Terza Parte > Cristo > Come la passione di Cristo produca i suoi effetti > Se la passione di Cristo abbia causato la nostra salvezza sotto forma di redenzione
Tertia pars
Quaestio 48
Articulus 4
[49027] IIIª q. 48 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod passio Christi non fuerit operata nostram salutem per modum redemptionis. Nullus enim emit vel redimit quod suum esse non desiit. Sed homines nunquam desierunt esse Dei, secundum illud Psalmi, domini est terra et plenitudo eius, orbis terrarum et universi qui habitant in eo. Ergo videtur quod Christus non redemerit nos sua passione.
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Terza parte
Questione 48
Articolo 4
[49027] IIIª q. 48 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la passione di Cristo non abbia causato la nostra salvezza sotto forma di redenzione, o di riscatto. Infatti:
1. Nessuno compra o riscatta cose che non hanno mai cessato di appartenergli. Ora, gli uomini non cessarono mai di appartenere a Dio; poiché, come si legge nei Salmi: "Del Signore è la terra e quanto in essa si contiene, l'orbe terrestre e quanti abitano in esso". Dunque Cristo non ci ha riscattati con la sua passione.
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[49028] IIIª q. 48 a. 4 arg. 2 Praeterea, sicut Augustinus dicit, XIII de Trin., Diabolus a Christo iustitia superandus fuit. Sed hoc exigit iustitia, ut ille qui invasit dolose rem alienam, debeat privari, quia fraus et dolus nemini debet patrocinari, ut etiam iura humana dicunt. Cum ergo Diabolus creaturam Dei, scilicet hominem, dolose deceperit et sibi subiugaverit, videtur quod non debuit homo per modum redemptionis ab eius eripi potestate.
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[49028] IIIª q. 48 a. 4 arg. 2
2. A detta di S. Agostino, "il demonio doveva essere sconfitto da Cristo con la giustizia". Ma la giustizia esige che colui il quale con l'inganno ha rapito i beni altrui ne venga privato: poiché, dicono anche le leggi civili, "la frode e l'inganno non devono mai acquisire dei diritti". Perciò, siccome il demonio aveva con l'inganno sottomesso a sé una creatura di Dio, cioè l'uomo, è evidente che l'uomo non doveva essere sottratto al suo dominio mediante il riscatto, o redenzione.
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[49029] IIIª q. 48 a. 4 arg. 3 Praeterea, quicumque emit aut redimit aliquid, pretium solvit ei qui possidebat. Sed Christus non solvit sanguinem suum, qui dicitur esse pretium redemptionis nostrae, Diabolo, qui nos captivos tenebat. Non ergo Christus sua passione nos redemit.
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[49029] IIIª q. 48 a. 4 arg. 3
3. Chi compra o riscatta un oggetto deve dare una somma a chi lo possiede. Ma Cristo non diede il suo sangue, che è il prezzo del nostro riscatto, al demonio, il quale ci teneva in schiavitù. Dunque Cristo con la sua passione non ci ha riscattati o redenti.
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[49030] IIIª q. 48 a. 4 s. c. Sed contra est quod dicitur I Pet. I, non corruptibilibus auro vel argento redempti estis de vana vestra conversatione paternae traditionis, sed pretioso sanguine, quasi agni immaculati et incontaminati, Christi. Et Galat. III dicitur, Christus nos redemit de maledicto legis, factus pro nobis maledictum. Dicitur autem pro nobis factus maledictum, inquantum pro nobis passus est in ligno, ut supra dictum est. Ergo per passionem suam nos redemit.
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[49030] IIIª q. 48 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: S. Pietro ha scritto: "Non a prezzo di cose corruttibili, quali l'oro e l'argento, siete stati riscattati dal vano vostro modo di vivere tramandatovi dai padri; ma col prezioso sangue di Cristo, dell'agnello immacolato e incontaminato". E S. Paolo afferma: "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, facendosi maledizione lui stesso". Ora, si dice che egli si fece per noi maledizione, perché per noi ha sofferto sulla croce, come abbiamo notato sopra. Perciò con la sua passione egli ci ha riscattati.
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[49031] IIIª q. 48 a. 4 co. Respondeo dicendum quod per peccatum dupliciter homo obligatus erat. Primo quidem, servitute peccati, quia qui facit peccatum, servus est peccati, ut dicitur Ioan. VIII; et II Pet. II, a quo quis superatus est, huic et servus addictus est. Quia igitur Diabolus hominem superaverat inducendo eum ad peccatum, homo servituti Diaboli addictus erat. Secundo, quantum ad reatum poenae, quo homo erat obligatus secundum Dei iustitiam. Et haec est servitus quaedam, ad servitutem enim pertinet quod aliquis patiatur quod non vult, cum liberi hominis sit uti seipso ut vult. Igitur, quia passio Christi fuit sufficiens et superabundans satisfactio pro peccato et reatu generis humani, eius passio fuit quasi quoddam pretium, per quod liberati sumus ab utraque obligatione. Nam ipsa satisfactio qua quis satisfacit sive pro se sive pro alio, pretium quoddam dicitur quo se redimit a peccato et poena, secundum illud Dan. IV, peccata tua eleemosynis redime. Christus autem satisfecit, non quidem pecuniam dando aut aliquid huiusmodi, sed dando id quod fuit maximum, seipsum, pro nobis. Et ideo passio Christi dicitur esse nostra redemptio.
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[49031] IIIª q. 48 a. 4 co.
