Sup, 21

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > La scomunica


Supplemento
Questione 21
Proemio

Veniamo ora a esaminare la scomunica. E in proposito tratteremo: primo, della sua definizione, della sua convenienza e delle sue cause; secondo, del soggetto che può scomunicare o essere scomunicato; terzo, dei contatti con gli scomunicati; quarto, dell'assoluzione dalla scomunica.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se la definizione della scomunica sia esatta;
2. Se sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno;
3. Se uno possa essere scomunicato per un danno temporale;
4. Se una scomunica ingiusta abbia qualche efficacia.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > La scomunica > Se sia esatta questa definizione della scomunica: "Separazione dalla comunione della Chiesa quanto al frutto e ai suffragi generali"


Supplemento
Questione 21
Articolo 1

SEMBRA che non sia esatta la definizione proposta da alcuni in questi termini: "La scomunica è la separazione dalla comunione della Chiesa quanto al frutto e ai suffragi generali".
Infatti:
1. I suffragi della Chiesa valgono per quelli per i quali sono fatti. Ora, la Chiesa prega per quelli che sono fuori di essa, cioè per gli eretici e per i pagani. Dunque essa prega anche per gli scomunicati posti fuori della Chiesa. E quindi i suffragi della Chiesa valgono anche per loro.

2. Nessuno può perdere i suffragi della Chiesa se non per una colpa. Ma la scomunica non è una colpa, bensì una pena. Perciò nessuno viene escluso dai suffragi comuni della Chiesa mediante la scomunica.

3. I frutti della Chiesa pare che si identifichino con i suffragi: poiché non può trattarsi dei frutti dei beni temporali; perché da questi gli scomunicati non sono esclusi. Perciò questa distinzione è inutile.

4. Anche la scomunica minore è una scomunica. Eppure con essa uno non perde i suffragi della Chiesa. Quindi la definizione data non è esatta.

RISPONDO: Chi col battesimo è inserito nella Chiesa è reso capace di due cose: di costituire il ceto dei fedeli, e di partecipare i sacramenti. E questa seconda cosa presuppone la prima perché i fedeli sono in comunione tra loro anche mediante la partecipazione ai sacramenti. Perciò si può essere posti fuori della Chiesa con la scomunica in due maniere. Primo, con la sola esclusione dai sacramenti: e questa è la scomunica minore. Secondo, con l'esclusione da entrambe le cose: e questa è la scomunica maggiore definita nell'articolo. E non ci può essere un terzo caso, cioè l'esclusione dalla comunione dei fedeli senza l'esclusione dai sacramenti, per il motivo indicato: poiché i fedeli sono in comunione tra loro mediante i sacramenti.
Ora, la comunione dei fedeli può essere di due generi: una nelle cose spirituali, come la preghiera reciproca, e le sacre funzioni liturgiche; l'altra in atti civili legittimi; le quali cose sono compendiate in queste parole: "Chi è colpito di anatema per un delitto, è escluso dalla bocca, dalla preghiera, dal saluto, dalla comunione e dalla mensa". "Dalla bocca", cioè dal bacio; "dalla preghiera", perché non si può pregare con gli scomunicati; "dal saluto", perché essi non vanno salutati; "dalla comunione", cioè da ogni rapporto sacramentale; "dalla mensa", perché nessuno mangi con essi. Ebbene, la definizione data implica l'esclusione dai sacramenti con le parole "quanto al frutto"; e dalla comunione dei fedeli nelle cose sacre ricordando "i suffragi comuni della Chiesa".
C'è poi un'altra definizione, che si fonda nell'esclusione dei due generi di atti: "La scomunica è la separazione da qualunque lecita comunione o atto legittimo [con i fedeli]".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È vero che si prega per gl'infedeli, ma essi non percepiscono il frutto della preghiera, finché non si convertono. Allo stesso modo si può pregare per gli scomunicati, non però nelle preghiere fatte per i membri della Chiesa: ed essi non percepiscono il frutto finché restano sotto la scomunica; ma si prega perché ottengano lo spirito di penitenza, così da meritare l'assoluzione.

2. Le preghiere dell'uno valgono per l'altro in quanto c'è un legame tra loro. Ora, l'azione di un uomo può essere legata a quella di un altro in due maniere. Primo, in forza della carità, che lega in Dio tutti i fedeli in una perfetta unità, secondo le parole del Salmo: "Io sono partecipe [di quanti ti temono]". Ora, non è la scomunica a distruggere questa unione; poiché uno non può essere scomunicato, se non a causa di un peccato mortale, col quale viene già escluso dalla carità indipendentemente dalla scomunica. Se poi questa è ingiusta, non può privare alcuno della carità, la quale rientra nei "massimi beni" di cui nessuno può essere privato contro la sua volontà.
Secondo, in forza dell'intenzione dell'orante, le cui preghiere vengono applicate in favore di colui per il quale sono fatte. È questa l'unione che viene annullata dalla scomunica. La Chiesa infatti, infliggendo tale censura, intende separare gli scomunicati dalla comunità dei fedeli, per i quali fa i suoi suffragi. Per conseguenza non giovano agli scomunicati le preghiere che vengono fatte per tutta la Chiesa. Né possono i fedeli pregare per loro in nome della Chiesa; ma soltanto, come persona privata, qualcuno può pregare per la loro conversione.

