure
dell'uomo, ma nell'ascoltare ed accogliere Gesù il Vivente, che onora e loda
il Padre, per lodarlo e onorarlo con lui. Le celebrazioni ecclesiali
proclamano che la nostra speranza ci viene da Dio per mezzo di Gesù nostro
Signore. Si tratta di vivere la
liturgia come opera della Trinità. È il Padre che agisce per noi nei
misteri celebrati; è lui che ci parla, ci perdona, ci ascolta, ci dona il suo
Spirito; a lui noi ci rivolgiamo, lui noi ascoltiamo, lodiamo e invochiamo. È
Gesù che agisce per la nostra santificazione, rendendoci partecipi del suo
mistero. È lo Spirito Santo che opera con la sua grazia e fa di noi il Corpo
di Cristo, La liturgia deve essere
vissuta come annuncio e anticipazione della gloria futura, termine
ultimo della nostra speranza. Come insegna, infatti, il Concilio,
« nella liturgia terrena partecipiamo, pregustandola, a quella celeste,
che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale noi
pellegrini siamo diretti [...], fino a quando Cristo, la nostra vita, si
manifesterà ed anche noi saremo manifestati con lui nella gloria ».(120) Formazione liturgica 72. Se dopo il Concilio Ecumenico
Vaticano II diversa strada è stata fatta per vivere il senso autentico della
liturgia, ancora molto rimane da fare. Sono necessari un continuo
rinnovamento e una costante formazione di tutti: ordinati, consacrati e
laici. Il vero rinnovamento,
lungi dal servirsi di atti arbitrari, consiste nello sviluppare sempre meglio
la coscienza del senso del mistero, così da fare delle liturgie momenti di
comunione con il mistero grande e santo della Trinità. Celebrando le sacre
azioni come rapporto con Dio e accoglimento dei suoi doni, espressione di
autentica vita spirituale, II. Celebrare i Sacramenti 74. Un posto di grande
rilievo va riservato alla celebrazione dei Sacramenti, quali atti di
Cristo e della Chiesa, ordinati a rendere culto a Dio, alla santificazione
degli uomini e all'edificazione della Comunità ecclesiale. Riconoscendo che
in essi Cristo stesso agisce per mezzo dello Spirito Santo, i Sacramenti
vanno celebrati con la massima cura e creando le condizioni adeguate. Le
Chiese particolari del Continente avranno a cuore di rafforzare la loro
pastorale dei Sacramenti per farne riconoscere la verità profonda. I Padri
sinodali hanno messo in luce questa esigenza, per rispondere a due pericoli:
da una parte, certi ambienti ecclesiali sembrano aver smarrito il genuino
senso del sacramento e potrebbero banalizzare i misteri celebrati;
dall'altra, molti battezzati, seguendo usanze e tradizioni, continuano a
ricorrere ai Sacramenti in momenti significativi della loro esistenza, senza
però vivere in modo conforme alle indicazioni della Chiesa.(122) L'Eucaristia Tutti siamo invitati a
confessare la fede nell'Eucaristia, « pegno della gloria futura »,
certi che la comunione con Cristo, ora vissuta da pellegrini nell'esistenza
mortale, anticipa l'incontro supremo del giorno in cui « noi saremo
simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2).
L'Eucaristia è un « assaggio di eternità nel tempo », è presenza
divina e comunione con essa; memoriale della Pasqua di Cristo, è di sua
natura apportatrice della grazia nella storia umana. Essa apre al futuro di
Dio; essendo comunione con Cristo, con il suo corpo e il suo sangue, è
partecipazione alla vita eterna di Dio.(126) 76. Con l'Eucaristia, anche
il sacramento della Riconciliazione deve svolgere un ruolo
fondamentale nel recupero della speranza: « L'esperienza personale
del perdono di Dio per ciascuno di noi è, infatti, fondamento essenziale di
ogni speranza per il nostro futuro ».(127) Una delle radici della rassegnazione
che assale molti oggi va ricercata nell'incapacità di riconoscersi peccatori
e di lasciarsi perdonare, una incapacità spesso dovuta alla solitudine di
chi, vivendo come se Dio non esistesse, non ha nessuno a cui chiedere
perdono. Chi, invece, si riconosce peccatore e si affida alla misericordia
del Padre celeste, sperimenta la gioia di una vera liberazione e può
proseguire nell'esistenza senza rinchiudersi nella propria miseria.(128) Riceve così la grazia di un nuovo
inizio, e ritrova motivazioni per sperare. Perciò è necessario che nella
Chiesa in Europa il sacramento della Riconciliazione venga rivitalizzato. Va
ribadito, tuttavia, che la forma del Sacramento è la confessione personale
dei peccati seguita dall'assoluzione individuale. Questo incontro tra il
penitente e il sacerdote deve essere favorito, in qualsiasi forma prevista
del rito del Sacramento. Di fronte alla diffusa perdita del senso del
peccato e all'affermarsi di una mentalità segnata da relativismo e
soggettivismo in campo morale, occorre che in ogni comunità ecclesiale si
provveda a una seria formazione delle coscienze.(129) I Padri Sinodali hanno insistito
perché si riconosca chiaramente la verità del peccato personale e la
necessità del perdono personale di Dio tramite il ministero del sacerdote. Le
assoluzioni collettive non sono un modo alternativo di amministrare il
sacramento della Riconciliazione.(130) Preghiera e vita 78. Accanto alla Celebrazione
eucaristica, occorre promuovere anche le altre forme di preghiera
comunitaria,(132) aiutando a riscoprire il legame che
intercorre tra queste e l'orazione liturgica. In particolare, mantenendo viva
la tradizione della Chiesa latina, vengano promosse le diverse manifestazioni
del culto eucaristico fuori della Messa: adorazione personale,
esposizione e processione, da intendere come espressione di fede nella
permanenza della presenza reale del Signore nel Sacramento dell'altare.(133) Nella celebrazione, personale o
comunitaria, della Liturgia delle Ore, di cui il Concilio Vaticano II
ha richiamato il singolare valore anche per i fedeli laici,(134) si educhi a vedere tale
connessione con il mistero eucaristico. Le famiglie siano sollecitate a dare
spazio alla preghiera fatta in comune, così da interpretare alla luce del
Vangelo tutta l'esistenza matrimoniale e familiare. In tal modo, a partire da
qui e in ascolto della Parola di Dio, si formerà quella liturgia domestica
che scandirà tutti i momenti della famiglia.(135) Ogni forma di preghiera
comunitaria presuppone la preghiera individuale. Tra la persona e Dio nasce
quel colloquio di verità che si esprime nella lode, nel ringraziamento, nella
supplica rivolta al Padre per Gesù Cristo e nello Spirito Santo. La preghiera
personale, che è come la respirazione del cristiano, non sia mai trascurata.