RISPONDO: In forza del peccato l'uomo aveva contratto due obbligazioni. Primo, la schiavitù del peccato: poiché "chi fa peccato è schiavo del peccato", secondo l'affermazione evangelica; e S. Pietro ha scritto: "Da chi uno è stato vinto, di lui è anche schiavo". Avendo perciò il demonio sconfitto l'uomo inducendolo al peccato, l'uomo si era reso schiavo del demonio. - Secondo, l'uomo aveva contratto il reato della pena in rapporto alla giustizia di Dio. E anche questa è una specie di schiavitù: poiché entra nella schiavitù dover subire quello che non si vuole, essendo proprio dell'uomo libero disporre a piacimento di se stesso.
Essendo quindi la passione di Cristo soddisfazione sufficiente e sovrabbondante per il peccato e per il reato del genere umano, la sua passione fu come il prezzo del riscatto, per cui siamo stati liberati da queste due obbligazioni. Infatti la soddisfazione che uno offre per sé o per altri si dice che è un compenso col quale si redime dal peccato e dal castigo, secondo le parole del profeta: "Riscatta i tuoi peccati con le elemosine". Ora, Cristo ha soddisfatto (per noi) non già dando del danaro, o cose simili, ma dando per noi la cosa più grande, cioè se stesso. Perciò si deve dire che la passione di Cristo è il nostro riscatto o redenzione.
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[49032] IIIª q. 48 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod homo dicitur esse Dei dupliciter. Uno modo, inquantum subiicitur potestati eius. Et hoc modo nunquam homo desiit Dei esse, secundum illud Dan. IV, dominatur excelsus in regno hominum, et cuicumque voluerit, dabit illud. Alio modo, per unionem caritatis ad eum, secundum quod dicitur Rom. VIII, si quis spiritum Christi non habet, hic non est eius. Primo igitur modo, nunquam homo desiit esse Dei. Secundo modo, desiit esse Dei per peccatum. Et ideo, inquantum fuit a peccato liberatus, Christo passo satisfaciente, dicitur per passionem Christi esse redemptus.
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[49032] IIIª q. 48 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo può appartenere a Dio in due maniere. Primo, in quanto è soggetto al suo potere. E in tal modo l'uomo non cessò mai di appartenere a Dio; poiché sta scritto: "L'Altissimo domina sui regni degli uomini, e li dà a chi vuole". - Secondo, per l'unione con lui mediante la carità. Di qui le parole di S. Paolo: "Se uno non ha lo spirito di Cristo non gli appartiene".
L'uomo quindi non cessò mai di appartenere a Dio nella prima maniera. Ma nella seconda smise di appartenergli col peccato. Perciò in quanto fu liberato dal peccato mediante la soddisfazione data da Cristo, si dice che l'uomo fu redento dalla passione di Cristo.
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[49033] IIIª q. 48 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod homo peccando obligatus erat et Deo et Diabolo. Quantum enim ad culpam, Deum offenderat, et Diabolo se subdiderat, ei consentiens. Unde ratione culpae non erat factus servus Dei, sed potius, a Dei servitute recedens, Diaboli servitutem incurrerat, Deo iuste hoc permittente propter offensam in se commissam. Sed quantum ad poenam, principaliter homo erat Deo obligatus, sicut summo iudici, Diabolo autem tanquam tortori, secundum illud Matth. V, ne forte tradat te adversarius tuus iudici, et iudex tradat te ministro, idest Angelo poenarum crudeli, ut Chrysostomus dicit. Quamvis igitur Diabolus iniuste, quantum in ipso erat, hominem, sua fraude deceptum, sub servitute teneret, et quantum ad culpam et quantum ad poenam, iustum tamen erat hoc hominem pati, Deo hoc permittente quantum ad culpam, et ordinante quantum ad poenam. Et ideo per respectum ad Deum iustitia exigebat quod homo redimeretur, non autem per respectum ad Diabolum.
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[49033] IIIª q. 48 a. 4 ad 2
2. Col peccato l'uomo aveva contratto obbligazioni verso Dio e verso il demonio. Per la colpa infatti egli aveva offeso Dio e si era sottomesso al demonio accettandone i consigli. Perciò con la colpa egli era diventato non già servo di Dio, avendo piuttosto rinnegato tale servitù, ma era incorso nella schiavitù del demonio, permettendolo Dio per l'offesa commessa contro di lui. Per il castigo invece l'uomo aveva contratto un obbligo principalmente verso Dio, quale giudice supremo, e poi verso il demonio quale giustiziere. Ciò secondo l'accenno evangelico: "Perché il tuo avversario non ti consegni al giudice, e il giudice non ti dia nelle mani del carceriere", "cioè all'angelo crudele del castigo", come spiega il Crisostomo. Perciò sebbene il demonio per parte sua tenesse sotto di sé ingiustamente l'uomo ingannato dalla sua astuzia, sia per la colpa che per il castigo; tuttavia era giusto che l'uomo ciò subisse per divina permissione riguardo alla colpa, e per disposizione divina riguardo al castigo. Perciò la giustizia esigeva che l'uomo venisse redento in rapporto a Dio, non già in rapporto al demonio.
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[49034] IIIª q. 48 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod, quia redemptio requirebatur ad hominis liberationem per respectum ad Deum, non autem per respectum ad Diabolum; non erat pretium solvendum Diabolo, sed Deo. Et ideo Christus sanguinem suum, qui est pretium nostrae redemptionis, non dicitur obtulisse Diabolo, sed Deo.
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[49034] IIIª q. 48 a. 4 ad 3
3. La redenzione, o riscatto, essendo richiesta per la liberazione dell'uomo in riferimento a Dio, e non in riferimento al demonio, il prezzo del riscatto si doveva pagare non al demonio, ma a Dio. Ecco perché non si può dire che Cristo abbia offerto al demonio il suo sangue, prezzo della nostra redenzione, bensì a Dio.
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