3. Il frutto spirituale della Chiesa proviene non soltanto dalle preghiere, ma anche dalla recezione dei sacramenti e dalla comunione con i fedeli.

4. La scomunica minore non è una scomunica vera e propria, ma è tale soltanto in parte. Quindi non è necessario che la definizione le si applichi in tutta la sua estensione, bensì soltanto sotto un certo aspetto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > La scomunica > Se sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno


Supplemento
Questione 21
Articolo 2

SEMBRA non sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno. Infatti:
1. La scomunica è una maledizione. Ma S. Paolo ci proibisce di maledire. Quindi non è giusto che la Chiesa scomunichi.

2. È bene che la Chiesa militante imiti quella trionfante. Ora, come leggiamo nell'Epistola di S. Giuda, "l'Arcangelo Michele, quando col diavolo si disputava il corpo di Mosè, non ardì pronunciare contro di lui una sentenza di maledizione, ma disse: "Ti reprima Iddio"". Perciò neppure la Chiesa militante deve maledire e scomunicare.

3. Non è giusto che una persona venga gettata nelle mani del nemico, se non è definitivamente perduta. Ma, secondo l'Apostolo, con la scomunica uno viene consegnato a Satana. Per conseguenza, poiché non dobbiamo disperare di nessuno in questa vita, la Chiesa non deve scomunicare nessuno.

IN CONTRARIO: 1. L'Apostolo, scrivendo ai Corinzi, comanda che uno venga scomunicato.

2. In S. Matteo, di chi si rifiuta d'ascoltare la Chiesa, sta scritto: "Abbilo in conto di un pagano e di un pubblicano". Ora, i pagani sono fuori della Chiesa. Perciò è giusto che la Chiesa, con la scomunica, escluda dalla sua comunione coloro che non vogliono ascoltarla.

RISPONDO: Il modo di giudicare della Chiesa deve imitare quello di Dio. Ma Dio punisce i peccatori in diverse maniere per guidarli al bene; primo, con i castighi: secondo, abbandonando l'uomo a se stesso affinché questi, privo degli aiuti che lo ritraevano dal male, riconosca la sua debolezza tornando umilmente a Dio dal quale si era allontanato con superbia. La Chiesa, con la scomunica, imita il modo di procedere divino in ambedue i casi. Imita cioè il giudizio di Dio che castiga con le pene, separando [il colpevole] dalla comunione dei fedeli, "affinché ne arrossisca". Mentre, escludendolo dai suffragi e dagli altri beni spirituali, imita il modo di procedere di Dio il quale [talora] abbandona l'uomo a se stesso, affinché questi umilmente riconosca la sua condizione e faccia ritorno a lui.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La maledizione può essere di due generi. Primo, con l'intenzione di causare il male che si infligge o si augura. E questa maledizione è del tutto proibita. -
Secondo, indirizzando il male, che viene augurato, al bene di colui che viene maledetto. Tale maledizione talvolta è lecita e salutare: così come fa il medico che infligge un nocumento al malato, p. es.. un taglio, per liberarlo dall'infermità.

2. Il diavolo è incorreggibile, e quindi non può ricavare bene alcuno dalla scomunica.

3. Per il fatto che una persona viene scomunicata, al posto dei tre benefici assicurati dai suffragi della Chiesa, incorre in altrettanti mali. Quelli infatti prima di tutto giovano a ottenere l'aumento della grazia, per coloro che la possiedono, o a meritarla per coloro che ne sono privi. Ecco perché il Maestro delle Sentenze afferma che con la scomunica l'uomo "viene privato della grazia".
In secondo luogo sono di aiuto per poter custodire le virtù. Per questo egli dice che "viene sottratta la salvaguardia di esse": non che gli scomunicati vengono assolutamente esclusi dalla provvidenza di Dio, ma soltanto da quella speciale protezione accordata ai figli della Chiesa.
Infine giovano a difenderci dal nemico. E per questo è detto che con essa "viene conferita al demonio maggiore capacità di agire sullo scomunicato", sia nell'anima che nel corpo. Per tale motivo nella Chiesa primitiva, poiché allora erano necessari i prodigi per attirare gli uomini alla fede, come si manifestavano con segni sensibili i doni dello Spirito Santo, così anche la scomunica si riconosceva dai maltrattamenti corporali operati dal demonio [sullo scomunicato]. E non c'è inconveniente alcuno nel consegnare al nemico una persona che non è definitivamente perduta, poiché non si fa questo per condannare, ma per correggere. La Chiesa infatti può, quando lo crede opportuno, liberarla di nuovo.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > La scomunica > Se uno possa essere scomunicato per un danno temporale


Supplemento
Questione 21
Articolo 3

SEMBRA che nessuno possa essere scomunicato per un danno temporale. Infatti:
1. La pena non deve essere superiore alla colpa. Ora, la scomunica è privazione di un bene spirituale, il quale sorpassa ogni bene temporale. Quindi nessuno può essere scomunicato per le cose temporali.

