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Se sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno
Supplemento
Questione 21
Articolo 2
SEMBRA non sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno. Infatti:
1. La scomunica è una maledizione. Ma S. Paolo ci proibisce di maledire. Quindi non è giusto che la Chiesa scomunichi.
2. È bene che la Chiesa militante imiti quella trionfante. Ora, come leggiamo nell'Epistola di S. Giuda, "l'Arcangelo Michele, quando col diavolo si disputava il corpo di Mosè, non ardì pronunciare contro di lui una sentenza di maledizione, ma disse: "Ti reprima Iddio"". Perciò neppure la Chiesa militante deve maledire e scomunicare.
3. Non è giusto che una persona venga gettata nelle mani del nemico, se non è definitivamente perduta. Ma, secondo l'Apostolo, con la scomunica uno viene consegnato a Satana. Per conseguenza, poiché non dobbiamo disperare di nessuno in questa vita, la Chiesa non deve scomunicare nessuno.
IN CONTRARIO: 1. L'Apostolo, scrivendo ai Corinzi, comanda che uno venga scomunicato.
2. In S. Matteo, di chi si rifiuta d'ascoltare la Chiesa, sta scritto: "Abbilo in conto di un pagano e di un pubblicano". Ora, i pagani sono fuori della Chiesa. Perciò è giusto che la Chiesa, con la scomunica, escluda dalla sua comunione coloro che non vogliono ascoltarla.
RISPONDO: Il modo di giudicare della Chiesa deve imitare quello di Dio. Ma Dio punisce i peccatori in diverse maniere per guidarli al bene; primo, con i castighi: secondo, abbandonando l'uomo a se stesso affinché questi, privo degli aiuti che lo ritraevano dal male, riconosca la sua debolezza tornando umilmente a Dio dal quale si era allontanato con superbia. La Chiesa, con la scomunica, imita il modo di procedere divino in ambedue i casi. Imita cioè il giudizio di Dio che castiga con le pene, separando [il colpevole] dalla comunione dei fedeli, "affinché ne arrossisca". Mentre, escludendolo dai suffragi e dagli altri beni spirituali, imita il modo di procedere di Dio il quale [talora] abbandona l'uomo a se stesso, affinché questi umilmente riconosca la sua condizione e faccia ritorno a lui.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La maledizione può essere di due generi. Primo, con l'intenzione di causare il male che si infligge o si augura. E questa maledizione è del tutto proibita. -
Secondo, indirizzando il male, che viene augurato, al bene di colui che viene maledetto. Tale maledizione talvolta è lecita e salutare: così come fa il medico che infligge un nocumento al malato, p. es.. un taglio, per liberarlo dall'infermità.
2. Il diavolo è incorreggibile, e quindi non può ricavare bene alcuno dalla scomunica.
3. Per il fatto che una persona viene scomunicata, al posto dei tre benefici assicurati dai suffragi della Chiesa, incorre in altrettanti mali. Quelli infatti prima di tutto giovano a ottenere l'aumento della grazia, per coloro che la possiedono, o a meritarla per coloro che ne sono privi. Ecco perché il Maestro delle Sentenze afferma che con la scomunica l'uomo "viene privato della grazia".
In secondo luogo sono di aiuto per poter custodire le virtù. Per questo egli dice che "viene sottratta la salvaguardia di esse": non che gli scomunicati vengono assolutamente esclusi dalla provvidenza di Dio, ma soltanto da quella speciale protezione accordata ai figli della Chiesa.
Infine giovano a difenderci dal nemico. E per questo è detto che con essa "viene conferita al demonio maggiore capacità di agire sullo scomunicato", sia nell'anima che nel corpo. Per tale motivo nella Chiesa primitiva, poiché allora erano necessari i prodigi per attirare gli uomini alla fede, come si manifestavano con segni sensibili i doni dello Spirito Santo, così anche la scomunica si riconosceva dai maltrattamenti corporali operati dal demonio [sullo scomunicato]. E non c'è inconveniente alcuno nel consegnare al nemico una persona che non è definitivamente perduta, poiché non si fa questo per condannare, ma per correggere. La Chiesa infatti può, quando lo crede opportuno, liberarla di nuovo.
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