|
|
LA PROFEZIA E IL SACRIFICIO
di GAD LERNER
Con
la rivelazione del terzo segreto di Fatima, che lo coinvolge personalmente,
la già straordinaria vicenda umana di Karol Wojtyla tracima nel sovrannaturale fino a interferire col
nucleo cruciale del Novecento, cioè del secolo in cui l'umanità -come mai
prima di allora - si è misurata con 'eventualità di vivere senza Dio.
La catena impressionante di segnali, presagi, cicatrici che unisce il 13
maggio del 1917, il giorno della prima apparizione mariana di Fatima, al 13
maggio 1981, il giorno dell'attentato in San Pietro, racchiude in sé un ciclo
storico.
Uu ciclo inaugurato dalla Rivoluzione
atea che scuoterà il mondo ma, meno di settant'anni
dopo, comincerà a ripiegare proprio dalla Polonia sotto la spinta di masse
operaie scese in sciopero issando quella stessa immagine di Maria. Il legame carnale di Giovanni Paolo II con tale
vicenda è riconoscibile due volte, fuso nel piombo e nell'oro: nel piombo del
proiettile di Ali Agca, già incastonato dentro la
corona della Madonna di Fatima; nell'oro dell'anello donato dal cardinale Wyszynski al vescovo di Cracovia nel giorno in cui
diveniva papa, da lui deposto venerdì ai piedi di quella statua.
Rivelando infine il suo assoluto, intimo coinvolgimento nella vicenda
novecentesca, è come se il papa volesse saldare il conto con quel peccato
originale della modernità. Un peccato originale che la Chiesa, lungo tutto il
secolo trascorso, ha sempre additato nel regno del comunismo più ancora che
nella tragica parentesi nazista. E lo ha fatto, Wojtyla,
indicando l'artefice del rivolgimento epocale nella Vergine Maria, cui già aveva dedicato la sua investitura al
soglio pontificio col motto "Totus tuus". La
Vergine, dunque, come liberatrice dal peccato originale
della modernità, "la vera prima Eva, la nuova Eva, la Eva rinnovata e
riscattata", per dirlo con Jean Guitton.
Chi non appartiene alla Chiesa cattolica segue stupefatto questo accrescersi
della devozione mariana in un mondo egemonizzato dalla razionalità, per
convivere con la quale la stessa fede religiosa s'è forzata ad esprimersi in
forme nuove. Ma intanto la rivelazione di Fatima nell'anno del Giubileo ci
aiuta a spiegarci anche il coraggio esibito da Wojtyla
due mesi fa, quando si trattava di sovvertire la tradizione, osando il
"mea culpa" per le colpe storiche della Chiesa. Se il papa
cristiano non esitava a dar prova di umiltà al mondo, di fronte al Muro del
Pianto, è perché in un certo senso si sentiva il più forte, l'unico capo
spirituale in grado di misurarsi con i confini, i conflitti, i sistemi
economici contemporanei, attingendo a una "potenza" personale
derivante però dal vivere immedesimato nella dimensione mistica. Quasi che
l'ambizione politica si nutrisse di dimestichezza col miracolo. Quasi che
anche lo stratega cristiano dentro il tempo della scristianizzazione,
possedesse, come i pastorelli di Fatima,
l'ingenuità d'animo necessaria a udire la voce degli angeli.
Si può non condividere la fede assoluta che accomuna il papa mistico a
moltitudini di praticanti una religione popolare, densa di profumi, visioni,
simboli rituali; ma bisogna riconoscerne l'ispirazione misteriosa quale forza
motrice di tutto quanto il suo pontificato.
