Eva creata dalla costola di Adamo?
Il Signore ha creato un mondo
ricco di tanti esseri diversi e ha voluto che ciascuno, con le sue proprie
caratteristiche, servisse di aiuto all’ uomo.
Un
quadro generale di tali esseri, distribuiti nelle vane parti dell’universo, ci
è dato dal capitolo 1: nel cielo splendono gli astri, nell’aria volano gli
uccelli, nelle acque e sulla terra siamo circondati da una diversità
incalcolabile di viventi.
Alcuni
di questi, lungo i secoli, sono stati addomesticati dall’uomo, che il tiene
presso di sé per ottenerne importanti servizi e può anche giungere a stabilire
con essi una comunità rudimentale di vita.
Guardando
perciò all’interno delle nostre case, soprattutto in certi ambienti
agro-pastorali, è stato necessario che il racconto della creazione mettesse in
luce l’esatta posizione della donna.
Lo
stesso capitolo 1 separa nettamente la creazione degli animali da quella degli
uomini e pone questi a un livello del tutto privilegiato, dove maschio e
femmina sono presentati assieme come immagine di Dio e vertice dell’universo
vivente (Genesi 1, 26-28).
Invece
il capitolo 2, che ci viene da una cultura agricola più primitiva, dovette
opporsi agli equivoci che nascevano là dove il ruolo della donna era deprezzato.
Volendo
esprimere in termini semplici e intuitivi che l’uomo e la donna sono di pari dignità,
perché rispondono a un medesimo progetto creativo divino, il narratore ha
scelto anche qui la via efficace delle immagini.
Così
suppone che Dio, nel proposito di dare all’uomo una compagnia di esseri “come
lui”, cioè dello stesso livello, abbia dovuto compiere due tentativi.
Nel
primo ha offerto all’uomo tutta la serie degli animali “plasmati dalla terra”;
e l’uomo ne ha preso possesso, ma non vi ha trovato quanto sperava (nella
Bibbia l’atto di imporre il nome significa la presa di possesso): infatti
essendo costituito di terra e di soffio di Dio non potrà mai contentarsi di chi
è fatto di sola terra.
Nel
secondo tentativo il Signore ha formato un essere dalla stessa carne dell’uomo
e con questo ha ottenuto successo. Il doppio tentativo mette in luce la
difficoltà dell’impresa e la profonda diversità che separa la donna dagli
animali.
La
“costola” dell’ebraico non ha un senso anatomico preciso, ma significa
piuttosto “fianco” e funge qui da metafora per dire che nel disegno del
Creatore l’uomo e la donna sono elementi di un medesimo essere specifico.
La
loro identità di natura viene confermata poi dal narratore chiamando t’uomo e
la donna con lo stesso nome: nell’ebraico il termine “uomo” (ish) e quello “donna” (ishâ) sembrano la forma maschile e
femminile dello stesso sostantivo, come se noi dicessimo “uomo” e “uoma” (Genesi 2 ,23).