[37235] Iª-IIae q. 85 a. 6 co. Respondeo dicendum quod de unaquaque re corruptibili dupliciter loqui possumus, uno modo, secundum naturam universalem; alio modo, secundum naturam particularem. Natura quidem particularis est propria virtus activa et conservativa uniuscuiusque rei. Et secundum hanc, omnis corruptio et defectus est contra naturam, ut dicitur in II de caelo, quia huiusmodi virtus intendit esse et conservationem eius cuius est. Natura vero universalis est virtus activa in aliquo universali principio naturae, puta in aliquo caelestium corporum; vel alicuius superioris substantiae, secundum quod etiam Deus a quibusdam dicitur natura naturans. Quae quidem virtus intendit bonum et conservationem universi, ad quod exigitur alternatio generationis et corruptionis in rebus. Et secundum hoc, corruptiones et defectus rerum sunt naturales, non quidem secundum inclinationem formae, quae est principium essendi et perfectionis; sed secundum inclinationem materiae, quae proportionaliter attribuitur tali formae secundum distributionem universalis agentis. Et quamvis omnis forma intendat perpetuum esse quantum potest, nulla tamen forma rei corruptibilis potest assequi perpetuitatem sui, praeter animam rationalem, eo quod ipsa non est subiecta omnino materiae corporali, sicut aliae formae; quinimmo habet propriam operationem immaterialem, ut in primo habitum est. Unde ex parte suae formae, naturalior est homini incorruptio quam aliis rebus corruptibilibus. Sed quia et ipsa habet materiam ex contrariis compositam, ex inclinatione materiae sequitur corruptibilitas in toto. Et secundum hoc, homo est naturaliter corruptibilis secundum naturam materiae sibi relictae, sed non secundum naturam formae. Primae autem tres rationes procedunt ex parte materiae, aliae vero tres procedunt ex parte formae. Unde ad earum solutionem, considerandum est quod forma hominis, quae est anima rationalis, secundum suam incorruptibilitatem proportionata est suo fini, qui est beatitudo perpetua. Sed corpus humanum, quod est corruptibile secundum suam naturam consideratum, quodammodo proportionatum est suae formae, et quodammodo non. Duplex enim conditio potest attendi in aliqua materia, una scilicet quam agens eligit; alia quae non est ab agente electa, sed est secundum conditionem naturalem materiae. Sicut faber ad faciendum cultellum eligit materiam duram et ductilem, quae subtiliari possit ut sit apta incisioni, et secundum hanc conditionem ferrum est materia proportionata cultello, sed hoc quod ferrum sit frangibile et rubiginem contrahens, consequitur ex naturali dispositione ferri, nec hoc eligit artifex in ferro, sed magis repudiaret si posset. Unde haec dispositio materiae non est proportionata intentioni artificis, nec intentioni artis. Similiter corpus humanum est materia electa a natura quantum ad hoc, quod est temperatae complexionis, ut possit esse convenientissimum organum tactus et aliarum virtutum sensitivarum et motivarum. Sed quod sit corruptibile, hoc est ex conditione materiae, nec est electum a natura, quin potius natura eligeret materiam incorruptibilem, si posset. Sed Deus, cui subiacet omnis natura, in ipsa institutione hominis supplevit defectum naturae, et dono iustitiae originalis dedit corpori incorruptibilitatem quandam, ut in primo dictum est. Et secundum hoc dicitur quod Deus mortem non fecit, et quod mors est poena peccati.
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[37235] Iª-IIae q. 85 a. 6 co.
RISPONDO: Della natura di ogni essere corruttibile possiamo parlare in due sensi: primo, della natura universale; secondo, della natura particolare. La natura particolare, infatti, è la virtù attiva e preservativa di ciascuna cosa. E rispetto a questa qualsiasi corruzione, o malanno, è contro natura, come nota Aristotele: poiché codesta virtù ha di mira l'esistenza e la conservazione del soggetto cui appartiene.
Invece natura universale è la virtù attiva esistente in un principio universale dell'universo, mettiamo in uno dei corpi celesti; oppure in una sostanza superiore, ossia in Dio stesso, denominato da qualcuno "natura naturante". E questa virtù mira al bene e alla conservazione dell'universo, che esigono l'alternarsi della generazione e della corruzione nelle cose. E da questo lato la corruzione e il deterioramento delle cose sono naturali: non già per l'inclinazione della forma, principio del loro essere e della loro perfezione; ma per l'inclinazione della materia, che l'agente universale distribuisce proporzionatamente a ciascuna forma. E sebbene ogni forma miri a perpetuare il proprio essere, nessuna forma di cose corruttibili può conseguire codesta perpetuità, all'infuori dell'anima razionale. Poiché quest'ultima non è del tutto soggetta alla materia, come le altre forme; anzi, ha persino una propria operazione immateriale, come abbiamo dimostrato nella Prima Parte. Perciò all'uomo compete per natura l'incorruttibilità per parte della sua forma, a differenza delle altre cose corruttibili. Però siccome l'uomo ha una materia composta di elementi contrari, il tutto risulta corruttibile per l'inclinazione della materia. E da questo lato l'uomo è naturalmente corruttibile, secondo la natura della materia lasciata a se stessa, non già secondo la natura della forma.
Ora, le prime tre difficoltà dell'articolo fanno forza sulla materia; le tre successive guardano solo alla forma. Perciò per risolverle si deve ricordare che la forma dell'uomo, cioè l'anima razionale, per la sua incorruttibilità è proporzionata al suo fine, che è la beatitudine eterna. Invece il corpo umano, per sua natura corruttibile, da un lato è proporzionato alla sua forma, e da un altro lato è sproporzionato. Infatti in una data materia si possono considerare due tipi di proprietà; quelle volute dall'agente; e quelle che costui non cerca, pur essendo conformi alla condizione naturale della materia. Un fabbro, p. es., per fare un coltello sceglie una materia dura e duttile, così da potersi assottigliare e adattare al taglio; e da questo lato il ferro è la materia adatta per un coltello. Ma il fatto che il ferro è soggetto a spezzarsi e od arrugginirsi, deriva dalla disposizione naturale del ferro, e non interessa l'agente, che anzi, se potesse, l'escluderebbe. Perciò questa disposizione della materia non è proporzionale all'intenzione dell'artefice, né all'intenzione dell'arte. Parimente il corpo umano è una materia ricercata dalla natura per l'equilibrio della sua complessione, così da essere un organo adattissimo per il tatto, e per le altre potenze sensitive e motorie. La sua corruttibilità invece dipende dalla condizione della materia, e non è ricercata dalla natura: ché la natura, potendolo, sceglierebbe una materia incorruttibile. Dio però, a cui tutte le nature sono soggette, nel creare l'uomo supplì al difetto della natura, dando l'incorruttibilità al corpo mediante il dono della giustizia originale, come abbiamo visto nella Prima Parte. E in questo senso si dice che "Dio non fece la morte", e che la morte è punizione del peccato.
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