A Cristoforo Marlowe *
DEL DIAVOLO
Illustre poeta,
Vi ho incontrato la prima volta, leggendo
il poeta Carducci.
Questi si finge in carrozza, viaggiante lungo il Chiarone,
fiumiciattolo della Maremma toscana: le "smunte cavalle" corrono, il
buio cresce, cade una pioggia leggera e il poeta sta leggendo proprio un Vostro
libro. Deve ricavar dalla lettura visioni allucinanti, perché scrive:
"dal
reo verso bieco,
simile a sogno d’uomo,
cui molta birra gravi...
esala un vapore acre
d’orrida tristizia".
Ad un certo punto non
ne può più e butta addirittura il Vostro libro:
"Via, tu, Marlowe, a
l’acque!".
Ero un ragazzo,
allora. Naturale che mi chiedessi: "Che cosa avrà contenuto di orrido quel libro? Non posso ripescarlo dalle acque del Chiarone; chissà se lo pesco in biblioteca?".
L’ho pescato: la
"Storia tragica del dottor Faust".
Davvero tragica e fosca. Nelle prime pagine vi trovai i termini del contratto tra Faust e il diavolo: "Primo:
il dottor Faust potrà essere uno spirito in forma e
sostanza. Secondo: Mefistofele diavolo sarà suo servo
ai suoi ordini. Terzo: Mefistofele
farà o recherà a Faust qualsiasi cosa. Quarto: Mefistofele sarà nella camera o nella casa di Faust, invisibile. Quinto: egli apparirà al detto Giovanni Faust in qualsiasi momento, nella forma o nell’aspetto che egli vorrà".
"Io, Giovanni Faust di Wittemberg, dottore, col
presente atto cedo anima e corpo a Lucifero, principe
dell’Est, e al suo ministro Mefistofele e, inoltre,
concedo loro pieno diritto, dopo trascorsi 24 anni, di portare il
suddetto Giovanni Faust, corpo e anima, carne, sangue
e beni nella loro dimora, dovunque sia. Di mia mano. Giovanni Faust".
Arrivato alla fine
del dramma, io chiedevo a me stesso: "Bravissimo il Marlowe
come poeta dell’orrido, ma non è stupido il diavolo e non è pazzo il dottore
nel condurre avanti un contratto di questo genere?".
Oggi sono in grado
di rispondere: "Si, stupido il diavolo, pazzo il dottore e fortuna che il
contratto non sia mai esistito!". Ma ecco, sento altri, che intervenendo, dicono: "La
fortuna è invece che il diavolo non esiste! ".
A Voi, Marlowe, questa moderna negazione del diavolo interessa
poco, penso; verso di essa inclinavate, se V’ho capito
bene, già 450 anni fa. A me, invece, essa dispiace moltissimo.
Con Carlo Baudelaire, come Voi poeta e come
Voi tutt’altro che farina da far ostie, penso che
"la più riuscita beffa del diavolo sia questa: far credere agli uomini che
egli non esiste". Lui, uno dei protagonisti della storia, cerca di passare
in grande incognito nel mondo e di farsi negare dagli uomini per portarli a
promuovere contro Dio la rivolta che fu già sua, e in
parte c’è riuscito.
Una prova s’è
avuta, quando, alcuni mesi fa, il papa fece un severo richiamo sul diavolo, dicendo che esso esiste non soltanto come male impersonale,
ma come persona vera, invisibile sì, ma operosamente attiva ai danni
dell’uomo.
Ci furono delle
grosse reazioni. Alcuni, dall’alto di giornali e riviste, improvvisandosi teologi,
sentenziarono sussiegosamente non essere discorso
serio quello d’un papa, che risuscita miti medievali e interrompe il
"progresso" di una teologia, che stava ormai confinando il diavolo in
un minimo cantuccio imposto dalla "cultura".
Uscì perfino
un libro: "di papa e il diavolo".