Il papa polacco, il papa che ha conosciuto dal di dentro il comunismo e la
spiritualità che quel regime invano ha tentato di sopprimere, trascina le
coincidenze sino a renderle eventi formidabili. Ora comprendiamo perché
proprio lui, venuto dall'Est, decise in ottemperanza al secondo mistero di
Fatima, di consacrare la
Russia e il mondo al cuore immacolato di Maria, il 24 marzo 1984. Cinque anni dopo cadeva il Muro
di Berlino. Con precisione impressionante, Wojtyla
chiude il cerchio di una biografia che tassello dopo tassello lo conduce al
bandolo del Novecento. Il linguaggio con cui delinea l'identità cristiana,
pur sforzandosi di riconnetterla alle radici bibliche originarie, non è più
però quello antico di un Dio che si manifesta direttamente all'uomo
attraverso i suoi segnali. Sembrerebbe che per lui Dio abbia parlato una
volta per tutte nella Scrittura, e che allora la modernità non di teofanie
abbia bisogno, ma di nuovi tramiti, presagi, visioni.
Il moltiplicarsi delle apparizioni segnalate qui e là della Madonna, a
centinaia ormai, anche se il Vaticano ne autentica solo sette in tutto come
accertate, è un tratto tipico dell'età moderna. Solo nel 1854 l'Immacolata
Concezione diviene un dogma della Chiesa cattolica, accentuandone il distacco
dal pensiero protestante. La figura di Maria, la
semplice donna di Nazareth prescelta secondo il Vangelo quale madre di Dio,
s'è dunque ingigantita col passare dei secoli. Elevata al rango di Regina -si
potrebbe dire- a furor di popolo. Questa tradizione cristiana non esita a
sfiorare perfino il tratto pagano della dea madre pur di edificare una
religione universale capace di assumere dentro di sé le culture preesistenti.
E prima di diventare papa Karol Wojtyla
trova qui, nella religiosità semplice del rosario (un Padre nostro, dieci Ave
Maria) il suo bagaglio culturale oltre che la sua
fede. A Giovanni Paolo II, poi, toccherà immergersi ancor più direttamente
nella storia. Rievocando l'attentato cui è miracolosamente sopravvissuto,
così nel maggio '91 egli stesso narrava la sua predestinazione: "Dieci
anni fa fui introdotto nell'esperienza di Fatima vissuta dalla Chiesa, legata
a un particolare affidamento al Cuore della Madre del Redentore. La Provvidenza divina
mi ha consentito di divenire, in modo particolare, testimone di tale
esperienza. So che la vita, donatami di nuovo dieci anni fa, mi è stata data
dalla misericordiosa Provvidenza".
Ieri il suo portavoce Navarro ricordava come subito all'indomani
dell'attentato, nel suo letto d'ospedale, il papa chiese gli fosse recato il
testo della terza profezia di Fatima, di cui condivideva il segreto con soli
altri tre esseri viventi. Eccolo dunque giunto al traguardo del 2000, a pochi giorni
dall'ottantesimo compleanno, tornato a Fatima per esprimere riconoscenza in
pubblico alla beata pastorella Giacinta "per i sacrifici e le preghiere
fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire". Sentiva
di essere lui, proprio lui, Karol Wojtyla, il vescovo vestito di bianco che cammina
faticosamente verso la croce, tra i cadaveri dei martirizzati, e cade a terra
come morto, sotto i colpi di arma da fuoco.
La decisione di divulgare una tale profezia incarnata, sembra voler chiudere
nel bimillenario cristiano una fase della storia
della Chiesa. Così la Chiesa
di Roma, passata dallo spirito di crociata alla fondazione dell'Occidente
come civiltà universale, scossa in seguito dall'impatto drammatico con
l'insorgenza dell'ateismo nel suo stesso seno, proclama ora di essergli
sopravvissuta. Ma Giovanni Paolo II sa bene che quell'insidia
si rinnova nel mondo contemporaneo.
Oggi forse è ridotto a fantasma inquietante il comunismo, cioè l'ateismo del
ventesimo secolo contro cui sarebbe apparsa la Madonna di Fatima e che
lui ha incrinato con la sua potenza spirituale. L'ateismo, però, o meglio
l'idea che il consesso umano sia maturato fino a poter fare a meno di una
legge e di una speranza trascendenti, tuttora rappresenta la grande sfida che
- senza più certezze territoriali nè istituzionali-
toccherà in sorte alle religioni del terzo millennio.
|
|