Ai
quattro del Circolo Pickwick *
LE CANTONATE E
Mi siete sempre
stati simpatici, cari signori!
Voi, presidente
Pickwick, cavalleresco come un Don Chisciotte, con sempre alle costole quell’allegro
e fedele ragazzo di Sam Weller, pieno di trovate e saggio come un Sancio Panza.
E voi, Snodgrass, Tupman e Winkle con le vostre spassose bizzarrie! Tutti mi
siete stati simpatici!
Mentre leggevo, le
vostre figure balzavano su vive dalle pagine di Dickens a farmi sorridere e,
fino a un certo punto, capivo come fosse potuto accadere che un lettore morente
avesse chiesto a Dio, per grazia, dieci giorni ancora di vita, tanti quanti
occorrevano per avere e leggere l’ultima puntata del libro che vi immortala.
Ma eccovi, presidente Pickwick, in ginocchio davanti ad
una pietra scheggiata, emergente da terra vicino all’uscio di una casa.
-
Santo
cielo! esclamate voi, e strofinate la pietra col fazzoletto; intravedete sulla
superficie alcune lettere, avete immediata e precisa Ia sensazione che debba
trattarsi di un pezzo archeologico antichissimo, comperate dal padrone di casa
la pietra per dieci scellini e ve la portate come una reliquia alla locanda
presso i vostri tre amici.
Posta sulla tavola, la pietra viene "mangiata", da tutti con
sguardi brillanti di gioia Portata religiosamente alla sede del Circolo, su di
essa, davanti l’Assemblea generale appositamente convocata, aprono la bocca
diversi oracoli, facendo sulla iscrizione le più ingegnose e sottili congetture.
Voi stesso,
presidente, con la erudizione che vi distingue, scrivete un opuscolo con
ventisette possibili interpretazioni dell’iscrizione! Fatica meritatamente
premiata: sedici società scientifiche, nazionali e straniere, vi nominano
membro onorario, a riconoscimento della scoperta.
Ma che? Non salta
fuori un antagonista invidioso nella persona del socio Blotton? Questi effettua
un sopralluogo, interroga l’uomo che v’aveva venduta la pietra e riferisce al
Circolo: "La pietra è si antichissima, ma l’iscrizione è recente, eseguita
dall’uomo stesso che ce l’ha venduta: egli asserisce che ha inteso scrivere
questo e solo questo: BILL STUMP MIA FIRMA: tutti possono vedere!".
La reazione del Circolo è immediata: espulsione di Blotton come
denigratore e presuntuoso; occhiali d’oro votati e offerti al presidente
Pickwick, in segno di approvazione e stima; mozione di biasimo delle sedici
società nei confronti di Blotton.
Adesso, però, fra di noi, possiamo dircelo: non si trattava di un
"pezzo archeologico" ma di un banale, comune "sasso";
avevate preso una solenne "cantonata"", presidente; e, in buona
fede, l’avete fatta prendere ai tre amici, al Circolo intero e alle sedici
società.
Succede. E appunto perché succede, e affinché succeda il meno possibile,
san Tommaso, un dottore della Chiesa, ha scritto un opuscolo apposito sulle
"cantonate", intitolandolo "De fallacils". Mi permettete
di delibarne con voi qualche punto? Sì? Grazie!
***
La vostra cantonata, presidente, san Tommaso la chiamerebbe
"paralogismo", ossia argomentazione falsa, ma formulata in buona
fede.
Ce n’è anche oggi: capita, per esempio, a me di sentire spesso i
paralogismi di coloro che combattono in buona fede
Di solito, queste
cantonate in buona fede o "paralogismi" si prendono in forza di
pregiudizi, che sono nell’aria e sono fatti circolare dalla propaganda con
slogans incisivi. Esempio: "Chiesa dei poveri", "tesori del Vaticano",
"Chiesa alleata col potere" sono concetti che rendono oggi ostile
alla Chiesa parecchia gente, che fino a ieri l’amava e stimava senza riserve.
Richiesta, questa
gente, cosa intenda per "Chiesa dei poveri", magari non lo sa dire
bene; sentito che i famosi "tesori" non hanno prezzo commerciale, che
un reddito annuo anche cospicuo è fatto necessario per una S. Sede, che deve
provvedere a mille problemi e bisogni anche e soprattutto dei poveri, la
stessa gente si arrende in parte e conviene.
Ma tant’è: la
propaganda continua, i pregiudizi incidono, le "cantonate" non si
evitano. Dio, per fortuna, giudicherà un giorno gli uomini dopo aver pesato le
loro teste e il salverà - spero - nonostante le loro involontarie
idee storte!
*
**
Non tutti però,
argomentando falsamente, hanno la vostra buona fede, presidente; c’è chi si propone
volutamente di ingannare colle sue parole: allora non abbiamo più il
paralogismo, ma il "sofisma"
ed entrano in gioco brutte passioni umane. Quali?
Metto per primo lo
spirito di contraddizione, caratteristico del cosiddetto "Bastian
contrario". Tu affermi; egli sente il bisogno di negare. Tu neghi, bisogna
ch’egli affermi. Dialoghi con lui; mentre parli, pensa solo a come
contraddirti, confutarti e affermarsi.
Sul ponte stretto,
gettato tra le sponde di un torrentello, un mulo si era fermato e aveva saldamente
puntato gli zoccoli. Provarono a tirarlo per la cavezza, a spianargli le
costole con un bastone, non c’era verso che si muovesse. Di qua e di là del
ponte la gente aspettava impaziente.