Ci si educhi anche a riscoprire il legame tra quest'ultima e la preghiera
liturgica. 79. Una speciale attenzione
va riservata anche alla pietà popolare.(136) Ampiamente diffusa nelle diverse
regioni d'Europa attraverso le confraternite, i pellegrinaggi e le
processioni presso numerosi santuari, essa arricchisce il cammino dell'anno
liturgico, ispirando usi e costumi familiari e sociali. Tutte queste forme
devono essere attentamente considerate mediante una pastorale di promozione e
di rinnovamento, che le aiuti a sviluppare quanto è espressione genuina della
sapienza del Popolo di Dio. Tale è sicuramente il Santo Rosario. In questo
Anno ad esso dedicato mi è caro raccomandarne ancora la recita, perché
« il Rosario, se riscoperto nel suo pieno significato, porta al cuore
stesso della vita cristiana ed offre un'ordinaria quanto feconda opportunità
spirituale e pedagogica per la contemplazione personale, la formazione del
Popolo di Dio e la nuova evangelizzazione ».(137) In materia di pietà popolare
occorre vegliare costantemente su aspetti di ambiguità di certe
manifestazioni, preservandole da derive secolaristiche, da improvvidi
consumismi o anche da rischi di superstizione, per mantenerle entro forme
mature e autentiche. Si faccia opera pedagogica, spiegando come la pietà
popolare vada sempre vissuta in armonia con la liturgia della Chiesa e in
connessione con i Sacramenti. 80. Non va dimenticato che il
« culto spirituale gradito a Dio » (cfr Rm 12, 1) si
realizza innanzitutto nell'esistenza quotidiana, vissuta nella carità
attraverso il dono di sé libero e generoso, anche in momenti di apparente
impotenza. Così la vita è animata da speranza incrollabile, perché affidata
solo alla certezza della potenza di Dio e della vittoria di Cristo: è una
vita ricolma delle consolazioni di Dio, con le quali siamo chiamati a
consolare, a nostra volta, quanti incontriamo sul nostro cammino (cfr 2
Cor 1, 4). Il giorno del Signore 81. Momento paradigmatico ed
altamente evocativo in ordine alla celebrazione del Vangelo della speranza è
il giorno del Signore. Nel contesto attuale, le
circostanze rendono precaria la possibilità per i cristiani di vivere
pienamente la domenica come giorno dell'incontro con il Signore. Avviene non
di rado che essa sia ridotta a « fine settimana », a semplice
tempo di evasione. Occorre perciò un'azione pastorale articolata a livello
educativo, spirituale e sociale, che aiuti a viverne il senso vero. 82. Rinnovo, pertanto,
l'invito a ricuperare il significato più profondo del giorno del Signore:
(138) venga santificato con la
partecipazione all'Eucaristia e con un riposo ricco di letizia cristiana e di
fraternità. Sia celebrato come centro di tutto il culto, preannuncio
incessante della vita senza fine, che rianima la speranza e incoraggia nel
cammino. Non si tema, perciò, di difenderlo contro ogni attacco e di adoperarsi
perché, nell'organizzazione del lavoro, esso sia salvaguardato,
così che possa essere giorno per l'uomo, a vantaggio dell'intera società. Se,
infatti, la domenica fosse privata del suo significato originario e in essa
non fosse possibile dare spazio adeguato alla preghiera, al riposo, alla
comunione e alla gioia, potrebbe succedere che « l'uomo rimanga chiuso
in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il
“cielo”. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di
“far festa” ».(139) E senza la dimensione della festa,
la speranza non troverebbe una casa dove abitare. CAPITOLO QUINTO SERVIRE « Conosco le tue
opere, la carità, la fede, il servizio La via dell'amore 83. La parola che lo Spirito
dice alle Chiese contiene un giudizio sulla loro vita. Esso riguarda
fatti e comportamenti: « Conosco le tue opere » è l'introduzione
che, quasi come un ritornello e con poche varianti, compare nelle lettere
scritte alle sette Chiese. Quando le opere risultano positive, sono frutto
della fatica, della costanza, della sopportazione delle prove, della
tribolazione, della povertà, della fedeltà nelle persecuzioni, della carità,
della fede, del servizio. In questo senso esse possono essere lette come la
descrizione di una Chiesa che, oltre ad annunciare e a celebrare la salvezza
che le viene dal Signore, la “vive” concretamente. Per servire il Vangelo della
speranza, anche alla Chiesa che vive in Europa è chiesto di seguire la
strada dell'amore. È strada che passa attraverso la carità
evangelizzante, l'impegno multiforme nel servizio, la decisione per una
generosità senza soste né confini. I. Il servizio della
carità Nella comunione e nella
solidarietà 84. La carità ricevuta e
donata è per ogni persona l'esperienza originaria nella quale nasce la
speranza. « L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se
stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli
viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e
non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente ».(140) La sfida per In questo consiste in
definitiva il « Vangelo », il lieto annuncio per ogni uomo: Dio ci ha
amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10.19); Gesù ci ha amati fino alla fine
(cfr Gv 13, 1). Grazie al dono dello Spirito, la carità di Dio viene
offerta ai credenti, rendendoli partecipi della sua stessa capacità di amare:
essa urge nel cuore di ogni discepolo e di tutta Vivere nella carità diventa,
quindi, lieto annuncio ad ogni persona, rendendo visibile l'amore di
Dio, che non abbandona nessuno. In definitiva, significa dare all'uomo
smarrito ragioni vere per continuare a sperare. 85. È vocazione della Chiesa,
come « segno credibile, anche se sempre inadeguato, dell'amore vissuto,
di far incontrare gli uomini e le donne con l'amore di Dio e di Cristo, che
viene a cercarli ».(141) « Segno e strumento
dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »,(142) Per sua stessa natura, la
testimonianza della carità deve estendersi oltre i confini della comunità
ecclesiale, per raggiungere ogni persona, così che l'amore per tutti gli
uomini diventi fomento di autentica solidarietà per l'intero vivere
sociale. Quando In questa prospettiva occorre
riscoprire il senso autentico del volontariato cristiano. Nascendo dalla
fede e venendo continuamente da essa alimentato, esso deve sapere coniugare
capacità professionale e amore genuino, spingendo quanti lo praticano ad
« elevare i sentimenti di semplice filantropia all'altezza della carità
di Cristo; a riconquistare ogni giorno, tra fatiche e stanchezze, la
coscienza della dignità di ogni uomo; ad andare alla scoperta dei bisogni
delle persone iniziando - se necessario - nuovi cammini là dove più urgente è
il bisogno e più deboli sono l'attenzione e il sostegno ».(143) II. Servire l'uomo nella
società Ridare speranza ai
poveri 86. All'intera Chiesa è
chiesto di ridare speranza ai poveri. Accoglierli e servirli significa
per essa accogliere e servire Cristo (cfr Mt 25, 40). L'amore
preferenziale per i poveri è una dimensione necessaria dell'essere
cristiano e del servizio al Vangelo. Amarli e testimoniare loro che sono
particolarmente amati da Dio significa riconoscere che le persone valgono per
se stesse, quali che siano le loro condizioni economiche, culturali, sociali
in cui si trovano, aiutandole a valorizzare le loro potenzialità. 87. Occorre poi lasciarsi
interpellare dal fenomeno della disoccupazione, che in molte nazioni
d'Europa costituisce un grave flagello sociale. A questo si aggiungono anche
i problemi connessi con i crescenti flussi migratori. Alla Chiesa è chiesto
di ricordare che il lavoro costituisce un bene di cui tutta la società deve
farsi carico. Riproponendo i criteri etici
che devono guidare mercato ed economia in uno scrupoloso rispetto della
centralità dell'uomo, 88. Si dia adeguato rilievo
anche alla pastorale dei malati. Considerando che la malattia è una
situazione che pone interrogativi essenziali sul senso della vita, « in una
società della prosperità e dell'efficienza, in una cultura caratterizzata
dall'idolatria del corpo, dalla rimozione della sofferenza e del dolore e dal
mito della perenne giovinezza »,(145) la cura per i malati deve essere
considerata come una delle priorità. A tale scopo, vanno promossi, da una
parte, una adeguata presenza pastorale nei diversi luoghi della sofferenza,
ad esempio attraverso l'impegno di cappellani ospedalieri, di membri di
associazioni di volontariato, di istituzioni sanitarie ecclesiastiche, e,
dall'altra, un sostegno alle famiglie dei malati. Occorrerà inoltre essere
accanto al personale medico e paramedico con mezzi pastorali adeguati, per
sostenerlo nell'impegnativa vocazione a servizio dei malati. Nella loro
attività, infatti, gli operatori sanitari rendono ogni giorno un nobile
servizio alla vita. A loro è richiesto di offrire ai pazienti anche quello
speciale sostegno spirituale che suppone il calore di un autentico contatto
umano. 89. Infine, non si potrà
dimenticare che talora viene fatto un uso indebito dei beni della terra.
L'uomo infatti, venendo meno alla missione di coltivare e custodire la terra
con sapienza e amore (cfr Gn 2, 15), ha in molte regioni devastato
boschi e pianure, inquinato le acque, reso irrespirabile l'aria, sconvolto i
sistemi idrogeologici e atmosferici e desertificato ampi spazi. Anche in questo caso, servire
il Vangelo della speranza vuol dire impegnarsi in modo nuovo per un corretto
uso dei beni della terra,(146) stimolando quell'attenzione che,
oltre a tutelare gli habitat naturali, difende la qualità della vita
delle persone, preparando alle generazioni future un ambiente più consono al
progetto del Creatore. La verità del
matrimonio e della famiglia 90. In questo contesto, alla
Chiesa è chiesto di annunciare con rinnovato vigore ciò che il Vangelo
dice sul matrimonio e sulla famiglia, per coglierne il significato e il
valore nel disegno salvifico di Dio. In particolare, è necessario riaffermare
tali istituzioni come realtà che derivano dalla volontà di Dio. Occorre
riscoprire la verità della famiglia, quale intima comunione di vita e di
amore,(148) aperta alla generazione di nuove
persone; come anche la sua dignità di “chiesa domestica” e la sua
partecipazione alla missione della Chiesa e alla vita della società. 91. Secondo i Padri sinodali,
bisogna riconoscere che tante famiglie, nella quotidianità dell'esistenza
vissuta nell'amore, sono testimoni visibili della presenza di Gesù che le
accompagna e sostiene con il dono del suo Spirito. Per sostenerne il cammino,
si dovrà approfondire la teologia e la spiritualità del matrimonio e della
famiglia; proclamare con fermezza e integrità e mostrare mediante esempi
efficaci la verità e la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio inteso
come unione stabile e aperta alla vita di un uomo e di una donna; promuovere
in ogni comunità ecclesiale un'adeguata e organica pastorale familiare. Al
tempo stesso sarà necessario offrire con materna sollecitudine da parte della
Chiesa un aiuto a coloro che si trovano in situazioni difficili, come ad
esempio ragazze madri, persone separate, divorziate, figli abbandonati. In
ogni caso occorrerà sollecitare, accompagnare e sostenere il giusto
protagonismo delle famiglie, singole o associate, nella Chiesa e nella
società e adoperarsi perché da parte dei singoli Stati e della stessa Unione
Europea siano promosse autentiche e adeguate politiche familiari.(149) 92. Un'attenzione particolare
deve essere riservata all'educazione all'amore nei confronti dei
giovani e dei fidanzati, mediante appositi itinerari di preparazione alla