Voi, Marlowe, l’avreste definito "malignantis
naturae": in quel libro, infatti, il diavolo è
solo un pretesto: il servizio di Paolo VI alla Chiesa e al mondo è il tema
vero, trattato con l’apparente severo armamentario dei dati e della ricerca
obiettiva: sotto, invece, c’è ora congenita incapacità di capire cose di
Chiesa, ora ingenuità di orecchiante, ora spiacevole
tendenziosità.
Più positiva, la reazione di alcuni teologi di "manica
larga". Interpellati, essi, magari a denti stretti, risposero che un
cattolico non può decentemente negare l’esistenza del diavolo, tanto apertamente
ne parla
Qui sta il punto:
Nel Nuovo Testamento c’è più abbondanza. Vi si incontrano spesso questi nomi: "demoni",
"spiriti, "spiriti maligni", "spiriti impuri, "il
maligno", "il tentatore". Questi "spiriti" , secondo il Vangelo, cercano
di opporsi alla venuta del Regno, possono tentare gli uomini come hanno tentato
Gesù nel deserto.
Per san Giovanni la
passione di Gesù è una lotta contro il demonio; negli
Atti è detto che la predicazione
degli Apostoli sarà la continuazione della lotta tra Regno di Dio e regno del demonio.
Più volte sia Gesù che i suoi ascoltatori danno al demonio la colpa di
malattie: cecità, mutismo, sordità, convulsioni, disfunzioni mentali. Gesù guarisce
quelle malattie, mai però attraverso formule magiche o esorcismi, bensì
impartendo un ordine, facendo un semplice gesto.
San Paolo parla
spesso della
Più colorito, il
libro dell’Apocalisse. Per la verità,
la sua demonologia, a sfondo di lotte e di vittorie di angeli
su demoni, non è facile da interpretare. Dall’Apocalisse è influenzata la demonologia dei primi secoli
cristiani. Vi è frequente il "tema dell’astuzia". Dio avrebbe nascosto la divinità sotto la natura umana di
Cristo. Il diavolo vi si
sarebbe gettato sopra
sprovvedutamente. Preso come uno stupido pesce all’amo, dice san Gregorio
papa. Imprigionato come un sorcio goloso alla trappola della croce, dice sant’Agostino. San Cirillo di Gerusalemme parla invece di
veleno, che, inghiottito, obbliga il diavolo a sputar fuori le anime, che
teneva prigioniere.
Questo tema del
diavolo ingannatore ingannato, abbandonato in seguito dai teologi, fu ripreso dagli artisti. Non piacque a Voi, Marlowe, che faceste finire per sempre il povero Faust sotto le sgrinfie di Mefistofele,
ma piacque a Dante, piacque a Goethe.
In Dante abbiamo Buonconte di Montefeltro,
scomunicato e vittima sicura del diavolo, il quale sta già aspettandolo come
sua preda. Ma Buonconte, prima di morire, ha la buona idea di invocare
O tu del Ciel, perché ne
prive?
In Goethe il povero Mefistofele,
dopo essersi affaticato lunghi anni per soddisfare tutte le voglie di Faust giovane e vecchio, resta pure con un palmo di naso.
All’ultimo momento, infatti, scendono dal cielo interi cori di
Angeli a sconfiggere le milizie diaboliche e a salvare Faust. Dispettoso, Mefistofele
grida:
L’anima
promessa...
me l’han frodata con raggiro!
Ma Dio non raggira
nessuno, checché ne dica Mefistofele. Questi, invece,
con tutti i suoi, e raggiratore.
E questo è il tema
dominante della demonologia dei Padri, che si rifugiarono nel deserto nei
primi secoli della Chiesa. Questo deserto non è da essi
concepito come rifugio opposto alla corruzione del mondo e luogo dove Dio nella
solitudine parla in modo privilegiato al cuore dell’uomo. Viceversa, è il campo
di battaglia, dove i solitari vanno a misurarsi col
diavolo e a sbaragliarlo come già aveva fatto Gesù. I
diavoli, secondo quei Padri, considerano il deserto dominio proprio. "Via
da casa nostra!", gridano a sant’Antonio
e gli fanno trovare sulla strada cento trabocchetti, perch’egli non debba passare e non venga a disturbare
l’ultimo loro rifugio, riempiendolo di monaci.
