Camminare
con Dio
Tra le
figure del Genesi un secondo personaggio che “camminava con Dio” fu Noè.
La
famiglia umana, dimenticata la dignità della sua origine, si era abbandonata a
una pazza corruzione, tanto da rendere inutile tutta l’opera del Creatore.
La
tragica parola biblica: "Il Signore si pentì di aver fatto l’uomo"
significa che questo era sceso a una tale perversione da non offrire più
nessuna speranza di ricupero: non aveva più senso che continuasse a
moltiplicarsi e non restava che distruggerlo.
Però
quella scintilla di bene che perseverava in Noè costituiva una forza e il
Signore le viene incontro.
"Con
te stabilisco la mia alleanza" (Genesi 6, 5-9). E' una parola nuova e
sorprendente questa che ora sentiamo: alleanza! Un patto di amicizia, un impegno
di collaborazione. Il Dio infinito che scende sulla terra per legarsi a un
piccolo uomo. E continuare il rapporto con lui camminando insieme.
All’uomo
appena creato il Signore aveva offerto un grande compito di collaborazione con
lui, ma non se n’era fatto niente per il deciso rifiuto espresso dagli uomini.
Adesso
la proposta è rinnovata in questi termini: colui che cammina con Dio porterà la
famiglia umana al di là della morte che attende i peccatori.
Non
si dice che i congiunti di Noè, moglie, figli, nuore, fossero santi come lui, ma la
misericordia divina li salverà con lo stesso Noè nell’arca per continuare a
dar vita agli uomini e portare avanti così una storia di salvezza.
Non
si può pensare che Noè conoscesse l’ingegneria navale e disponesse delle
attrezzature necessarie per costruire una grande imbarcazione sicura, capace di
resistere alla bufera del diluvio.
Ma
in questo vediamo gli effetti dell’alleanza: egli doveva usare i mezzi umani
disponibili affidandosi alla parola del Signore, perché la salvezza gli sarebbe
venuta da Dio, non dalle sue abilità.
Per
questo nella Bibbia sarà lodato come un esempio di quella fede che è il grande
principio della salvezza umana (Ebrei il, 7).
Passato
il diluvio, si aggiunge poi la seconda parte dell’alleanza: conoscendo la
fragilità dell’uomo, Dio promette che non causerà più un’altra distruzione
generale dei peccatori.
Il
diluvio resterà come un segno perenne che deve testimoniare a ciascuno la
gravità e gli effetti del peccato, ma il Signore darà inizio a un’epoca di misericordia
e di pazienza, per offrire ai peccatori un cammino efficace di conversione (Genesi
9, 8-17).
Per
attuare questo nuovo rapporto con gli uomini, il Signore a! tempo giusto chiamerà
Abramo: "Esci dalla tua terra e và dove ti mostrerò..."
Di
nuovo sarà proposto all’uomo un cammino guidato da una fede totale in Dio (Genesi:
dal capitolo 12 al capitolo 22; Ebrei 11, 8-17) e Abramo sarà davvero il
grande camminatore di Dio.
La
fede negata dai primi uomini e da tanti loro discendenti sarà riparata dalla
fede solidissima di lui e di tanti successori.
E
sulla fede di Abramo il Signore potrà rinnovare e confermare la sua alleanza
con l’uomo: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra"
(Genesi 12, 3; 18, 18; 22, 18).
Tuttavia né Noè né Abramo saranno
esenti dalla morte.
Mentre
la figura di Enok, “preso” dal Signore, doveva restare come segno di quella
meta futura dei disegni di Dio, che ancora non si poteva raggiungere durante
l’epoca in corso, Noè ed Abramo erano impegnati nell’avanzare per l’itinerario
laborioso che avrebbe portato gli uomini alla salvezza attraverso la morte
espiatrice di tutte le colpe.
Questo sarebbe stato anche l’itinerario
del Figlio di Dio incarnato.