celebrazione del sacramento del Matrimonio, che li aiutino ad arrivare a
questo momento vivendo nella castità. Nella sua opera educativa, 93. 94. Se per servire il Vangelo
della speranza è necessario riservare una adeguata e prioritaria attenzione
alla famiglia, è altrettanto indubitabile che le famiglie stesse hanno un
compito insostituibile da svolgere in ordine al medesimo Vangelo della
speranza. Perciò, con fiducia e con affetto, a tutte le famiglie cristiane
che vivono in questa Europa rinnovo l'invito: « Famiglie, diventate ciò
che siete! ». Voi siete ripresentazione vivente della carità di Dio:
avete infatti la « missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore,
quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e
dell'amore di Cristo Signore per Voi siete il « santuario
della vita [...]: il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere
adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è
esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita
umana ».(152) Voi siete il fondamento
della società, in quanto luogo primario dell'« umanizzazione »
della persona e del vivere civile,(153) modello per l'instaurazione di rapporti
sociali vissuti nell'amore e nella solidarietà. Siate voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza! Perché
voi siete « gaudium et spes ».(154) Servire il Vangelo
della vita Con il calo della natalità
vanno ricordati altri segni che concorrono a configurare l'eclissi del valore
della vita e a scatenare una specie di congiura contro di essa. Tra questi va
tristemente annoverata, anzitutto, la diffusione dell'aborto, anche
utilizzando preparati chimico-farmacologici che lo rendono possibile senza
dover ricorrere al medico e sottraendolo a ogni forma di responsabilità
sociale; ciò è favorito dalla presenza nell'ordinamento di molti Stati del
Continente di legislazioni permissive di un gesto che rimane un
« abominevole delitto » (156) e costituisce sempre un disordine
morale grave. Né si possono dimenticare gli attentati perpetrati attraverso «
interventi sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne
comportano inevitabilmente l'uccisione » o mediante un utilizzo scorretto
delle tecniche diagnostiche pre-natali, messe al servizio non di terapie
precoci a volte possibili, ma « di una mentalità eugenetica, che accetta
l'aborto selettivo ».(157) Va pure menzionata la
tendenza, che si registra in alcune parti dell'Europa, a ritenere che possa
essere permesso porre fine consapevolmente alla propria vita o a quella di un
altro essere umano: di qui la diffusione dell'eutanasia mascherata, o
attuata apertamente, per la quale non mancano richieste e tristi esempi di
legalizzazione. 96. Di fronte a questo stato
di cose, è necessario « servire il Vangelo della vita » anche attraverso
« una generale mobilitazione delle coscienze e un comune
sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della
vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita ».(158) È questa una grande sfida che
occorre affrontare con responsabilità, certi che « il futuro della civiltà
europea dipende in gran parte della decisa difesa e promozione dei valori
della vita, nucleo del suo patrimonio culturale »; (159) si tratta, infatti, di restituire
all'Europa la sua vera dignità, quella di essere luogo dove ogni persona è
affermata nella sua incomparabile dignità. Volentieri faccio mie queste
parole dei Padri sinodali: « Il Sinodo dei Vescovi europei stimola le
comunità cristiane a farsi evangelizzatrici della vita. Incoraggia le coppie
e le famiglie cristiane a sostenersi a vicenda nella fedeltà alla loro
missione di collaboratrici di Dio nella generazione ed educazione di nuove
creature; apprezza ogni generoso tentativo di reagire all'egoismo nell'ambito
della trasmissione della vita, alimentato da falsi modelli di sicurezza e di
felicità; chiede agli Stati e all'Unione Europea di porre in atto politiche
lungimiranti, che promuovano le condizioni concrete di abitazione, di lavoro
e di servizi sociali, atte a favorire la costituzione della famiglia e la
risposta alla vocazione alla maternità e paternità, ed inoltre assicurino
all'Europa di oggi la risorsa più preziosa: gli europei di domani ».(160) Costruire una città
degna dell'uomo 97. La carità operosa ci
impegna ad affrettare il Regno venturo. Per ciò stesso collabora alla
promozione degli autentici valori che sono alla base di una civiltà degna
dell'uomo. Come ricorda, infatti, il Concilio Vaticano II, « i cristiani, in
cammino verso la città celeste, devono ricercare e pensare alle cose di
lassù; questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta il peso del loro
dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più
umano ».(161) L'attesa dei cieli nuovi e della terra
nuova, lungi dall'estraniare dalla storia, intensifica la sollecitudine per
la realtà presente dove fin d'ora cresce la novità che è germe e figura del
mondo che verrà. Animati da queste certezze di
fede, adoperiamoci per la costruzione di una città degna dell'uomo.
Anche se non è possibile costruire nella storia un ordine sociale perfetto,
sappiamo però che ogni sforzo sincero per costruire un mondo migliore è
accompagnato dalla benedizione di Dio, e che ogni seme di giustizia e di
amore piantato nel tempo presente fiorisce per l'eternità. 98. Nel costruire la città
degna dell'uomo, un ruolo ispiratore va riconosciuto alla Dottrina Sociale
della Chiesa. Attraverso di essa, infatti, 99. Per una cultura
dell'accoglienza 100. Tra le sfide che si
pongono oggi al servizio al Vangelo della speranza va annoverato il crescente
fenomeno delle immigrazioni, che interpella la capacità della Chiesa
di accogliere ogni persona, a qualunque popolo o nazione essa appartenga.