2. L'Apostolo c'insegna che "a nessuno dobbiamo rendere male per male". Ma sarebbe rendere male per male se si dovesse infliggere la scomunica per un danno temporale. Perciò in nessun modo essa si può infliggere.

3. IN CONTRARIO: S. Pietro condannò a morte Anania e Saffira per avere defraudato il prezzo di un campo. Perciò anche la Chiesa può scomunicare per danni temporali.

RISPONDO: Con la scomunica il giudice ecclesiastico esclude in qualche modo dal Regno [di Dio]. Ora, poiché egli non può escludere da esso se non gli indegni, come risulta dalla definizione della potestà di giurisdizione; e d'altra parte nessuno può essere considerato indegno prima di aver perso, col peccato mortale, la carità, la quale è la via del Regno; ne segue che nessuno può essere scomunicato se non a causa di un peccato mortale. Poiché dunque chi danneggia il prossimo corporalmente o nelle cose temporali può peccare mortalmente e quindi agire contro la carità, anche la Chiesa può punire con la scomunica per un danno temperale ricevuto.
La scomunica però costituisce la massima pena. Ora, "le pene", come dice il Filosofo, "sono delle medicine", che il medico saggio usa a cominciare da quelle meno pericolose e più leggere. Perciò, nonostante il peccato mortale, la scomunica si può infliggere soltanto nel caso che il colpevole sia contumace, o perché non si presenta in giudizio, o perché si allontana senza permesso prima che il giudizio sia terminato, oppure perché non obbedisce a quanto in esso è stato concluso. In questo caso, se, previa [canonica] ammonizione, egli si rifiuterà di obbedire, sarà considerato contumace. E il giudice, non avendo altro mezzo di correzione, dovrà scomunicarlo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La gravità della colpa non va misurata dal danno che uno fa, ma dalla, volontà con cui uno agisce contro la carità. Perciò, benché la pena della scomunica sia superiore al danno, non supera la gravità della colpa.

2. A colui che viene punito non si fa del male, ma del bene, dato che "le pene sono medicine", come è già stato detto.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > La penitenza > La scomunica > Se la scomunica inflitta ingiustamente produca qualche effetto


Supplemento
Questione 21
Articolo 4

SEMBRA che la scomunica inflitta ingiustamente non produca nessun effetto. Infatti:
1. Con la scomunica "viene sottratta la protezione e la grazia di Dio", di cui nessuno può essere privato ingiustamente. Perciò la scomunica inflitta ingiustamente non produce effetto alcuno.

2. S. Girolamo afferma che è "cipiglio farisaico" considerare legato o assolto colui che è legato o assolto ingiustamente. Ma quel cipiglio era superbo ed erroneo. Quindi una scomunica ingiusta non produce nessun effetto.

IN CONTRARIO: dice S. Gregorio che "i precetti del pastore sono da temersi, siano essi giusti o ingiusti". Ora, non si dovrebbero temere se non avessero niente di nocivo. Quindi ...

RISPONDO: Una scomunica può essere ingiusta per due motivi. Primo, in rapporto a colui che la infligge: come quando agisce per odio e per ira. In tal caso, benché chi la infligga pecchi, la scomunica ottiene il suo effetto; perché il colpevole se la merita, benché il superiore operi ingiustamente.
Secondo, in rapporto alla scomunica stessa: o per mancanza di giusta causa, o per inosservanza delle norme giuridiche nell'atto di infliggerla. Allora, se l'errore rende nulla la sentenza, questa non ha nessun effetto, perché non vi è scomunica. Se invece non invalida la sentenza, essa produce il suo effetto. Lo scomunicato, per conseguenza, dovrà umilmente obbedire, il che ridonderà a proprio merito; oppure potrà chiedere l'assoluzione da chi ha inflitto la scomunica o ricorrere a un giudice superiore. Se invece disprezza la sentenza, pecca mortalmente.
Talvolta però la causa è giusta da parte di chi la infligge e non da parte di chi la subisce, come quando uno viene condannato per un falso delitto sufficientemente provato in giudizio. In questo caso, se sopporterà la pena con umiltà, il merito di tale virtù compenserà il danno ricevuto con la scomunica.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Benché l'uomo non possa perdere ingiustamente la grazia di Dio, può tuttavia perdere ingiustamente ciò che ad essa dispone, come è chiaro quando uno viene privato dell'istruzione [religiosa] dovuta. In questa maniera si dice che la scomunica sottrae la grazia di Dio.

2. S. Girolamo in quel testo parla delle colpe non delle pene, le quali ultime possono essere inflitte anche ingiustamente dai prelati della Chiesa.

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