In principio Dio ha creato un uomo solo e lo ha
sdoppiato in due variazioni: Adamo ed Eva.
Lo ha fatto capace di moltiplicarsi in misura
illimitata senza mai una ripetizione.
Questa osservazione elementare, che mette a fuoco la
sorgente di tutte le cose, conduce a valutare con profondità e
correttezza il valore di ciascuna persona. Proverò a parlarne
riferendomi a me stesso.
Io sono una variazione dell’unico soggetto preso
tra miliardi di miei simili, sono uno dei tanti né migliore né
peggiore degli altri, non ho privilegi o scorciatoie e posso capire come
ciascuno degli altri realizza quello che potrei essere io. Appare sorprendente
la ricchezza potenziale della natura umana nella quale io sono costituito. Se
riesco a vedere che ciascuno degli altri realizza quanto potrei essere io mi
accorgo della vastità del respiro che mi fa vivere. E’ la
consapevolezza di una libertà illimitata e tutta da realizzare.
Nel mare magnum dell’umanità potrei
considerarmi una goccia che si perde e non conta niente, però mi accorgo
che qualche cosa mi rende unico: sono donato a me stesso, quindi mi appartengo
e in quanto tale sono unico e irrepetibile, non mi è mai stato possibile
sperimentare l’io di un'altra persona. Sono acceso come persona dal fatto
di essere oggetto e destinatario del dono, questo è il principio della
mia esistenza. Unico dunque, non faccio parte di nessuna categoria. Mia madre
mi ha dato un nome per una sommaria e provvisoria identificazione, ma il mio
nome non è noto né a me né ad altri. Il nome vero sembra
essere tutto da fare e mi sarà rivelato soltanto alla fine della corsa
:”Al vincitore darò… una pietruzza bianca sulla quale
è scritto un nome nuovo che nessuno conosce all’infuori di colui
che la riceve.” (Apoc 2, 17).
Questa vita che mi è stata data risulta essere
brevissima. Segnata dall’orologio e dal calendario arde solo nel momento
presente, così breve, secondo le parole di S. Agostino, che appena
nominato è già passato. Io vivo solo nel momento presente e solo
in esso mi è possibile spingere lo sguardo per vedere le cose e decidere
come agire. E’ evidente quanto valga la pena essere sveglio e presente in
quello che mi passa ora tra le mani per potermi accorgere del valore delle
cose, per non sonnecchiare nell’abitudine, per non lasciarmi strappare
l’attenzione dai fantasmi di un più o meno probabile futuro.
Poiché la vita fugge
e ferma solo al capolinea
arde sulla miccia di morte.
Traccia di cenere ne archivia il passo
ed è subito fredda.
Non c’è sibilla che sappia
misurarti lo stoppino.
Alla fine saprai
che hai vissuto un istante.
Il piccolo fuoco acceso, che segna il pulsare presente
della mia vita, ha necessità di essere costantemente alimentato. Le
punte delle mie radici devono infilarsi negli anfratti più piccoli
dell’ambiente in cerca di nutrimento. Il cibo mi sta intorno molto
più abbondante di quanto io possa assimilarne. Esso è costituito
dalla presenza di ciascuna persona che incontro e mi irrobustisce quando riesco
a trovare in essa quello che manca a me, se imparo la persona, se mi accorgo
che ognuno, uomo o donna, è una parola del Creatore detta a me una volta
sola.
Il resto che mi tocca è di vincere i
pregiudizi, esigere da me stesso la pulizia degli occhi e del cuore così
da poter vedere come ogni persona appartiene a sé stessa e costituisce
una ricchezza irrepetibile, è l’alimento della mia fame esistenziale.