Esso stimola anche l'intera società europea e le sue istituzioni alla ricerca
di un giusto ordine e di modi di convivenza rispettosi di tutti, come pure
della legalità, in un processo d'una integrazione possibile. Considerando lo stato di
miseria, di sottosviluppo o anche di insufficiente libertà, che purtroppo
caratterizza ancora diversi Paesi, tra le cause che spingono molti a lasciare
la propria terra, c'è bisogno di un impegno coraggioso da parte di tutti per la
realizzazione di un ordine economico internazionale più giusto, in grado
di promuovere l'autentico sviluppo di tutti i popoli e di tutti i Paesi. 101. Di fronte al fenomeno
migratorio, è in gioco la capacità, per l'Europa, di dare spazio a forme di
intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione
« universalistica » del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare
lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell'intera famiglia umana. Lo
stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e condivisione, se non
vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di
partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni. Ciascuno si deve adoperare
per la crescita di una matura cultura dell'accoglienza, che tenendo
conto della pari dignità di ogni persona e della doverosa solidarietà verso i
più deboli, richiede che ad ogni migrante siano riconosciuti i diritti
fondamentali. È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il
controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene
comune. L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e
quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi. 102. Occorre pure impegnarsi
per individuare forme possibili di genuina integrazione degli
immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle
diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere
all'indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare
il patrimonio culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e
uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile
l'edificazione di un'Europa che sappia essere casa comune, nella quale
ciascuno possa essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano
trattati e vivano responsabilmente come membri di una sola grande famiglia. 103. Per parte sua, In particolare, si ricordi di
dare una specifica cura pastorale all'integrazione degli immigrati
cattolici, rispettando la loro cultura e l'originalità della loro
tradizione religiosa. A tale scopo, sono da favorire contatti tra le Chiese
di origine degli immigrati e quelle di accoglienza, così da studiare forme di
aiuto, che possano prevedere anche la presenza, tra gli immigrati, di
presbiteri, consacrati e operatori pastorali adeguatamente formati
provenienti dai loro Paesi. Il servizio del Vangelo
esige, inoltre, che III. Decidiamoci alla
carità! 105. Chiesa in Europa,
accogli ogni giorno con rinnovata freschezza il dono della carità che il tuo
Signore ti offre e di cui ti rende capace. Impara da lui i contenuti e la
misura dell'amore. E sii Chiesa delle beatitudini, continuamente
conformata a Cristo (cfr Mt 5, 1-12). Libera da intralci e da
dipendenze, sii povera e amica dei più poveri, accogliente verso ogni persona
e attenta verso ogni forma, antica o nuova, di povertà. Continuamente purificata
dalla bontà del Padre, riconosci nell'atteggiamento di Gesù, che ha sempre
difeso la verità mostrandosi nello stesso tempo misericordioso verso i
peccatori, la norma suprema della tua azione. In Gesù, alla cui nascita fu
annunciata la pace (cfr Lc 2, 14), in lui che con la sua morte ha
abbattuto ogni inimicizia (cfr Ef 2, 14) e ha donato la pace vera (cfr
Gv 14, 27), sii artefice di pace, invitando i tuoi figli a lasciarsi
purificare il cuore da ogni ostilità, egoismo e partigianeria, favorendo in
ogni circostanza il dialogo e il rispetto reciproci. In Gesù, giustizia di Dio,
non stancarti mai di denunciare ogni forma di ingiustizia. Vivendo nel mondo
con i valori del Regno che viene, sarai Chiesa della carità, darai il tuo contributo
indispensabile per edificare in Europa una civiltà sempre più degna
dell'uomo. CAPITOLO SESTO IL VANGELO DELLA SPERANZA « Vidi anche la città
santa, la nuova Gerusalemme, La novità di Dio nella
storia 106. Il Vangelo della
speranza che risuona nell'Apocalisse apre il cuore alla contemplazione
della novità operata da Dio: « Vidi poi un nuovo cielo e una nuova
terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non
c'era più » (Ap 21, 1). È Dio stesso a proclamarla con una parola
che offre la spiegazione della visione appena descritta: « Ecco, io
faccio nuove tutte le cose » (Ap 21, 5). La novità di Dio – pienamente
comprensibile sullo sfondo delle cose vecchie, fatte di lacrime, lutto,
lamento, affanno, morte (cfr Ap 21, 4) – consiste nell'uscire dalla
condizione di peccato e dalle conseguenze di esso in cui si trova l'umanità;
è il nuovo cielo e la nuova terra, la nuova Gerusalemme, in contrapposizione
a un cielo e a una terra vecchi, a un antiquato ordine di cose e ad una
vetusta Gerusalemme, travagliata dalle sue rivalità. Non è indifferente per la
costruzione della città dell'uomo l'immagine della nuova Gerusalemme, che
scende « dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo
sposo » (Ap 21, 2) e si riferisce direttamente al mistero della
Chiesa. È un'immagine che parla di una realtà escatologica: essa va
oltre tutto quello che l'uomo può fare; è un dono di Dio che si compirà negli
ultimi tempi. Ma non è un'utopia: è realtà già presente. Lo indica il
verbo al presente usato da Dio – « Ecco, io faccio nuove tutte le
cose » (Ap 21, 5) –, con l'ulteriore precisazione: « Ecco
sono compiute! » (Ap 21, 6). Dio, infatti, sta già agendo per
rinnovare il mondo; 107. Questa novità comincia a
prendere forma anzitutto nella comunità cristiana, che già ora è «
dimora di Dio con gli uomini » (cfr Ap 21, 3), nel cui seno Dio
già opera, rinnovando la vita di coloro che si sottomettono al soffio dello
Spirito. I. La vocazione spirituale
dell'Europa L'Europa promotrice dei
valori universali 108. La storia del Continente
europeo è contraddistinta dall'influsso vivificante del Vangelo. « Se
volgiamo lo sguardo ai secoli passati, non possiamo non rendere grazie al
Signore perché il Cristianesimo è stato nel nostro Continente un fattore
primario di unità tra i popoli e le culture e di promozione integrale
dell'uomo e dei suoi diritti ».(168) Certamente non sì può
dubitare che la fede cristiana appartenga, in modo radicale e determinante,
ai fondamenti della cultura europea. Il cristianesimo, infatti, ha dato forma
all'Europa, imprimendovi alcuni valori fondamentali. La modernità europea
stessa che ha dato al mondo l'ideale democratico e i diritti umani attinge i
propri valori dalla sua eredità cristiana. Più che come luogo geografico, essa
è qualificabile come « un concetto prevalentemente culturale e
storico, che caratterizza una realtà nata come Continente grazie anche
alla forza unificante del cristianesimo, il quale ha saputo integrare tra
loro popoli e culture diverse ed è intimamente legato all'intera cultura
europea ».(169) L'Europa di oggi però, nel
momento stesso in cui rafforza ed allarga la propria unione economica e
politica, sembra soffrire di una profonda crisi di valori. Pur disponendo di
mezzi accresciuti, dà l'impressione di mancare di slancio per nutrire un
progetto comune e ridare ragioni di speranza ai suoi cittadini. Il nuovo volto
dell'Europa 109. Nel processo di
trasformazione che sta vivendo, l'Europa è chiamata, anzitutto, a
ritrovare la sua vera identità. Essa, infatti, pur essendosi venuta a
costituire come una realtà fortemente variegata, deve costruire un modello
nuovo di unità nella diversità, comunità di nazioni riconciliate aperta agli