-
Ci
penso io! - disse uno, che meritava di essere del Circolo Pickwick.
S’avvicinò, prese la coda del mulo e diede uno strattone: sentendo che lo
volevano indietro, la bestia partì come una freccia in avanti e lasciò libero
il passaggio.
Così siamo noi, a
volte, caro presidente! Facciamo quel che gli altri non vorrebbero facessimo;
non facciamo quel che gli altri desiderano da noi: cosi comportandoci, non
siamo sereni e retti nel pensare e nel parlare.
***
Avete mai sentito
parlare di Mohs, presidente?
Era uno scienziato,
morto nel 1839, due anni giusti dopo la pubblicazione dei "verbali"
del vostro Circolo. Egli è autore della "Scala di Mohs", che segna,
su dieci scalini ascensionali, la durezza dei minerali; dal talco e dal gesso esso porta, di durezza in durezza, su su fino al diamante.
Ebbene, presidente,
dovreste dire a Mohs che certe teste sembrano più dure del diamante: non cedono
mai, si incaponiscono in un’opinione sbagliata in barba ad ogni evidenza
contraria. "Date un chiodo ad un ostinato - dice il proverbio -
egli lo conficcherà con la sua testa!" In altre teste, è entrata
l’ipercritica; uomini che trovano il pelo nell’uovo, rivedono le bucce a tutti,
non si accontentano di niente e di nessuno.
Altri sono
dogmatisti: per aver letto qualche rivista o viaggiato o fatto qualche
esperienza, pensano di poter insegnare a tutti e mettono la punta del proprio
naso al centro dell’universo. Diceva uno di costoro:
Il Municipio?
io lo principio.
Il Parlamento?
io lo sostengo.
Domeneddio? L'ho fatto io!
E’ chiaro:
ostinati, ipercritici e dogmatisti sono più che esposti e inclinati al sofisma.
Viceversa, il modesto sentire di sé, il desiderio di ascoltare anche gli altri
inclina a dire la verità.
Si trovava in
queste buone disposizioni d’animo il Mochi, nostro etnologo fiorentino e vostro
contemporaneo, presidente, il quale aveva viaggiato moltissimo e soleva dire:
"Parigi? Sì, l’ho vista: è come una Firenze pili grande. Appena finita Firenze,
comincia un’altra Firenze, poi un’altra... Parecchie Firenze, insieme, fanno
Parigi. Massaua? Si, l’ho vista: è come una Firenze più piccola, senza
monumenti, senza il Viale dei Colli e senza il ‘Nuovo Giornale’". Molto
modesto, come vedete e bene, perché meno superbi si è, più s’è garantiti contro
l’insincerità e l’errore.
***
Senonché, oltre la
superbia personale, interviene anche la superbia di gruppo a causare sofismi.
Prendete il partito, la classe, il paese: si va a rischio di abbracciare quella
data idea non perché la si è riconosciuta vera, ma perché è l’idea del gruppo,
del partito. Gli errori del razzismo, del nazionalismo, del campanilismo,
dell’imperialismo, abbracciati da milioni di persone, vengono da qui.
Da qui anche i
sofismi prodotti dall’opportunismo. Per pigrizia, per interesse, si va senza
reagire dove vanno gli altri, piume portate dal vento, travicelli in balia
della corrente. Ci siete cascato anche voi, presidente, nei famosi comizi
elettorali in cui si fronteggiavano candidati ed elettori "azzurri"
e "gialli" della cittadina di "Mangia e bevi".
Sbarcato dalla
diligenza cogli amici, vi trovaste circondato da un gruppo eccitato di
"azzurri", che chiesero subito che simpatizzaste per il loro
candidato Slunkey. Trascrivo dai "Verbali del Circolo":
-
Urrà
per Slunkey! - ruggirono gli "azzurri".
-
Urrà
per Slunkey! - fece eco il Signor Pickwick, togliendosi il cappello.
-
Abbasso
Fizkin! - ruggirono gli "azzurri"".
-
Abbasso!
- ripeté il signor Pickwick.
-
Urrà!
- E qui si ebbe un boato simile a quello di tutto un
serraglio, quando l’elefante fa suonare la campana del rancio.
-
Chi è
Slunkey? - sussurrò a questo punto Tupman.
-
Non
so, - rispose Pickwick. nello stesso tono. - Ma zitto, non interrompere.
In certi casi è meglio fare quello che
fa la folla.
-
Ma se
ci fossero due folle? - suggerì il Signor Snodgrass.
-
Allora
bisogna gridare con quella più numerosa, - replicò Pickwick.
Ahimé! presidente,
avete detto più con questa frase che con un intero volume. Ahimé! Quando Si
arriva al punto di gridare con chi grida più forte, tutti gli errori possono
capitare. E non sempre facilmente riparabili. Voi lo sapete: basta un matto
per scagliare nel pozzo un braccialetto prezioso: venti savi, forse, non
bastano per estrarvelo.
Voi sapete e
volesse Iddio che tutti ne fossero persuasi e nessuno facesse il
"matto"!
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* PICKWICK, Snodgrass, Tupman e Winkle sono i bizzarri
protagonisti de Il Circolo Pickwick, una
nota opera dell’umorista inglese Charles Dickens (1812-70). Da una loro famosa
.cantonata il cardinale Luciani trae lo spunto per argomentare contro coloro
che in buona fede o meno attaccano
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Albino Lucani
Illustrissimi
Edizioni Messaggero - Padova
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