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Se la soddisfazione sia un atto di giustizia
Supplemento
Questione 12
Articolo 2
SEMBRA che la soddisfazione non sia un atto di giustizia. Infatti:
1. La soddisfazione mira a riconciliare con la persona che è stata offesa. Ma la riconciliazione, essendo un atto di amore, appartiene alla carità. Dunque la soddisfazione è un atto di carità e non di giustizia.
2. Causa dei nostri peccati sono le passioni che ci spingono al male. Ora, la giustizia, come il Filosofo insegna, ha per oggetto non le passioni, ma le operazioni. Perciò avendo la soddisfazione il compito di "distruggere le cause dei peccati", come è detto nelle Sentenze, è chiaro che non è un atto di giustizia.
3. Premunirsi per il futuro non è un atto di giustizia, ma di prudenza, tra le cui parti rientra la cautela. Ma questo è appunto il compito della soddisfazione; poiché spetta ad essa "non lasciare adito alle suggestioni dei peccati". Dunque la soddisfazione non è un atto di giustizia.
IN CONTRARIO: 1. Nessuna virtù fuori della giustizia ha per oggetto ciò che è dovuto. Ma la soddisfazione, come dice S. Anselmo, "rende a Dio l'onore che gli è dovuto". Quindi la soddisfazione è un atto di giustizia.
2. Nessuna virtù fuori della giustizia ha il compito di stabilire l'uguaglianza circa le cose esterne. Ora, proprio questo si compie mediante la soddisfazione, che stabilisce un'uguaglianza tra l'espiazione e l'offesa precedente. Dunque la soddisfazione è un atto di giustizia.
RISPONDO: Il giusto mezzo della giustizia, come insegna il Filosofo, viene determinato secondo l'adeguazione di una cosa con un'altra in base a una certa proporzionalità. Perciò essendo una tale adeguazione implicita nel termine stesso di soddisfazione [satisfactio], perché l'avverbio satis implica uguaglianza di proporzione, è evidente che la soddisfazione è formalmente un atto di giustizia.
L'atto di giustizia, però, a detta del Filosofo, o regola il rapporto di se stessi con altri, come quando uno restituisce a un altro ciò che gli deve; oppure il rapporto di due persone estranee, come quando il giudice fa giustizia tra due contendenti. Ora, quando l'atto di giustizia regola il soggetto stesso rispetto ad altri, l'uguaglianza risiede in colui che agisce; quando invece regola i rapporti tra due estranei, l'uguaglianza si attua in chi subisce la sentenza. E poiché il termine satisfactio esprime l'uguaglianza di chi fa o agisce, esprime a rigore un atto di giustizia di se stessi verso un altro.
Ora, verso un altro uno può fare giustizia, sia nell'ambito degli atti e delle passioni, che in quello dei beni esterni: come l'ingiustizia stessa viene fatta ad altri, o sottraendo loro dei beni, o molestandoli con qualche atto. E poiché l'uso dei beni esterni consiste nel donarli, l'atto di giustizia che li riguarda viene denominato rendere; mentre il termine soddisfare indica chiaramente l'uguaglianza nell'ambito delle azioni, sebbene talora un termine venga usato per l'altro.
E poiché l'adeguazione non si può fare che tra cose disuguali, la soddisfazione presuppone una disuguaglianza nell'ambito dell'agire, il che costituisce un'offesa: quindi la soddisfazione si riferisce a un'offesa che l'ha preceduta. Ma l'offesa precedente non è oggetto che della giustizia vendicativa, la quale ristabilisce l'uguaglianza in colui che viene a subire il giusto castigo, sia che si tratti del medesimo soggetto ad agire e a subire, come quando uno infligge una pena a se stesso, sia che si tratti di una persona diversa, come quando uno viene punito dal giudice, perché la giustizia vendicativa si riferisce all'uno come all'altro. Allo stesso modo fa la penitenza, la quale si limita a ristabilire l'uguaglianza nel medesimo soggetto, il quale applica a se stesso la pena: cosicché anche la penitenza è in qualche modo una specie di giustizia vendicativa.
E in tal modo risulta che la soddisfazione, la quale implica [il ristabilimento dell'] uguaglianza nel soggetto medesimo, rispetto a una sua offesa precedente, è un atto di giustizia, rientrando essa in quella parte della giustizia che è appunto la penitenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La soddisfazione, come abbiamo già detto, è un compenso per l'ingiuria commessa. Ora, come l'ingiuria che si commette rientra direttamente nella disuguaglianza che colpisce la giustizia, e indirettamente nella disuguaglianza che ferisce l'amicizia; così la soddisfazione direttamente porta all'uguaglianza della giustizia, e indirettamente a quella dell'amicizia. E poiché un atto promana immediatamente da quell'abito al cui fine è direttamente ordinato, mentre viene comandato da quello al cui fine tende come a termine ultimo, la soddisfazione promana dalla giustizia ed è comandata dalla carità.
2. Sebbene la giustizia riguardi principalmente le opere esterne, tuttavia di riflesso riguarda anche le passioni, in quanto sono causa di quelle. Ora, come la giustizia tiene a freno l'ira, affinché non si percuota un altro ingiustamente, e la concupiscenza perché non si commetta adulterio; così la soddisfazione può "distruggere le cause dei peccati".
3. Qualsiasi virtù morale è sotto l'influsso della prudenza, poiché è da questa che riceve natura di virtù: infatti il giusto mezzo, come risulta dalla definizione che della virtù da Aristotele, in tutte le virtù morali viene stabilito secondo la prudenza.
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