altri Continenti e coinvolta nell'attuale processo di globalizzazione. Per dare nuovo slancio alla
propria storia, essa deve « riconoscere e ricuperare con fedeltà
creativa quei valori fondamentali, alla cui acquisizione il cristianesimo ha
dato un contributo determinante, riassumibili nell'affermazione della dignità
trascendente della persona umana, del valore della ragione, della libertà,
della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e
religione ».(170) Promuovere solidarietà
e pace nel mondo 111. Dire “Europa” deve voler
dire “apertura”. Nonostante esperienze e segni contrari che pure non sono
mancati, è la sua stessa storia ad esigerlo: « L'Europa non è in realtà
un territorio chiuso o isolato; si è costruita andando incontro, al di là dei
mari, ad altri popoli, ad altre culture, ad altre civiltà ».(172) Perciò deve essere un Continente
aperto e accogliente, continuando a realizzare nell'attuale
globalizzazione forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e
culturale. C'è un'esigenza alla quale il
Continente deve rispondere positivamente, perché il suo volto sia davvero
nuovo: « L'Europa non può ripiegarsi su se stessa. Essa non può né deve
disinteressarsi del resto del mondo, al contrario deve avere piena coscienza
del fatto che altri Paesi, altri continenti, si aspettano da essa iniziative
audaci per offrire ai popoli più poveri i mezzi per il loro sviluppo e la
loro organizzazione sociale, e per edificare un mondo più giusto e più
fraterno ».(173) Per realizzare in modo adeguato
tale missione, sarà necessario « un ripensamento della cooperazione
internazionale, nei termini di una nuova cultura di solidarietà. Pensata
come seme di pace, la cooperazione non si può ridurre all'aiuto e
all'assistenza, addirittura mirando ai vantaggi di ritorno per le risorse
messe a disposizione. Essa deve esprimere, invece, un impegno concreto e
tangibile di solidarietà, tale da rendere i poveri protagonisti del loro
sviluppo e consentire al maggior numero possibile di persone di esplicare,
nelle concrete circostanze economiche e politiche in cui vivono, la
creatività tipica della persona umana, da cui dipende anche la ricchezza
delle Nazioni ».(174) L'Europa che ci è consegnata
dalla storia ha visto, soprattutto nell'ultimo secolo, l'affermarsi di ideologie
totalitarie e di nazionalismi esasperati che, oscurando la speranza degli
uomini e dei popoli del Continente, hanno alimentato conflitti all'interno
delle Nazioni e tra le Nazioni stesse, fino all'immane tragedia delle due
guerre mondiali.(176) Anche le lotte etniche più recenti, che
hanno nuovamente insanguinato il Continente europeo, hanno mostrato a tutti
come la pace sia fragile, abbia bisogno dell'impegno fattivo di tutti, possa
essere garantita solo dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e
di riconciliazione tra le persone, i popoli e le Nazioni. Di fronte a questo stato di
cose, l'Europa, con tutti i suoi abitanti, deve impegnarsi
instancabilmente a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo
intero. A tale riguardo, occorre rammentare « da una parte, che le differenze
nazionali devono essere mantenute e coltivate come fondamento della
solidarietà europea e, dall'altra, che la stessa identità nazionale non si
realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la
solidarietà con essi ».(177) II. La costruzione europea Il ruolo delle
Istituzioni europee 113. Nel cammino per
disegnare il volto nuovo del Continente, per molti aspetti determinante è
il ruolo delle istituzioni internazionali, legate e operanti
principalmente sul territorio europeo, che hanno contribuito a segnare il
corso storico degli eventi, senza impegnarsi in operazioni di carattere
militare. A questo proposito desidero menzionare, anzitutto, l'Organizzazione
per Vi è poi il Consiglio
d'Europa, di cui fanno parte gli Stati che hanno sottoscritto 114. Alle stesse Istituzioni
europee e ai singoli Stati dell'Europa chiedo insieme con i Padri Sinodali (179) di riconoscere che un buon
ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili
il più possibile condivisi dai cittadini, osservando che tali valori sono
patrimonio, in primo luogo, dei diversi corpi sociali. È importante che le
Istituzioni e i singoli Stati riconoscano che, tra questi corpi sociali, vi
sono anche le Chiese e le Comunità ecclesiali e le altre organizzazioni
religiose. A maggior ragione, quando esistono già prima della fondazione
delle nazioni europee, non sono riducibili a mere entità private, ma operano
con uno specifico spessore istituzionale, che merita di essere preso in seria
considerazione. Nello svolgimento dei loro compiti, le diverse istituzioni
statali ed europee devono agire nella consapevolezza che i loro ordinamenti
giuridici saranno pienamente rispettosi della democrazia, se prevederanno forme
di « sana collaborazione » (180) con le Chiese e le organizzazioni
religiose. Alla luce di quanto ho appena
sottolineato, desidero ancora una volta rivolgermi ai redattori del futuro
trattato costituzionale europeo, affinché in esso figuri un riferimento al
patrimonio religioso e specialmente cristiano dell'Europa. Nel pieno rispetto
della laicità delle istituzioni, mi auguro soprattutto che siano riconosciuti
tre elementi complementari: il diritto delle Chiese e delle comunità
religiose di organizzarsi liberamente, in conformità ai propri statuti e alle
proprie convinzioni; il rispetto dell'identità specifica delle Confessioni
religiose e la previsione di un dialogo strutturato fra l'Unione Europea e le
Confessioni medesime; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e
le istituzioni religiose già godono in virtù delle legislazioni degli Stati
membri dell'Unione.(181) 115. Le Istituzioni europee
hanno per scopo dichiarato la tutela dei diritti della persona umana. In
questo compito esse contribuiscono a costruire l'Europa dei valori e del
diritto. I Padri sinodali hanno interpellato i responsabili europei, dicendo:
« Alzate la voce quando sono violati i diritti umani dei singoli,
delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà
religiosa; riservate la più grande attenzione a tutto ciò che riguarda la vita
umana dal suo concepimento fino alla morte naturale e la famiglia fondata
sul matrimonio: sono queste le basi sulle quali poggia la comune casa
europea; [...] affrontate, secondo giustizia ed equità e con senso di grande
solidarietà, il crescente fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova
risorsa per il futuro europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga
garantito un futuro veramente umano con il lavoro, la cultura,
l'educazione ai valori morali e spirituali ».(182) Una e universale, pur
presente nella molteplicità delle Chiese particolari, 117. Nelle relazioni con i
pubblici poteri, Per parte sua, nella
logica della sana collaborazione tra comunità ecclesiale e società politica, Un ruolo importante per la
crescita di questa unità può essere svolto dagli organismi continentali di
comunione ecclesiale, che attendono di essere ulteriormente promossi.(186) Tra questi, un posto significativo
va assegnato al Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee
chiamato, a livello di tutto il continente, a « provvedere alla
promozione di una sempre più intensa comunione fra le diocesi e fra le
Conferenze Episcopali Nazionali, all'incremento della collaborazione
ecumenica tra i cristiani e al superamento degli ostacoli che minacciano il
futuro della pace e del progresso dei popoli, al rafforzamento della
collegialità affettiva ed effettiva e della “communio”
gerarchica ».(187) Con esso, va pure riconosciuto il
servizio della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea
che, seguendo il processo di consolidamento e di allargamento dell'Unione
Europea, favorisce l'informazione mutua e coordina le iniziative pastorali
