Da che
cosa il Signore ha creato l'universo?
Dio è
l’essere perfettissimo, unico, infinito.
Fuori
di lui non c’era nulla: egli è il supremo Signore dell’esistenza e non ha né
collaboratori né avversari che sussistano indipendentemente da lui.
Egli
ha creato l’universo con un semplice atto libero della sua potenza, sapienza e
bontà.
Non
si è servito di materia già esistente; non ha dovuto affaticarsi per superare
ostacoli: per lui volere è lo stesso che fare.
Per
questo diciamo che ha creato il mondo dal nulla.
Ma
la nostra mente legata alla materia non può immaginare il nulla: anche dicendo
“il nulla” siamo costretti a pensare qualche cosa.
E
in questa condizione Si sono trovati gli antichi scrittori del Genesi,
che hanno dovuto
seguire i modi comuni di parlare degli uomini del loro tempo.
Oh
antichi scritti mesopotamici, quando volevano raccontare le origini
dell’universo, dicevano:
"Quando
non esisteva né questo, né quello, né quell’altro (e un elenco simile poteva
diventare anche lungo...), allora accadde così e così".
Nel
Genesi il
racconto più antico della creazione, fatto con la mentalità di un agricoltore
abituato a badare ai campi, procede così: quando sulla terra non vi erano
cespugli e non erano spuntate erbe, perché da una parte il Signore non aveva
ancora mandato le piogge e dall’altra non c’erano ancora i contadini che
lavorassero nel dissodare la terra e irrigarla, allora per prima cosa il Signore
creò l’uomo; poi fece un giardino... e lo affidò alle cure dell’uomo (Genesi
2, 4b -15).
Praticamente
lo scrittore all’inizio immagina una terra piana completamente spoglia, dove il
Signore a un dato momento incomincia ad agire.
Questo
è un modo pratico, popolare, sensibile di rappresentare il nulla da cui Dio è
partito.
Il
racconto più tardivo dà come inizio una terra primordiale che non contiene
nulla, ma è “informe e deserta” e si trova sommersa dall’oceano (la massa di
tutte le acque) che a sua volta è ricoperto dalle tenebre: oceano e tenebre
vogliono significare che la terra è come prigioniera in uno stato di inerzia,
che non le permette di sviluppare le sue potenzialità, le quali avrebbero
bisogno di essere liberate.
Anche
questi elementi concorrono a esprimere, sia pure in modo imperfetto, sia l’idea
del nulla, sia la potenza unica di Dio, che operando sempre da solo ricava dal
nulla effetti grandiosi (Genesi 1, 1-2).
Questo
medesimo racconto ci presenta in ordine le singole creature che compongono
l’universo, e di tutte e ciascuna dichiara che sono opera di Dio.
Alla
fine non resta più niente che sia sfuggito a questo elenco, ma Dio risulta
essere l’autore di ogni cosa e ciascuna è fatta da lui totalmente, ossia dal
nulla (Genesi 1, 3-31; 2, 1).
Anche
l’atto di fede abituale che risuona spesso nei canti di Israele: “Egli ha fatto
cieli e terra”(Salmo 121 [120], 2; ecc.) dice in breve la stessa verità;
quindi tutto gli obbedisce, niente gli resiste, niente lo affatica, ma egli
agisce su ogni cosa con libertà sovrana.
La
stessa idea ricorre nella bellezza imponente dello stile del profeta Isaia 44,
24:
"Sono
io, il Signore, che ho fatto tutto, ho spiegato i cieli da solo, ho disteso la
terra: chi era con me?"
Dopo
diversi secoli, quando gli Ebrei si saranno incontrati con la lingua e la
cultura greca, e con il suo aiuto avranno affinato i loro modi di pensare e di
esprimersi, diventeranno capaci di usare termini più precisi, ma forse meno
poetici: "Comtempla il cielo e la terra e sappi che Dio li ha fatti non da
cose preesistenti" (2 Maccabei 7, 28).