Sono famosi
i brutti tiri, che essi
gli hanno
giocato e che diventano pane quotidiano per tutti gli anacoreti:
pii pellegrini, che vanno a visitare
i Padri del deserto, se il sentono raccontare con stupore. San Pacomio piega le ginocchia
per pregare, il diavolo gli scava davanti un buco; sta lavorando, il diavolo
si drizza improvvisamente davanti a lui sotto forma di gallo, che gli grida
sotto il naso; sta pregando, e un lupo o una volpe gli
saltano addosso urlando. San Macario, in viaggio a un
tempio idolatrico, lungo il cammino ha piantato nella
sabbia delle piccole canne per ritrovare la strada al ritorno; si
addormenta, ma intanto il diavolo strappa tutte le canne e Macario se le trova
in fascio, a mo’ di cuscino, sotto la testa.
Insomma: diavoli
tentatori, dispettosi, disturbatori, invidiosi, sui quali tuttavia il monaco,
se vigila e prega, riporterà completa vittoria. Più che di fronte a storie
vere, si capisce, ci troviamo di fronte a libri didattici o moralistici.
Eppure furono letti e
creduti come storia, impressionando i fedeli semplici e dando origine ad altri
libri e ad altre credenze.
Nel Medio Evo si
crede ancora che il diavolo venga a tormentare specialmente i più buoni sotto
apparenze ora spaventose ora conturbanti. La povera monachella desidera un cesto di insalata? in quel cesto c’è Satana. Il frate si compiace di un
uccellino che canta nella sua celia solinga? in quel
canto c’è Satana. Anche nelle miniature del libro di preghiere può essere
annidato Satana, anche nell’ immagine dipinta sopra l’altare, perfino nella stessa
corda, che cinge il saio del frate.
Peggio: è Satana,
che, incube,
violenta le vergini e procrea nel loro seno figli maledetti. Ahimé! La
religione medievale sconfina spessissimo nella superstizione in questa materia.
Roberto duca di
Normandia fu soprannominato il Diavolo,
perché creduto generato dal Diavolo.
Alla demonologia si
unì e alleò, spesso, nonostante gli sforzi della Chiesa, la magia. La fattucchiera,
la donna malefica, l’avvelenatrice trova credito perfino nei secoli XVI e
XVII. Si crede che essa possa utilizzare forze infernali contro un nemico. Si
pretende che donne ossesse si involino di notte per
andare a partecipare ai festini sabbatici di Satana.
Come spiegare tutto
questo? Non con la sola cattiveria, perché spesso c’è stata
ignoranza e buona fede. Diciamo allora: ingenuità di
scrittori, che hanno accettato fatti senza la debita verifica; creduloneria facilona, che mescolò imprudentemente parola
di Dio e manifestazioni superstiziose; fenomeni psicologici e patologici, che
furono guardati con occhio superficialmente religioso invece che con occhio
scientifico.
Rigettare queste
esagerazioni e questi errori non vuol dire però
rigettare tutto.
Che esista il diavolo,
puro spirito invisibile, non può fare più problema dell’esistenza di Dio e
degli Angeli. Ammettere la sua potenza sull’umanità non può far paura, se si
crede alla vittoria riportata da Cristo. Questi sulla croce pareva vinto. Invece era il vincitore e lo si
vide nella risurrezione.
Noi
ci troviamo nella stessa situazione: soggetti a tante tentazioni, prove e
pene, sembriamo vinti: con la grazia del Signore saremo dei vincitori!
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* CRIST0F0R0 MARLOWE, scrittore inglese (1564-93). Avventuriero spregiudicato, membro del gruppo intellettuale degli University Wits, autore di
liriche e drammi suggestivi e vigorosi, popolati da personaggi di un titanismo
preromantico. L’opera sua più nota è
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Albino Luciani
Illustrissimi
Edizioni Messaggero - Padova
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