delle Chiese europee coinvolte. 119. Il rafforzamento
dell'unione in seno al Continente europeo stimola i cristiani a cooperare nel
processo di integrazione e di riconciliazione attraverso un dialogo
teologico, spirituale, etico e sociale.(188) Infatti « nell'Europa in
cammino verso l'unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio Dal Vangelo un nuovo
slancio per l'Europa Per questo, « Riprendendo questo invito
alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all'inizio del
terzo millennio: « Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue
origini. Ravviva le tue radici ».(191) Nel corso dei secoli, hai ricevuto il
tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi
tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura,
il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene
soltanto al passato; essa è un progetto per l'avvenire da trasmettere alle
generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli
che hanno forgiato insieme il Continente europeo. 121. Non temere! Il
Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la
constatazione che l'ispirazione cristiana può trasformare l'aggregazione
politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli
europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre
regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi. Abbi fiducia! Nel Vangelo,
che è Gesù, troverai la speranza solida e duratura a cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul
peccato e sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia tua per la tua
salvezza e la tua gioia. Sii certa! Il Vangelo
della speranza non delude! Nelle
vicissitudini della tua storia di ieri e di oggi, è luce che illumina e
orienta il tuo cammino; è forza che ti sostiene nelle prove; è profezia di un
mondo nuovo; è indicazione di un nuovo inizio; è invito a tutti, credenti e
non, a tracciare vie sempre nuove che sboccano nell'« Europa dello
spirito », per farne una vera « casa comune » dove c'è
gioia di vivere. CONCLUSIONE Affidamento a Maria « Nel cielo apparve
poi un segno grandioso: La donna, il drago e il
bambino 122. La vicenda storica della
Chiesa è accompagnata da “segni” che sono sotto gli occhi di tutti, ma che
chiedono di essere interpretati. Tra questi l'Apocalisse pone il “segno
grandioso” apparso nel cielo, che parla di lotta tra la donna e il drago. La donna vestita di sole che, soffrendo, sta per partorire (cfr Ap
12, 1-2) può essere vista come l'Israele dei profeti che genera il Messia
« destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro » (Ap
12, 5; cfr Sal 2, 9). Ma è anche 123. Questa è la certezza che
anima 124. Chiesa in Europa, continua, quindi, a contemplare Maria e riconosci che
ella è « maternamente presente e partecipe nei molteplici e complessi
problemi che accompagnano oggi la vita dei singoli, delle famiglie e
delle nazioni » ed è « soccorritrice del popolo cristiano
nell'incessante lotta tra il bene e il male, perché “non cada” o, caduto,
“risorga” ».(193) Preghiera a Maria,
Madre della speranza A Lei, Madre della speranza e della consolazione, rivolgiamo
con fiducia la nostra preghiera: affidiamole il futuro della Chiesa in
Europa e di tutti le donne e gli uomini di questo Continente: Maria, Madre della speranza, Aurora di un mondo nuovo, Regina della pace Maria, donaci Gesù! Dato a Roma, presso San
Pietro, il 28 giugno, vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e
Paolo dell'anno 2003, venticinquesimo di Pontificato. GIOVANNI PAOLO II (1) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1:
L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5. (2) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, nn. 90-91:
L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., pp. 17-18. (3) Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis
mysterium (29 novembre 1998), 3-4: AAS 91 (1999), 132.133. (4) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio
millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30. (5) Cfr Discorso all'Angelus (23 giugno
1996), 2: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1599-1600. (6) Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea
Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 2: Ench.
Vat. 13, n. 619. (8) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 3: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 3. (9) Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 177. (10) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2.: L'Osservatore
Romano, 23 ottobre 1999, p. 5 (11) Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179. (14) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 2: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl. pp. 2-3. (15) Cfr ibid., nn. 12-13.16- (16) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I, 1.2: L'Osservatore
Romano, 3 ottobre 1999, p. 6. (18) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (19) Cfr Propositio 5a; Pontificio
Consiglio della Cultura e Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso,
Gesù Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul New
Age, Città del Vaticano, 2003. (21) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (22) Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus
(25 agosto 1996), 2: Insegnamenti XIX/2 (1996), 237; cfr Propositio
9. (23) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 88: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 17. (24) Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179. (25) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 26: AAS
81 (1989), 439. (31) Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 2: AAS 92 (2000), 178. (32) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (34) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus (1 maggio 1991), 47: AAS 83 (1991), 852. (36) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 30:
L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 8. (37) Cfr Omelia durante la concelebrazione
per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa
(23 ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 178; Congregazione per (39) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), 7: AAS 78 (1986), 816;
Congregazione per (40) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei
(3 settembre 1965): AAS 57 (1965) 762-763. Cfr S. Congregazione per i
Riti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59
(1967), 547; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1374. (41) Conc. Ecum. di Trento, Decr. De ss.
Eucharistia, can. 1: DS, 1651; cfr cap. 3: DS, 1641. (42) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 15: L'Osservatore Romano,
18 aprile 2003, p. 2. (43) Cfr. Sant'Agostino, In Ioannis
Evangelium, Tractatus VI, cap. I, n. 7: PL 35,1428; San Giovanni
Crisostomo, Sul tradimento di Giuda, 1, 6: PG 49, (44) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 7; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen
gentium, 50; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre
1965): AAS 57 (1965), 762-763; S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum
mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo
della Chiesa cattolica, 1373-1374. (45) Giovanni Paolo II, Motu proprio Spes
aedificandi (1 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 220. (46) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso nella
sede del Parlamento Polacco, a Varsavia (11 giugno 1999), 6: Insegnamenti,
XXII/1 (1999), 1276. (47) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante
la cerimonia di congedo dall'aeroporto di Cracovia (10 giugno 1997), 4:
Insegnamenti XX/1 (1997), 1496-1497. (48) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (49) Cfr Propositio 15,1;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 773; Giovanni Paolo II, Lett. ap.
Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 27: AAS 80 (1988), 1718. (52) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (57) Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 15: AAS 84
(1992), 679-680. (58) Cfr ibid., (59) Cfr Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali, can. 373. (60) Cfr Codice di Diritto Canonico,
can. 277,1. (61) Cfr Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis
coelibatus (24 giugno 1967), 40: AAS 59 (1967), 673. (64) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4:
L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5. (65) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa Lumen gentium, 29. (68) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III: L'Osservatore
Romano, 3 ottobre 1999, p. 9. (71) Giovanni Paolo II, Discorso ai
partecipanti al Congresso sul tema « Nuove vocazioni per una nuova
Europa » (9 maggio 1997), 1-3: Insegnamenti XX/1 (1997),
917-918. (72) Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 7: AAS 81
(1989), 404. (73) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 82: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999, p. 16. (77) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii
nuntiandi (8 dicembre 1975), 14: AAS 68 (1976), 13. (79) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 282-286. (80) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I,2: L'Osservatore
Romano, 3 ottobre 1999, p. 7. (82) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,1:
L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 8. (83) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 53: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 12. (86) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,1:
L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9. (87) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi
(8 dicembre 1975), 41: AAS 68 (1976), 31. (90) Cfr Propositiones 8,1a-b; 6. (91) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), 21: AAS 71 (1979),
1294-1295. (96) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai
Presidenti delle Conferenze Episcopali Europee (16 aprile 1993), 1: AAS 86
(1994), 227. (97) Giovanni Paolo II, Discorso durante (98) Lettera del 13 gennaio 1970: Tomos
agapis, Roma-Istanbul 1971, pp. 610-611; cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 99: AAS 87 (1995), 980. (99) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 55: AAS 83 (1991), 302. (101) Cfr Sinodo dei Vescovi – Prima
Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre
1991), 8: Ench. Vat., 13, nn. 653-655; Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Instrumentum laboris, 62: L'Osservatore Romano, 6
agosto 1999 - Suppl., p. 13; Propositio 10. (102) Propositio 10; cfr
Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, « Noi
ricordiamo: una riflessione sulla Shoah », 16 marzo 1998, Ench.
Vat. 17, 520-550. (103) Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea
Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 9:
Ench. Vat., 13, n. 656. (106) Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo
Diplomatico (12 gennaio 1985), 3: AAS 77 (1985), 650. (107) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla
libertà religiosa Dignitatis humanae, 2. (109) Cfr Propositiones 25; 26,2. (112) Giovanni Paolo II, Lettera agli
artisti (4 aprile 1999), 12: AAS 91 (1999), 1168. (114) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante
(115) Cfr Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, Città del
Vaticano, 4 giugno 2000. (118) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
divina Rivelazione Dei Verbum, 25. (120) Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 8. (121) Cfr Propositio 14; Sinodo dei
Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante
disceptationem, III,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9. (123) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul
ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5. (124) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa Lumen gentium, 11. (125) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 20: L'Osservatore Romano,
18 aprile 2003, p. 3. (126) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso
all'udienza generale (25 ottobre 2000), 2: Insegnamenti XXIII/2
(2000), 697. (128) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,2:
L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9. (130) Cfr Giovanni Paolo II, Motu proprio
Misericordia Dei (7 aprile 2002), 4: AAS 94 (2002), 456-457. (131) Cfr Propositio 16; Giovanni
Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2002 (17 marzo
2002), 4: AAS 94 (2002), 435-436. (134) Cfr Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 100. (135) Cfr Propositiones 14c; 20. (137) Giovanni Paolo II, Lett. ap.
Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), 3: AAS 95 (2003), 7. (139) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies
Domini (31 maggio 1998), 4: AAS 90 (1998), 716. (140) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274. (141) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 72: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 15. (142) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa Lumen gentium, 1. (143) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995), 90: AAS 87 (1995), 503. (148) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 48. (150) Giovanni Paolo II, Discorso per il
Terzo Incontro Mondiale delle Famiglie in occasione del loro Giubileo (14
ottobre 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 603. (151) Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 17: AAS 74
(1982), 99-100. (152) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus
annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991), 842. (153) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 40: AAS
81 (1989), 469. (154) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al
Primo Incontro Mondiale con le Famiglie (8 ottobre 1994), 7: AAS 87
(1995), 587. (156) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 51. (157) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium
vitae (25 marzo 1995), 63: AAS 87 (1995), 473. (159) Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo
Ambasciatore di Norvegia presso (161) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 57. (162) Cfr Propositio 28; Sinodo dei
Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale
(13 dicembre 1991), 10: Ench. Vat. 13, nn. 659-669. (166) Cfr Congregazione per i Vescovi, Istr. Nemo
est (22 agosto 1969), 16: AAS 61 (1969), 621-622; Codice di
Diritto Canonico, can. 294 e 518; Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali, can. 280 § 1. (167) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda
Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 5:
L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 6. (168) Giovanni Paolo II, Omelia a conclusione
della II Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre
1999), 5: AAS 92 (2000), 179. (171) Cfr ibid.; Propositio 28. (172) Giovanni Paolo II, Lettera al card.
Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee
(16 ottobre 2000), 7: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 628. (174) Giovanni Paolo II, Messaggio per (175) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus (1º maggio 1991), 35: AAS 83 (1991), 837. (177) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 85: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 17. Cfr Propositio 39. (178) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso
all'Ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo (5 aprile 1979): Insegnamenti,
II/1 (1979), 796-799. (180) Cfr Conc. Ecum. Vat.II, Cost. past.
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 76. (181) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al
Corpo diplomatico (13 gennaio 2003), 5: L'Osservatore Romano, 13-14
gennaio 2003, p. 6. (182) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano,
23 ottobre 1999, p. 5. (183) Giovanni Paolo II, Lettera al card.
Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee
(16 ottobre 2000), 4: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 626. (184) Cfr Sinodo dei Vescovi - Prima
Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, n. 10: Ench.
Vat. 13, n. 669. (187) Giovanni Paolo II, Discorso ai
Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (16 aprile 1993), 5: AAS
86 (1994), 229. (189) Giovanni Paolo II, Omelia durante la
celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per l'Europa del
Sinodo dei Vescovi (7 dicembre 1991), 6: Insegnamenti XIV/2 (1991),
1330. (190) Giovanni Paolo II, Omelia per
l'apertura della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (1
ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 174-175. (191) Discorso ad Autorità europee e ai
Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (9 novembre 1982), 4: AAS 75
(1982), 330. (192) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 47: AAS 79 (1987), 426. (193) Ibid., 52: l.c., 432; cfr
Propositio 40.
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